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De Praescriptione Haereticorum

TERTULLIANO

DE PRAESCRIPTIONE HAERETICORUM
(La prescrizione contro gli eretici)

Traduzione a cura di Gino MAZZONI (1929)

INDICE DELLE OPERE

PUBBLICATE NELL’ANNO 1928

1. TERTULLIANO – APOLOGETICO
a cura di G. Mazzoni

2 ATTI DEI MARTIRI – Vol. I.
a cura di V. Corrente

3. ERMA – IL PASTORE
a cura di R. Marzini

4. CLEMENTE A. – IL PEDAGOGO – Lib. II.
a cura di E. Neri

  1. S. CRISOSTOMO – ELOGI DEI MARTIRI – Vol.I.
    a cura del Sac. G. Del Ton
  2. S. CRISOSTOMO – ELOGI DEI MARTIRI – Vol.II.
    a cura del Sac. G. Del Ton

1. – I “Classici Cristiani„ sono divisi in tre serie: Antichi, Medievali, Moderni.

2. – La pubblicazione dei “Classici Cristiani„ è bimestrale ; ogni anno cioè escono sei volumi.
3. – Ogni volume è compilato da fedeli alla causa della Chiesa Cattolica.

4. – L’abbonamento ai “Classici Cristiani„ è annuale: ha inizio sempre col mese di gennaio.

5. – Il prezzo dell’abbonamento annuo ai “Classici Cristiani„ in Italia, e nelle Colonie, è di L.
36 ; estero L. 45 e deve essere rimesso a EZIO CANTAGALLI, EDITORE – SIENA.

6. – L’abbonamento all’opera completa costa L. 500.

7. – La quota annuale dell’abbonamento ai “Classici Cristiani” può essere versata anche in rate.

PROPRIETÀ LETTERARIA DELL’EDITORE
TIP. EX-COMBATTENTI – SIENA

 

CLASSICI CRISTIANI

ALTO ASSISTENTE: CARD. PIETRO MAFFI

TERTULLIANO

DE PRAESCRIPTIONE HAERETICORUM

—-

a cura di Gino Mazzoni

ANNO DOMINI MCMXXIX
EZIO CANTAGALLI – SIENA

APPROVAZIONE ECCLESIASTICA

Nihii obstat quominus imprimatur. Can. Aemilius Giorgi, Cens. Eccles. Senis, die 7 Januarii a.

1929.

IMPRIMATUR

Senis, ex Curia Arch. die 9 Jan. 1929. C. Barbieri, Vic. Gen.

In ogni lavoro che il tuo babbo modestamente porta a termine, non può non segnare il tuo nome, piccola Maria Grazia, che sei il suo bene, e il più grande conforto della sua vita.

A SUA
EMINENZA REVERENDISSIMA IL SIGNOR CARDINALE
GAETANO BISLETI
PREFETTO DELLA SACRA CONGREGAZIONE
DEI SEMINARI E DELLE UNIVERSITÀ CATTOLICHE

TERTULLIANO

DE PRAESCRIPTIONE HAERETICORUM

 

 

PREFAZIONE

 

viene fuori a circa un anno di distanza dalla prima opera Tertullianea da me tradotta:
l’Apologetico. È lo stesso spirito di fede, il medesimo amore che mi hanno indotto a continuare,
in tutta modestia, l’opera intrapresa, alla quale ho dato tutta quella diligenza che tale lavoro,
non scevro di difficoltà, richiedeva e quella buona volontà che m’ha guidato sempre in tutto ciò
che ho impreso a fare. Non so se sarò riuscito ad assolvere bene il mio compito, ma sono
sicuro di aver fatto opera buona e utile, se, anche non perfettamente, ho reso accessibile, in
una forma piana e facile un altro capolavoro quasi ignorato dai piò, fin’ora, della letteratura
Cristiana. La traduzione è rispondente più che sia possibile al testo, ma non ho esitanza alcuna
ad affermare che da esso mi è piaciuto talvolta allontanarmi, parafrasando, magari, ogni qual
volta si correva rischio, per stare troppo attaccati alla lettera dell’originale, di cadere in qualche
oscurità d’intelligenza del testo stesso, cosa in qualunque caso da evitarsi: ma specialmente in
una collezione che ha sopratutto lo scopo di divulgare i tesori tramandatici da chi ha potuto
abbeverarsi alle sorgenti più pure della fede nostra, di chi ha seguito, ha vissuto della nostra
religione, i contrasti, i tormenti, i pericoli, i dolori, di chi in essa e per essa ha sofferto, ha
combattuto, |xiv ha cantato la luce inestinguibile che ne doveva scaturire, la fermezza, la
saldezza della sua dottrina, le lotte terribili, ma vittoriose e magnifiche. L’opera Tertullianea
che presento, è ardita, acuta, e stringente nelle sue argomentazioni: non ha però l’impeto e il
fremito di passione dell’Apologetico: alla mia modesta fatica di traduttore ho chiesto solo quella
intima soddisfazione che può dare la coscienza di un tempo bene speso, e la gioia di avere
serenamente, nobilmente lavorato in un ideale di bontà e di pace.

GINO MAZZONI

INTRODUZIONE

L’opera presente si riattacca a quel movimento complesso di speculazione filosofica e
religiosa che va sotto il nome di Gnosticismo dalla parola
gnw~sij, conoscenza: nei primi tempi
del Cristianesimo si cercò di giungere da ciò che fosse fede vera e fervente alla conoscenza
perfetta di Dio e si pretese di arrivare a questo grado, mediante lo studio delle diverse religioni
e col confronto di religioni diverse col Cristianesimo, onde è stato giustamente affermato che
Gnosticismo significa “una corrente strana di pensiero che fra il primo e il terzo secolo del
Cristianesimo insidiò la tradizione evangelica e, attingendo elementi dalle tarie e molteplici
manifestazioni della cultura contemporanea, cercò,
|xvi mediante complicate e a prima vista
inatectfrabili interpretazioni razionali della predicazione cristiana, di soddisfare così alle
tendenze sincretistiche di quel perìodo storico, come al desiderio di portare il Cristianesimo ad
una più alta ed organica sistemazione teoretica e rituale, finché morì sopraffatta dalla corrente
meno affinata, ma democratica e sana del Cattolicismo,,. Ma questa tendenza gnostico fu di
sollevare il Cristianesimo da quello che a loro pareva carattere di troppa semplicity e
frammentariety, per crearne una vera e propria filosofia religiosa ed avvolgerlo, come gli altri
sistemi, in una inafferrabile astrusity di concetti, invece che sentirlo e comprenderlo nel pieno
fulgore della sua luce. Ed ecco nelle loro dottrine riapparire e confondersi le credenze della
filosofia pagana; in special modo gli Gnostici attinsero dalle teorie Platoniche, dalle dottrine dei
sistemi religiosi dell’Orientet in una strana mescolanza di riti, di cerimonie diversissime. Solo la

Redenzione fu conservata come idea cristiana, ma, dice il Moricca “del tutto guasta e
contraffatta, e le Sante Scritture divennero un largo campo di arditissime interpretazioni
allegoriche…
|xvii

Qual’è il punto fondamentale della dottrina gnostica? quale il problema di cui essi cercano
affannosamente, attraverso ogni maggiore astruseria e complicata costruzione di sistemi, la
risoluzione
? Il problema dell’esistenza del male nel mondo: com’è possibile che da un essere
perfettissimo, infinito ed indescrivibile che domina su tutto, ma assolutamente trascendente e
separato dal mondo, sia scaturito il male
? e giy Filone, rappresentante della filosofia greco-
ebraica, pensery a potenze interposte fra Dio, nella Sua assoluta trascendenza, e il mondo
finito delle cose: queste forze intermediarie si chiameranno nel loro complesso
lo&goj e sono
esse che hanno dato forma e costituzione al mondo; e in esse non v’è perfezione assoluta, non
mancano elementi d’impurity, onde anche l’uomo è, creato dalle potenze inferiori a Dio,
sensibile, materiale, soggetto a morte, capace del bene e del male; mentre l’uomo, poi, ha
inoltre un elemento puramente intelligibile, non soggetto quindi a impurity alcuna o a

 

corruttibility, che può rimanere chiuso e impedito dall’involucro corporeo, dai quali legami
potry pur liberarsi e giungere, per mezzo del soccorso divino, a una specie
|xviii di estasi, di
rapimento, che gli concedery di riposare in Dio
e0n mo&nw| qew|~ sth~nai. Da tale dottrina si
passa facilmente alla concezione gnostica “bastery che l’antagonismo fra Dio e la materia sia
trasportato nelle stesse personality divine, bastery intessere nella trama di quelle speculazioni
metafisiche la persona di Gesù e la Sua opera di redenzione, perché si abbia la tesi eretica e
l’errore: accanto a Dio infinito e purissimo, principio indeterminato ed astratto, sta la materia
nella quale risiede il principio di ogni impurity e dalla quale procedono tutte le cose sensibili; il
mondo a l’opera di un Demiurgo e in esso esistono elementi spirituali e materiali, ma quello
che nel corpo a spirito, tende naturalmente ad affrancarsi da ogni vincolo corporeo ed impuro:
e a questo s’arriva colla
gnw~sij o conoscenza dei mezzi di purificazione, i quali sarebbero
rivelati da una dottrina profonda, astrusa, complessa, che si allontana e svisa e tradisce il
senso dei Sacri Libri, ai quali talvolta s’appoggia. Lo Gnosticismo, che vede la sua luce col
diffondersi del Cristianesimo fuori di Gerusalemme, riconosce come suoi primi centri la
Palestina e la Siria e ricorda i nomi di un Simone Mago, di un
|xix Menandro, Cerinto,
Saturnino d’Antiochia, e si estende in Alessandria dove trova uno dei centri più favorevoli al
suo sviluppo, ed ecco i nomi di Basilide, Carpocrate, Valentino, Apelle, Cerdone, Marcione: e le
eresie dilagarono, mentre in ogni dove, per merito di vescovi insigni, a Roma, per l’azione di S.
Giustino, nella Gallia, di S. Ireneo, tonava la voce ardita contro l’eresia; ma nessuno, come
Tertulliano, aveva ancora innalzato il suo grido contro tutti quei procedimenti eretici, che
dovevano pur, naturalmente, suscitare il dubbio in anime tepide ed incerte per far poi
risplendere la purity della fede di un bagliore sempre più fulgido: egli scese in campo, ardito e
sicuro di sa, armato dell’oratoria più travolgente, della dialettica più sottile, dell’ironia magari
più caustica, e scrisse una serie di opere destinate a difendere la sua fede contro le alterazioni
tentate da tante altre parti: le opere che risalgono a tale periodo sono:
Adversus Iudaeos; De
praescriptione Haereticorum, che io penso appartenga al periodo cattolico di Tertulliano, contro
chi crede che si debba ascrivere a un primo periodo montanista;
Adversus Marcionem;
Adversus Hermogenem: risalgono a circa l’anno 200, e quella che presenta interesse maggiore
a il
De Praescriptione Haereticorum: la credenza vera, indiscutibilmente, a la Cristiana, non vi
devono esistere sottigliezze di sorta che possano annebbiare il suo splendore: non a il caso di
venire a discussione cogli eretici: qualunque contrasto con essi, potrebbe ingenerare
stanchezza o dubbio: essi non possono, na debbono in modo alcuno essere ammessi a
discutere sulla Sacra Scrittura. Il titolo dell’opera “
La prescrizione contro gli eretici„ a di per sa
stesso un cartello di sfida, l’ordine tassativo che essi non potranno più entrare in discussione
su materia di fede: nel diritto Romano vigeva la
praescriptio, cioa chi aveva l’uso da tempo di
un possesso, lo poteva considerare come suo legittimamente e respingere senz’altro ogni
pretesa da parte di altri. Ora a chi mai appartengono le Sacre Scritture? ai Cristiani: a nessun
altro a aperto questo immenso patrimonio di luce e di verity, che gli eretici falsano,
annebbiano, confondono, distruggono in quello che a il fondamento suo più saldo: essi non
hanno diritto alcuno d’intervenire nelle Sacre Scritture e chiamarle in loro aiuto mediante false
|xx interpretazioni: le Scritture sono possesso e-sclusivo dei Cristiani e ogni altro ne deve
esser tenuto lontano. Il trattato, che a costruito con molta solidity e forza dialettica, ha quindi
efficacia non scarsa e, per quanto non possa mettersi a confronto coir
Apologetico, pure
possiede parti interessanti, ed a voce alta e nobile in difesa di quella fede che, attraverso il
sangue di tanti Martiri, rifulge di pura luce ed a amore e conforto grande e dolcissimo per tutti
coloro che a lei si volgono e per lei sanno combattere e soffrire.

Vi sono l’eresie e numerose: percha spaventarsi del loro sorgere e del loro progredire? così
ha voluto la Provvidenza: come la verity potrebbe risplendere di sua luce più pura, se non
diradando le tenebre dell’errore? e non c’a neppure da meravigliarsi di coloro che s’allontanano
da noi per seguire dottrine eretiche: a una prova a cui gli uomini sono sottoposti; chi sa
opporre una resistenza fiera ed ardita, indice di un’anima sicura e ferma, e chi invece cede alle
lusinghe di una
|xxi nuova dottrina. L’eresia deve compiere la sua opera: tutto quello che
esiste ha una sua forza attiva; anche la febbre agisce sugli organismi con un processo
deleterio: ebbene, percha meravigliarsi? essa esiste per quello scopo: ed a lo stesso
dell’eresia: questa vuole scuotere i cardini della credenza vera e vuole seminare la discordia
nel campo cristiano: il nostro dovere a quello di sapercene guardare e lottare contro tali false
credenze, che insidiano la purity delle fede e il cuore nostro di credenti.
Sicuro! ci potrebbe
esser qualcuno che venisse fuori con questa osservazione: oh, ma un vescovo, un dottore
hanno abbracciato una credenza eretica; dunque… a forse co-desto un segno della verity di

 

quella dottrina? Si giudicano gli uomini dalle dottrine, non le dottrine dagli uomini: se uno non
a cristiano, possiamo asserire che costui non a saggio, fedele, grande: ma se uno dei nostri
passa al campo eretico, non possiamo dire che qui sia la verità. L’eresia non a dunque da
condannarsi, percha allontana qualcuno da noi: anzi: la sua azione a utilissima al
Cristianesimo: per mezzo suo siamo in grado di distinguere chi si possa veramente o no
|xxii
dire cristiano,, percha, chi a tale, rimane fermo e costante fino all’ultimo giorno della sua vita
nella fede incrollabile. L’eretico sceglie a suo modo una dottrinai eresia significa appunto
scelta
(ai3reaij); ma il Cristiano a seguace scrupoloso degli Apostoli, che furono coloro che ebbero in
eredità la verace dottrina del Cristo, percha la diffondessero nella sua grande parola alle genti:
le dottrine ere-tiche trovano toro sostegno nella filosofia pagana e in tutto quel complesso
sistema di sottigliezze, di astruserie, di contradizioni delle antiche dottrine e che convergono
tutte a nascondere, a tradire la luce della verità: percha i Cristiani dovrebbero ricercare
ancora, quasi che essi non abbiano già in loro possesso la dottrina purissima ed infallibile:
eppure gli eretici, nelle loro continue ricerche di sapere, portano a sostegno queste parole dei
Libri Sacri “cercate e troverete,, ma Gesù pronunziò queste parole, quando, al principio del
Suo insegnamento, non si sapeva ancora se Egli fosse realmente il Cristo, ma una volta che
abbiamo trovato Lui e fissato il principio invariabile della Sua dottrina, a che ricercare ancora?
non a possibile ricercare ancora, quando si conosce ormai quello
|xxiii che a perfezione e
parità massima. Volete pure ammettere che la ricerca debba procedere instancabilmente, e,
per modo di dire, all’infinito? ebbene, si segua questa linea, ma non si esca dal seno della
Chiesa nostra “dove la dottrina cristiana poggia sul fondamento d’una testimonianza autentica
e d’una autorità legittima, al sicuro dalle fluttuazioni e dai capricci del libero esame; rimaniamo
nella nostra Chiesa, che ha il deposito della verità e che questa conserva riassunta in un
simbolo di fede”. Si cerchi, se si vuole, nel campo cristiano illuminato sempre dalla maggiore
fede, che pure può non escludere un certo moderato spirito di curiosità, ma rimanga il
principio essenziale, e ricordiamo che piuttosto che conoscere ciò che non dobbiamo, a meglio
ignorare, dal momento che già siamo giunti alla conoscenza di quello che ci a lecito sapere.

Cogli eretici noi non possiamo na dobbiamo entrare in rapporto alcuno: essi brancolano nel
buio, fra l’incertezza, la stranezza delle loro dottrine e non sono stati affatto capaci di fissare
alcun principio di fede: e il bello a che nelle alterazioni e nelle correzioni che apportano alla
sacra dottrina, essi hanno il
|xxiv coraggio di portare, come sostegno, la testimonianza dei
Sacri Libri: oh, ma a loro non a lecito servirsene per scopi particolari di interpretazione e di
falsificazione: nessun diritto possono avere sui Libri Sacri, che sono possesso e vanto
unicamente della Chiesa Cattolica. Cristo ha predicato una Sua dottrina e gli Apostoli ne sono
siati i depositarî: sono essi che hanno fondato le prime Chiese e da queste, in una fioritura
magnifica, si a andata formando la grande Famiglia Cristiana: e si dicono Chiese Apostoliche,
percha dagli Apostoli traggono direttamente la loro origine o ad essi indirettamente si
ricongiungono: e sono queste le depositane della dottrina vera, che a la rivelazione fatta agli
Apostoli da Gesù Cristo: interroghiamo dunque la vera tradizione ecclesiastica, che riporta la
dottrina di Cristo per bocca degli Apostoli e saremo nella verità: il resto a falso: “La nostra
credenza a quella stessa della primitiva Chiesa Apostolica, matrice e sorgente della fede: ecco
la testimonianza della verità,,. Dicono gli eretici che non a integra la conoscenza che ebbero gli
Apostolì della dottrina, del Cristo, o se questa pure sia completa, che essi non hanno
tramandato ai posteri per intero
|xxv quanto era a conoscenza loro; ciò a falso; l’unità,
l’armonia assoluta di tutte le comunità ecclesiastiche su un medesimo simbolo di fede,
dimostra la luce della verità: nel campo dell’errore esiste differenza e scisma; la verità rifulge
sempre nella piena, organicità assoluta della sua dottrina: la verità evangelica, secondo la
dottrina tramandata dagli Apostoli, a stata poi guastata dalle dottrine eretìche che sono
seguite e su di essa si sono innestate, falsificandola poi e adulterandola in ogni modo. Eppoi,
hanno forse l’eresie la pretesa di vantare una tradizione apostolica? di risalire fino ad essa?
ebbene, ci dicano il nome dei loro vescovi e provino come il primo di essi si ricongiunga alla
luce Apostolica direttamente: siamo noi, non loro, che possiamo far ciò: Giovanni prepose; ad
esempio, come vescovo alla Chiesa di Smirne, Policarpo; e Pietro elevò al seggio episcopale di
Roma, Clemente: gli eretici può essere pur vero che possano vantare precursori che risalgano
all’epoca Apostolica, ma furono proprio coloro che cominciarono a spacciare dottrine che gli
stessi Apostoli condannarono. Così noi possiamo, lungi da ogni dubbio d’errore, stabilire che
l’eresie non
|xxvi possono risalire all’età Apostolica, ma sono ad essa posteriori; oppure che,
se risalgono fin là, esse ebbero dagli Apostoli stessi la loro condanna, per le aberrazioni cui si
abbandonavano, nei rispetti della più perfetta dottrina.

 

Dunque, solo la Chiesa ha l’assoluto possesso delle Scritture, alle quali gli eretici non
possono in alcun modo ricorrere o attingere.

Passiamo poi a considerare tutto il modo di vivere e di procedere degli eretici, e scorgeremo
facilmente che, mentre fra i Cristiani tutto è ordine, è armonia, è concordia, è unità, dall’altra
parte regnano la discordia più assoluta, la contradizione, il capriccio, il dissenso; tutto nel
campo loro è falsità e alterazione d’ogni più sano, più puro, più saldo principio di fede. Manca
fra loro ogni disciplina, ogni spirito di organizzazione; ogni regola circa le diverse cariche e
attribuzioni. Il punto più strano degli eretici è il sistema che costoro seguono nella
predicazione, colla quale, invece di perseguire lo scopo di convertire i pagani, cercano di
deviare dalla retta via i seguaci della vera fede: è un’opera negativa, deleteria che essi
compiono,
|xxvii propria, appunto di chi, non adendo nulla di proprio da potere saldamente
affermare, tutto poi fa consistere nello scalzare il fondamento della credenza vera.

Scismi presso gli eretici si può dire che non esistano, perchè il carattere della loro dottrina è
lo scisma di per sè stesso, in quanto, nella mancanza assoluta di unità, è un dissenso
continuo; ciascuno pensa a capriccio suo, modificando la credenza di colui che ha tramandato
quella medesima: tutto dunque è arbitrio e licenza presso gli eretici, dai quali si deve star
lontani e seguire, nella purità dell’animo nostro, il più saldo, severo principio di fede, avendo
rocchio a quel momento nel quale, dinanzi alla figura di Cristo giudicante, dovremo dar conto
della fede nostra e di come abbiamo saputo serbare nell’anima la fiamma vivificatrice e
animatrice d’ogni migliore energia.

G. MAZZONI

Siena, decembre 1928.

Ricordo & titolo d’onore, fra i lavori dei quali mi sono servito, riassumendo e riportando in
parte: |xxviii “La Storia della Letteratura Cristiana„ di U. MORICCA. Torino, Soc. Edit. Int.
-”Tertulliano„ a cura di F. RAMORINO. Milano, Vita e Pensiero. – ENRICO MEYNIER; “Storia del
Cristianesimo dalle origini ai nostri giorni,, Firenze, Casa Editrice Claudiana. – PETTAZZONI: I
Misteri„ Bologna, Zanichelli. – MELLI: La filosofia Greca da Epicuro ai Neoplatonici„ Firenze,
Sansoni. – WINDELDAND; “Storia della filosofia,, Palermo, Sandron.

  1. Non si può negare che le eresie esistano e che abbiano una forza.

¶ Lo stato attuale dei nostri tempi fa sì, che noi dobbiamo ben fermare questo punto: ed è
quello di consigliarvi, di esortarvi a che voi non vi facciate meraviglia alcuna di queste eresie:

esse di fatto esistono ed era infatti già stato preannunziato che esse sarebbero sorte (1);
eppoi, perchè meravigliarsi per la ragione che scalzano e infirmano la saldezza di credenza in
taluni spiriti? esse sono sorte appunto per questo scopo: perche la fede, col dover sopportare

violenza di attacchi, ne acquistasse poi fulgore di conferma e |2 sicurezza maggiore (2). Non
c’è dunque ragione ed è perfettamente inutile e sciocco che la maggior parte dei fedeli si
scandalizzino perche l’eresie abbiano preso tanto piede. Quanta azione, potrebbero esse
esercitare, se non esistessero? [nessuna]; ma dal momento che vi sono…; quando una data
cosa dalla natura ha avuto in sorte un modo qualsiasi di vita, come trova una ragione in essa
che giustifichi la sua origine, così acquista quel vigore che la rende attiva e vivace, e non è più
possibile allora, per lei, la non esistenza.

  1. II.

In che cosa possa consistere ìa forza delle eresie, e su chi esse possano eventualmente avere

la loro influenza

¶ Fra tutti gli altri modi per i quali la vita dell’uomo è tormentata e magari trova la sua fine,
non manca, dopo tutto, la febbre: ebbene noi non proviamo doloroso stupore per nessuno di
questi due fatti: nè che essa esista, dal momento che esiste realmente, e neppure che essa
conduca l’uomo al disfacimento del suo organismo: è proprio per questo che essa ha una

 

esistenza. Cosi è riguardo |3 all’eresie, le quali sono sorte per affievolire e per spengere,
magari, calore e fulgore di fede; noi, anzi che meravigliarci e provare un certo senso di
sgomento chè esse abbiano un tale potere, dovremmo riportare questa nostra impressione di
timore, al principio della loro esistenza: finchè esse siano, è in loro anche tale potenza; è
proprio in quanto che esse hanno tale potenza, che possono esistere.

¶ Ma avviene che dinanzi al fatto della febbre, come ognuno sa, non è in noi tanto un senso di
stupore e di meraviglia, quanto un’impressione di ostility, di repug’nanza, per le cause che la
possono produrre e per gli effetti che quella può avere sul nostro corpo, e non possedendo in
noi la facolty di poterla allontanare, almeno ce ne guardiamo e cerchiamo di evitarla, per
quanto è possibile. Per l’eresie, invece, si nota che, sebbene esse portino la la morte nell’anima
e un ardore di un fuoco molto più vorace [della febbre], pur tuttavia vi sono alcuni che
preferiscono d’indugiarsi in un certo senso di ammirazione per la potenza che esse sono capaci
di sviluppare, piuttosto che cercare di sfuggirle, per tentare di paralizzare la loro capacity
penetrativa; e tutto |4 ciò lo fanno, avendo pure la facolty di sottrarsi alla loro influenza.

¶ Se smetteranno costoro di meravigliarsi tanto per la potenza delle eresie, finiry che esse
verranno a perderla del tutto. Una delle due: o è il fatto della meraviglia che essi provano, che
fa scendere appunto certe persone allo scandalo, o è il fatto di provare scandalo che quasi
provoca in loro un senso di stupore e di acciecamento tale, da far loro credere che, dal
momento che le eresie abbiano in sè tanta potenza e ardire, significhi che esse non possano
provenire che da un qualche principio di verity. Cosa da meravigliare davvero, che quel che è
male possieda in se stesso una sua propria forza. Se non che le eresie, un forte ascendente

hanno su coloro che posseggono scarso ardore di fede (3). È precisamente quel che succede, la
maggior parte delle volte, nei combattimenti dei gladiatori, nelle gare di lotta: taluno vince,
non perchè dotato assolutamente di forza superiore che lo renda veramente invincibile, ma
perche il suo competitore è stato privo di qualunque energia e capacity di resistenza: cosi che
anche quello che è riuscito una volta |5 vincitore, se dopo viene messo in gara con chi ha
robustezza e gagliardia di membra, anche lui sary costretto a ritirarsi in condizioni di
inferiority: non succede mica diversamente nel campo della eresia: dalla debolezza e dal
tepore religioso di alcuni, prendono esse forza e consistenza, ma perdono poi qualunque vigore
e ogni fiamma di vita si spenge in loro, se s’imbattono in chi ha nell’animo ben saldo il principio
della fede più pura.

III.

Le eresie non fanno che provare costanza e saldezza, di fede, la quale non può, nè deve essere abbandonata per alcuni che si allontanano dalla credenza vera cristiana

¶ Bastano alcuni individui, che siano rimasti presi dall’eresia, perche, con gran facility, si
abbandonino alla rovina di una credenza falsa questi ingenui creduloni. Perchè quella donna,
queir uomo dalla fede cosi salda, persone dotate di tanta saggezza e che alla Chiesa avevano
dato opera di tanto amore e di tanto zelo, passarono dalla parte degli eretici? Chi è che,
ponendosi tale quistione, non rispondery a sè stesso che quelli che le eresie hanno |6 potuto
far deviare dalla retta via, vuoi dire, che non erano da considerarsi veramente ne saggi, nè
stretti da saldezza di fede, nè dediti con tutto l’animo loro alla Chiesa? Ma è proprio una cosa
da far molta meraviglia, penso, che da uno, che per il passato sia stato riconosciuto uomo al di
sopra di ogni dubbio e di fede saldissima, dopo ne venga ad uscir fuori uno diverso? Saul,
sopra tutti gli altri eccellente, finisce poi colf essere turbato e sconvolto dal sentimento della

gelosia; David, la bonty del quale era secondo quanto il cuore del Signore desiderava (4), si
rese colpevole di omicidio e di adulterio (5); Salomone ebbe pure da Dio ogni più grande dono
di grazia e di sapienza: ebbene: da donne venne spinto all’idolatria (6). Soltanto al Figlio di Dio

fu riservato di rimanere sempre senza colpa (7). Eppoi… anche se un vescovo, se un diacono,
se una vedova, se una fanciulla, se un dottore, se perfino un martire si allontanano,
ammettiamo, dalia regola di fede, bastery forse questo fatto perche l’eresie debbano
acquistare carattere di verity? Dobbiamo noi dunque riconoscere il valore della fede dalle
persone o le persone dalla fede che |7 esse professano? Non v’ è nessuno che sia sapiente
veramente, nessuno che possa dir di possedere purity di fede; nessuno si chiamery grande, se
non il Cristiano; ma nessuno potry chiamarsi cosi, se non chi abbia perseverato in questo lume

di fede fino agli ultimi giorni della sua vita (8). Tu, data la tua natura di uomo, conosci
ciascuno, ma soltanto dalla esteriority: credi ciò che vedi, ma vedi solo dove il tuo occhio

 

giunge; lungi invece penetra lo sguardo del Signore: dicono i Sacri Libri (9): l’uomo guarda
nella faccia del suo simile; è Iddio che penetra e intende l’intimo del cuore umano (10). Ed è
così che il Signore conosce quelli che sono Suoi (11), e sradica la pianta che non ha piantato
(12), e ci fa vedere come gli ultimi divengono i primi, e tiene in mano un ventilabro, perchè
vuole che il terreno intorno a Lui sia lindo e puro (13). Prendano pure il volo e se ne vadano
lontano, quanto lor piaccia, le pagliuzze di una fede inferma e leggera, appena che esse
avranno sentito l’afflato caldo delle tentazioni; tanto più pulita e sana la massa del frumento
s’accumulery allora nel granaio del Signore (14). Non è pur vero che alcuni dei Discepoli dallo |
8 stesso Signore si allontanarono quasi di Lui stesso turbati? (15). Ma non per questo gli altri
pure crederono di doversi staccare dall’orme Sue: quelli che riconobbero che Costui era il
Verbo delia vita e che da Dio Egli traeva l’origine Sua, Lo seguirono fedelmente, fino al termine
della Sua vita, sebbene il Signore avesse loro offerto il modo di allontanarsi im-punemente da
Lui, qualora essi l’avessero voluto (16). Non ha valore alcuno, se un Figello, un Ermogene (17),
un Fileto, un Imeneo abbandonarono il loro Apostolo (18): appartenne proprio alla schiera degli
Apostoli colui che si rese colpevole di tradimento verso il Signore. Ci meravigliamo noi, se da
taluni vengono disertate le Sue Chiese, ma dobbiamo sapere che quello che ci fa veramente,
chiaramente Cristiani, è appunto la capacity di perseverare e di soffrire secondo l’esempio che
Cristo ci ha lasciato (19). Egli dice: Essi si sono allontanati da noi, ma non furono dei nostri; se
alle nostre file avessero veramente appartenuto, costoro sarebbero rimasti fedelmente con noi
(20). |9

  1. Le eresie sono state preannunziate e siamo stati esortati a sapercene guardare

¶ Siamo piuttosto ricordevoli delle parole del Signore e delle Lettere Apostoliche, le quali ci
hanno pur messo in avviso che l’eresie sarebbero nate, e ci dissero pure che avrebbero dovuto
esser sfuggite da noi. E come per noi non costituisce ragione di timore alcuno la loro esistenza,
così non dobbiamo affatto stupirci della forza che esse posseggono, a causa della quale siamo
stati avvertiti di dovercene guardare. Molti lupi rapaci verranno sotto le spoglie di pecore miti e
innocenti, ha detto il Signore (21). E che s’intende mai per l’espressione “sotto le spoglie di
pecore
„ se non la esterna e superficiale professione di fede del nome cristiano? E chi sono “i
lupi rapaci
„ se non i sostenitori di certe interpetrazioni subdole e capziose, che ìntimamente si
nascondono e tentano di disgregare la compattezza della comunity cristiana? Chi sono gli
pseudo profeti, se non i predicatori di una dottrina non rispondente a verity (22)? Chi sono gli
pseudo apostoli se |10 non coloro che adulterano l’Evangelo? Chi sono gli Anticristi (23) se non
gli spiriti ribelli, che così nell’ ety nostra, come in qualsiasi altro tempo, si schierano contro
Gesù? E le eresie faranno proprio questo: con la falsity delle loro dottrine dilanieranno la
Chiesa non meno di quanto l’Anticristo la sconvolgery e la straziery colla fierezza delle
persecuzioni crudeli (24): ma pure una differenza esiste: la persecuzione almeno sa far
sbocciare dal suo seno, dei Martiri; l’eresia crea soltanto degli apostati. Proprio per questo
anche l’eresie erano necessarie dunque, perchè i giusti, i saldi, i costanti venissero in luce,
tanto coloro che nel terrore delle persecuzioni hanno saputo tenere fermo e sicuro il loro
spirito, quanto quelli che hanno offerto resistenza alle dottrine dell’eresia. E l’Apostolo non
vuole che si consideri come gente ormai di fede provata e schietta chi s’è allontanato dalla
retta fede, per seguire l’eresia, come invece i nostri avversarî vorrebbero, interpetrando a
modo loro, falsamente, una espressione di lui: Portate il vostro esame su ogni cosa e ritenete
ciò che è buono (25) „. Ma io osservo: e non è forse possibile ad |11 ognuno, che proceda
erroneamente in questo esame, abbandonarsi, per sbaglio, proprio alla scelta di quello che è
appunto male?

V.
Le eresie vengono a minare la compattezza e l’unity della Chiesa

¶ L’Apostolo, poi, ha parole di rimprovero per le discussioni e gli scismi (26), i quali, senza
dubbio, son mali; ma nello stesso ymbito fa rientrare anche le eresie. Il fatto che le unisce a
principi cattivi, dimostra all’evidenza che le considera un male e senza dubbio di maggiore
entity. Dicendo S. Paolo che egli ha sempre creduto alla possibile esistenza di scismi e di
dissensi, perchè sapeva pur che dopo sarebbero necessariamente sorte le eresie, dimostra che

 

di fronte ad un male maggiore aveva facilmente creduto alla realty di un male minore; e non
tutto ciò significava, certamente, che egli, rilevando certi mali, avesse voluto affermare che
contenessero alcuncha di buono nei loro principi; ma, colla prospettiva di tentazioni e di
attacchi ancor più gravi, voleva ammonirci come non |12 bisognasse meravigliarci di quelle
scissioni, che tendevano a far riconoscere le anime ormai salde e costanti in un principio di
fede, cioa coloro che nessuno era riuscito a far deviare dalla retta strada. Se tutto il capitolo
mira nel suo spirito a mantenere l’unity della credenza cristiana e a rafforzarla, reprimendo e
distruggendo le differenze e i contrasti, dal momento che l’eresie tendono, non in minor misura
certamente, a spezzare quella che sia l’unity della fede, come perfettamente gli scismi e gli
altri dissensi nel seno di lei, non vi a dubbio che l’Apostolo abbraccia in un medesimo concetto
di condanna tanto gli scismi e le discordie, come f eresie. E come egli non approvi affatto
coloro che si siano piegati verso principi eretici, lo prova ogni sua parola di esortazione più
vivace a che noi li fuggiamo, e l’insegnamento più reciso a che noi, tutti concordemente,
affermiamo e sentiamo unity di fede: il che appunto a ciò che l’eresia impedisce.

  1.  Le eresie sono da fuggire in ogni modo

¶ Non a il caso d’insistere più lungamente |13 su tale argomento; sappiamo infatti che a lo stesso Paolo che, scrivendo ai Galati, enumera le eresie tra i peccati carnali (27), e suggerisce

poi a Tito (28) di allontanare, di considerare come un reietto, chi sia eretico, e ciò dopo averlo
una prima volta avvertito e ammonito, percha un uomo che segue l’eresia a così fuori dalla
retta strada, ed a così profondamente guasto, che egli stesso pronunzia da sa la sua condanna
irrevocabile. Ma in quasi tutto il restante della lettera, parlando dell’opera da compiersi con
ogni diligenza, per sfuggire le dottrine false e bugiarde, viene implicitamente a colpire le

eresie: la falsity delle dottrine non scaturisce infatti direttamente dall’opera loro? Eresie (29),
sono chiamate con parola greca che vuoi dire scelta; scelta che taluno fa allorcha o si volge a
dar lor vita, oppure a seguirle. Ed a appunto per questo che Paolo disse che l’eretico trova la
condanna in sa stesso, percha egli stesso s’a scelto quel principio che poi a causa della sua
condanna. A noi Cristiani non a concesso affatto, invece, di intromettere, di nostra testa,
nessun altro principio ai fondamenti della nostra fede, e neppure seguire o indulgere quello che
eventualmente taluno |14 potesse, di proprio arbitrio, avere escogitato nella mente sua. Noi
invece abbiamo gli Apostoli, che hanno ripetuto le parole del Signore e non si sono permessi
affatto d’aggiungere qualcosa di loro arbitrio: essi hanno accolto da Cristo Signore la dottrina

Sua e l’hanno bandita fedelmente alle genti (30). Pertanto, se anche un Angelo, che dai Cieli
scendesse, divenisse il banditore di un Vangelo diverso, noi chiameremmo tale predicazione

anathèma (31). Giy lo Spirito Santo aveva previsto che presso una vergine Filumene (32)
sarebbe disceso un angelo di seduzione, ma che si sarebbe trasformato e apparso come un
angelo di luce: A pelle, attratto ed ammaliato dai miracoli e dagli atti meravigliosi di lei,
introdusse nel seno della Chiesa una dottrina eretica.

È la filosofìa che favorisce le credenze eretiche

¶ Sono queste le dottrine di uomini e di demoni sorte da quel che sia lo spirito della pretesa

sapienza mondana, per le orecchie che non sanno trovar pace e tranquillity (33). Il Signore,
l’ha chiamata follia tale saggezza, |15 e la stoltezza del mondo ha scelto appunto, per

confonder quella che sia l’umana filosofia (34). È la filosofia stessa, invero, che dy materia a
quella che si chiama mondana saggezza, dal momento che, con molta liberty e pretesa
arroganza, interpetra la natura divina, i suoi disegni e i suoi procedimenti. Diciamolo
francamente: le eresie stesse sono quelle che attingono forza e consistenza da tali principi

filosofici. È dalla filosofia infatti, che Valentino (35) prende la concezione degli Eoni e di una
quantity di forme, di cui non saprei dire neppure il numero: infinite esse sono; e il concetto di
una Trinity umana: o non era costui stato discepolo di Platone? E non a da quella stessa fonte,

che scaturisce il dio di Marcione (36), preferibile agli altri? almeno ha un carattere di

tranquillity; e anche ìa sua dottrina deriva dagli Stoici. Sono stati gli Epicurei (37) quelli che hanno sostenuto il principio che l’anima a soggetta alla morte, e se tu vuoi negare il principio della resurrezione della carne, tu potrai attingere per questo punto dai dettami di tutti quanti gli antichi filosofi: dove trovi che la materia a uguagliata colla natura di Dio, quivi potrai |16

 

riconoscere la dottrina di Zenone; ed ecco invece che ti vien fuori Eraclito (38), quando si parli
di una divinity che abbia in sa natura ignea; a la stessa materia, in fondo, che viene trattata,
agitata, e da eretici e da filosofi: donde il male e percha? donde l’uomo e come egli a sorto? Ed
ecco il problema che ultimamente Valentino s’a posto: donde Iddio? Deriva dall’Entimesi o

dall’Ectroma (39) ? O Aristotele, mal facesti, tu, che hai loro insegnato la dialettica, arte abile
ugualmente e a costruire e a distruggere, diversa e sfuggevole nelle sue asserzioni,
immoderata, sforzata nelle sue congetture; aspra, difficile nelle sue argomentazioni, che crea
con facility contrasti; laboriosa e molesta talvolta a sa stessa, che tutto pone in discussione
sottile, percha appunto nulla sfugga all’attento e minuzioso esame di lei! Di qui proprio

derivano quei racconti favolosi (40), quelle genealogie interminabili, quelle questioni lunghe ed
oziose, quelle discussioni sottili, che s’insinuano negli animi come qualcosa di malefico che ti
consuma e ti uccide.

L’Apostolo, quando vuole preservarci da quello che a male, ci avverte appunto di star bene in
guardia contro l’opera della filosofia: egli |17 la ricorda chiaramente, espressamente: scrive ai
Colossesi: Guardatevi, percha non vi sia qualcuno che non v’inganni colla filosofia, che, con
vane apparenze di verity, non vi tragga fuori dalla retta strada, secondo l’umana tradizione e

contrariamente alla provvidenza dello Spirito Santo (41). Paolo era stato in Atene (42), e questa
specie di umana sapienza l’aveva ben conosciuta colle relazioni che aveva avuto coi filosofi:
pretende essa alla verity, ma non fa che impedire il raggiungimento di questa, e, divisa com’a
in una quantity di sette contrastanti intimamente fra loro, da luogo a credenze varie e
contradittorie. Può esservì forse qualcosa di comune fra Atene e Gerusalemme? quale relazione

potry stabilirsi fra la Chiesa e l’accademia (43)? fra gli eretici e i Cristiani? È dal portico di

Salomone che la nostra dottrina trae l’origine sua (44); fu lui stesso che ci ha insegnato che
Iddio si deve cercare nella semplicity e nella bonty del nostro cuore. Se la vedano un po’ coloro
che hanno messo fuori un Cristianesimo stoico, platonico, dialettico. Che bisogno abbiamo noi
di ricerche, dopo Gesù Cristo? che cosa dobbiamo richiedere noi, dopo che abbiamo avuto |18
il Vangelo? Noi fermamente crediamo, e non sentiamo più desiderio di credere oltre: percha
questo soprattutto a il canone fondamentale delia dottrina nostra: il non esservi altra cosa da
credere, al di ly di ciò che giy noi sinceramente crediamo.

VIII.

Cercate e troverete, a stato detto, ma a pur necessario intendere sì valore dell’ espressione

¶ Vengo ora dunque a quel punto, su cui si basano i nostri, per giustificare il loro principio di
continua ricerca e che gli eretici cercano d’infiltrare, per indurre negli animi dubbi che possono
spingerli alle loro credenze: dicono dunque costoro: a stato pur scritto “cercate e voi troverete„
(Matt. VII. 7); parole del Vangelo queste. Ricordiamo, dunque, quando il Signore pronunziò
tale frase: io credo, appunto, che ciò avvenisse agli albori della diffusione della Sua dottrina,
quando ancora in tutti era forte il dubbio, se fosse stato Egli veramente il Cristo. Pietro ancora

non l’aveva dichiarato “Figlio di Dio (45)„ e Giovanni stesso non aveva ancora avuto |19
l’assoluta sicurezza su di Lui. E fu giustamente che allora si disse: “Cercate e troverete„.

Bisognava infatti cercare quello che era ancora sconosciuto: e ciò s’indirizzava ai Giudei (46):
era proprio a loro che si rivolgeva questa parola di rimprovero, a loro, dico, che sapevano bene
dove cercare Cristo. Hanno costoro, Egli disse, Mosa ed Elia (47); cioa a dire la legge e i
profeti, annunziatori del Cristo. Dopo di che, Egli disse altrove apertamente: Esaminate le

Sacre Scritture, dalle quali voi attendete la salvezza; sono quelle che parlano di Me: (48) ecco quello che vorry dire: cercate e troverete. Ed a chiaro anche che quel che segue, riguarda i Giudei: Bussate e vi sary aperto: prima i Giudei erano stati ligi a Dio, poi, per le loro colpe, allontanati, cominciarono ad esser fuori dalla grazia divina. Ma i gentili non mai furono nella

casa di Dio, o almeno lo erano come una goccia che cade in un secchio o un granello di polvere

in un’ aia (49); ma in ogni modo ne erano sempre fuori. Ma colui che a stato sempre al di fuori,
come fary a bussare ly dove non a mai stato? qual conoscenza potry avere di una porta che
non ha mai oltrepassato, na per entrare, na per |20 uscire? O forse non avverry piuttosto che
bussery colui che sapry d’essere stato oltre quella porta e d’esserne stato poi allontanato, ma
che pure conosce bene dove deve bussare?

¶ Così anche il precetto “domandate e riceverete„ conviene bene a coloro che sapevano a chi
bisognasse domandare; e avrebbero ricevuto da chi aveva promesso, cioa dal Dìo di Abramo,

 

d’Isacco, di Giacobbe, che i gentili non conoscevano, più di quello che non conoscessero le
promesse di Lui. Ed era per questo che il Signore parlava al popolo d’Israele: io non sono stato

inviato che per le pecorelle smarrite della casa di Israele (50). Egli non gettava ancora ai cani il

pane dei Suoi figli (51): Egli ancora non aveva ordinato di camminare, per rintracciare le nazioni tutte; e se pure alla fine comandò ai Discepoli d’andare a insegnare e a portare il Sacramento del Battesimo ai gentili, dopo che costoro avessero ricevuti in sè i doni dello

Spirito Santo, del Paracleto, che avrebbe dovuto condurlì al lume di ogni più fulgida verity (52),
questo tende in fondo allo stesso suo scopo, sempre: che se gli Apostoli stessi, destinati come
maestri alle |21 genti, dovevano essi stessi ricevere come loro guida lo Spirito Santo, il
Paracleto, tanto più varry l’espressione “cercate e troverete„ nel nostro riguardo, in quanto la
dottrina doveva arrivare a noi direttamente dagli Apostoli, che a loro volta l’attingevano dallo
Spirito Santo. Tutte le parole del Signore sono indirizzate a tutti gli uomini, certamente, e
attraverso i Giudei sono arrivate a noi; ma nella loro massima parte, esse, dal momento che
sono rivolte ai Giudei personalmente, non rappresentano per noi, a dirla con tutta verity, un
ammonimento, quanto invece hanno la forza dell’esempio.

Nulla è da ricercare, dopo che siamo giunti all’intelligenza della dottrina di Cristo

¶ Ma ormai, io, proprio di mia spontanea volonty, mi allontano e abbandono la posizione su cui

mi ero posto dianzi. Ecco: il precetto “cercate e troverete (53) „ è rivolto, così, in generale, a
tutti; ammettiamo ciò: ma anche pensando così, la forza della mia ragione reclama che io
proceda a delle |22 considerazioni, e studi in me stesso la cosa. Non può esistere parola la
quale discenda dalla divinity, che manchi di tale carattere di armonia e di coerenza, da doverne
cercar solo una difesa formale, senza che non dobbiamo intenderla nel significato più riposto
ed intimo dell’espressione. In primo luogo dunque io pongo come base questo principio: Cristo
è stato Colui che ha stabilito un fondamento sicuro, unico, organico, cui le genti debbono in
ogni modo prestar fede; ed è perciò doveroso farne ricerca, perchè ognuno possa, quando
questo principio sia stato trovato, prestare ad esso la debita fede. Di questo principio unico,
infallibile dunque la ricerca non può avvenire, senza che questa non abbia poi un termine.
Bisogna insomma che la ricerca avvenga, finchè tu non trovi questa luce di verity; ma quando
tu l’abbia scoperta, devi ad essa credere fermamente: e non si domanda poi che tu faccia di
più, se non di saper custodire, con ogni diligenza, gelosamente, quello che una volta tu sia
arrivato a credere. E fissa stabilmente anche questo punto nell’animo tuo: come non si debba
affatto prestare ad altro fede, e perciò, come |23 non sia necessario ricercare altro, dopo che
tu abbia potuto trovare e fermare la tua fede nei principi che Cristo ha stabilito: è proprio Lui
che non vuole da te altra opera che questa: che tu, appunto, non avanzi nelle tue ricerche al di
ly di quanto Egli fermò col Suo insegnamento. Ci sary forse qualcuno che possa sollevare dei
dubbi sulla dottrina che Cristo ha tramandato? Ebbene, presso di noi sta, oh! Io sappia costui,
quasi in sua propria sede, quella somma di dottrine e d’insegnamenti che il Signore ci ha
tramandato. Si; presso di noi! Ed è per questo che io, sicuro della rettitudine del pensier mio,
mi faccio avanti pronunziando parole di esortazione per certi Cristiani, perchè essi non pensino
che sia dovere di far ricerca, anche al di ly di quanto essi giy prima pensarono che fosse loro
obbligo di fare oggetto di ricerca stessa, e non diano quindi all’ espressione “cercate e
troverete„ una estensione fuori dell’ambito di un criterio logico e giusto. |24

  1.  La ricerca continua è la prova di non aver mai trovato quello che può soddisfare l’animo nostro

¶ Il procedimento da seguire nella intelligenza di questa espressione, credo che si debba
fermare su tre punti: quale sia il soggetto, l’essenza cioè della ricerca, come primo; eppoi il
tempo, e il modo. Dico, dunque, per quel che riguarda il soggetto, che tu esamini e rifletta
bene che cosa sia questo qualcosa da ricercare; per il tempo, quale sia il momento più
opportuno per condurre tale ricerca; per il modo, in che cosa, fra quali confini, si debba
chiudere questa nostra disamina. Ecco dunque quel che devi ricercare: la dottrina che
promulgò Cristo, tu, s’intende, che la debba ricercare finchè non l’abbia trovata, e colla mira
assoluta di giungere alla conoscenza di quella. E puoi dire d’averla trovata, quando la luce della
tua fede si riversa tutta su di lei: se tu non l’avessi trovata, non avresti potuto sentire per lei
tanto ardore da prestarle credenza e, d’altra parte, non l’avresti ricercata, se non avessi avuto
il desiderio vivissimo di trovarla. Così, se dunque |25 cerchi spinto dal desiderio grande di

 

trovare, e se a questo s’aggiunge che tu, trovando, sei portato a credere, col principio della
fede hai troncato la via ad ogni prolungamento di ricerca, convienilo, e a ogni possibile
ulteriore investigazione. Qual sia dunque il resultato stesso della ricerca è ben chiaro e
stabilito: questo è il limite, il confine che a te Iddio stesso segnò: Egli non lascia che si abbia
credenza in altro, diverso da quanto Egli fissò fermamente; e perciò non permette neppure che
si faccia ricerca d’altro, se non della verace dottrina Sua.

¶ Del resto, sono stati tanti quelli che hanno insegnato delle dottrine; e, così stando le cose,
dunque, se dobbiamo cercare tanto, per quanto possiamo trovare, noi faremo una ricerca
continua, e non arriveremo mai alla vera fede. Quale sarà il punto d’arresto della nostra
ricerca? dove potremo fermarci nella nostra indagine e cominciare da questo punto a credere?
il frutto di questo nostro continuo investigare presso chi lo troveremo? Ci fermeremo su
Marcione forse? Ma anche Valentino ci farà ricordare del precetto “cercate e troverete„; sarà
Valentino allora che ci |26 fermerà colla sua dottrina? ma anche Apelle, con una uguale

affermazione, eccolo a bussare alla mia mente, e così Ebione, Simone (54), e tutti, uno dopo
l’altro, in bell’ordine, non usano davvero di un mezzo diverso, col quale potere infiltrarsi nel
mio spirito e cercare di avvicinarmi a loro.

¶ Non potrò trovar più pace in luogo alcuno, dal momento che, dovunque io volga i miei passi,
mi sentirò ripetere, “cercate e troverete„; quasi che, così, in nessun luogo e non mai più io
potessi raggiungere quello che Cristo fermò in questo Suo precetto: che si deve pur ricercare
quello cui bisogna tributare poi ardore di fede.

  1. Si discute sempre sci principio cercate e troverete„

¶ Ed ecco che impunemente si vaga di errore in errore, come ciechi che vadano brancolando,
quando non si cada veramente in qualche cosa di colpevole; per quanto anche questo andar
vagando, dì per sè stesso, abbia già qualche cosa di colpevole. Ma andare errando qua e là si
può anche fare, nella più |27 completa impunità, da chi poi non lascia decisamente niente di
sostanziale. Ma se io ho prestato credenza a quello che pur dovevo credere, eppoi di nuovo
penso di dovermi dare ad altra ricerca, significa che io ho speranza di poter trovare qualche
altra cosa, e ciò non vi sarebbe ragione di sperarlo mai, se non nel caso che io, che pur
pensavo di credere, viceversa, non avessi affatto fermezza e fervore di fede; oppure, che io
abbia abbandonato quello che precedentemente credevo. Abbandonando dunque i principi cui
prima avevo prestato la mia fede, è chiaro che io mi rendo colpevole di apostasia. Lo dirò una
volta per tutte: nessuno vi è che possa far ricerca, se non colui che, o non ebbe mai lume di
vera fede, o che, avutala, la perdette. Quella vecchietta ricordata nel Vangelo, delle dieci
dramme che aveva, ne perse una, e perciò la ricercava; ma appena l’ebbe ritrovata, non la

cercò più, naturalmente (55). Un tale non aveva pane, e perciò bussò alla porta di colui al quale

egli era vicino; ma quando la porta gli fu aperta ed egli ebbe il pane, smise di picchiare (56). E una povera donna vedova, che non era stata ammessa all’udienza, pregò |28 ripetutamente il

giudice, chè la volesse ascoltare; ma non pregò più, allorchè ella ottenne di esser sentita (57).
E cosi è chiaro che c’è pure un limite anche nel rivolgere le nostre richieste, e nel picchiare alla
porta altrui, e nella ricerca alla quale noi ci abbandoniamo. A chi domanda sarà dato, così la
Scrittura; a chi bussa sarà aperto, e chi cercherà, troverà. Chi insiste nel cercar sempre,
intenda, dunque, perche non potrà mai trovare; perchè cerca appunto là dove egli non troverà;
e colui che picchia, veda perchè la porta non si aprirà mai di faccia a lui; perchè picchia proprio
là dove non vi è alcuno che possa aprire; ed anche è lo stesso per colui che domanda sempre:
perchè non sarà costui dunque ascoltato? perchè chiede a chi non può dare ascolto.

XII.
Non cerchiamo mai oltre quello che può dare la vera luce della Fede

¶ Ammettiamo pure che noi dobbiamo fare ricerca ora e sempre…; ma dove dobbiamo volgere
le nostre ricerche? ci dobbiamo voltare agli eretici? ma se presso di loro tutto |29 è contrario,
almeno lontanissimo, dalla vera nostra credenza! o se a noi è perfino proibito di avvicinarci a
loro! Qual mai servo ci sarà, che speri di ricevere aiuto e sostentamento da persona estranea,
per non dir nemica, al suo padrone? E ci sarà forse mai un soldato che da sovrani non amici,
per non dir nemici, vada a chieder doni o il compenso in denaro che gli spetta? bisogna, per far
questo, che costui sia un disertore, un fuggiasco, un ribelle.

 

¶ Era pur nell’interno della sua casa che quella vecchierella cercava la dramma smarrita;
l’altro, che aveva bisogno di pane, picchiava alla porta del suo vicino, e quella vedovella
chiedeva ad un giudice, fosse stato pur severo, ma che non era nemico. Non c’a nesssuno che
possa essere istruito da ciò che porta in sa un germe di distruzione e dì negazione: nessuno vi
a che possa ricever luce da chi vive avvolto nelle tenebre. Cerchiamo dunque, si, ma nel
campo che possiamo dir nostro esclusivamente, dai nostri, e in questioni nostre, e guardiamo
che si debba trattare solamente di ciò che, pur restando |30 integra e intatta ogni regola di
fede, possa esser posto in discussione.

  1. La Regola di lede

¶ È proprio questa regola di fede, che noi professsiamo come base della difesa nostra: a essa
che ci da la linea nella nostra ferma credenza.

¶ Che vi a un Dio solo, creatore del mondo, ne alcun altro al di fuori di Lui. Questi ha tratto il
tutto, esistente nell’Universo, dal nulla per mezzo del Verbo Suo, generato al principio delle
cose tutte: Figlio Suo fu chiamato questo Verbo, e nel nome di Dio apparve ai Patriarchi sotto
varie figure; in ogni tempo fu ascoltato dai Profeti, e di poi discese per lo spirito e virtù di Dio
padre, in Maria Vergine, e nel seno di Lei divenne carne e da Essa ebbe vita Gesù Cristo. E
nuova legge Egli promulgò alle genti, e formulò una nuova promessa di un Regno dei Cieli;
fece dei miracoli, fu posto in croce, ma nel terzo giorno della Sua morte risorse, e ascese in
Cielo, dove seda alla destra del Padre Suo; e mandò in |31 terra la potenza dello Spirito Santo,
in vece Sua, cha fosse la guida di tutti i credenti. Egli poi ritornery in pieno fulgore di gloria e
di luce per prendersi i Santi e condurseli ai frutti della vita eterna e delle celesti promesse, e
per giudicare i profani, pronunciando contro di loro la condanna del fuoco eterno, dopo aver
compiuta la restituzione dei corpi agli uni e agli altri.

  1. La regola dì fede a cio che pienamente soddisfa l’anima nostra, senza andar più oltre cercando.

¶ Questa a stata la regola che Cristo ha stabilito; ed io ve lo proverò; ed essa non può dar luogo fra noi a controversie o a questioni di sorta, al di fuori di quelle che vengono sollevate dalle eresie, che creano gli eretici,

¶ Del resto, se la base della regola di fede restery inalterata, potrai anche discutere,
esaminare, considerare quanto sary di tuo piacimento, se qualche cosa in essa potry per te
rivestire carattere di ambiguity o sembrarti avvolta in un velo di oscuro. È vero |32 certamente
che vi a qualche dotto, nostro fratello, che ha avuto il dono di conoscere i segreti della più
profonda saggezza; vi a pur qualcuno, dico, che ha familiarity con chi possiede esperienza di
simili questioni; e che a preso, con voi, forse, dal desiderio di ricercare troppo avidamente. Ma,
in fondo in fondo, a meglio ignorare qualche cosa, piuttosto che venire poi a conoscere quello
che non sì deve, dal momento che tu sai giy quello che a te a doveroso sapere. Il Signore ha

detto: a la tua fede quella che ti ha salvato (58), non l’esame delle Scritture, che nella tua
ability hai condotto con sottigliezza di spirito critico. In che cosa consiste la fede? nella regola
della fede stessa. Essa ha la sua legge, e la salvezza ti viene appunto dall’osservanza
scrupolosa di questa: ma l’ability nell’interpretazione della Scrittura, risiede solo in un principio
di curiosity, e il suo prestigio l’attìnge solo dal potere acquistare il nome di uomo saggio ed
erudito: ma, di fronte alla fede, la ricerca abile e sottile ceda le armi, e la gloria lasci il passo
alla salvezza: almeno esse non facciano chiasso e non frappongano ostacoli; se ne stiano in
tutta pace. È raggiungere il grado più alto |33 di sapienza, il non saper nulla che possa opporsi
o contrastare alla regola dì fede.

¶ Ebbene; supponiamo ora che gli eretici non siano i nemici dichiarati della verity e che a noi
non sia fatto obbligo alcuno di fuggirli; ma che cosa a, insomma, questa nostra relazione con

gente che confessa apertamente di dover ricercare ancora (59)? Se essi sono sinceri
nell’affermare che ancora hanno ardore di ricerca, ciò significa manifestamente che fino ad ora
non hanno trovato niente di sicuro, e perciò anche quelle parti di dottrina che sembrano
intanto considerare come inalterabili, non possono, viceversa, convincerci che nell’animo loro
non serpeggi il dubbio, perche essi appunto sono sotto l’affanno tormentoso di ricerche nuove.
E tu, dunque, che vai cercando, o cristiano, e rivolgi lo sguardo a coloro che pur vanno
vagando nella ricerca stessa, tu, con loro, siete avvolti nelle tenebre del dubbio, e, incerti, vi

 

rivolgete a chi sta in maggiore incertezza della vostra, ed è quindi inevitabile che come ciechi,

guidati da ciechi, voi precipitiate nell’abisso (60). Ma essi vogliono trarci in inganno e usano di
questo mezzo: noi ricerchiamo ancora, dicono; e |34 questo, per far penetrare fra noi i loro
scritti, sperando appunto nel nostro intimo turbamento, che potrebbe derivare da questa ansia
tormentosa della ricerca; ma dopo, quando hanno fatto tanto di giungere all’animo nostro,
ecco che essi tosto si ergono a difensori, a sostenitori di ciò che prima dicevano formare ancora
l’oggetto della loro ricerca. A noi dunque sta di confutarli con tanta energia ed efficacia, così
che essi sappiano che noi intendiamo sconfessare, non Cristo, ma costoro. Cercano essi
ancora? evidente indizio che nulla essi possiedono di sicuro, e se nulla hanno di ben saldo nel
loro spirito, essi non hanno mai creduto, e se non hanno avuto sicurezza e fermezza di fede, a
loro non s’addice il nome di Cristiani, Hanno forse essi nel loro spirito una base di fede e
tuttavia affermano di dover cercare ancora per sostenerla e difenderla? ebbene, ciò significa
che costoro, prima di procedere alla difesa della credenza loro, la vengono implicitamente a
negare, perchè, finchè sono dediti a ricercare ancora, riconoscono, confessano di non aver mai
fermamente creduto. E chi non può dunque dirsi Cristiano neppure per sè stesso, quanto potrà
dirsi, a |35 maggior ragione, nei riguardi nostri? Di quale verità possono parlare coloro che
s’avvicinano a lei coll’inganno? possono farsi difensori, sostenitori di una verità, essi che
intendono trarre questa stessa dalla menzogna? Ma, si dirà: eppure, anche essi si appoggiano
alle Sacre Scritture e da queste pretendono di ricavare ogni argomento di persuasione…; ed è
logico infatti: come evidentemente potrebbero parlare di argomenti di fede, se non si
appoggiassero alle Scritture Sacre?

  1. Bisogna energicamente difendersi contro gii eretici

¶ La questione è proprio nel suo momento culminante: qua noi tendevamo, del resto; e con
questa trattazione preliminare volevamo appunto dare soltanto inizio a ciò che costituisce il
corpo dell’argomento nostro, per giungere poi alla lotta decisa su quei punti nei quali i nostri
avversarî sono soliti provocarci. Ecco che essi tirano fuori le Sacre Scritture, e, con questa loro
audace sicurezza, lì per lì, possono anche riuscire ad impressionare taluni: nell’accanimento
della lotta poi, anche |36 su chi ha forza di resistenza, producono un senso di stanchezza;
riescono a fiaccare i deboli e a portarli con loro; quelli poi che non posseggono uno spirito
veramente deciso e sicuro, li lasciano in un’intima perplessità e in un dubbio triste e
angoscioso. Noi dobbiamo precluder loro questa strada, senza indugio, sopratutto; dobbiamo
impedire agli eretici che essi possano scendere a qualunque discussione che riguardi le Sacre
Scritture. Se i Libri Sacri costituiscono il fulcro della loro potenza, perchè essi se ne possano
servire, è necessario prima esaminare e considerare perfettamente a chi spetti il possesso
delle Sacre Scritture; e questo, per evitare che di esse possano usufruire coloro ai quali
minimamente spettano.

  1. XVI.  Le Sacre Scrittore hanno avuto dagli eretici falsa interpretazione

¶ Potrebbe sembrare eventualmente che, per una certa debolezza, intrinseca alla causa da me
sostenuta o per un certo tal qual desiderio di portare la discussione su un campo |37 un po’
diverso, io abbia posto questa questione preliminare: ma dal lato mio militano ragioni
fermissime e incrollabili e, sopratutte, questa: che la fede nostra presenta il più assoluto

ossequio all’Apostolo Paolo, il quale proibisce decisamente che si facciano discussioni (61), che
si presti orecchio a qualunque voce di novità potesse giungerci, e che si abbia in certo modo
relazione con chi è macchiato d’eresia, dopo, che noi abbiamo una sola volta cercato di

correggerlo (62), e di trarlo dall’ errore; non però dopo aver sostenuto con lui discussioni
intorno alla diversità di dottrina. Mi pare che in tal modo ogni principio di disputa sia senz’altro
dall’Apostolo condannato, dal momento che ci ha proprio indicato egli stesso, come unica
ragione di potere avvicinar gli eretici, quella dì tentare una volta dì correggerli: una sola volta
dico, ed è chiaro, perchè, chi è eretico, non si può considerare Cristiano. Quindi non è con lui
da adoperarsi il sistema che si può, invece, usare con chi è Cristiano, di una correzione ripetuta

cioè per due o tre volte e alla presenza di due o tre testimoni (63): con lui non c’è ragione di
discussione: è solo il dovere di correzione che |38 noi, una volta, possiamo tentare con chi è
macchiato di eresia. Ma del resto, e volendo concludere, questa disputa sulle Scritture non
credo porti ad utilità alcuna, se non quella di confondere e di turbare il cuore e la mente.

 

XVII. Ancora sulla falsa interpretazione che gli eretici fanno dei Libri Sacri

¶ L’eresia non riconosce certe parti delle Sacre Scritture, e quelle che ammette, le travisa
secondo quello a cui essa mira, con aggiunte o con sottrazioni: anche se le riconosce dunque in
massima, siamo ben lontani dal carattere della assoluta integrity, e quando anche le riconosca
talvolta nella loro piena organicity e compattezza, purtuttavia viene poi a mutarle, dando alle
singole espressioni, interpretazioni che fanno deviare dalla verity. È un’offesa alla verity che si
compie, sia che il senso venga alterato, sia che l’ eretico scriva cosa che non corrisponda al
vero: è pur logico del resto e necessario che gli eretici, nel loro stolto e vano congetturare, non
vogliano |39 riconoscere m alcun modo giusti, quei punti delle Scritture, dai quali essi
verrebbero ad esser convinti di falsa dottrina. Chi segue eresia si basa, certamente, su quei
punti, i quali hanno prima tratto, a bella posta, con falsa interpretazione, alle loro dottrine,
oppure su quei luoghi che si prestano a questo gioco per il doppio significato che presentano.

¶ A che cosa crederai di arrivare, quale vantaggio pensi di ottenere tu che hai una conoscenza
e un’esperienza grande dei Libri Sacri, a discutere cogli eretici, dal momento che costoro non vi
sary parola che non neghino, fra quelle che tu affermi e sostieni? quando la loro difesa si
fermery proprio su quei punti che tu non approverai? Perderai il fiato e null’altro nella disputa
che ingaggerai; non raggiungerai scopo alcuno, se non quello d’inquietarti, nel sentire uscire
dalle loro labbra tante bestemmie.

  1. A nulla gioverebbero le discussioni con gli eretici

¶ Pensiamo ora a colui, per il quale, |40 eventualmente, voi affrontate la dìsputa sulla
questione delle Sacre Scritture: perchè volete rinsaldare la fede di lui, che oscilla in qualche
dubbio? io mi domando: egli si orientery verso la luce della verity o non piuttosto nuovamente
alle credenze eretiche? Egli rimarry certamente incoraggiato dal fatto che potry accorgersi
benissimo che tu non hai avuto vantaggio alcuno sul tuo avversario: e infatti, essendovi stata
tra le parti contendenti forse una stessa efficacia di negazioni e di affermazioni, ma certo un
resultato alla pari, costui, dal contrasto cui ha assistito, se ne partiry con nell’anima
un’incertezza ancora maggiore, e senza davvero conoscere da qual parte egli debba intendere
l’eresia. Eppoi agli argomenti che noi portiamo contro gli eretici, questi possono, naturalmente,
opporcene altri per parte loro, perche ne viene per necessity che essi sostengano che siamo
proprio noi a presentare le Scritture alterate o a dare ad esse false interpretazioni: è la verity,
infatti, che essi pretenderebbero di difendere, precisamente come la difendiamo realmente noi.
|41

Senza scendere a discussioni cogli eretici, i Libri Sacri non sono possesso assoluto di noi

Cristiani?

¶ Non andiamo dunque a ricercare le Sacre Scritture; non dobbiamo noi sostenere discussioni
in un campo in cui la vittoria non è possibile riportarla in tutto il suo splendore, ed essa in ogni
modo risentirebbe certamente di un carattere di dubbio e d’incertezza. Del resto però, anche
se questo studio attento, questo esame condotto sui Libri Sacri, non andasse a finire nella
conclusione che ciascuna delle due parti avversarie rimanesse salva sulla sua posizione, prima
di tutto, il procedimento normale della questione richiede che si stabilisca definitivamente
questo punto: è proprio ciò che rappresenta il fulcro di ogni dìsputa: chi è il detentore di un
principio vero e infallibile di fede? le Scritture a chi appartengono veramente? questa norma di
vita, questa disciplina, per la quale e dalla quale sorgono i fedeli in Cristo, da chi c’è stata
data? quali uomini ne sono stati i diffusori? quando e a chi è stata essa affidata? ly dunque,
dove si dimostreranno essere i possessori e i seguac, |42 della disciplina e della più pura e
sincera fede cristiana, ivi si potry dire che si riscontri la luce di verity delle Sacre Scritture, la
comprensione esatta di esse, la retta intelligenza, insomma, di ogni cristiana tradizione.

  1. Cristo e gli Apostoli: loro missione

¶ Chiunque sia Gesù Cristo – mi sia permessa, per ora, l’espressione che io uso -, il Signor
nostro, Figlio di Dìo, qualunque Esso sia, Dio e uomo, qualunque sia la materia di cui Esso,

 

come uomo, si sia rivestito, Maestro di una fede, qualunque essa voglia essere, e che ci
assicurò una ricompensa, qualunque essa sia per essere, durante il Suo soggiorno sulla terra,
Egli manifestò che cosa fosse, che cosa fosse stato, quale la volonty del Padre Suo, che Egli
seguiva, quali i doveri a cui l’uomo doveva piegarsi e che doveva compiere: e tutto ciò Costui
lo rendeva chiaro ed aperto, parlando o in mezzo al popolo o ai Suoi discepoli, in disparte. Egli
ne aveva prescelti dodici e li teneva sempre presso di sè: non si staccarono mai dal fianco del
Maestro: li aveva |43 scelti, perchè fossero maestri alle genti e diffusori della dottrina divina.
Uno di essi venne allontanato, ma agli altri undici, nel ritornare al Padre Suo dopo la
Resurrezione, comandò di andare nelle varie regioni del mondo e battezzarle nel nome del

Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (64). E gii Apostoli sùbito, [questo nome di Apostoli
significa appunto inviati, mèssi] in luogo di Giuda, che era stato cacciato, sortirono Mattia

come loro dodicesimo compagno (65), secondo quanto anche era stato profetizzato, come si
legge nel salmo di David (66). Avendo ricevuto la promessa virtù dello Spirito Santo per

compiere i dovuti miracoli e diffondere la fede in ogni linguaggio (67), fu dapprima in Giudea
che, fermata la grande parola di fede in Gesù Cristo, stabilirono quivi le prime radunanze di
fedeli, e dì poi si sparsero in tutto il mondo e bandirono alle genti il Verbo della nuova
credenza, della nuova regola di vita. E Chiese sorsero in ogni citty; e da queste trassero e
accesero la favella vivace e inestinguìbile della dottrina e della fede in Cristo tutte le altre
radunanze di fedeli, ed ogni giorno vi attingono forza nuova per poter divenire vere |44 Chiese.
Ed ecco che, per questo, esse saranno denominate Apostoliche, come figlie dirette delle Chiese
che dagli Apostoli ebbero prima loro origine. Tutto deve portare l’impronta della origine sua, è
necessario. Che cosa rappresentano tante Chiese e così importanti, sia pure, se non sempre,
quella prima dagli Apostoli fondata e dalla quale hanno poi tratto loro vita e sviluppo le altre
tutte? Tutte sono primitive dunque, Apostoliche tutte e tutte insieme non fanno che confermare
il principio della maggiore e possente unity: e in esse è la parola perenne di pace e d’amore;
fra gli uomini, da esse si parte il principio della più assoluta fratellanza umana, dunque; esse
parlano il linguaggio della maggiore e pie affettuosa ospitality. E questi, che poi son divenuti
veri diritti, non altra regola possono invocare, all’infuori di quella che può derivare da una
tradizione unica di uno stesso sacro principio.

  1. Fondamente della PRESCRIZIONE contro gli eretici

¶ È da qui, da ogni considerazione esposta, |45 che noi facciamo movere la nostra prescrizione contro gli eretici. È pure vero che Gesù Cristo inviasse gli Apostoli a predicare la sua dottrina

(68). Ebbene: noi non dobbiamo accettare altri, all’ infuori di loro, come divulgatori di essa. Chi

può conoscere il Padre se non il Figlio Suo e quelli a cui il Figlio lo rivelò (69)? E sembra che a
nessun altro, se non agli Apostoli, il Figlio abbia rivelato i! Padre Suo. Ad essi poi dètte
l’incarico della predicazione e di divulgare, s’intende, ciò che era stato loro manifestato. Ciò
che essi, dunque, bandiscono alle genti, è quello che Cristo rivelò all’intelligenza loro; ed è da
questo punto anche che noi possiamo alzare il nostro grido di prescrizione, in quanto non deve
esser possibile conoscere la verity della dottrina di Cristo, se non ricorrendo alle Chiese che gli
Apostoli fondarono e dove essi ammaestrarono i fedeli, sia colla voce viva ed ardente, sia
rivolgendosi poi con lettere alle genti. Se dunque le cose stanno esattamente così ne risulta
che ogni dottrina, la quale si accordi ai principi di quelle Chiese Apostoliche Madri, sorgenti di
ogni fede più pura, si deve riconoscere come veritiera: essa |46 contiene in sè, senza dubbio
alcuno, ciò che le Chiese attinsero dal labbro degli Apostoli, ciò che a loro volta gii Apostoli
colsero dalle labbra di Gesù, ciò che infine Gesù attinse da Dio. E si può affermare, senz’ altro,
falsa ogni dottrina che si schieri contro la verity della Chiesa e quindi contro la parola degli
Apostoli, di Cristo, di Dio. Quello che ci resta da dimostrare è questo appunto: che la dottrina
nostra, di cui prima abbiamo dato la regola di fede, trae l’origine sua dalla pura tradizione
apostolica e che quindi, posto questo riconoscimento, tutte le altre dottrine vengono infirmate
come false, in quanto traggono loro sorgente da principi non veri. Noi siamo nel rapporto più
intimo colle Chiese Aposto-liche, perchè la nostra dottrina non è in alcun punto diversa dalla
loro: questa è la prova sicura dell’assoluta verity.

  1. XXII.

La dottrina degli Apostoli in tutta la sua importanza

¶ La prova di quanto asseriamo è così chiara che, appena sia apertamente esposta, non c’è

 

affatto bisogno di contrastare in qualche modo. |47 Ma, come se ormai la prova nostra non
risplendesse già nel suo fulgore di verità, alla parte avversaria noi vogliamo concedere di
mettere fuori gli argomenti loro, dal momento che essi pensano di potere infirmare la nostra
prescrizione contro l’eresie. Gli Apostoli non hanno avuto una conoscenza completa di tutta la
dottrina del Signore, essi dicono; ecco uno dei loro punti essenziali: ma poi, come scossi
intimamente da un accesso di pazzia, cambiano il loro pensiero e, contrariamente a quanto
prima avevano sostenuto, affermano che gli Apostoli hanno avuto bensì la conoscenza
completa della dottrina del Signore, ma non hanno comunicato, partecipato agli altri la loro
dottrina nella sua integrità. Ma, in ambedue i casi, essi gettano biasimo sulla figura di Cristo, il
quale avrebbe inviati gli Apostoli o non forniti di una conoscenza assoluta, o avrebbe dato
incarico della diffusione della dottrina a spiriti che l’alterarono, forse attraverso la sottigliezza
del loro pensiero. Ma chi potrà mai credere, che sia fornito di un retto discernimento, che non
siano stati in possesso dell’integrità e della completezza della dottrina, |48 quelli che il Signore
scelse a maestri, e che li tenne compagni, con Lui sempre, e Lo seguirono e vissero in
compagnia Sua fedelmente? E con loro si confidava di ogni segreto, senza fame parte ad altri,
dicendo appunto che a loro solamente sarebbe stato concesso di penetrare i misteri, che li
popolo invece non avrebbe dovuto e potuto conoscere (70). Qualcosa sarà dunque rimasta
nascosta a Pietro? A Pietro, pietra di quella Chiesa che avrebbe avuto da lui sua consistenza e
sua base? Che poteva, ripeto, essere occulto a lui, che aveva avuto le Chiavi del Regno dei
Cieli e la facoltà di legare e dì sciogliere sulla terra e nei Cieli (71)? E qualcosa avrà forse
potuto rimanere nascosta a Giovanni? egli era il più caro al Signore suo, fra i Discepoli; egli
potè posar la sua testa sul cuore del Signore (72); a lui il Signore, di preferenza, indicò Giuda
come quegli che l’avrebbe tradito; Giovanni fu quegli che il Signore indicò a Maria, come chi
avrebbe dovuto tenere presso di Lei (73) in luogo del Figliuol Suo. Che cosa potè rimanere
occulto a quelli ai quali Egli manifestò il fulgore della Sua gloria, e Mosè ed Elia e la voce stessa
del Signore, Padre Suo (74), |49 la quale scendeva dal Cielo? Non che Gesù avesse gli altri
Apostoli in minore considerazione, ma perchè ogni parola deve stare salda sulla testimonianza
di tre (75). Allora ignorarono qualche cosa anche quelli ai quali il Signor nostro, dopo che fu
resuscitato, volle, nella Sua immensa bontà, cammin facendo, spiegare tutte le Scritture Sacre
(76).

¶ Aveva sì, detto il Signore una volta: ho molte cose ancora da dirvi, ma voi ora non siete in
grado di comprenderle (77): ma aveva anche aggiunto: quando discenderà quello Spirito di
luce e di verità, questo stesso vi aprirà la conoscenza ad ogni vero. E così dimostrò
chiaramente che non potevano ignorare nulla, coloro ai quali aveva pure assicurato che
sarebbero giunti alla conoscenza della verità integralmente, per mezzo dello Spirito Santo,
sorgente appunto del vero. E la promessa fu mantenuta e gli Atti degli Apostoli sono lì a
provare la discesa dello Spirito Santo (78). Chi non riconosce questa parte delle Sacre
Scritture, non può essere dello Spirito Santo, come chi appunto ignora come Esso sia disceso
sulla terra, agli Apostoli. E poi, come costoro possono difendere e sostenere in |50 qualche
modo la Chiesa di Cristo, dal momento che essi non sanno e quando e da quali principi abbia
tratto l’origine sua e la sua forza questo organismo? Ma per gli eretici è preferibile non
possedere le prove di quello che essi sostengono, piuttosto che esser costretti, di fronte
all’evidenza delle prove, a rinunziare alle falsità che essi inventano.

XXIII.

Accuse degli eretici contro la pretesa ignoranza degli Apostoli

¶ Vogliono essi, ad esempio, addurre come argomento di lor difesa la non perfetta conoscenza
che gli Apostoli ebbero della dottrina cristiana e per questo, ricordano come Pietro e i seguaci
suoi fossero stati rimproverati da Paolo (79). Appunto, essi dicono, perche qualche differenza
d’indirizzo si riscontrava fra loro, onde ne traggono che la conoscenza loro poteva avere una
completezza maggiore: come dovè appunto essere il caso di Paolo, allorchè ebbe parole di
rimprovero per chi Paveva preceduto nell’apostolato. Ma in primo luogo io potrei ben
rispondere a questa gente, che non riconosce gli Atti degli Apostoli: voi |51 dovete dimostrare
qual sia codesto Paolo e che cosa sia stato prima di essere Apostolo e in qual modo lo sia
divenuto, dal momento che è chiaro che costoro si servono dell’autorità sua, moltissimo, anche
in altre questioni. È lui stesso che ci dice che da persecutore divenne Apostolo (80), ma questo
può anche non essere sufficiente, a chiunque voglia prestar fede a qualcosa, dopo aver bene

 

considerato ed esaminato ogni lato della questione stessa: eppoi sappiamo che neppure il

Signore fece testimonianza su sè stesso (81). Ma supponiamo pure che essi, appunto per

credere contrariamente ai dettami delle Scritture, non fondino affatto le loro credenze sulle
Scritture stesse; ma ci dimostrino almeno come in seguito al fatto della riprensione rivolta da

Paolo a Pietro, sia stata introdotta da Paolo un’altra forma di Vangelo, diversa da quella che
Pietro e gli altri Discepoli avevano già insegnato. Ma ben diversamente andò la cosa: la verità
fu che Paolo, che da persecutore era divenuto sostenitore e diffusore della dottrina di Cristo, è

presentato da fratelli ad altri fratelli: è considerato uno dei loro (82); egli viene dunque accolto da quelli |52 che avevano dagli Apostoli ricevuto il Verbo della fede, viene ammesso nella

società loro, e in seguito Paolo, come egli stesso ci racconta (83), per conoscere Pietro, sale a
Gerusalemme: era un dovere e un diritto nel tempo medesimo, come quegli che partecipava
della stessa fede e della stessa predicazione. E costoro non avrebbero certamente provato un
senso di soddisfazione e non avrebbero avuto lieta meraviglia che Paolo, da persecutore,

militasse ora nelle file dei predicatori (84) e dei diffonditori della fede, se dalle sue labbra
avessero sentito uscire qualcosa di contrario ai principi fondamentali della loro dottrina; e non

avrebbero innalzato inni di lode e di gloria al Signore (85), perchè Paolo, da nemico accanito, si era poi convertito alla giusta e retta credenza. Ma tutti invece dettero a lui la destra in segno di

concordia e di unione, e fra loro (86) regolarono la divisione degli uffici, ma non parlarono affatto di scissione di Vangelo. Non era il caso di pensare che uno dovesse andar predicando un

Vangelo, mentre poi un altro dovesse essere il diffusore di una diversa dottrina. No; era la medesima dottrina che doveva andare divulgata fra gruppi |53 di genti diverse; Pietro ai Giudei

avrebbe dovuto predicare, Paolo ai gentili. Del resto, se pur fu biasimato Pietro (87), perchè
egli, pur avendo convissuto con i gentili, dopo si allontanava da loro e stabiliva così differenza
di persone, si deve riconoscere che questo non fu difetto di sostanza di dottrina, ma di
semplice esteriore convivenza. Ed infatti egli non annunciava davvero un Dio diverso dal Dio
Creatore dei Cristiani, ne un altro Cristo, se non Quello che nacque da Maria; non fece brillare
altra speranza alla mente dei fedeli, se non quella della Resurrezione.

  1. La perfetta armonia della dottrina di Paolo, che non è, se non la fede di Cristo

¶ Io non ho affatto desiderio, anzi, dirò meglio, io non ho mai avuto un’idea così insana dì voler
porre gli Apostoli fra loro in contrasto. Ma dal momento che questa gente degli eretici, nella
sua perversità grande, si serve di questa specie dì rimprovero mosso da Paolo a Pietro, quasi
per provare e far |54 riconoscere come sospetta la dottrina anteriormente predicata, io
prenderò, per così dire, le difese di Pietro e ricorderò che Paolo stesso ha affermato questo:
che egli si era fatto tutto con tutti: giudeo con i Giudei, gentile con i gentili, per poterli tutti
attrarre a sè. Così, per riguardo a questioni di tempo, di persone, di procedimenti, di modalità
diverse, trovavano da ridire e da criticare, mentre poi essi stessi agivano perfettamente nello
stesso modo, riguardo ai punti di sopra ricordati. Sarebbe esattamente la medesima cosa come
se anche Pietro avesse dovuto usare riprensione con Paolo perchè, pur proibendo la
circoncisione, egli stesso poi aveva circonciso Timoteo. Per tal risposta se la vedano fra loro
quelli che azzardano giudizi e critiche sugli Apostoli. Quel che poi è magnifico, è che Pietro e
Paolo rifulgono ugualmente nella luce gloriosa del martirio.

¶ E sebbene Paolo, rapito fino al Terzo Cielo e trasportato in Paradiso, abbia colà avuto
straordinarie rivelazioni, pure queste non rivestirono carattere tale da suggerirgli l’idea di una
dottrina diversa, perchè quelle conoscenze erano di natura siffatta, da non esser |55 possibile
che fossero comunicate e conosciute dagli uomini. Le quali arcane verità o qualche cosa che a
ciò s’avvicini, se fossero giunte alla conoscenza di taluno o ci fosse una dottrina eretica che
sostenesse appunto di seguire essa questi tali misteriosi e arcani principi; ciò significherebbe
che Paolo si rese colpevole di tradire il segreto o altri, rapito in Paradiso dopo di lui, ebbe
facoltà di manifestare quegli arcani, che a Paolo non fu concesso neppure di accennare
segretamente.

  1. XXV.

Gli Apostoli hanno tutto saputo e tutto insegnato quello che Gesù volle che gli uomini

imparassero

¶ Ma, come abbiamo già detto, sarebbe una eguale stoltezza se costoro, dopo aver magari

 

riconosciuto che agli Apostoli nulla è rimasto occulto e che niente di contrario fra dì loro hanno
essi predicato, d’altra parte essi stessi sostenessero che gli Apostoli non hanno a tutti
ugualmente detto tutto ciò che era a conoscenza loro: così che si verrebbe a riconoscere che
alcune partì di dottrina essi l’avrebbero rivelate apertamente a tutti, altre, |56 invece,
sarebbero state insegnate a pochi e segretamente; e questa credenza potrebbe scaturire da
quello che Paolo disse a Timoteo: ecco l’espressione che egli usò: “O Timoteo, sappi custodire

quello che ti è stato confidato (88)„ . E, similmente, in altro punto: “Mantieni il prezioso

deposito (89)„. E di che deposito mai si tratta? è forse qualcosa di così misterioso e peregrino
da farci pensare agli arcani di più profonda dottrina? Oppure non fa che parte di quella

esortazione nella quale così si esprime: “O Timoteo, figlio mio, io ti do questo mandato (90) ,, ;
e medesimamente si può pensare che non faccia che parte di quel precetto, dove egli dice:
“Dinanzi a Dio, che è spirito vitale di tutte le cose, e dinanzi a Gesù Cristo, che sotto Ponzio

Pilato sostenne ferma e nobilissima confessione (91), io mi raccomando a te: sappi custodire quanto ti è stato dato come precetto„ . Si parla di precetto: ma che precetto è mai questo? e quale il consiglio, l’esortazione che a lui rivolge? Da quanto egli dice prima e dalla intelligenza complessiva del testo risulta chiaro che con tali parole non s’intende minimamente di alludere a dottrine diverse ed |57 oscure, ma piuttosto egli intendeva fermare questo principio, che non fosse da riconoscessi e da accettare altra dottrina se non quella che Timoteo avesse ascoltata dalla sua stessa bocca; ed ho ragione di credere, perchè [egli lo disse] in presenza di molti altri

(92). Molti testimoni, dunque. Ma se con questa espressione non vogliono che s’intenda la
Chiesa, non m’importa affatto; ma non si potrà parlare in ogni modo che tale insegnamento
fosse stato tenuto in segreto, quando risulta che molti furono realmente testimoni di questo. E
perchè l’Apostolo volle che Timoteo tramandasse i principi di tale dottrina ad uomini fedeli e
capaci poi d’insegnare ad altri, da questo fatto si può forse dedurre l’esistenza di una dottrina
evangelica che non si sia sviluppata alla piena luce del sole? Quando egli disse: queste cose,
intese evidentemente d’alludere a ciò che scriveva attualmente; qualora avesse voluto far
intendere elementi di dottrina occulta e misteriosa, quasi ristretti alla conoscenza sua e diversi
quindi e lontani dal corpo della comune dottrina, avrebbe detto “quelle cose„ non “queste
cose
,, . |58

XXVI.

Il Signore aveva voluto che la Sua dottrina fosse a tutti palese: niente di segreto vi
era in essa; nella sua infinita bontà e nell’immenso amore, essa si rivolgeva a tutti

gli uomini.

¶ Era poi del resto anche logico che a colui al quale il Signore affidava la cura della
predicazione evangelica, perchè fosse compiuta con costanza fermissima e con retto
discernimento, aggiungesse in un secondo momento un’altra raccomandazione; e furono

parole di Cristo queste, infatti: “Non gettate perle ai porci, nè cose sante ai cani (93)„ . Il
Signore poi aveva pubblicamente parlato e non aveva mai fatto allusione o cenno alcuno a una

dottrina nascosta (94). Egli stesso aveva ordinato agli Apostoli che, se anche qualche cosa
avessero ascoltato ed appreso in oscurità o in segreto, essi lo portassero alla piena luce del

sole e nell’alto (95). Fu Lui che insegnò loro, servendosi di una famosa parabola, di non lasciare nascosta una sola mina, cioè una sola parola Sua, senza che perciò questa potesse dare i suoi

frutti (96); come pure altro solenne insegnamento offriva, dicendo che la fiaccola non si
accende per |59 poi metterla sotto il moggio, ma per fissarla sul candelabro, perchè dall’alto

possa spargere la sua luce su tutti quelli che si trovano nella casa (97). E se gli Apostoli non
avessero seguito tali insegnamenti, tenendo nascosto qualche scintilla di luce, cioè della parola
di Dio e della dottrina di Cristo, ciò significava o che non li avrebbero tenuti nel conto che
dovevano, oppure, che non li avevano affatto compresi.

¶ Ma, per quanto io so, essi non avevano paura di alcuno, non temevano violenza o da parte di
Giudei o di pagani; e quelli dunque che facevano sentire alta ed ardita la loro parola nelle
pubbliche radunanze e nelle sinagoghe, dovevano pure, a maggior ragione, con più ampia
libertà, parlare nelle Chiese. Eppoi, essi non avrebbero potuto convertire nè Giudei nè pagani,
se non avessero, con metodo e con ordine, esposto ciò che volevano che formasse l’oggetto
delle loro credenze. Ed è anche più chiaro come costoro non avrebbero mai potuto indursi a
sottrarre una parte della dottrina da queir insegnamento che prodigavano alle compagnie dei

 

fedeli nei templi, per farne oggetto di |60 particolare ammaestramento, separatamente, a
pochi. Ammettiamo pure, per così dire, che non mancassero delle conversazioni, che si
sarebbero svolte fra pochi intimi; ma non per ciò si dovrebbe pensare che essi sostenessero in
queste una regola di fede diversa e contrastante a quella che era oggetto del loro
insegnamento pubblico, secondo quanto vuole il principio cattolico. Non si deve neppur credere
che predicassero un Dio in Chiesa e un altro Dio nelle loro particolari radunanze, e che dinanzi
alla massa assegnassero a Cristo una natura e che fra loro, poi, in segreto, la cosa fosse
diversa e la natura di Cristo mutasse; e che alla folla facessero rifulgere una certa speranza di
resurrezione, ma che fra pochi parlassero di ciò in altra maniera. Non erano forse loro, gli
Apostoli, che nelle loro lettere rivolgevano vive, calde ed appassionate preghiere, perche i
fedeli parlassero un linguaggio solo, uguale sempre e non tollerassero nel seno della Chiesa,

divisioni, scismi e contrasti (98)? E Paolo, o chiunque altro di loro, non affermavano
concordemente la stessa cosa? e ricordavano le seguenti espressioni: Il nostro linguaggio sia
questo: si, si: no, |61 no: quello che eccede, da questa assoluta laconicity d’espressione deriva

dal demonio (99); e tutto questo appunto, perchè nella trattazione del Vangelo, non esistessero

differenze di sorta.

  1. XXVII.
    Nonostante qualunque contrasto, la dottrina apostolica è integra, purissima

¶ Che gli Apostoli dunque non abbiano conosciuto in tutta la sua completezza la dottrina del
Cristo o che in ordine perfetto non ne abbiano tramandato a tutti la parola di quella fede che
essa bandiva, non è cosa a cui possiamo minimamente pensare. Vediamo dunque se, mentre
gli Apostoli nella sua maggiore integrity e con parola semplice e piana bandivano agli uomini
[la dottrina]; se, dico, sia stata la Chiesa, che, per proprio difetto, abbia ad essa attinto in
modo un po’ diverso da quanto gli Apostoli insegnavano. Tu potresti notare che questi del resto
sono i punti che gli eretici portano, per tentar di muovere nel nostro spirito scrupoli ed
incertezze. E stanno bene attaccati perciò alle parole di |62 rimprovero, ad esempio, che Paolo
usa nei riguardi di alcune Chiese: “O Galati, egli dice, nella vostra stoltezza, chi è riuscito a

trarvi fuori della retta vìa (100)? chi vi ha fatto acciecare?„ e ìn altro punto: “Voi così
speditamente procedevate per la vostra strada, chi vi ha trattenuto? chi ha impedito il vostro
cammino?„ E se voi leggete il principio della lettera, egli così si esprime: “Grande è il mio
stupore come presto voi vi siate allontanati da colui che vi richiamò nella grazia del Signore,
per rivolgervi ad altra dottrina (101) „. Ed ai Corinzi(102) Paolo si rivolge nello stesso tono e
domanda loro perchè fossero ancora così soggetti alla carne, da sentire il bisogno di essere
alimentati con latte, e non adatti quindi a ricevere altro cibo: e questi erano coloro che
credevano di saper tutto e non s’accorgevano di non sapere ancora il modo in cui era pur
necessario sapere. Ma dal momento che i sostenitori dell’eresia ci mettono dinanzi agli occhi il
ricordo di queste Chiese alle quali sono stati rivolti rimproveri e biasimi, potrebbero poi anche
pensare che posteriormente esse si siano emendate… ; ma, poi, potrebbero anche ricordare |
63 invece quelle Chiese di cui l’Apostolo esalta, rivolgendo per questo le più vive grazie al

Signore (103), l’integrity della fede, la saldezza della dottrina, la purezza della condotta. E si
noti poi che le Chiese di oggi sono in perfetto accordo, per quel che riguarda il principio
dell’unity di dottrina, con quelle alle quali un giorno furono rivolti quei biasimi.

  1. Carattere precipuo della dottrina della Chiesa è l’unity

¶ Ma, si deve ammettere che l’errore sia stato in tutti? ebbene si: l’Apostolo, nel rendere
testimonianza, or dunque ha errato; ammettiamo pure che lo Spirito Santo non abbia vegliato

su alcuna delle Chiese per condurla alla luce della verity (104); nonostante che Egli sia stato
inviato da Cristo e richiesto al Padre proprio a questo scopo, perchè appunto fosse assertore e
maestro di verity, abbia trascurato il dover suo il vicario di Cristo [il Romano Pontefice],
permettendo che le Chiese intendessero diversamente e prestassero fede a credenze diverse
da quelle che egli stesso predicava per la bocca degli Apostoli: |64 ma si può pensare come
cosa verosimile che tante Chiese e così importanti abbiano divagato per vie diverse per poi
confluire in una credenza unica e in un’ unica fede? Il resultato non poteva esser unico fra
tante variety d’indirizzi e sarebbe stato pur necessario che un errore di dottrina delle Chiese,
avesse poi caratteri diversi. Del resto, ciò che si riscontra che presso molti riveste un carattere
unico, inscindibile, immutabile, è chiaro che ha suo fondamento in una tradizione ben salda, e

non può derivare da una tal qual dubbiosa incertezza e oscillazione di credenza.

¶ Coraggio… allora e qualcuno provi a sostenere che coloro che crearono tale tradizione siano

stati nell’errore.

  1. La dottrina del Cristo è l’unica e la più fulgente fonte di verity

¶ Ma in qualunque modo si voglia ammettere che l’errore si sia generato, questo dunque
sarebbe regnato sovrano per tanto tempo, per quanto non si fecesse parola d’eresie. La verity,
per essere restituita nel suo fulgore, attendeva dunque proprio dei Marcioni e dei |65 Valentini,
e intanto si divulgava nella predicazione il Vangelo… ed era falso; si fissava una fede e non era
rispondente a verity; tante migliala di battesimi furono dunque falsi, tante opere di fede furono
compiute invano; e che valevano dunque i miracoli innumeri? e le grazie operate, e l’esercito
dei sacerdoti, e tante missioni? e a che dunque tanti Martiri, che pur ebbero la palma del loro
dolore e delle loro torture? Eppure, se lutto questo aveva in se qualcosa di manchevole, e,
d’altra parte, cadeva nel vuoto, quale spiegazione si può portare del fatto che le cose di Dio

precorressero la notizia, a qual Dio esse appartenessero (105)? Possiamo forse ammettere che i
Cristiani esistessero prima del Cristo? che l’eresie siano esistite prima di quella che è la vera
dottrina? Ma, in tutto, la verity precede sempre l’apparenza: una certa verosimiglianza, vien
dopo la verity. E sarebbe certamente assai sciocco dare all’eresia una priority sulla dottrina
vera ed infallibile… Ma se fu, poi, questa dottrina stessa che ci mise in guardia contro le
eresie, perchè appunto noi sapessimo guardarcene! È stato scritto alla Chiesa, che di questa
dottrina è la custode fedele; o, |66 per dire più esattamente, questa nostra dottrina stessa così
bandisce alla sua Chiesa: “Anche se un angelo venisse dal Cielo a bandirvi un Vangelo diverso

da quello che è nostro, ebbene, questo, sia per voi considerato anatèma

  1. XXX.
    Ogni eresia è posteriore alla verity

¶ Dove era allora Marcione, nocchiero del Ponto e seguace così ardente della filosofia Stoica?
dove era Valentino, difensore della dottrina Platonica? Poichè è noto che essi non risalgono
molto addietro nel tempo : circa nell’ety di Antonino (138-161) essi vissero, e sappiamo che
prima tributarono fede alla dottrina cattolica presso la Chiesa di Roma, sotto l’episcopato del

Beato Eleuterio (107), fino a che, per quel loro inquieto ardore di ricerca, col quale guastavano
anche la purity e l’integrity della credenza dei fratelli loro, furono, prima una volta, ed ancora
poi una seconda, cacciati, allontanati dal seno della Chiesa, e Marcione con quei ducente mila
sesterzi che aveva portato alla Chiesa. |67 Furono costoro infine relegati come in un perpetuo
esiglio: la Chiesa li volle lontani da sè, ed essi, ecco che sparsero il veleno delle loro dottrine.
Ma dopo, Marcione, avendo riconosciuto il proprio errore, accettò la condizione che gli veniva
fatta di poter riacquistare la pace delio spirito rientrando nella Chiesa; e tale condizione
consisteva nel riportare alla vera fede cattolica coloro che egli aveva allontanato colia falsity
delle sue dottrine; ma la morte lo colse prima che potesse far ciò. Le eresie erano pur

necessarie (108), ma se bisognava che esistessero, non si può da ciò trarre la conseguenza che esse siano un bene: anche il male è necessario che esista; bisognava anche che il Signore

fosse tradito…, ma guai a chi lo tradiva (109)! E questo sia detto, perchè non vi sia alcuno che, partendo da questo punto, non cominci a difendere e a sostenere dottrine ereticali.

¶ Ma sary pur opportuno ritornare un po’ sull’origine della dottrina di Apelle. Egli non risale
tanto nel tempo come Marcione, che si può dire fosse quegli che lo informò, lo istruì nelle sue
dottrine. Apelle ebbe dunque a perdersi a causa di una donna; abbandonando |68 perciò quello
spiritò di castity e di continenza che Marcione gli aveva insegnato, egli si ritirò ad Alessandria,
restando così lontano dagli occhi del maestro suo, integerrimo. Di ly, ritornò dopo alcuni anni e
non migliorato, se non in quanto non era più seguace dì Marcione. Ebbene, costui s’imbattè in
un’altra donna, la vergine Filomene, famosa, che abbiamo ricordato anche di sopra, e che
divenne dopo donna di pessimi costumi; e, tutto preso dall’azione, dall’influenza terribile di
costei, scrisse le Rivelazioni e manifestò quanto da lei avesse imparato. Nel mondo esìstono
ancora alcuni che li ricordano; scolari loro veri e propri, successori potremmo dire, onde non
possono affermare dì non aver avuto una continuazione: sebbene, come afferma il Signore,

saranno l’opere stesse loro che li condanneranno (110). Se infatti Marcione ha separato dal
Vecchio il Nuovo Testamento, egli appartiene naturalmente ad un’ety posteriore a ciò su cui

 

esercitò il suo criterio di divisione, perche non poteva evidentemente compiere tale suo atto,
se non su quello che prima era organico nella sua unità; e quindi, se in quella materia, prima
che si procedesse alla |69 separazione, esisteva una organicità, basta pensare che sia stata poi
divisa, perchè dobbiamo considerare posteriore ad essa colui che a tale divisione operò.

¶ Ed è lo stesso certamente di Valentino, il quale, dando un’interpetrazione diversa delle Sacre
Scritture e, procedendo colla massima franchezza, risolutamente, alle correzioni, ed
emendando proprio con la scusa che quanto scritto prima era errato, viene implicitamente a
dimostrare che le Sacre Scritture sono da far risalire ad altri. Noi ricordiamo Marcione e

Valentino come fra i nomi più famosi e più comuni di coloro che hanno falsato la verità (111);
ma io so che esiste anche un certo Nigidio ed un Ermogene e molti altri ancora che vanno
alterando, corrompendola, la parola del Signore e deviando dalla via che il Signore stesso ha
tracciato. Costoro dovrebbero avere il coraggio di dirmi da chi hanno attinto l’autorità di potersi
mettere in luce: predicano essi forse un Dio diverso dal nostro? Ebbene, in tal caso, com’è che
costoro abusano degli attributi delle Scritture, dei nomi di quel Dio, contro il quale
precisamente appuntano le loro armi? E se è il medesimo |70 [Iddio] invece, come si spiega
che essi possano predicare diversamente da noi? A loro non resterebbe dunque da dimostrare
altro, se non che gli apostoli nuovi son essi; ma l’abbiano il coraggio d’affermare che Cristo è
una seconda volta disceso sulla terra, che una seconda volta ha insegnato una dottrina, che è
stato crocefìsso da capo e che è morto e resuscitato di nuovo. Ma cogli Apostoli [veri] il
Signore opera così: concede cioè ad essi il potere di suscitare quegli atti straordinari e

miracolosi che Lui compie (112): io voglio allora che vengano alla luce queste facoltà [se le
hanno gli apostoli nuovi]! Ma io, in costoro, sono pronto a riconoscere una sola facoltà
notevolissima, ed è quella di sapere imitare gli Apostoli, avendo però dì mira il male, non il
bene degli uomini: questi sono capaci di restituire in vita chi è morto, mentre quelli stringono

nei lacci della morte chi ancora potrebbe godere della vita (113).

  1. La parabola evangelica della buona sementa

¶ M’accorgo però d’essere uscito dal mio |71 assunto. Ritorniamo dunque a discutere sulla questione fondamentale, come la verità sia quella che abbia diritto d’essere riconosciuta per prima e come a questa poi si sia mescolata la menzogna. Noi, per la nostra dimostrazione,

possiamo servirci dell’aiuto di quella famosa parabola (114) la quale narra che il Signore, in
principio, sparse il buon seme di frumento, ma che il diavolo poi, nella sua mala potenza, ci
mescolò la zizzania, erba sterile e dannosa. Propriamente questa narrazione sta a
rappresentare la differenza delle dottrine, dal momento che anche in altri luoghi la sementa

buona è l’immagine usata ad esprìmere e a significare la parola del Signore (115). Così diviene
ormai cosa chiara ed aperta che, riguardo all’ordine del tempo, ciò che ci è stato anteriormente
tramandato, è derivato dal Signore, e contiene il principio della verità; ma che invece riveste i
caratteri della falsità e dell’errore ciò che s’è mescolato e confuso dopo alla purità della prima
tradizione. Questo princìpio rimarrà come fondamento dal quale noi potremo avanzare contro
tutte le eresie posteriori anche, nelle quali non è possibile riscontrare alcun elemento di
sicurezza e di |72 fermezza, che dal loro seno si innalzi a difendere, per esse, un principio e
una luce di verità.

  1. XXXII.  Le Chiese Apostoliche e il loro insegnamento

¶ Ma poi, se vi siano eresie, le quali abbiano l’ardire di sostenere che esse sono strettamente
congiunte alla purezza e all’integrità dell’Epoca Apostolica, così da voler quasi dimostrare che
derivano in certo modo dagli Apostoli direttamente, perchè all’età loro fiorirono, noi possiamo
risponder così: ci dimostrino chiaramente le origini, dunque, delle Chiese loro; ce lo dichiarino
in quale ordine si siano susseguiti i vescovi loro, cominciando dall’inizio e venendo giù
ordinatamente nel tempo, in modo che quel primo vescovo possa a sua volta riconoscere come
predecessore e sostenitore qualcuno degli Apostoli o di quei primi uomini apostolici che cogli
Apostoli ebbero assoluta comunione di vita e di fede.

¶ È proprio seguendo questo sistema che le Chiese Apostoliche spiegano e dichiarano la loro
vita, la loro gloria. Ecco che la Chiesa |73 di Smirne afferma che fu Giovanni a porre a suo
capo Policarpo, e la Chiesa di Roma riconosce che Clemente fu ordinato da Pietro. E così

 

continuando, tutte le altre Chiese fanno ricordo dei loro vescovi, che posti in tal grado
direttamente dagli Apostoli, rappresentano la semente prima, apostolica, di quella che fu poi la
fioritura. Anche gli eretici possono forse portare qualcosa che stia a confronto colle nostre
affermazioni? Ci si provino! Che c’è di non lecito per loro, dal momento che han potuto e
saputo pronunziare parole piene di menzona? Ma per quanto essi possano inventare, non
riporteranno da ciò vantaggio alcuno: quando le dottrine loro verranno paragonate colf
integrity della dottrina apostolica, da quei loro caratteri di diversity e di contrariety, risultery
chiaro che esse non possono derivare nè direttamente dagli Apostoli nè da un uomo apostolico.
Come gli Apostoli non è ammissibile affatto che abbiano insegnato cose che fra loro non
avessero la più assoluta armonia, così non è possibile che uomini apostolici abbiano divulgato
dottrine contrarie a quelle degli Apostoli, almeno che non si siano allontanati da costoro. |74

¶ È proprio a un esame di questo genere che saranno chiamati anche da quelle Chiese le quali,
pur non traendo il vanto della fondazione direttamente dagli Apostoli o da uomini apostolici,
essendo esse di origine molto posteriore, si trovano d’accordo nella professione di una stessa
fede; e così pure da quelle che ogni giorno stanno istituendosi, ma che per questa piena e
completa unione di dottrina, sono ugualmente considerate apostoliche.

¶ Così le eresie, chiamate in massa ad una prova dalle Chiese nostre, perchè esse rendano
chiaro e evidente il loro carattere di autenticity, adducano, su, via, le ragioni per le quali
aspirano ad avere il nome di apostoliche! Ma se non lo sono! Come dunque, allora, potranno
sostenere e provare d’essere quello che non sono? Ed è questa appunto la ragione per la quale
le Chiese, che in qualche modo possono avere il nome di apostoliche, non vogliono accoglierle
nel loro seno per alcuna relazione, o comunione con esse. E s’intende: appunto perchè, data la
diversity della dottrina da loro sostenuta, esse non possono pretendere d’aspirare al nome di
apostoliche. |75

XXXIII.

Diversita di dottrine: purity della dottrina apostolica

¶ Mi piace di aggiungere una specie di sguardo generale; di abbracciare cioè in complesso
queste false dottrine, che fin dal tempo degli Apostoli esistettero, e che dagli Apostoli stessi
furono considerate, esaminate, prese di mira e poi condannate. In tal modo la facility sary
maggiore, di batterle in breccia, quando si potry dimostrare a loro riguardo che esistettero
come tali fin da quei tempi o che hanno tratto i primi elementi di vita da altre dottrine eretiche,
anche allora esistenti. Nella prima lettera, che indirizza ai Corinti (116), Paolo ha parole dì
biasimo per coloro che negavano, o almeno esprimevano dubbi sulla Resurrezione; ed era così

proprio che la pensavano i Sadducei (117): ebbene, Marcione, Apelle e Vaientino si riattaccano appunto a questa dottrina, ed anche gli altri, che combattono il principio della Resurrezione dei

corpi.

¶ Sentiamolo, quando si rivolge ai Galati (118). Egli si scaglia contro coloro che affermavano e mettevano in pratica la circoncisione e la legge – tale era il principio eretico di Ebione -; |76 e,

rivolgendo consigli ed ammaestramenti a Timoteo (119), è sempre Paolo che rimprovera chi non ammette il matrimonio – e in ciò dobbiamo pur riconoscere i principi di Marcione e di Apelle, che fu suo seguace -. E attacca pure, egualmente, coloro che sostenevano che la

Resurrezione fosse giy avvenuta (120) – e si noti che affermano questo, per quanto li riguarda, anche i seguaci di Valentino -. E come non ricorrere sempre a Valentino, quando Paolo parla di

genealogie infinitamente lunghe (121)? È proprio presso Valentino che si trova un Eone – io non
saprei più dir precisamente quale, eppoi non ha neppure una denominazione chiara -, che
genera dalla sua Grazia il Senso e la Verity, e questi a loro volta, ne generano altri due: il
Verbo e la Vita, che dan luogo, dopo, ad altre due produzioni: l’uomo e la Chiesa; e da questo
primo gruppo di otto Eoni ne scaturiscono fuori altri dieci, eppoi dodici, e tutti hanno
stranissimi nomi, finchè si arriva alla meravigliosa storiella dei trenta Eoni. E Paolo stesso,

quando ha parole di riprovazione per coloro che si dimostrano soggetti agli elementi (122),
intende chiaramente di riferirsi a quella |77 credenza di Ermogene, che, concependo una
massa di materia, che non ha avuto principio di creazione alcuna, paragona questa a Dio. Dio
è increato, e, intendendo [Ermogene] questa materia come una dea madre degli elementi
singoli, può naturalmente riconoscere ad essa anche un principio di soggezione, in quanto è da
lui paragonata ed uguagliata a Dio.

 

¶ E nell’Apocalisse (123), Giovanni comanda che vengano gastigati coloro che si cibano di
quelle carni che vengono consacrate agli idoli, e che commettono fornicazione: vi sono anche

ora dei Nicolaiti (124): vi è chi segue l’eresia Gaiana, dunque.

¶ In una sua lettera, Paolo, chiama Anticristi (125) coloro i quali non riconoscono che Gesù
abbia rivestito carne umana e che non credono che sia il Figliuolo di Dio. Marcione ha
sostenuto proprio il primo punto di questa falsa dottrina, ed Ebione è stato il difensore del
secondo. Era poi considerata sempre nel campo delle eresie la dottrina magica di Simone, la
quale faceva gli angeli oggetto di culto, e nella persona dello stesso Simone, tale credenza
ebbe condanna da Pietro (126). |78

  1. Si discute sempre sulle false dottrine esistenti ai tempi apostolici

¶ Ecco quelle che, come io credo, furono al tempo degli Apostoli le dottrine false e bugiarde; e
sono essi stessi infatti che ci illuminano su questo punto. Ma pure, noi, non troviamo, in mezzo
a tanta falsity e perversity di credenze, nessuna scuola che abbia sollevato discussione alcuna
o mosso alcun dubbio sulla questione di Dio, Creatore dell’ Universo. Non ci fu mai alcuno che
pensasse d’immaginare un altro Dio: se qualche dubbio s’ affacciava, era più facile che
involgesse la figura del Figlio, piuttosto che quella del Padre, finchè Marcione portò fuori
un’altra divinity, oltre Iddio Creatore, che possedeva solo l’attributo della bonty. Apelle, ai
contrario, fece Creatore, e Dio della Legge e d’Israele, un angelo, io non saprei dir quale,
rivestito della gloria di una superiore divinity, e sostenne che costui avesse un’essenza ignea; e
Valentino, poi, disseminò i suoi Eoni, e il difetto d’un solo Eone, lo riconobbe come origine del
Dio Creatore. |79

¶ A costoro solamente adunque e per primi sarebbe stata chiara ed aperta la conoscenza
intorno alla divinity; ma evidentemente essi conseguirono un privilegio e una grazia più piena
e completa dal diavolo, il quale volle gareggiare con Dio, così da compiere ciò che questi aveva

recisamente negato (127) e, precisamente, colle dottrine sue false e velenose, rendere i
discepoli al di sopra del maestro. Vadano dunque ricercando e si scelgano queste singole
credenze eretiche il momento in cui possono essere apparse: non avry per altro, tuttavia,
alcuna importanza la determinazione di questo momento; non è infatti da parlare affatto dì
elemento alcuno di verity in rapporto a esse: e non sarebbe possibile come quelle che neppure
esistevano al tempo degli Apostoli. Se fossero esistite avrebbero avuto ricordo anch’esse come
quelle contro le quali si dovevano prender misure coercitive: quelle false dottrine, che pure al
tempo degli Apostoli pullulavano, ebbero singolarmente la loro esplicita condanna. Dunque noi
dobbiamo per forza ammettere: o queste eresie ora esistenti sono le medesime di quelle
dottrine che, appunto in forma più semplice e |80 rudimentale esistevano giy nei tempi degli
Apostoli, mentre ora si sono, in certo modo, raffinate, e in tal caso hanno avuto fin d’allora in
se stesse il principio della loro condanna; oppure dobbiamo riconoscere che queste d’ ora siano
diverse da quelle di una volta e nate quindi in un periodo posteriore: ma in quanto da quelle
prime false dottrine abbiano tratto qualche elemento di lor credenza, dal momento che sono
legate in certi loro principi, ne sorge come logica necessity che debbano anche aver comune
con quelle la riprovazione e la condanna di ciò che affermano.

¶ Dal momento dunque che da quanto s’è detto appare chiaro che l’eresie abbiano un carattere
di posteriority, posto anche che sfuggano così, in certo modo, alla condanna pronunziata
contro quelle dottrine prima di esse esistite; per l’ety in cui si svilupparono è giustificato il
principio di prescrizione in quanto maggiormente appaiono nella loro luce di falsity e di
perversity come quelle che più lontane dagli Apostoli, non sono poi da questi neppur ricordate.

¶ Da tutto ciò risulta con maggior sicurezza che erano proprio queste eresie, quelle che |81
veniva predetto che un giorno si sarebbero pur sviluppate (128).

  1. XXXV.
    Le eresie non possono contenere germe alcuno di verity

¶ Queste eresie tutte si trovano strette da noi e quasi chiamate apertamente in causa da
queste nostre considerazioni e vengono confutate, siano esse posteriori all’ety degli Apostoli,
sia invece che abbiano sortito origine nel tempo loro. Esse insomma sono diverse e si
allontanano dalla loro dottrina: possano dagli Apostoli avere avuto parole dì biasimo e di

 

condanna su certi punti particolari o possano essere state condannate in complesso, non
importa: basta il fatto d’aver ricevuto già riprovazione e condanna. Provino dunque, su, via, a
risponderei e a lanciare contro la dottrina da noi sostenuta delle prescrizioni di simil genere. Se
diranno che la nostra dottrina non possiede in sa il principio della verità, dovranno pur provare
che essa a eresia e confutarla con un procedimento uguale a quello col quale noi operiamo
contro le dottrine ereticali e, nello stesso tempo, dovranno |82 mostrare chiaramente dove sia
da cercarsi la verità, dal momento che ormai resulta chiaro che essa, presso di loro, non esiste
affatto.

¶ La dottrina che noi seguiamo, non solo non può dire di avere un carattere di posteriorità, ma
anzi, su tutte quante, può vantare la priorità assoluta. Questa a appunto la prova della verità
in essa contenuta: per la precedenza che essa possiede sulle altre discipline tutte. È lei che
non trova da parte degli Apostoli condanna alcuna, anzi la più strenua e valida difesa, incontra:
e non a forse questa la prova migliore che essi la considerano e la sentono come propria? Sono
appunto gli Apostoli che condannano qualunque dottrina che capiscono lontana ed aliena da
loro. Ebbene: essi, non avendo per la dottrina nostra parola alcuna di riprovazione, dimostrano
che la riconoscono quasi proprietà loro, ed a perciò che la difendono.

  1. XXXVI.
    Le Chiese Apostoliche: esse detengono il tesoro della verace dottrina

¶ Ma insomma! vorrai tu con maggior frutto |83 magari andar facendo ricerca ed esaminando,
con l’occhio fisso sempre però a quel che costituisca la tua salvezza? Allora, guarda un po’ … ,
passa in rivista, dico, le Chiese Apostoliche: a presso queste che ancora si possono vedere le
cattedre, lì, al loro posto, dove gli Apostoli insegnarono; a là che si vanno rileggendo le lettere
autentiche degli Apostoli; a là dove tu puoi ascoltare quasi la loro viva voce; a là dove tu puoi
quasi rivedere davanti a te l’aspetto di ciascuno di loro. Sei vicino all’Acaia: ecco che hai
prossimo Corinto; se non ti troverai lontano dalla Macedonia, avrai Filippi; se puoi giungere
fino in Asia, eccoti Efeso; se poi stai in Italia, hai Roma, donde anche a noi, che viviamo in
Africa, giunge la parola della sua autorità. O davvero privilegiata e felice questa Chiesa
Romana, sulla quale gli Apostoli versarono, col loro sangue, il torrente della loro dottrina; dove
Pietro soffre supplizi, che si potrebbero paragonare a quelli del Signore; dove Paolo, colla sua
morte, uguale a quella di Giovanni Battista, acquista la palma del martirio; da dove Giovanni
ebbe a sopportare la relegazione in un’isola, dopo che miracolosamente |84 nulla ebbe a
soffrire, sebbene fosse stato immerso in un bagno di olio bollente ! Osserviamo e consideriamo
che cosa abbia prima imparato la Chiesa di Roma e quale dottrina poi abbia tramandato nel
suo insegnamento: quale testimonianza essa arrechi, e con lei, le Chiese Africane.

¶ Essa riconosce un Dio solo, che ha creato l’Universo; riconosce Gesù Cristo, nato dalla
Vergine Maria e Figlio di Dio Creatore; crede alla Resurrezione dei corpi; essa unisce la Legge e
i Profeti coi Libri Evangelici ed Apostolici ed a di lì che attinge la forza e la fermezza della sua
fede. Il primo segno di questa fede essa l’imprime colf acqua, lo ferma collo Spirito Santo;
l’Eucarestia dà poi a questa fede nutrimento vitale. Essa [la Chiesa Romana] chiama, invita al
martirio e si guarda bene dall’accogliere nel suo seno chi potesse esser contrario alla dottrina
sua e ai principi da lei sostenuti.

¶ Questa a proprio quella dottrina, non dico già che solo preannunziasse le eresie che
sarebbero sorte dopo, ma quella dalla quale queste stesse trassero loro origine. Ma non si deve
dire… via, che abbiano avuto origine le |85 dottrine eretiche dal seno della Chiesa…, dal
momento che esse sono divenute poi sue nemiche; e dal nocciolo dell’oliva, forse, che a frutto
così dolce, così ricco e così necessario, non nasce anche il selvatico oleastro? e dai semi del
fico, che a frutto così gradito e di tanta dolcezza, non nasce forse il caprifico, inutile e
selvatico? E lo stesso procedimento si ha nelle dottrine eretiche: a vero proprio che dal tronco
nostro esse escono, ma non appartengono poi alla famiglia nostra. Sta bene che esse siano pur
sorte dal buon seme della verità, ma poi sono tosto divenute rozze e selvatiche, percha hanno
seguito la falsità e la menzogna.

  1. Le Scrittore Sacre non possono appartenere affatto agli eretici.

¶ Le cose stanno dunque così: che noi possediamo la verità; che essa deve a noi proprio venire aggiudicata; a noi, che avanziamo, ognuno, sicuri in questa nostra regola, che le Chiese

 

riceverono dagli Apostoli, gli Apostoli a lor volta attinsero dalla voce di Cristo, Cristo, da Dio. È
chiaro ed evidente dunque |86 che noi abbiamo pieno il diritto di non riconoscere agli eretici la
facolty di discussione e d’esame delle Scritture Sacre; sono proprio loro che noi possiamo
benissimo convincere, senza appoggiarsi affatto all’aiuto dei Libri Sacri, che su di questi non
possono vantare diritto alcuno. Non si possono dir Cristiani costoro, dal momento che, non
traendo da Cristo la loro dottrina, ne seguono una a loro scelta, onde s’acquistano appunto il
nome di eretici. Se dunque non sono Cristiani, è chiaro che sui Libri Sacri non possono vantare
diritto alcuno, e noi potremmo rivolgerci a loro con queste parole e giustamente: Chi siete voi?
quando e donde siete venuti? a che v’occupate e v’intromettete nelle cose nostre, voi, che non
appartenete affatto a noi, che non siete dei nostri? Marcione, si può sapere di dove attingi la
facolty di tagliar legna dalla mia selva? chi ti ha dato il permesso, o Valentino, di deviare le
acque dalle mie fonti? e in nome di qual diritto, tu, Apelle, sposti i confini delle mie terre? È
casa mia questa; questi sono possessi miei; come può avvenire che voi altri tutti, secondo il
piacimento vostro, seminiate e raccogliate pascolo in |87 queste mie terre? È mia questa terra:
ve l’assicuro; da tanto tempo è mia; ed è chiaro il diritto di priority che io ne ho su di voi, e
delle prove non me ne mancano e son prove sicure, autentiche e le traggo proprio dai loro
primi ed autentici padroni. Sono io l’erede degli Apostoli, e, precisamente, come essi hanno
disposto per testamento, come confermarono e trasmisero per fedecommesso e come poi essi
infine fissarono sotto la santity del giuramento, io sento di possedere la loro dottrina. Per
quello poi che riguarda voi eretici, gli Apostoli, senza dubbio, vi hanno sempre rinnegato, vi
hanno considerati lontani da loro, come estranei, come nemici. Ma gli eretici, in seguito a che
cosa possono apparire agli Apostoli come estranei, come nemici, se non per una intima e
profonda diversity di dottrina, la quale ciascuno di loro, secondo il proprio capriccio, o inventò
o accolse, contrariamente a quanto era stato affermato dagli Apostoli? |88

XXXVIII.

Le Sacre Scritture: loro integrity; gii eretici le hanno male interpetrate o alterate

¶ È proprio ly, dunque, dove si riscontra diversity di dottrine, che noi dobbiamo pensare che
quivi appunto vi sia una falsificazione di Scritture ed errore d’interpetrazione. Coloro i quali si
proposero di alterare la parte sostanziale dell’insegnamento, si trovarono, per forza, nella
necessity di disporre altrimenti i mezzi che dovevano servire per giungere a tale dottrina;
perchè la sostanza dell’insegnamento loro non avrebbe potuto essere minimamente alterata,
se non fossero state diverse le strade per le quali dovevano giungere ad impartire tale dottrina.
Come agli eretici, dunque, sarebbe stato impossibile giungere alla falsificazione della dottrina
stessa, senza mutare o alterare, in certo modo, gli elementi suoi, così anche a noi, nello stesso
modo, non sarebbe stato possibile mantenere la integrity della dottrina, se integri non fossero
rimasti i principi e i mezzi, per i quali essa dottrina procedeva, e quegli elementi sui quali
trovava sua base l’insegnamento di essa. |89

¶ E nei nostri libri che cosa si potrebbe trovare che non sia perfettamente in accordo con quello
che crediamo noi? ci abbiamo forse messo qualcosa di nostro? o che cosa si può trovare che
noi cerchiamo in qualche modo di correggere o togliendo o aggiungendo o mutando? Quello
che noi siamo, lo sono pure le Scritture Sacre fin dalla loro origine prima: è da esse che
traiamo la sorgente nostra di vita, prima che subissero qualsiasi alterazione, prima che da voi
fossero in qualche modo guastate. Dal momento che ogni inter-polazione è logico che si debba
credere posteriore all’originale, poichè essa è necessariamente scaturita fuori da un certo
spirito di rivality e di dissenso, che non può, naturalmente, vantare carattere di priority e
neppure può essere che in certo modo si debba considerare della stessa famiglia di quel
principio a cui cerca di contrastare; per questa ragione, è naturale che nessuna persona fornita
di buon senso, possa credere minimamente che siamo stati noi a portare nelle Sacre Scritture
una mano emendatrice e falsificatrice, noi che siamo stati i primi e abbiamo attinto da esse
direttamente la dottrina nostra. Piuttosto è da |90 pensare che tali emendamenti l’abbiano
introdotti coloro che vennero dopo e che ci furono contrarî e nemici. Ecco qua uno, che falsifica
il testo; eccone un altro, che, dando una interpetrazione diversa, viene ad alterare
profondamente, intimamente il senso della Scrittura. E non si deve pensare che, se Valentino
sembra pure servirsi delle Scritture, mantenendole nella loro integrity organica, egli non sia di
un’astuzia più fina e più sottile di Marcione, il quale colpisce in pieno, apertamente, colle sue
armi, la verity. Fu di una spada che Marcione si servì per colpire in piena luce e decisamente le
sacre pagine; non gli bastò la penna, e così, dopo averle straziate colle sue armi, le ridusse alle

 

sue credenze. Valentino le risparmiò e non prese di mira le Scritture per armonizzarle al suo
sistema, ma sforzò il suo sistema ad entrare, ad accomodarsi nell’ambito delle Scritture. Ma in
quanto a tagliare, ad aggiungere…. anche più degli altri, costui, perchè non ha risparmiato
parola, alla quale non abbia sottratto il suo significato proprio e reale e sovrapposto certe
combinazioni strane d’immagini più o meno fantastiche, |91

Gli eretici tengono in loro uno spirito dì menzogna

¶ Erano proprio questi esseri, queste intelligenze che venivano dagli spiriti del male e del falso

(129), e noi dobbiamo, o fratelli, combattere appunto contro questi, e bisogna guardarli bene in faccia, noi; come esseri, di cui la fede ha necessity assoluta. E non è per loro forse che

verranno alla luce gli eletti e si scopriranno pure, invece, i reprobi (130)? Ed è appunto per
questo che essi posseggono tale un’ability e tale una forza, da costruire, da intelaiare con tanta
facility una rete di errori. Ma questa facility d’intesser e errori non ci deve far meraviglia
alcuna: non è mica essa qualcosa di strano e di inesplicabile! Di questa ability abbiamo esempi
anche a portata di mano nella letteratura non religiosa, ma profana. Ecco che ai giorni nostri si
vede comparire una tragedia tratta da Virgilio, ma cambiata completamente poi nel suo
complesso: la materia è adattata bene alla forma poetica, e la forma poetica armonizza quindi
colla materia trattata. Eppoi Osidio (131) Geta trasse completamente da Virgilio la sua tragedia
|92 intitolata Medea, e fu proprio uno che è a me legato da una certa parentela, che, con
espressioni del poeta stesso su rammentato, riuscì a ricamare così, nelle ore di svago letterario

e di divertimento, uno scritto che si disse la Tavola di Cebete (132).

¶ E sogliono ricevere il nome di centoni Omerici, o Omero-centoni più propriamente, gli scritti
di coloro che dai Poemi Omerici, con un lavoro loro personale, riuniscono, per formarne una
specie di centone, in un sol corpo, quelle singole parti che essi credono potere armonizzare. La
sacra letteratura per così dire, ha invero una ricchezza e una larghezza tali, quali sono
sufficienti a qualunque esigenza, ed io non ho timore alcuno ad affermare che i Libri Sacri
siano stati disposti e armonizzati per volonty di Dio, in tal modo, che essi potessero offrire
materia agli eretici, per fissare le loro dottrine, dal momento che io leggo che è necessario che

le eresie esistano (133); le quali non potevano esistere senza le Sacre Scritture. |93

  1. Falsi e ingannevoli procedimenti degli eretici

¶ Ma si domanda: da quale potenza può venire interpetrato il senso di quei luoghi, in modo che essi favoriscano poi lo svolgersi di una credenza eretica? È manifesto che ciò non può avvenire

se non da parte del diavolo; è proprio il suo mestiere, del resto, quello di sconvolgere e di turbare ogni principio di verity. E lui pure imita nei misteri degli idoli, i riti delia divina fede; egli pure battezza chi professa fede in lui e si dice suo seguace; e promette pure lui che le loro

colpe otterranno perdono da questo lavacro. Se ancor bene mi ricordo, anche Mitra (134) segna
i suoi seguaci, e imprime loro il suggello sulla fronte, dì quella che sia la sua religione; anche
l’offerta del pane è fra le cerimonie che si ricollegano a lui; ecco che nei suoi riti appare anche
un’immagine della resurrezione, e ai caduti di spada offre la corona. Eppoi, non ha fissato pur
lui per il suo sommo sacerdote la facolty di stringere una sola volta vincolo di nozze? Anche lui
ha le sue vergini ed ha pure discepoli, che osservano i |94 principi della continenza. Del resto
se ci rifacciamo a considerare le credenze superstiziose di Numa Pompilio, se esaminiamo le
funzioni dei sacerdoti gli onori di cui sono insigniti, i loro privilegi, le funzioni sacrificali a cui
essi presiedono, gli strumenti e i vasi diversi che vengono usati nei molteplici riti, e le
stranezze, le particolarity curiose e minuziose dei voti e delle cerimonie espiatorie, non ci
appare forse manifestamente che il demonio ha imitato la Legge Mosaica in tutta la sua
minuziosa esattezza?

¶ Egli dunque, che i medesimi procedimenti rituali con cui vengono trattati e celebrati i
Sacramenti del Signore, si è studiato con tanta scrupolosity di riprodurre nelle cerimonie
idolatre; egli dico, tese con ogni desiderio a raggiungere questo scopo e potè infatti applicare
ad una credenza profana, in contrasto aperto colla vera, quei procedimenti proprì delle cose
divine e dei Sacramenti Cristiani. I pensieri suoi si ritrovavano nei nostri, le sue parole erano
quelle nostre, le sue parabole non erano che le parabole nostre. Ed è per questo, dunque, che
non ci deve essere alcuno, il quale possa nutrire dubbi che quei principi di male |95 e di

 

menzogna, da cui traggono origine e alimento le eresie, derivino proprio dal diavolo e che le
eresie non sono affatto molto lontane dalla idolatria, in quanto riconoscono come loro principio
e usano come loro mezzi, quelli stessi che riconosce e di cui si serve l’idolatria. Infatti o
immaginano un Dio diverso dal Dio, sommo Creatore, oppure, se riconoscono un Dio unico
Creatore, seguono intorno a Lui una credenza che non è la vera. E dunque, qualunque parola
di menzogna che si possa pronunziare contro Iddio, diviene, in certo modo, elemento
d’idolatria.

La dottrina eretica ha sempre elementi di confusione e di oscurity, che non si riscontrano nella vera dottrina, che è luce e fulgore.

¶ Non sarebbe però il caso di tralasciare la descrizione di tutto il procedimento seguito dagli
eretici nelle loro relazioni? Voi, vedete quanto sia futile, quanto materiale, quanto profana,
quanto la loro condotta sia senza seriety alcuna, senza dignity, senza spirito di disciplina, ma
come tutto questo, in fondo, |96 combini esattamente col carattere della loro credenza? Dirò
per primo: fra loro chi è che conosca chi sia catecumeno e chi fedele? senza differenza alcuna
essi presenziano alle cerimonie, ugualmente ascoltano, ugualmente pregano: potrebbero
magari presentarsi a loro anche dei pagani: ebbene: eccoli lì pronti a gettare dinanzi ai cani le

cose sacre, e le perle dinanzi ai porci; perle, dico; ma false s’intende (135). Parlano di
semplicity; ma io direi che la loro semplicity è lo sconvolgimento e il sovvertimento della
dottrina tutta; chiamano, invece, l’attenzione, la diligenza nostra scrupolosa, nei riguardi delle
sacre credenze, ricerca corruttrice. Essi concedono la pace a tutti, così, in massa, senza
seguire discernimento alcuno; per loro poi, non esìste, e non importa la diversity dei mezzi e
dei procedimenti, purchè tutti abbiano come scopo quello di combattere, di alterare, di
guastare l’assoluto principio del vero. Orgoglio ne hanno tutti a dismisura, tutti promettono
luce di sapienza. I catecumeni, prima di giungere al richiesto grado di dottrina e di conoscenza,
sono iniziati ai loro misteri. E la sfacciataggine, l’impudenza a cui giungono le donne |97
eretiche, è poi straordinaria: esse hanno bene l’ardire d’insegnare, di discutere, di compiere
esorcismi, di promettere guarigioni, e ci manca poco che non giungano anche a battezzare I Le
ordinazioni loro rivestono il carattere della più assoluta leggerezza, senza un fondamento,
senza seriety alcuna e non possono, quindi, avere stability; sono capaci d’innalzare, ora, dei
giovanissimi senza esperienza e dottrina, ora, uomini che hanno troppo ben salde relazioni col
mondo, talvolta anche degli apostati nostri, e tentano, dal momento che in nome della verity
non lo potrebbero fare, di tenerseli vincolati, favorendo in loro l’ambizione. In nessun campo si
verificano progressi tali come si avvertono nel campo degli eretici; basta esser di loro e il
continuo progredire viene da sè: oggi uno è vescovo, domani sary vescovo un altro; oggi uno è
diacono, domani eccotelo lettore; oggi sacerdote? domani costui lo troveremo laico; poichè
anche i laici, presso di loro, adempiono a funzioni sacerdotali. |98

  1. XLII.
    Predicazione presso gli eretici.

¶ E che cosa dovrò dire dell’ufficio che essi attribuiscono alla parola? Questa facolty presso di
loro non serve a fare opera di conversione sui pagani, ma per condurre i nostri fuori della via
della verity. Sapete quale sia il genere di gloria a cui essi aspirano maggiormente? se riescono
di abbattere coloro che stanno in piedi, saldi, ben fermi; non quella che potrebbe loro derivare
da sollevare i caduti! E si capisce: quello che essi fanno non deriva da qualche cosa di
organico, di armonico che posseggono e che possono dire loro proprio; ma è qualche cosa di
frammentario, di inorganico che’risulta appunto dallo sgretolare la verity. Vogliono costruire la
loro casa? ebbene: essi si servono dei materiali che sono riusciti ad abbattere dalla nostra.
Togliete a costoro il principio della Legge Mosaica, i Profeti, Iddio Creatore: essi, ecco, che non
sapranno formulare contro di noi, più accusa alcuna. Ed accade così, che essi riescono a
mandare in rovina più facilmente gli edifici, che pur hanno solide basi, piuttosto che ne |99
possano costruire uno nuovo coi materiali giacenti. E a questo lavoro essi attendono con umilty
ipocrita, con ogni maggiore mitezza e sottomissione. Del resto, poi, costoro non conoscono
riguardo alcuno neppure per i loro capi; e questa è la ragione per la quale fra eretici non si
sente parlare di scismi, perchè, anche quando vi siano, non vengono alla luce: sta proprio nello
scisma la loro forza unitaria. Chiamatemi liberamente bugiardo, quando non sia vero che
ognuno s’allontana, si stacca dalle proprie norme senza riguardo alcuno; e le regole ricevute le

 

altera, le dispone, le modifica a suo modo, come del resto colui che tali norme anteriormente
aveva tramandato, le aveva prima, a sua volta, mutate secondo l’arbitrio suo. Dunque l’eresia
nel suo progredire, nel suo svolgersi, non fa che conservare la natura sua originaria e il
carattere che essa ebbe fin da principio. Quello che Valentino crede lecito per sè, cioè portare
innovazioni secondo il suo capriccio in materia dì fede, se lo credono lecito anche i suoi
seguaci, i Valentiniani, e Io stesso accade per Marcione e i Marcioniti. Così infine, qualora noi
volessimo esaminare proprio |100 intimamente le credenze eretiche, noi troveremmo, senza
dubbio, che tali dottrine si trovano certamente in contrasto in molti punti col fondatore della
dottrina stessa. Un numero grande di loro non riconoscono chiese, e se ne vanno privi di quella
che dovrebbe essere come la madre loro, senza alcuna sede stabile, privi di luce ed errabondi
cosi, come divisi e banditi dalla society.

  1. XLIII.
    Stranezze degli eretici

¶ Non sono sfuggite neppure le relazioni che gli eretici hanno con una gran quantity di maghi, di ciarlatani, di astrologhi, di filosofi; con tutta quella gente, cioè, che non fa altro che spendere il suo tempo in ricerche vane ed inutili. Non fanno essi che ricordare il versetto

“cercate e troverete„ (136). Quale specie di fede essi abbiano, si può giudicare benissimo dalla
condotta, dal tenore di vita che essi tengono, dalle compagnie che frequentano; è proprio tutto
questo che può darci un indice della dottrina da essi seguita. Dicono costoro che non bisogna
temere Iddio: |101 è naturale quindi che in tutte le cose per essi ci debba essere la più
assoluta delle liberty; ma dove è che si può parlare di non temere Iddio, se non ly dove la
divinity non sia? e dove non è Iddio, ivi non sta neppure la verity e dove non esiste verity, ivi
non si può non riscontrare, naturalmente, che un sistema di vita quale è quello che gli eretici
seguono. Ma dove Dio esiste, ivi non si può non riscontrare il timore di Lui, nel quale appunto

risiede il principio di ogni Sapienza (137); ly, dove esiste il timor di Dio, esìstono pure una
condotta seria e dignitosa, una cura scrupolosissima, una diligenza grande, un criterio di scelta
assennato e giusto, la facolty di giudicare e di esprimersi dopo aver ben riflettuto, il nostro
miglioramento per le opere degnamente prestate, la sottomissione ai sacri principi religiosi, la
piety delle opere, la modestia di ogni nostra azione.: la Chiesa nella sua armonica unione è lì:
tutte queste cose sono di Dio.

  1. XLIV.
    Gli eretici: il giudizio che il Signore dary su loro

¶ A maggior dimostrazione della verity, |102 s’aggiungono poi queste prove, che consistono appunto nella severity massima della disciplina da noi sostenuta. Come è possibile che vi sia qualcuno il quale voglia allontanarsi da lei! non ne potry ricevere vantaggio alcuno davvero: bastery che ognuno pensi al futuro giudizio finale, per il quale sary pur necessario che noi tutti

ci presentiamo al supremo tribunale di Gesù, per render conto delle azioni nostre (138) e
sopratutto di come noi abbiamo saputo conservare il principio della fede più pura. E che

dovranno dire dunque coloro, che la Vergine consegnataci da Gesù (139) hanno
vergognosamente macchiato colla adultera colpa dell’eresia? Oh, io penso che essi addurranno
come scusa, come giustificazione del loro operato, il fatto che loro non fu detto nulla mai
intorno a dottrine malvagie e perverse che avrebbero dovuto sorgere, ne da Cristo nè dagli

Apostoli, e che quindi avrebbero dovuto guardarsene e coprirle del loro disprezzo (140). E
quindi saranno pronti a gettare la colpa, che è di loro, invece su chi non li ha prima messi
sull’avviso, onde potessero difendersi.

¶ Ma saranno poi anche pronti ad |103 aggiungere molte osservazioni e prove sull’autority
posseduta da ciascuno che sia stato fondatore e sostenitore di un’eresia e diranno che quelli
hanno saputo confermare e dare prove convincenti e sicure della loro dottrina: hanno infatti
resuscitato dei morti, hanno restituito la sanity a dei malati, hanno predetto il futuro, così che,
a buon dritto, essi potessero esser creduti apostoli (141). Quasi che non fosse stato scritto pure
che sarebbero venuti molti i quali avrebbero operato fra gli uomini delle cose straordinarie,
miracolose addirittura, e tutto ciò l’avrebbero fatto per rafforzare, per consolidare la loro
predicazione, che non era altro invece che menzogna ed inganno.

¶ E sary così forse che spereranno di ottenere perdono. E allora potrebbe anche verificarsi il
caso che coloro, i quali avranno tenuto fede alle Sacre Scritture Apostolìche e alle regole in

 

esse contenute e avranno conservato quindi la loro dottrina nella sua più assoluta integrità e
purezza, forse potranno anche correre pericolo di condanna.

¶ Il Signore potrà loro risponder così: avevo preannunziato che sarebbero certamente venuti
alcuni che, in mio nome, in quello dei |104 Profeti e degli Apostoli, sarebbero stati maestri di
menzogna, ed io avevo dato incarico ai discepoli miei di avvertirvi di ciò. Avevo anche dato ai
miei Apostoli un Vangelo e tutta una dottrina ispirata a quei principi di fede, ma non avendo voi
dimostrato di credere facilmente, piacque a me poi di apportare qualche cambiamento. Anche
la Resurrezione della carne avevo promesso, ma ci ho ripensato su e mi accorgo di non poter
più mantenere la promessa fatta. Mi ero manifestato come chi aveva avuto suo nascimento da
una Vergine, ma poi questa cosa mi è sembrata coperta da un’ombra di vergogna. Colui che fa
sorgere il sole e manda dal cielo le pioggie l’avevo chiamato Padre mio: un altro padre migliore
del primo mi ha ora adottato. Vi avevo anche proibito di dare ascolto agli eretici, ma riconosco
ora che ho sbagliato. Cose enormi queste! ma avvengono a coloro che escono dalla retta
strada e non sanno evitare i pericoli, i quali minacciano ed insidiano la fede vera ed integra.

¶ Ma mi par che basti ora: noi abbiamo portato la nostra parola contro tutte le eresie in
generale e dobbiamo contro di esse usare |105 prescrizioni ben fisse, ispirate alla massima
giustizia e che rispondano a un criterio di assoluta necessità; e abbiamo il dovere di tenerle
ben lontane da ogni eventuale confronto colle Sacre Scritture. Ci accompagni la grazia del
Signore e potremo anche su qualcuna portare la nostra risposta particolarmente. Per chi legge
queste nostre pagine nella fede della verità, noi formuliamo l’augurio di avere dal nostro
Signore, pace e favore in eterno.

NOTE

(1)   Matt. VII. 15 “Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste da pecore, ma di dentro son lupi rapaci„. Matt. XXIV. 5. “Molti infatti verranno nel nome mio, dicendo: Io sono il Cristo: e sedurranno molti„ . Matt. XXIV. 24. “Perchè sorgeranno falsi Cristi e falsi profeti, e faranno grandi segni e prodigi da ingannare, se è possibile, gli stessi eletti„.

(2)   I. Ai Corinti. I. 19. “Imperocchè sta scritto: Sperderò la saggezza dei savi e rigetterò la
prudenza dei prudenti„.

(3)   II. A Timoteo. III. 8. “Così anche costoro contrastano alla verità: uomini corrotti della
mente, reprobi riguardo alla fede„.

(4)   Atti. XIII. 22. “Rimossolo, suscitò loro per re, David, cui, rendendo testimonianza, disse:
Ho trovato David di lesse, uomo secondo il cuor mio, che farà tutti i miei voleri„. |110

(5)                                                                                           Salm. L.

(6)   III. dei Re. IV. 29. “E Iddio diede sapienza a Salomone e grandissimo senno e un animo
capace di tante cose, quanta è la rena che è sul lido del mare „.

(7)   Agli Ebrei. IV. 15. “Imperocchè non abbiamo noi un pontefice il quale non possa aver compassione delle nostre infermità: ma similmente tentato in tutto, tolto il peccato„. I. Lettera di S. Pietro. II. 22. “Il quale non fè peccato, nè frode trovossi nella sua bocca „.

(8)                                                                        Matt. X. 22. “E sarete odiati da tutti per causa del nome mio, ma chi avrà perseverato fino alla fine, si salverà „.

(9)                                        Esdra. VIII. 20. “Lo sguardo del Signore è profondo „.

(10) I. Dei Re. XVI. 7. “Ma il Signore disse a Samuele: Non riguardare al suo aspetto, nè ali’ altezza della sua statura, perchè io l’ho lasciato indietro? con ciò sia che il Signore non riguarda a ciò che Puomo riguarda, perchè Puomo riguarda a ciò che è davanti agli occhi, ma il Signore riguarda al cuore,,.

(11) II. A Tìmoteo II. 19. “Ma saldo sta il fondamento di Dìo, che ha questo segno: conosce il
Signore quelli che sono Suoi, e si ritira dall’iniquità chiunque invoca il nome del Signore„.

(12)    Matt. XV. 13. “Qualunque pianta non piantata dal mio Padre celeste sarà sradicata „.

 

(13) Marc. X. 31. “Molti dì primi saranno ultimi e d’ultimi primi ,,. |111

(14) Matt. III. 12. “Egli ha il ventilabro in mano e purgherà bene la Sua aia e raccoglierà il Suo frumento nel granaio; ma brucierà la paglia con fuoco inestinguibile,,.

(15) Matt. XIII. 22. “Quello poi che riceve la semenza in un buon terreno, è chi ascolta la
parola, e ci pone mente; e porta frutto, e rende questo il cento e quello il sessanta, quell’altro
il trenta,,. Giov. VI. 66. “Per questo v’ho detto che nessuno può venire da me, se non gli sia
concesso dai Padre mio,,.

(16) Giov. VI. 67-63. “D’allora molti dei suoi discepoli si ritrassero indietro, e non andavano pie con lui: per ciò Gesù disse ai dodici: vorreste andarvene anche voi? ,,.

(17) Ermogene: è interessante di lui il ritratto che ce ne ha lasciato lo stesso Tertulliano (Ad.
Hermog. I.): dalia irrequietezza del suo carattere era naturalmente portato verso l’eresia:
crede d’esser facondo, perchè parla molto e alla sfacciataggine suoi dare il nome di fermezza.
Ufficio di coscienza virtuosa per lui è il dir male di tutti. Dipinge per giunta quel che non è
lecito e passa continuamente da un matrimonio ad un altro: invoca da un lato la legge di Dio a
sfogo della sua passione, e la disprezza dall’altro in vantaggio della sua arte: due volte falsario
per il pennello e per lo stile, adultero fino alla radice dei capelli e nella dottrina e nella carne.
In lui senti il fetido contagio di coloro che amano celebrar nuove nozze… L’eresia di Ermogene
era fondata sui dissìdio |112 fra Dio e materia, ed egli, subendo in gran parte l’influenza della
dottrina stoica, credeva nell’esistenza di una materia prima dalla quale Dio avrebbe prodotto il
mondo e da questa materia sarebbe derivato non solo il corpo ma l’anima dell’uomo: l’eretico
poi ammetteva l’identificazione del Padre e del Figlio.

(18) II. A Timoteo. I. 15. “Tu sai come si sono da me alienati tutti quelli che sono nell’Asia, tra
i quali è Figello ed Ermogene,,. I. A Timoteo. I. 20. “Del numero dei quali è Hymeneo e
Alessandro t i quali io ho consegnati a Satana, perchè imparino a non bestemmiare,,.

(19)  I. Lettera di S. Pietro. IV. 13. “Ma godetevi di partecipare ai patimenti di Cristo, affinchè
ancor vi rallegriate ed esultiate, quando si manifesterà la gloria di lui,,.

(20)  Matt. VII. 15. “Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste da pecore, ma di dentro son lupi rapaci,,.

(21)          I. Lettera di S. Giovanni. IV. I. “Carissimi, non vogliate credere ad ogni spirito, ma provate gli spiriti se sono da Dio, perchè molti falsi profeti sono usciti per il mondo,,.

(22)          II. Ai Corinti XI. 13. “Imperocchè questi tali falsi apostoli sono operai finti, che si
trasfigurano in apostoli di Cristo,,.

(23)       I. Lettera dì S. Giovanni. II. 18. “Figliuolini, ell’è l’ultim’ora: e siccome udiste che l’Anticristo viene, anche adesso molti son diventati anticristi, donde intendiamo che è |113 l’ultim’ora,,. I. Lettera di S. Giovanni. II. 19. “Sono «sciti di tra noi, ma non erano dei nostri, perchè se fossero stati dei nostri sarebbero certamente rimasti con noi; ma si deve far manifesto che non tutti sono dei nostri,,.

(24)  Marc. XIII. 7. “Quando poi sentirete rumori di guerre, non temete: è necessario che ciò
accada, ma non è ancora la fine… ,,.

(25)  I. Ai Tessaionicesi. V. 21. “Disanimate tutto: Attenetevi ai buono,,. I. Ai Corinti. XI. 19.
“Imperocchè sta scritto i sperderò la saggezza dei savi e rigetterò la prudenza dei prudenti,,.

(26)  I. Ai Corinti. I. 10. ‘”Or vi scongiuro, o fratelli, per il Nome del Signor Nostro Gesù Cristo, che diciate tutti il medesimo; e non siano scismi tra voi, ma siate perfetti nello stesso spìrito e nello stesso sentimento,,.

(27)  Ai Galati. V. 19-20. “Or manifeste sono le opere della carne, le quali sono l’adulterio, la fornicazione, l’ impurità, la lussuria, l’idolatria, i venefici, le nimicizie, le contese, le emulazioni, le ire, le risse, le discordie, le sette,,.

(28)       A Tito. III. 10-11. “L’uomo eretico, dopo la prima e la seconda correzione, sfuggilo, sapendo che questo tale è pervertito e pecca, come quegli che per suo proprio giudizio è condannato,,.

(29)  Eresia, dal verbo greco ai9re/w: ai3resij : significa propriamente scelta, in quanto uno, allontanandosi dalla vera credenza, segue a suo piacimento un’altra dottrina.

 

(30) Ai Galati. I. 11-12. “Or vi fo sapere, o fratelli, come il Vangelo, che è stato |114
evangelizzato da me, non è cosa, umana, perchè non lo ho ricevuto nè l’ho imparato da un
uomo, ma per rivelazione di Gesù Cristo,,.

(31) Ai Galati. I. 8. “Ma quand’anche noi o un Angelo del Cielo evangelizzi a voi oltre quello che abbiamo a voi evangelizzato, sia anathèma,,.

(32) Filumenei sembra che costei fosse una donna di Alessandria, la quale, invasata da spirito diabolico, andasse profetando. Apelle sembra che abbia avuto relazioni con costei e ne divenisse seguace e scrivesse le Profezie e le Rivelazioni di Filumene.

(33) II. A. Timoteo. IV. 3. “Imperocchè verrà tempo che non potran patire la sana dottrina, ma, secondo le proprie passioni, per prurito di udire, moltiplicheranno a sè stessi i maestri,,.

(34) I. Ai Corinti. I. 27. “Ma le cose stolte del mondo elesse Dio per confondere i sapienti, e le
cose deboli del mondo elesse Dio per confondere le forti,,. I. Ai Corinti. III. 18. “Niuno inganni
sè stesso: sè qualcuno tra di voi si tiene per sapiente secondo questo secolo, diventi stolto,
affin d’esser sapiente,,.

(35) Eoni: fu di Valentino questa teoria. Egli nacque in Egitto, e seguì l’eresia gnostica; fu
autore del sistema eclettico piò ampio, in cui si uniscono elementi varî, tratti dalla teosofia
orientale, dalla dottrina dei Pitagorici, degli stoici e dei sacerdoti egizi; insegnò a Roma verso
l’anno 140; ebbe molti discepoli fra i quali, i principali, Eracleone, Tolomeo, Marcos, Bardesane.
Eoni (ai0w~nej): le eternità. Gli gnostici |115 chiamavano cosi, a causa della loro eternità, le
emanazioni o proiezioni che, secondo la loro dottrina, colmavano l’intervallo fra la materia e lo
spirito, mettendo in contatto questi due principi da essi concepiti come opposti e irriducibili. Gli
Eoni si cambiavano in Sigizie o coniugazioni a coppie e in pleromi. Pleroma (cf. plhro&w,
plh&rwma) era detta dagli gnostici la pienezza dell’essere, il complesso degli Eoni in numero di
trenta. L’eresia di Valentino si diffuse fra l’epoca di Adriano e di Antonino Pio: senza credere
che la ragione del suo distacco dalla Chiesa fosse la sua mancata elezione, alla carica
episcopale, pure, secondo quanto afferma Tertulliano stesso (Adversus Valent. 4), ne può
essere stata la ragione occasionale: “Speraverat episcopatum Valentinus, quia et ingenio
poterat et eloquio. Sed alium ex martyrii praerogativa loci potitum indignatus, de Ecclesia
authenticae regulae abrupit. Ut solent animi pro prioratu exciti praesumptione ultionis accendi,
ad expugnandam conversus veritatem et cuiusdam veteris opinionis semitam nactus, aestu
colubroso viam deliniavit,,. La sua dottrina eonologica si dice che l’avesse ricevuta da un certo
Theodas, compagno dell’Apostolo Paolo. Al sommo delle cose eterne, incomprensibili, si trova
l’abisso ( bu~qoj), cioè il Padre non generato, e la sua compagna Segè ( sigh&): il Silenzio. Da
questi primi due Eoni balza fuori, come estrinsecazione dell’assoluto, un seme dal quale, a sua
volta, nascono altri due Eoni: |116 l’Intelletto e la Verità, da cui, con successivo processo, il
Verbo ( lo&goj) e la Vita ( aiuh&), l’Uomo ideale (a1nqrwpoj) e la comunità di vita
( e0kklhsi0a); dalla prima delle quali coppie scaturiscono altri dieci Eoni, dalla seconda altri
dodici, formando così un numero complessivo di trenta, quindici di natura maschile e altrettanti
femminile; divisi in un aggruppamento di otto (Ogdoade), di dieci (Decade), di dodici
(Dodecade): tutti uniti formano il Pleroma. “Società perfetta degli esseri ineffabili,,. Desiderio
degli Eoni è di conoscere il primo principio che è l’abisso, ma ciò non può essere ottenuto che
dal primo figlio, l’Intelletto, e fra gli Eoni ve n’è uno che aspira più di ciascun altro al principio
originario ed è l’ultimo di essi: la Sapienza (sofi/a) la quale, in questa tendenza alle regioni
superne della luce, corre rischio di dissolversi se il termine d’ogni realtà non intervenisse: esso
è detto Horos (o3roj). Intanto dalla coppia di Eoni, Intelletto e Verità, emanano, come
sedicesima coppia, il Cristo e lo Spirito Santo e da essi gli altri Eoni comprendono come debba
regolarsi la relazione col principio primo, che non è concesso comprendere, e allora, in uno
slancio di gratitudine verso il Padre, dal seno degli Eoni, tutti uniti in questa adorazione al
principio, emana Gesù Salvatore, che sarebbe così il trentatreesimo Eone. Ma la Saggezza,
nello sforzo da lei compiuto per il raggiungimento del Principio Primo, ha generato
imperfettamente una creatura dal nome Achamoth |117 (‘Akamw_q), figlio dunque del
travaglio solitario di conoscere l’Essere Supremo. Achamoth sprofonda nel Caos dal quale
Cristo e Gesù Salvatore lo sollevano, dando a lui la facoltà dì conoscere e di liberarsi dalle
passioni: allora si viene alla formazione della materia inanimata (u9likh&) in quanto Achamoth
mantiene la sua impurità originaria; la materia animata (yuxikh&) e spirituale (pgeumatikh&)
per un processo di sempre maggior purità ed elevazione. Da Achamoth ha origine il Demiurgo
che crea ormai non più le tre sostanze, materiale, psichica, e pneumatica come Achamoth, ma

 

il mondo e l’Uomo che può essere di sostanza materiale carnale (yuxh& u9likh&) di natura
animale (yuxh_ qei/a) di natura spirituale (spe/rma pneumatiko&n). In Gesù di Nazareth
appare il Redentore che consta di quattro elementi, uno apparentemente corporeo, lo psichico,
il pneumatico, il divino proprio del Pleroma, e su lui discende in forma di Colomba l’Eone Gesù
Salvatore, che risale alla perfezione del Pleroma quando il Redentore muore, portando seco l’
elemento pneumatico o spirituale del Redentore, lasciando ai tormenti gli altri elementi di cui
Egli risulta.

(36)  Marcione, seguace di Cerdone, gnostico, della Siria: nel 144 venne a rottura colla Chiesa: fondò una dottrina basata sul dualismo, che si concreta appunto in un dualismo fra due principi eterni e increati di un Dio buono e di uno giusto, ma anche cattivo, il quale ultimo a il creatore del mondo. |118 La dottrina stoica fu fondata da lenone, dì Cizico in Cipro s gli Stoici credevano che il principio attivo o dinamico sia una forza sempre in azione, informatrice della materia e la muove e la organizza: l’esistenza stessa del corpo non a possibile che così: occorre alla materia un principio di unità che ne mantenga le parti, che le tenga insieme, come occorre alla forza un sustrato in cui essa risieda e nel quale agisca: l’uno non può stare senza dell’altro: gli Stoici chiamano questa forza lo&doj, ragione, o anche Dio, forza divina.

(37)  La scuola Epicurea fu fondata da Epicuro in Atene (341-270) nel 3° Sec. A. C. e durò fino al 4° Sec. D. C.: furono seguaci di questa dottrina Metrodoro, Ermarco, Polistrato, Apollodoro, Diogene di Tarso, Fedro; in Roma Amafinio, Pomponio Attico, T. Lucrezio Caro, che l’espose nel suo poema De rerum natura,,. Questo sistema esclude ogni intervento divino e ogni finalità nella natura, nella quale non scorgeva che cause meccaniche; pone il criterio del vero nella certezza data dalla sensazione e il fine supremo della condotta fa consistere non già nel piacere grossolano e immediato dei sensi, ma nella felicità che a data, per quel che riguarda il corpo, dall’ assenza del dolore (a0poni/a) e, per ciò che concerne l’animo, dalla tranquillità (a0taraci/a). L’anima a mortale: la materialità dell’anima e la sua mortalità sono i due dogmi fondamentali della psicologia epicurea.

(38)  Eraclito (540-480) poneva il fuoco come |119 principio, come fondamento e simbolo della sostanza del mondo. Zenone sostiene un panteismo materiale, confondendo la natura con Dio: Dio, o la ragione cosmica, a dappertutto; a il mondo stesso nel suo carattere razionale e nella sua perfezione, a un Dio immanente che s’identifica col mondo e il mondo tutto a come un immenso vivente immortale, di cui tutte le parti cospirano insieme e si corrispondono. Di qui quella parentela di tutte le cose che fanno un tutto unico simpatizzante con sa stesso: quella consentiens, conspirans, continuata cognatio rerum di cui parla Cicerone e che non sarebbe possibile, se tutte le cose non fossero contenute da un solo divino e continuato spirito (Melli).

(39)  Entimesi: animazione della Sapienza Superiore come Eone a sa separato dal Pleroma o
mondo ideale superiore: Ectroma: significherebbe: l’ultimo degli Eoni: Cristo.

(40)  I. A Timoteo. I. 4. Na andasser dietro alle parole e alle genealogie che non hanno fine, le quali partoriscon piuttosto delle dispute, che quell’edificazione di Dio che si ha per la fede,,. II. A Timoteo. II. 17,,. E il loro discorso va serpendo come cancrena: tra i quali a Imeneo e Fileto,,. A Tito. III. 9. “Ma le pazze questioni e le genealogie e le dispute e le battaglie legali sfuggile,

percha sono inutili e vane,,.

(41)  Ai Colossesi. II. 8. “Badate che alcuno non vi seduca per mezzo di filosofia inutile e |120 ingannatrice. secondo la tradizione degli uomini, secondo i principî del mondo e non secondo Cristo …

(42)     Atti. XVII. 15. “Quelli poi che accompagnavano Paolo, lo condussero fino ad Atene, e,
ricevuta commissione da lui per Sila e Timoteo di raggiungerlo il più presto, partirono…

(43)  Platone insegnò negli orti di Academo, i quali rimasero poi la sede della sua scuola detta perciò Accademia: essa durò fino al VI sec. D. C. e si divide in tre periodi: la vecchia Accademia ingolfatasi con Spensippo, Xenocrate e Crantore nella metafisica pitagoreggiante, e in astruso dommatismo; la media, caduta nello scetticismo con Cameade e Arcesilao; la nuova, tornata al primitivo dommatismo con Filone di Larissa e Antioco di Ascalona.

(44)     Atti. V. 12. “E si facevano per le mani degli Apostoli molti segni e prodigi nel popolo. E
tutti, di comune accordo, se ne stavano nel portico di Salomone,,.

(45)     Matt. XVI. 13-16. “Chi dice la gente che sia il Figlio dell’Uomo? Ed essi risposero: Altri
dicono che a Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti. E Gesù disse

 

loro: Or voi chi dite che io mi sia? In risposta, Simon Pietro, disse: Tu sei il Cristo, il Figliolo del

Dio vivente,,.

(46) Matt. XI. I. E, quando ebbe finito di dare questi insegnamenti ai suoi Dodici Apostoli, Gesù partì di là per insegnare e predicare nelle loro città,,. |121

(47) Luc. XVI. 29. “E Abramo gli rispose: Hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli,,.

(48) Giov. V. 39. “Voi investigate le Scritture, perchè credete d’avere in esse vita eterna: ora
queste son quelle che fanno testimonianza di me,,.

(49) Isaia. X. 4-i 5. Ecco che le Nazioni sono come una goccia della secchia e son valutate
come uno scrupolo che da il tratto alla bilancia: ecco che le isole sono come un granellino di

polvere,,.

(50)    Matt. XV. 24. “Ed egli in risposta, disse: Non sono stato mandato che alle pecore perdute
della Casa di Israele,,.

(51)    Matt. XV. 26. “Ed egli le rispose: Non è ben fatto prendere il pane dei figlioli e gettarlo ai
cani,,.

(52)    Matt. X. 5. “Questi dodici inviò Gesù, ordinando loro così: Non andate tra i gentili, e non entrate nelle città dei Samaritani,,. Matt. XXVIII. 19-20. “Andate dunque ad istruire tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservar tutto quanto v’ho comandato. Ed ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo,,. Giov. XVI. 13. “Quando però verrà lo spirito di Verità, vi giudicherà per ogni vero: che non vi parlerà da sè, ma dirà tutto quello che udrà e v’annunzierà l’avvenire,,.

(53)    Matt. VII. 7-8. “Chiedete e vi sarà dato: cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto:
che |122 chiunque chiede, riceve, chi cerca trova, e a chi picchia, sarà aperto,,.

(54)                Ebioniti: cristiani giudaissanti: dicevano che la nascita di Cristo era avvenuta non
diversamente da quella degli altri esseri umani. Simone: altro eretico.

(55)           Luc. XV. 8-9. “O qual donna, avendo dieci dramme, perdutane una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finchè non la trovi? E, trovatala, chiama d’intorno le amiche e le vicine dicendo: Rallegratevi insieme con me, che ho ritrovata la dramma smarrita,,. Luc. XVIII. 3. “E ci era in quella città una vedova la quale andava da lui a dirgli: Rendimi giustisia del mio avversario. E per molto tempo colui non volle, ma poi disse fra sè: Benchè io non tema Iddio, nè abbia riguardo agli uomini, pure, per la noia che mi da questa vedova, le farò giustisia, chè alla fine non venga più a darmi molestia,,.

(56)    Luc. XI. 5-9. “Se uno di voi avrà un amico e andrà da lui a messa notte dicendogli: Amico, prestami tre pani, perchè un amico mio è arrivato di viaggio in casa mia e non ho niente da apparecchiargli; e quello, rispondendo di dentro, dica: Non mi dar noia; l’uscio è già chiuso, ed i miei figli sono coricati con me, non posso levarmi a darti niente. Se l’altro continuerà a picchiare, vi dico, quando anche colui non si levasse a darglieli, perchè è suo amico, tuttavia si leverà a dargliene, per l’insistenza, quanti gliene bisognano. E io vi dico: Chiedete e vi |123 sarà dato, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto,,.

(57)    Luc. XVIII. 2-3. “C’età, in una città un giudice che non temeva Iddio, nè aveva rispetto
alcuno. E c’era in quella città una vedova la quale andava da lui a dirgli: Rendimi giustizia del
mio avversario,,.

(58)                                      Luc. XVIII. 42. “E Gesù gli replicò: Vedici; la tua fede ti ha salvato,,.

(59)    I. A Timoteo VI. 4-5. “Egli è un superbo, che non sa nulla, ma si ammala per dispute e questioni di parole, dalle quali nascono invidie, contese, maldicenze, cattivi sospetti, conflitti di uomini corrotti nell’animo, i quali sono stati privati della verità, e pensano che la pietà sia un’arte per guadagnare.

(60)    Matt. XV. 14. “Non badate loro: ciechi son guide di ciechi; e se un cieco guida un cieco,
cadono entrambi nella fossa,,.

(61)           I. A Timoteo VI. 4. “Egli è un superbo che non sa nulla, ma si ammala per dispute e
questioni di parole; dalle quali nascono invidie, contese, maldicenze, cattivi sospetti . . . ,,.

(62)                A Tito III. 10. “L’uomo eretico, dopo la prima e la seconda correzione, sfuggilo,,.

(63) Matt. XVIII. 15-16. “Se poi tuo fratello abbia peccato contro di te, vai e correggilo fra te e
lui solo. Se ti ascolta, hai guadagnato tuo fratello; se non ti ascolta, prendi con te una o due
persone, affinchè per bocca di due o tre testimoni si stabilisca ogni cosa,,,

(64) Matt. XXVIII. 19-20. “Andate dunque ad |124 istruire tutte le genti, battezzandole nel
Nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto quanto

vi ho comandato,,,

(65) Atti. I. 26, “E li tirarono a sorte, e la sorte cadde su Mattia, ed egli fu aggregato agli

Undici Apostoli,,.

(66) Psal. CIX. 8. “Sieno i suoi giorni pochi, un altro prenda il suo ufficio,,.

(67) Atti. I. 8. “Ma riceverete forza di Spirito Santo, quando verrà su di voi, e mi sarete
testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea e la Samaria, insino agli estremi del mondo,,.

(68) Atti. II. 4, “E furono tutti ripieni di Spirito Santo, e cominciarono a parlare varî linguaggi, secondo che lo Spirito Santo concedeva ad essi di esprimersi,,. Matt, X. 27. “Dite nella luce quel che vi dico allo scuro, e predicate sui tetti, quello che vi è stato detto all’orecchio,,. Matt, XXVIII, 19-20. “Andate dunque ad istruire tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figliolo e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto quanto vi ho comandato. Ed ecco io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo,,.

(69) Matt, XI, 27, “Tutto è stato dato a me dal Padre mio; e nessuno conosce il Figlio fuori del
Padre, e nessuno conosce il Padre fuori del Figlio e fuori di colui, cui il Figlio Io avrà voluto
rivelare,,.

(70) Luc. VIII. 10. “A voi è concesso di intendere il mistero del Regno di Dio; ma a tutti |125
gli altri per via dì parabole, affinchè guardando non vedano, e ascoltando non intendano,,.

(71) Matt. XVI. 18-19. “E io dico che tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, nè preveranno contro di lei le porte dell’inferno. E darò a te le Chiavi del Regno dei Geli, e qualunque cosa avrai legato sulla terra sarà legata, anche nei Cieli, e qualunque cosa avrai sciolto sulla terra, sarà sciolta anche nei Cieli,,.

(72)                                                                                    Giov. XVI. 23.

(73) Giov. XIX. 26-27. “Gesù allora vedendo la madre, e lì presente il discepolo amato da lui,
dice a sua madre: O donna, ecco il tuo figlio; poi dice al discepolo: Ecco la madre tua,,.

(74) Marc. IX. 3-6. “E apparvero loro Elia con Mosè, i quali stavano a discorrete con Gesù. E Pietro prese a dire: Maestro, è bene per noi lo star qui; facciamo tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia. Non sapeva infatti quel che si dicesse, perchè erano pieni di sgomento. E si levò una nuvola ad involgerli, e dalla nuvola uscì una voce che disse: Questo è il figlio mio diletto, ascoltatelo,,.

(75) Matt. XVIII. 16. “Se non ti ascolta, prendi con te una o due persone, affinchè, per bocca
di due o tre testimoni, si stabilisca ogni cosa,,. II. Ai Corinti. XIII. I. “Ecco che vengo a voi
questa terza volta; sui detto di due o tre testimoni sarà decisa ogni questione,,.

(76) Luc. XXIV. 13-15. “Ed ecco due di loro andavano quello stesso giorno ad un castello |126 chiamato Emmaus, distante sessanta stadi da Gerusalemme. E ragionavano insieme di quanto era accaduto. Or, mentre ragionavano e discutevano fra loro, Gesù stesso, appressatesi, camminava con essi,,.

(77)  Giov. XVI. 12. “Molte cose ho ancora da dirvi, ma non le potete comprendere adesso,,.

(78) Atti. II. 1-4. “Giunto il giorno della Pentecoste, stavano tutti insieme nel medesimo luogo; e, all’improvviso, venne dal Cielo un suono come se si fosse levato un vento gagliardo, e riempì tutta la casa dove abitavano. E apparvero ad essi delle lingue distinte, come di fuoco, che si posarono sopra a ciascuno di loro, e furono tutti ripieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare vari linguaggi, secondo che lo Spirito Santo concedeva ad essi di esprimersi,,.

(79)  Ai Galati. II. 11. “Essendo poi venuto Pietro ad Antiochia, gli resistei in faccia, perchè
meritava riprensione,,.

(80) Ai Galati. I. 23. “E solamente avevano sentito dire: colui che una volta ci perseguitava,
evangelizza ora la fede, cui già devastava,,. I. A Timoteo. I. 13. “Me, che prima fui

 

bestemmiatore e persecutore e oppressore, ma conseguii misericordia da Dio, perchè per
ignoranza Io feci, essendo incredulo„.

(81) Giov. V. 31. “Se io rendo testimonianza a me stesso, la testimonianza mia non è verace„.

(82)  Atti IX. 27. “Ma Barnaba, presolo con sè, lo menò dagli Apostoli, ed espose loro come | 127 egli avesse veduto per istrada il Signore che gli aveva parlato, e come in Damasco avesse predicato francamente nel Nome di Gesù„.

(83)  Ai Galati. I. 18. “Indi, tre anni dopo, andai a Gerusalemme per visitare Pietro; e stetti
presso di lui quindici giorni„.

(84)  Ai Galati. I. 23. “E solamente avevan sentito dire: colui che una volta ci perseguitava, evangelizza ora la fede, cui già devastava„. Atti. IX. 21. E tutti quei che l’udivano, restavano stupefatti e dicevano: non è costui quello che in Gerusalemme disperdeva quanti invocavano codesto Nome, ed è qua venuto a questo fine di condurli legati ai gran sacerdoti?„

(85)                  Ai Galati. I. 24. “E per causa mia glorificavano il Signore„.

(86)    Ai Galati. II. 9. “E, avendo riconosciuto la grazia conceduta a me, Giacomo e Cefa e
Giovanni, che erano reputati le colonne, porsero le destre di confederazione a me e a
Barnaba„.

(87)  Ai Galati. III. 10. “Imperocchè tutti quelli che sono per le opere della legge, sono sotto la maledizione, imperocchè sta scritto: maledetto chiunque non si terrà fermo a tutte quelle cose che sono scrìtte nel libro della legge per adempierle„.

(88)                                  I. A Timoteo. VI. 20. “O Timoteo, guarda il deposito, schivando le profane vanità di parole e le contradizìoni della falsamente nominata scienza„.

(89)  II. A Timoteo. I. 14. “Guarda il buono deposito, per lo Spirito Santo che abita in noi„. |
128

(90)  I. A Timoteo. I. 18. “Io ti raccomando questo comandamento, o figliuolo Timoteo; che
secondo le profezie, che innanzi sono state di te, tu guerreggi in virtù di esse la buona guerra„.

(91)              I. A Timoteo. VI. 13. “Ti ordino dinanzi a Dio, che dà vita a tutte le cose e a Gesù Cristo, il quale sotto Ponzio Pilato rendette testimonianza alla buona professione„.

(92)       II. A Timoteo. II. 2. “E le cose che hai udite da me con molti testimoni confidale ad
uomini fedeli, i quali saranno idonei ad insegnarle anche ad altri„.

(93)  Matt. VII. 6. “Non date ai cani ciò che è santo, e non buttate le vostre perle davanti ai
porci, che non le pestino coi loro piedi e si rivoltino contro voi a sbranarvi„.

(94)  Giov. XVIII. 20. “Io ho parlato apertamente al mondo; io sempre ho insegnato nella
sinagoga e nel tempio, dove s’adunano tutti i Giudei, e niente ho detto in segreto„.

(95)  Matt. X. 27. “Dite nella luce quel che vi ho detto all’oscuro, e predicate sui tetti quel che
v’è stato detto all’orecchio„.

(96)                                                                            Luc. XIX. 20. “E venne un altro a dirgli: Signore, eccoti la tua mina, che l’ho tenuta rivolta in una pezzuola„.

(97)  Matt. V. 14-15. “Voi siete la luce del mondo. Non può rimanere nascosta una città situata su di un monte, nè accendono la lucerna e la mettono sotto il moggio, ma sul candeliere: così fa lume a tutti di casa„.

(98)  Matt. V. 37. “Ma sia il vostro parlare: si, |129 si; no, no; che il di piò di questo viene dal
maligno„.

(99)  Ai Galati. III. 1. “O Galati, insensati; chi vi ha ammaliati per non ubbidire alla verità?„.

(100)    Ai Galati. V. 7. “Voi correvate bene; chi vi ha dato disturbo per non prestar fede alla
verità?„

(101)                                                Ai Galati. I. 6. “Io mi meraviglio che si tosto da Cristo, che vi ha chiamati in grazia, voi
siate trasportati ad un altro evangelo„.

(102)                I. Ai Corinti. III. 1-2.

 

(103) Ai Colossessi. I. 3. “Noi rendiamo grazie a Dio e Padre del Signore Nostro Gesù Cristo, facendo del continuo orazione per voi,,. I. Ai Tessalonicesi. I. 2. “Noi rendiamo del continuo grazie a Dio per tutti voi, facendo di voi menzione nelle nostre orazioni,,. II. Ai Tessalonicesi. I. 3. “Noi siamo obbligati di render grazie di Voi a Dio, fratelli, come egli è ben convenevole, perciocchè la vostra fede cresce sommamente e la carità di ciascuno di tutti voi abbonda fra voi scambievolmente,,.

(104) Giov. XIV. 26. “Poi il consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel nome mio, egli v’insegnerà ogni cosa e vi commenterà tutto quanto già vi dissi,,. XV. 26. “Ma quando sarà venuto il consolatore, che io vi manderò dal Padre, lo Spiritò di verità, che procede dal Padre, egli attesterà per me,,.

(105) II. Ai Tessalonicesi I. 7. “E a voi, che siete afflitti, requie con noi, quando il Signore Cesù |130 Cristo apparirà dal Cielo con gli Angeli della sua potenza,,.

(106) Ai Galati. I. 8. “Ma avvegna che noi, o un Angelo del Cielo, vi evangelizzassimo oltre a ciò che vi abbiamo evangelizzato, sia anathèma„.

(107)    Eleuterio: fu papa dal 174-189.

(108) II. Ai Corinti. XI. 19. “Con ciò sia che voi, essendo savi; volentieri comportiate i pazzi,,.

(109) Marc. XIV. 20-21. “Uno dei Dodici, quello che intinse con me la mano nel piatto. Il Figliuolo dell’ Uomo se ne va, come è scritto di Lui, ma guai a quell’uomo, per cui il Figliuolo dell’Uomo è tradito. Era meglio per un tal uomo non esser mai nato,,.

(110) Matt. VII. 16-17. “Li conoscerete dai loro frutti. Si coglie forse uva dalle spine e fichi dai triboli? Così ogni buon albero porta buoni frutti; e ogni albero bacato porta frutti cattivi,,.

(111)    II. Lettera di S. Pietro. I. 1. “Or vi furono ancora dei falsi profeti fra il popolo come altresì vi saranno fra voi dei falsi dottori i quali introdurranno eresie di perdizione e rinnegheranno il Signore che li ha comperati, traendosi addosso subita perdizione,,. II. I. 15. “I quali, lasciata la diritta strada si sono sviati seguitando la via di Balaam figliolo di Bosor, il quale amò il salario d’ iniquità,,.

(112) Marc. XVI. 17-18. “Or questi segni accompagneranno coloro che avranno creduto. Nel nome mio scacceranno i demoni, parleranno |131 lingue nuove, maneggeranno serpenti e se avranno bevuto qualche veleno non farà loro male; imporranno le mali agli infermi e li guariranno,,.

(113) Atti III. 1 e segg. “Pietro e Giovanni salivano al tempio all’ora della preghiera, a nona. E veniva portato un certo uomo storpio dalla nascita, che posavano ogni giorno alla porta del tempio detta la Bella, per chiedere limosina a quelli che entravano nel tempio. Costui, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrar nel tempio, si raccomandava per aver limosina. E Pietro con Giovanni, fissandolo, dissero: Guardaci. E quello li guardava attentamente, sperando di ricevere da essi qualche cosa. Ma Pietro disse: Non ho nè argento nè oro, ma quel che ho, te lo do: in Nome di Gesù Cristo il Nazareno, alzati e cammina. E, presolo per la man dritta, lo alzò, e in un attimo gli si consolidarono le piante e gli stinchi. E d’un salto si levò su, e camminava; ed entrò con essi nel tempio, camminando, saltando e lodando Dio. E tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio,,.

(114) Matt. XIII. 24-30. “Propose loro un’altra parabola, dicendo: il Regno dei Cieli è simile ad un uomo il quale seminò buon seme nel suo campo; ma nel tempo che gli uomini dormivano il nemico suo andò, seminò loglio in mezzo al grano, e se ne partì. Come poi il seminato germogliò e granì, allora apparve anche il loglio. I servi del padrone di casa |132 andarono a dirgli: Signore, non hai seminato buon seme nel tuo campo? Come mai c’è il loglio? Ed egli rispose loro: Qualche nemico ha fatto tal cosa. E i servi gli dissero: Vuoi che andiamo a coglierlo? E egli rispose: No: che, cogliendo il loglio, non strappiate con esso anche il grano. Lasciate che l’uno e l’altro crescano fino alla mietitura e al tempo della raccolta dirò ai miei mietitori: sterpate prima il loglio e legatelo in fasci per bruciarlo; il grano poi riponetelo nel mio granaio,,.

(115) Marc. IV. 3-4. “Udite: ecco, il seminatore andò a seminare. E, mentre gettava il seme, parte cadde lungo la strada, e venneso gli uccelli dell’aria e lo mangiarono,,. Luc. VI. 1. “Or avvenne nel sabato secondo primo, mentre egli passava pei seminati, che i suoi Discepoli coglievano delle spighe e, sgranandole con le mani, mangiavano,,.

 

(116) Ai Corinti. XV. 12.

(117) Matt. XXII. 23. “In quel giorno andarono a lui i Sadducei, i quali negano la Resurrezione,
e lo interrogarono così…,,. Atti XXIII. 8. “I Sadducei infatti negano esserci Resurrezione e
l’esistenza degli Angeli e degli Spiriti: i Farisei invece sostengono le due cose,,.

(118) Ai Galati. III. 10-11. “Con ciò sia che tutti coloro che sono delle opere della legge sieno sotto maledizione… ora, che per la legge niuno sia giustificato presso Dio è manifesto, per ciò che il giusto viverà di fede,,. V. 2. Ecco: io, |133 Paolo, non dico che, se siete circoncisi, Cristo non vi gioverà nulla,,.

(119) I. A Timoteo IV. 3. “Di uomini che vieteranno il maritarsi e comanderanno d’astenersi dai cibi che Iddio ha creati,,.

(120) II. A Timoteo. II. 18. “I quali si sono sviati dalla verità dicendo che la Resurrezione è già avvenuta e sovvertono la fede di alcuni,,.

(121)       I. A Timoteo. I. 4. “E che non attendano a favole, a genealogie senza fine, le quali
producono piuttosto questioni che edificazione,,.

(122)      Ai Galati. IV. 3. “Così ancora noi, mentre eravamo fanciulli, eravamo tenuti in servite sotto gli elementi del mondo,,.

(123)       Apocalisse. II. 20. “Ma ho contro a te alcune poche cose, che tu lasci che la donna Iezabele, la quale si dice esser profetessa, insegni e seduca i miei servitori, per fornicare e mangiare i sacrifizî degli idoli,,.

(124)      Nicolaiti: setta gnostica fondata da Nicolao. Circa l’altra eresia Gaiana, sappiamo da S. Girolamo, op. 43. “Et consurgit mihi gaiana haeresis atque olim mortua vipera caput levat,,. Probabilmente questa eresia, che era venuta perdendo credito, ai tempi di S. Girolamo riprese alquanta vita.

(125) I. Lettera di S. Giov. IV. 2-3. “E ogni spirito che non confessa che Gesù Cristo, venuto in carne, non è da Dio, quello è lo spirito d’anticristo, il quale voi avete udito venire ed ora egli è già nel mondo,,. II. 22. “Chi è il mendace se non colui che nega che Gesù è il |134 Cristo? Esso è l’anticristo, il quale nega il Padre e il Figliolo,,.

(126)       Atti. XIII. 20. “Ma Pietro gli disse: Alla malora tu e il tuo denaro, che hai creduto di
comprare col danaro il dono di Dio,,.

(127)           Matt. X. 24-25. “Il discepolo non è da più del maestro, nè il servo da più del suo
padrone: basti al discepolo d’ essere come il maestro e al servo d’essere come il padrone,,.

(128)      I. A Timoteo. IV. I. “Or lo Spirito dice espressamente che negli ultimi tempi alcuni a-postateranno dalla fede, attendendo a spiriti seduttori e a dottrine diaboliche,,.

(129) Agli Efesini. VI. 12. “Con ciò sia che noi non abbiamo il combattimento contro a sangue e carne, ma contro ai principati, alle potestà; contro ai rettori del mondo e alle tenebre di questo secolo; contro agli spiriti maligni dell’ aria,,.

(130) Ai Corinti. I. 11-19.

(131) Osidio Geta: ricordiamo di lui una Medea in 461 versi.

(132)       Cebete di Cinico, vissuto ai tempi di Marco Aurelio [161-180], compose la Tavola o
Quadro della vita umana.

(133) Ai Corinti. I. 11-19.

(134) Mithra: era naturale che l’agape mitriaca, a base di pane e di vino, apparisse ai Cristiani come una contraffazione diabolica del Sacramento Eucaristico; si aggiunga il segno impresso sulla fronte corrispondente al crisma cristiano. Probabilmente la prima ondata |135 dell’espansione occidentale del Mitraismo è rappresentata dalle incursioni mediterranee di quei pirati di Cilicia, che, dopo aver saccheggiato parecchie città greche, furono domati da Pompeo [a. 67 a. C.]. Essi, insieme con altri culti barbarici, praticavano anche quello di Mitra, ma, a parte questo preludio sporadico, la vera grande espansione occidentale del Mitraismo si ebbe nel I. Sec. D. C. Prima dell’anno 100 si avverte già la presenza del culto di Mitra a Roma. [Pettazzoni].

 

(135)        Matt. VII. 6. “Non date ai cani ciò che è santo e non buttate le vostre perle davanti ai
porci che non le pestino coi loro piedi e si rivoltino a sbranarvi„.

(136)        Matt. VII. 7. “Chiedete e vi sarà dato: cercate e troverete: picchiate e vi sarà aperto„.

(137)    Prov. I. 7. “Il timor del Signore è il capo della scienza, ma gli stolti sprezzano la sapienza e l’ammaestramento„. IX. 10. “Il principio della sapienza è il timor del Signore, e la scienza dei Santi è la prudenza„.

(138)    I. Lettera di S. Pietro. IV. 5. “I quali renderanno ragione a colui che è presto a giudicare i vivi ed i morti„.

(139)        Ai Corinti. II. 11-13.

(140)    II. A. Timoteo. III. 1. “Or sappi questo: che negli ultimi giorni sopraggiungeranno tempi difficili„.

(141)    Matt. VII. 15-16. “Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma di dentro son lupi rapaci: li conoscerete dai |136 loro frutti„. XXIV. 4-5. “Badate che nessuno vi seduca: molti infatti verranno nel nome mio, dicendo: Io sono il Cristo, e sedurranno molti„. 24. “Perchè sorgeranno falsi Cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e prodigi da ingannare, se è possibile, gli stessi eletti„. II. Ai Corinti, XI. 13. “Per ciò che tali falsi apostoli sono operai frodolenti, trasformandosi in apostoli di Cristo„. I. A Timoteo IV. 1. “Or lo spirito dice espressamente che negli ultimi tempi alcuni apostateranno dalla fede, attendendo a spiriti seduttori e a dottrine diaboliche„. II. IV. 3-4. “Per ciò che verrà il tempo che non comporteranno la sana dottrina… e rivolteranno le orecchie dalla verità, e si volgeranno alle favole„. II. Lettera di S. Pietro. III. 3. “Sapendo questo, ricordati che negli ultimi giorni verranno degli schernitori, che cammineranno secondo le lor proprie concupiscenze„.

INDICE

DEDICA . . . . IX
PREFAZIONE . . XIII

INTRODUZIONE……. XV

CAPITOLO I. …..  1

Non si può negare che le eresie esistano e che abbiano una forza

CAPITOLO II. . 2

In che cosa possa consistere la forza delle eresie, e su chi esse possano

eventualmente avere la loro influenza

CAPITOLO III. …..  5

Le eresie non fanno che provare costanza e saldezza di fede, la quale non può, nè

deve essere abbandonata per alcuni che si allontanano dalla credenza vera cristiana

CAPITOLO IV. …..  9

Le eresie sono state preannunziate e siamo stati esortati a sapercene guardare

CAPITOLO V. …..  11

Le eresie vengono a minare la compattezza e l’unità della Chiesa

CAPITOLO VI. ….. 12

Le eresie sono da fuggire in ogni modo

CAPITOLO VII. …. 14

 

È la filosofia che favorisce le credenze eretiche
CAPITOLO VIII. ….18

Cercate e troverete, è stato detto, ma è pur necessario intendere il valore
dell’espressione

CAPITOLO IX. . . . . . 21

Nulla è da ricercare, dopo che siamo giunti all’intelligenza della dottrina di Cristo
CAPITOLO X. . . . . . 24

La ricerca continua è la prova di non aver mai trovato quello che può soddisfare

l’animo nostro

CAPITOLO XI. . . . . . 26

Si discute sempre sul principio “cercate e troverete„

CAPITOLO XII.          28

Non cerchiamo mai oltre quello che può dare la vera luce della Fede

CAPITOLO XIII. …. « 30
La Regola di fede

CAPITOLO XIV. . . . . « 31

La regola di fede è ciò che pienamente soddisfa l’anima nostra, senza, andar più

oltre cercando

CAPITOLO XV. …. « 35

Bisogna energicamente difendersi contro gli eretici

CAPITOLO XVI. …. « 36

Le Sacre Scritture hanno avuto dagli eretici falsa interpretazione

CAPITOLO XVII. …. « 38

Ancora sulla falsa interpretazione che gli eretici fanno dei Libri Sacri

CAPITOLO XVIII. . . . . « 39

A nulla gioverebbero le discussioni con gli eretici
CAPITOLO XIX. . 41

Senza scendere a discussioni cogli eretici, i Libri Sacri non sono possesso assoluto

di noi Cristiani?

CAPITOLO XX. . . 42

Cristo e gli Apostoli: loro missione

CAPITOLO XXI. …. 44

Fondamento della PRESCRIZIONE contro gli eretici

CAPITOLO XXII. …. 46

La dottrina degli Apostoli in tutta la sua importanza

 

CAPITOLO XXIII. . . 50

Accuse degli eretici contro la pretesa ignoranza degli Apostoli

CAPITOLO XXIV. …. 53

La perfetta armonia della dottrina di Paolo, che non è, se non la fede di Cristo
CAPITOLO XXV. …. 55

Gli Apostoli hanno tutto saputo e tutto insegnato quello che Gesù volle che gli
uomini imparassero

CAPITOLO XXVI. …. 58

Il Signore aveva voluto che la sua dottrina fosse a tutti palese: niente di segreto vi
era in essa; nella sua infinita bonty e nell’immenso amore, essa si rivolgeva a tutti

gli uomini

CAPITOLO XXVII. …. 61

Nonostante qualunque contrasto, la dottrina apostolica è integra, purissima

CAPITOLO XXVIII. …. 63

Carattere precipuo della dottrina della Chiesa è l’unity

CAPITOLO XXIX. …. 64

La dottrina del Cristo è l’unica e la più fulgente fonte di verity

CAPITOLO XXX. …. 66

Ogni eresia è posteriore alla verity

CAPITOLO XXXI. …. 70

La parabola evangelica della buona sementa

CAPITOLO XXXII. …. « 72

Le Chiese Apostoliche e il loro insegnamento

CAPITOLO XXXIII. …. « 75

Diversity di dottrine: purity della dottrina apostolica

CAPITOLO XXXIV. …. « 78

Si discute sempre sulle false dottrine esistenti ai tempi apostolici

CAPITOLO XXXV.  . . . . « 81

Le eresie non possono contenere germe alcuno di verity

CAPITOLO XXXVI. . . . . « 82

Le Chiese Apostoliche: esse detengono il tesoro della verace dottrina

CAPITOLO XXXVII. . . . . « 85

Le Scritture Sacre non possono appartenere affatto agli eretici

CAPITOLO XXXVIII- . – . « 88

 

Le Sacre Scritture: loro integrità; gli eretici le hanno male interpetrate o alterate

CAPITOLO XXXIX.    . . . . « 91

Gli eretici tengono in loro uno spirito di menzogna

CAPITOLO XL. …. « 93

Falsi e ingannevoli procedimenti degli eretici
CAPITOLO XLI. …. « 95

La dottrina eretica ha sempre elementi di confusione e di oscurità, che non si
riscontrano nella vera dottrina, che è luce e fulgore.

CAPITOLO XLII. ….

Predicazione presso gli eretici

CAPITOLO XLIII. ….
Stranezze degli eretici

CAPITOLO XLIV. ….

Gli eretici i il giudizio che il Signore darà su loro

NOTE             109

Il Pimandro

Il Pimandro

Ermete Trismegisto

Mentre un giorno io riflettevo sugli esseri e il mio pensiero s’era elevato e tutte le mie

sensazioni s’erano assopite – come avviene a chi è immerso nel sonno per sazietà, per lussuria

o per stanchezza – mi parve che un essere immenso, senza limiti, mi chiamasse a nome e mi

dicesse:

” Che cosa vuoi udire e vedere che cosa vuoi apprendere e conoscere? ”

” E chi sei tu ? ” dissi io.

” Io sono – rispose – Pimandro , l’Intelligenza suprema. Io sono quel che tu vuoi

e dovunque io sono con te ” .

” Io voglio – dissi – essere istruito sugli esseri, comprendere la loro natura e

conoscere Iddio “.

” Raccogli nel tuo pensiero tutto quello che vuoi sapere – mi disse – chè io

t’istruirò “.

Ciò detto, egli mutò di forma e allora, subitamente, tutto mi fu chiaro ed io vidi uno spettacolo

prodigioso. Tutto diventava una dolce e gaia luce la cui vista mi rallegrava. Ma tosto discesero

tenebre cupe e orribili di forme tortuose: mi parve che queste tenebre mutassero in non so

quale natura umida indicibilmente sconvolta esalante fumo come da fuoco ed un rumore

indescrivibile, lugubre.

E ne uscì un grido inarticolato che sembrava la voce stessa della luce. Una parola santa discese

dalla luce sulla natura e un fuoco puro si sollevò dalla natura umida verso l’alto, ed era sottile,

penetrante e, nello stesso tempo, attivo. E l’aria, per la sua leggerezza, seguiva il fluido

sollevandosi dalla terra e dall’acqua sino al fuoco, talchè sembrava sospesa. La terra poi e

l’acqua restavano mescolate insieme in modo che non si poteva scorgere la terra attraverso

l’acqua ed entrambe si muovevano per la parola spirituale che si udiva.

” Hai compreso – mi disse Pimandro – il significato di questa visione? ”

” Sto per comprenderlo ” risposi.

” Questa luce – disse – sono io, l’Intelligenza, il tuo Dio che precede la natura umida uscita

dalle tenebre, e il Verbo luminoso che emana dall’Intelligenza è figlio di Dio ” .

” Che vuoi dire? ” domandai.

” Ascolta : quello che in te vede e intende è il Verbo, la parola di Dio; l’Intelligenza è il Dio

Padre.

Essi non sono separati poiché l’unione è la loro vita ” .

” Io ti ringrazio ” risposi.

” Comprendi dunque la luce – disse – e conoscila ” .

A queste parole egli mi fissò a lungo ed io tremai nel guardarlo. E ad un cenno di lui vidi nel

mio pensiero la luce e le sue potenze innimerevoli, il mondo infinito prodursi e il fuoco,

mantenuto da una forza immensa, arrivare al suo equilibrio. Ecco quel che compresi guardando

attraverso la parola di Pimandro.

E come io ero ripieno di stupore, egli mi disse : ” Tu hai visto nel tuo pensiero, la forma

primordiale anteriore al Principio infinito ” .

Questo mi disse Pimandro. E io risposi :

” Donde son venuti gli elementi della natura? ”

E di nuovo mi disse :

” Dalla volontà di Dio che, avendo preso il Verbo e contemplandovi il mondo bello, l’imitò e costruì il mondo con elementi presi da sé stessa e con germi d’anime. L’Intelligenza, il Dio maschio e femmina insieme, che a vita e luce, generò, mediante il Verbo, un’altra Intelligenza creatrice, il Dio del fuoco e dello spirito che formò, a sua volta, sette ministri racchiudenti nel loro circolo il mondo sensibile; e il loro governo dicesi Fato.

” Il verbo di Dio si sollevò bentosto dagli elementi inferiori nella pura creazione della natura e si unì al pensiero creatore poiché era della medesima essenza. E gli elementi inferiori e irragionevoli furono lasciati allo stato di semplice materia. Il pensiero creatore insieme col Verbo, avvolgendo i cerchi e imprimendo loro una rotazione rapida, riportò le sue creazioni su loro stesse e le fece girare dal loro principio indefinito alla loro interminabile fine, poiché sempre esse cominciano là dove finiscono. Questa circolazione, per volere dell’Intelligenza, fece uscire dagli elementi inferiori gli animali senza parola cui non fu data la ragione: l’aria portò i volatili, l’acqua i natanti. La terra e l’acqua furono separate l’una dall’altra secondo il volere dell’Intelligenza, e la terra fece uscire dal suo seno gli animali che conteneva: quadrupedi, rettili, bestie feroci e domestiche.

” Ma l’Intelligenza, origine di tutte le cose, che a vita e luce, generò l’uomo simile a sé e l’amò come la sua creatura poiché era bellissimo e riproduceva l’immagine del padre. Dio amava dunque, in realtà, la sua propria forma.

E consegnò all’uomo tutte le creature. Ma l’uomo, avendo meditato sull’opera della creazione, volle creare anche lui e si separò dal padre entrando nella sfera della creazione. Avendo pieni poteri, meditò sulle creazioni dei suoi fratelli e questi l’amarono e ciascuno lo fece partecipe della propria stirpe, Allora, conoscendo la loro essenza e partecipando della loro natura, volle rompere il limite dei cerchi e sorpassare la potenza che risiede nel fuoco.

( Alla caduta si deve creazione della donna, e non a questa la causa della caduta ).

” E questo sovrano del mondo e degli esseri mortali e privi di ragione emerse, attraverso l’armonia, rompendo la potenza dei cerchi, e rivelò alla natura inferiore la bella immagine di Dio.

E riguardandone la meravigliosa bellezza dove tutte le energie dei sette ministri erano uniti alla forma di Dio, sorrise d’amore poiché aveva visto l’immagine della bellezza dell’uomo nell’acqua e la sua ombra sulla terra. Ed egli, riguardando nell’acqua il riflesso della propria forma, s’innamorò di lei e volle possederla. L’energia accompagnò il desiderio e la forma, priva di ragione, fu concepita. La natura s’impadronì del suo amante e l’avvolse tutto, ed essi s’amarono. (Creazione della donna ).

” Ed ecco perché, solo fra quanti esseri vivono sulla terra, l’uomo a duplice, mortale nel corpo, immortale nella sua essenza. Immortale e sovrano di tutte le cose, a sottomesso al fato che governa ciò che a mortale; superiore all’armonia del mondo, egli a schiavo dell’armonia; a maschio e femmina come suo padre e, superiore al sonno, a dominato dal sonno “.

” Questo discorso mi piace ” disse allora il mio pensiero. E Pimandro:

” Ecco il mistero che a stato finora nascosto. La natura unita all’uomo ha prodotto la più straordinaria meraviglia. Essendo, come t’ho detto, composta d’aria e di fuoco come i sette principii dell’armonia, la natura non s’arrestò, ma subito generò sette uomini, rispondenti ai sette ministri, androgini e d’un ordine superiore “.

Dopo ciò : ” O Pimandro – esclamai – un gran desiderio mi ha preso e voglio ascoltare: non correre “.

” Ma taci – disse Pimandro – poiché io non t’ho ancora spiegato tutto “.

” Ecco, io mi taccio ” risposi.

” La generazione di questi sette uomini, come ho detto, ebbe luogo in questo modo. La terra era femmina, l’acqua generatrice; il fuoco fornì la maturità, l’aria il soffio, e la natura produsse i corpi di forma umana. L’uomo ricevette dalla vita e dalla luce l’anima e l’intelligenza; l’anima gli venne dalla vita, l’intelligenza dalla luce. E tutti i membri del mondo sensibile rimasero così fino alla perfetta evoluzione dei principii e dei generi. Ed ora ascolta il resto del discorso che vuoi conoscere. Essendo finito il periodo, il legame universale fu sciolto dal volere di Dio, poiché tutti gli animali, prima androgini, furono divisi nello stesso tempo come l’uomo e si formarono i maschi e le femmine. Allora Iddio disse la parola santa : ” Crescete in accrescimento e moltiplicate in moltitudine, voi tutti, opere e creature mie; e colui che ha l’intelligenza sappia che a immortale e che la cagione della morte a l’amore del corpo, e conosca tutti gli esseri “.

” Dopo queste parole, la sua provvidenza unì le coppie secondo leggi fatali e armoniche, e

stabilì le generazioni. E tutti gli esseri si moltiplicarono per generi. E c0lui che conobbe sé stesso arrivò al bene perfetto, ma colui che, per un errore dell’amore, amò il corpo, quegli va errando nelle tenebre, sottomesso, per i sensi, alle condizioni della morte “.

” Qual è, dunque – diss’io – il torto così grande degl’ignoranti perché siano privati dell’immortalità? “.

” Sembra – rispose – che tu non abbia compreso quello che hai udito: non t’avevo raccomandato di riflettere? “.

” Io ho riflettuto, ed ora mi ricordo e ti ringrazio “.

” Se hai compreso, dimmi perché quelli che sono morti sono degni della morte “.

” Perché – risposi – il nostro corpo proviene da quella lugubre oscurità ond’è uscita la natura umida di cui il corpo è formato nel mondo sensibile, donde deriva la morte “.

” Tu hai ben compreso – disse. -Ma perché colui che ha riflettuto su sé stesso corre verso Dio, come dice la parola divina? “.

” Perché – diss’io – di vita e di luce è formato il Padre di tutte le cose donde è nato l’uomo “. ” Bada a quello che dici! – soggiunse. – Dio e il Padre dal quale l’uomo è nato sono luce e vita. Se dunque tu sai d’essere uscito dalla vita e dalla luce e dess’esserne formato, tu correrai verso la vita “.

Questo mi disse Pimandro.

” Ma ora – dissi io – dimmi: come potrò entare nella vita, o intelligenza?”.

” L’uomo che ha l’intelligenza – rispose il Dio – conosca sé stesso “.

” Tutti gli uomini – diss’io – non hanno dunque intelligenza? “.

” Parla un po’ meglio! – disse. – Io, l’Intelligenza, assisto i santi, i buoni, i puri, i caritatevoli, coloro che vivono in pietà. Il mio potere è per loro un soccorso e cos’ essi conoscono tutto ed invocano il Padre con amore e gli dedicano le azioni di grazia, benedicendolo, e gli cantano gl’inni con

passione, e, prima d’abbandonare il loro corpo alla morte, detestano i sensi di cui conoscono le opere, o piuttosto, io, l’Intelligenza, non lascerei compiere le opere del corpo; come un portinaio

io chiuderei la porta alle opere cattive e detestabili, rimovendone i desideri. Ma in quanto agli stolti, ai cattivi, ai viziosi, agli invidiosi, agli avidi, agli assassini ed agli empii, io sono lontano da

loro e li abbandono al dèmone vendicatore che versa nei loro sensi un fuoco penetrante, li spinge

sempre più verso il male per aggravare la loro pena e, senza posa, eccita le loro passioni con insaziabili desideri e come nemico invisibile, li tortura e ravviva in essi la fiamma inestinguibile “.

” Tu m’hai istruito su tutto – diss’io – come desideravo, o Intelligenza; ma chiariscimi il modo come

avviene l’ascensione “.

” Sul principio, – disse Pimandro – nella dissoluzione del corpo materiale, questo consegna sé stesso alla trasformazione; sparisce la forma che tu avevi; il carattere, perdendo la sua forza, è

consegnato al dèmone: i sensi tornano alle loro sorgenti e, diventati delle parti, si confondono tra

le energie. Le passioni e i desideri rientrano nella natura irrazionale; ciò che resta s’innalza così attraverso l’armonia, abbandonando alla prima zona la facoltà di crescere e decrescere, alla seconda l’industria del male e l’inganno divenuto impotente, alla terza l’illusione ormai incapace

di desideri, alla quarta la vanità del comando che non può più essere soddisfatta, alla quinta l’arroganza empia e l’audacia temeraria, alla sesta l’attaccamento alle ricchezze ora senza effetto, alla settima la menzogna insidiosa. E, spogliato così di tutte le opere dell’armonia, giunge

all’ottava zona, non avendo più che il suo proprio potere, e canta, con gli esseri, inni in onore del

Padre. Quelli che sono colà gioiscono nella sua presenza, ed egli, divenuto simile a loro, ode la voce melodiosa delle potenze che sono al disopra dell’ottava natura e cantano le lodi di Dio. E allora salgono, per ordine, verso il Padre e s’abbandonano alle potenze e, divenuti tali, nascono in Dio. Questo è il bene finale di quelli che posseggono la Gnosi: divenir Dio. E tu che aspetti?

Perché, avendo tu saputo tutto, non mostri la via agli uomini affincha, per tuo mezzo, il genere umano sia salvato da Dio? “.

Ciò detto, Pimandro si mescolò con le potenze.

Ed io, rendendo grazie al Padre di tutte le cose e benedicendolo, mi levai, fortificato da lui ed istruito sulla natura dell’universo e sulla grande visione. E incominciai a predicare agli uomini la bellezza della religione e della Gnosi: ” O popoli, uomini nati dalla terra, ingolfati nell’ubriachezza,

nel sonno e nell’ignoranza di Dio, siate sobrii, cessate le crapule e svegliatevi dal sonno irragionevole! ” .

Essi m’ascoltarono e si radunarono attorno a me volentieri. Allora aggiunsi : ” Perché, o uomini nati dalla terra, voi vi abbandonate alla morte quando vi a dato d’ottenere l’immortalità? Rientrate

in voi stessi, voi che foste nell’errore, che languiste lell’ignoranza, allontanatevi dalla luce tenebrosa e partecipate dell’immortalità, rinunciando alla corruzione “.

E gli uni, ciarlando, si precipitavano nella via della morte; gli altri, gettandosi ai miei piedi, mi supplicavano d’istruirli. Ed io, ordinando loro di alzarsi, diventai la guida del genere umano, insegnando, coi miei discorsi, come e in che modo potessero salvarsi; io seminai in loro la parola

della saggezza, ed essi furono nutriti con l’acqua d’ambrosia. E giunta la sera, cominciando a dileguarsi gli ultimi raggi del sole, ordinai loro di rendere grazie a Dio. E compiute le azioni di grazia, ciascuno tornò a casa sua. E io scrissi in me stesso il beneficio di Pimandro e, possedendo l’oggetto dei miei voti, mi riposai pieno di gioia. Il sonno del corpo produceva la lucidità dell’anima; i miei occhi chiusi vedevano la verità e il mio silenzio era gravido di bene e le

parole pronunciate erano semenze di bene.

Ecco i beneficii che ricevetti dalla mia intelligenza, cioa da Pimandro, la Ragione suprema; così, per ispirazione divina, io possedevo la verità. E perciò con tutta l’anima e con tutte le mie forze io

benedico il divino Padre.

” Santo a Dio, il Padre di tutte le cose. Santo a Dio, la volontà del quale si compie per la sua propria potenza. Santo a Dio che vuol essere e che a conosciuto da quelli che sono suoi. Santo sei tu che hai formato gli esseri mediante la tua parola: santo sei tu di cui tutta la natura a immagine, santo sei tu non formato dalla natura. Tu sei santo e più forte d’ogni potere, tu sei santo e più grande d’ogni maestà, tu sei santo e sopra a ogni lode. Ricevi il puro sacrificio verbale dell’anima e del cuore che sale verso di te, o Indefinibile, Ineffabile, cui può nominare il

solo silenzio. Fa che io non mi svii dalla conoscenza della nostra essenza, dammi la forza, illumina della tua grazia quelli che sono nell’ignoranza, i fratelli della mia schiatta, figli tuoi. Io credo in te e te ne rendo testimonianza: io cammino verso la vita e la luce. O Padre, sii benedetto: l’uomo tuo vuol partecipare della tua santità poiché tu gliene hai dato pieno potere “.

DISCORSO UNIVERSALE

DI ERMETE TRIMEGISTO AD ASCLEPIO

Ermete: Tutto ciò che a mobile,o Asclepio, non si muove in qualche cosa e per qualche cosa? Asclepio: Certo.

Erm.: Il mobile non a, necessariamente, più piccolo del luogo dove si compie il movimento? Ascl.: Necessariamente.

Erm.: Il motore non a più forte del mosso?

Ascl.: Sicuramente.

Erm.: Il luogo del movimento non ha, di necessità, una natura contraria a quella del mobile? Ascl.: Sì, certo.

Erm.: Questo mondo a così grande che non vi sono corpi più grandi di esso?

Ascl.: E’ evidente.

Erm.: Ed a solido poiché e riempito di gran numero di corpi o piuttosto da tutti i corpi che esistono?

Ascl.: Così a.

Erm.: Il mondo a un corpo?

Ascl.: Si .

Erm.: Ed a mobile?

Ascl.: Senza dubbio.

Erm.: Quale sarà dunque il luogo del suo movimento e di quale natura? Non bisogna che sia

assai più grande del mondo perché questo possa muoversi senza essere ritenuto o arrestato

nel

suo cammino?

Ascl.: E’ qualche cosa di ben grande, o Trimegisto.

Erm.: Ma di qual natura? Di natura contraria, non a vero? Ed il contrario del corpo non a

l’incorporeo?

Ascl.: Evidentemente.

Erm.: Il luogo a dunque incorporeo. Ma l’incorporeo o a divino o a Dio. Io chiamo ” Divino ” non

ciò che a generato, ma ciò che a increato. Se a divino a essenziale; se a Dio a al di sopra

dell’essenza. In altre parole a intellegibile, ed ecco come: Il primo Dio a intelligibile, per noi, non

per sa stesso, poiché l’intelligibile cade sotto la sensazione dell’intelligente. Dio non a dunque intelligibile per sé stesso, poiché in Lui il soggetto pensante non a altro che l’oggetto pensato. Da

noi egli a differente perciò noi lo concepiamo. Se lo spazio a intelligibile non a Dio, ma spazio. Se

a Dio, a, non come spazio, ma come principio d’intendimento. Ma tutto quel che a mosso si muove non nel mobile, ma nello stabile. Il motore a dunque stabile, giaccha a impossibile per lui

il movimento.

Ascl.: Come dunque, o Trimegisto, noi vediamo qui i mobili muoversi insieme con i loro motori ?

Poiché tu dicevi che le sfere mobili erano mosse dalla sfera fissa.

Erm.: Ma quello non a un commovimento, o Asclepio, ma un contro-movimento. [ Queste sfere ]

non si muovono nel medesimo senso, ma in senso contrario. Questa opposizione offre un movimento, una resistenza fissa, giaccha la reazione ai movimenti a l’immobilità: perciò le sfere

erranti, essendo mosse in senso contrario alla sfera fissa, il loro movimento inverso a prodotto dalla resistenza che si fanno a vicenda e non può essere altrimenti. Tu vedi le Orse che non tramontano né risorgono e girano attorno a un punto: credi tu che siano mosse o che stiano ferme?

Ascl.: Sono mosse, o Trimegisto.

Erm.: E quale a il loro movimento, o Asclepio?

Ascl.: Esse girano continuamente attorno a un medesimo punto.

Erm.: Una rivoluzione attorno a un punto a un movimento contenuto nella fissità. Giaccha la circolazione attorno ad un punto impedisce il moto sopra di esso, e questo moto impedito a contenuto nella circolazione. E così l’opposizione di questi due movimenti produce uno stato stabile mantenuto sempre dalle resistenze reciproche. Te ne darò un esempio visibile, preso dalle cose terrestri . Osserva, per esempio, il nuoto dell’uomo e degli altri animali : la reazione dei

piedi e delle mani rende l’uomo immobile e gl’impedisce d’essere trascinato nel movimento dell’acqua e d’annegarsi .

Ascl.: Questo paragone a molto chiaro, o Trimegisto.

Erm.: Ogni movimento a dunque prodotto nella fissità e mediante la fissità. Così il movimento del

mondo e di ogni animale materiale non viene dal difuori ma a prodotto dal di dentro al difuori per

mezzo dell’anima, dello spirito o di qualche altro principio incorporeo. Poiché un corpo non può muovere quel che a animato e non può neppure muovere un corpo inanimato.

Ascl.: Che cosa vuoi dire, o Trimegisto? Il legno, la pietra e tutti gli altri corpi inanimati , non sono

essi motori ?

Erm.: Niente affatto, o Asclepio. Perché ciò che a al di dentro del corpo, ciò che muove

l’oggetto

inanimato non a esso il motore comune del corpo che porta e dell’oggetto portato ? Giammai

un

oggetto inanimato potrà muovere un altro oggetto inanimato. Ogni motore a animato poiché

produce movimento. Così si vede che l’anima a appesantita quando deve portare due corpi . E’

dunque evidente che ogni movimento sia prodotto in qualche cosa e da qualche cosa.

Ascl.: Ma il movimento deve essere prodotto nel vuoto, o Trimegisto.

Erm.: Non dir questo, Asclepio ! Non c’a vuoto nell’universo. Il non essere soltanto a vuoto ed

al

di fuori dell’esistenza: l’essere non sarebbe tale se non fosse esistente. Ciò che a vuoto non

può

esistere.

Ascl.: Non vi sono dunque cose vuote, o Trimegisto, per esempio: un vaso vuoto, una botte

vuota, un pozzo vuoto, uno scrigno vuoto e altre cose simili ?

Erm.: Qual errore, o Asclepio ! Tu chiami vuote delle cose pienissime e riempitissime.

Ascl.: Che cosa vuol dire, o Trimegisto?

Erm.: L’aria non a forse un corpo?

Ascl.: Si a un corpo.

Erm.: Questo corpo non attraversa tutte le cose e non riempie quello che attraversa? Ed ogni

corpo non a composto di quattro elementi ? Tutto ciò che tu credi vuoto a, dunque pieno d’aria

e,

di conseguenza, dei quattro elementi . E viceversa, si può dire che ciò che tu credi pieno a

privo

d’aria giaccha la presenza di altri corpi non permette che l’aria occupi lo stesso posto. Così gli

oggetti che tu chiami vuoti bisogna chiamarli cavi poiché esistono e son pieni d’aria e di spirito.

Ascl.: Non c’a nulla da rispondere a questo, o Trimegisto. L’aria a un corpo e questo corpo

tutto

compenetra e riempie tutto ciò che compenetra. Ma come chiameremo il luogo dove si muove

l’universo ?

Erm.: Incorporeo, O Asclepio.

Ascl.: Ma che cosa a dunque l’incorporeo ?

Erm.: L’Intelligenza e la Ragione che si abbracciano e son libere dal corpo, prive d’errore, impassibili e che restano fisse in sé stesse e contengono tutto, conservando tutti gli esseri ; e quasi loro raggi , sono il bene, la verità, il principio della luce, il principio dell’anima.

Ascl.: Che cosa a dunque Iddio ?

Erm.: Dio non a nulla di tutto ciò, ma a la causa di tutto in generale e di ciascun essere in particolare. Egli non ha lasciato nulla che non sia; ogni essere viene da ciò che a e non da ciò che non a. Il nulla non può diventare qualche cosa: a nella sua natura il non poter essere. La natura dell’essere invece a quella di non poter cessare d’essere.

Ascl.: Come, dunque , tu definisci Iddio ?

Erm.: Dio non a l’Intelligenza, ma la Causa dell’Intelligenza: non a lo Spirito, ma la Causa dello Spirito; non a la Luce, ma la causa della Luce. I due nomi coi quali bisogna onorar Dio non convengono che a lui solo e a nessun altro. Nessuno di quelli che si chiamano Dei , nessun uomo né demone può, in alcun modo, esser chiamato buono: questo titolo conviene solo a Dio:

egli a il Bene e non altro. Tutti gli altri esseri sono separati dalla natura del bene: sono corpi e anime e non v’a posto in essi per il bene. Il bene eguaglia in grandezza l’esistenza di tutti gli esseri corporei e incorporei , sensibili e intelligibili . Questo a il Bene, questo a Dio.

Non dire dunque di un altro essere che a buono: diresti un’empietà; non dir di Dio che a altra cosa che il bene; diresti un’altra empietà. Tutti adoperano la parola ” bene ” ma non tutti ne comprendono il significato: così non tutti concepiscono Iddio, e, in seguito a questa ignoranza, si

chiamano buoni gli Dei e alcuni uomini bencha questi non possano né essere né divenir buoni poiché sono diversissimi da Dio e il bene a da lui inseparabile essendo Iddio il bene stesso. Tutti

gli altri Dei son detti immortali e si dà loro il nome di Dei come dignità. Ma per Dio il bene non a

una dignità, a la sua natura: Dio e il bene sono una sola e stessa cosa e il principio di tutte le altre cose, giaccha a proprio della bontà dar tutto senza nulla ricevere: ora Dio dà tutto e non riceve nulla. Dio a dunque il bene e il bene a Dio.

L’altro suo nome a quello di Padre a cagione del suo ufficio di creatore, giaccha a proprio del padre il creare. Ed a perciò che la più alta e la più sacra funzione della vita a la generazione, e la

più gran disgrazia e la più grande empietà a quella di lasciare la vita umana senza aver figli . Quelli che mancano a questo dovere son puniti dai damoni dopo la morte. Ecco qual a la pena: l’anima di chi a senza figli a condannata ad entrare in un corpo che non a né maschio né femmina, condizione orribile sotto il sole.

Perciò, o Asclepio, non invidiare la sorte di quelli che non hanno figli , ma compiangi la loro disgrazia, pensando all’espiazione che li attende.

Questi sono , o Asclepio, i primi elementi della conoscenza della natura di tutte le cose . DISCORSO SACRO DI ERMETE TRIMEGISTO

Gloria di tutte le cose, Dio, il divino e la natura divina. Principe degli esseri , Dio, l’Intelligenza, la

natura e la materia; la saggezza manifesta l’universo di cui il divino a il principio, la natura, l’energia, la necessità, la fine e la rinascita.

C’erano sull’abisso tenebre senza limiti e l’acqua e uno spirito sottile e intelligente contenuto nel

caos dalla potenza divina. Allora scaturì la luce santa e, disotto la sabbia, gli elementi uscirono dalla sostanza umida e tutti gli Dei distribuirono la natura feconda. Essendo tutto in confusione e

in disordine, gli elementi leggeri s’inalzarono e i più pesanti furono messi , come fondamento, sotto la sabbia umida, essendo tutte le cose divise dal fuoco e sospese per essere sollevate dallo

spirito. E il cielo apparve in sette cerchi , e gli Dei si manifestarono in forma di astri con tutti i loro

caratteri , e gli astri furono enumerati con tutti gli Dei che sono in essi .

E l’aria avvolse il cerchio esterno, sorretto, nella sua corsa circolare, dallo spirito divino, e ciascun

Dio, secondo il suo potere, compì l’opera che gli era stata assegnata. E nacquero i quadrupedi e

i rettili e le bestie acquatiche e le bestie alata e tutti i semi fecondi e la verdura e ogni fiore, aventi

in sé una semenza di rigenerazione.

Ed essi seminarono così le generazioni umane perché queste conoscessero le opere divine e testimoniassero dell’energia della natura, e la moltitudine degli uomini perché regnassero su tutto

ciò che a sotto il cielo e conoscessero il bene e crescessero in grandezza e moltiplicassero in

moltitudine, ed ogni anima avviluppata dalla carne per la corsa degli Dei circolari , perché contemplasse il cielo, la corsa degli Dei celesti , le opere divine e l’energie della natura, e perché

distinguesse i beni , perché conoscesse la potenza divina, perché imparasse a distinguere il bene dal male, e scoprisse tutte le arti utili . La loro vita e la loro saggezza son regolate, fin dall’origine, dalla corsa degli Dei circolari e si risolvono in essi .

E vi saranno delle grandi e memorabili opere sulla terra, lasciando la distruzione nella

rinnovazione dei tempi . Ed ogni generazione di carne animata e di semi di frutta e tutte le opere

mortali saranno rinnovate dalla necessità e dal rinnovamento degli Dei e dal cammino periodico e

regolare della natura. Giacché il divino a l’ordinamento del mondo e il suo rinnovamento naturale;

e la natura a stabilita dal divino.

ERMETE TRIMEGISTO A SUO FIGLIO TAT:

DISCORSO DEL CRATERE O DELLA MONADE

Ermete : L’Artefice ha fatto il mondo non con le sue mani , ma con la sua parola. Bisogna che tu

te lo immagini come presente e sempre esistente, come l’autore di tutto, l’unico e il solo, che ha

creato gli esseri con la sua volontà. Il suo corpo non è tengibile né visibile, né misurabile, né esteso, né simile ad alcun altro corpo. Non è né fuoco, né acqua, né aria, né soffio, ma tutto viene da lui . Essendo buono egli ha voluto creare il mondo per sé e adornare la terra. Come ornamento del corpo divino, vi ha posto l’uomo, animale immortale e mortale. L’uomo si solleva

sugli altri animali per la ragione e l’intelligenza: egli contemplò le opere di Dio, le ammirò e ne conobbe l’autore.

Dio ha fornito la ragione a tutti gli uomini , o Tat, ma non l’intelligenza; non perché ne abbia invidia per qualcuno, giacché l’invidia non gli appartiene: essa nasce nelle anime degli uomini che

non hanno intelligenza.

Tat : Perché dunque, o padre, Iddio non ha distribuito l’intelligenza a tutti?

Erm : Egli ha voluto, figlio mio, metterla nel mezzo delle anime come premio da conquistarsi . Tat : E dove l’ha messa?

Erm : Ne ha riempito un grande cratere e l’ha fatto portare da un banditore, ordinandogli di gridare ai cuori degli uomini : << Battezzatevi , se lo potete, nel cratere, o voi che credete di tornare a colui che l’ha mandato, voi che sapete il fine della vostra vita ! >> E quelli che compresero questo appello e furono battezzati nell’Intelligenza, quelli possederono la Gnosi e diventarono gl’iniziati dell’Intelligenza, gli uomini perfetti , ed ebbero l’Intelligenza mentre gli altri

ignorano perché e da chi siano stati creati .

Le loro sensazioni rassomigliano a quelle degli animali irragionevoli . Formati unicamente di passioni e di desideri , essi non ammirano ciò che è degno d’esser contemplato: essi si danno ai

piaceri ed agli appetiti del corpo, e credono che questo sia il fine dell’uomo.

Ma quelli che hanno ricevuto i doni di Dio, quelli , o Tat, a considerare le loro opere, sono immortali e non più mortali . Essi abbracciano con l’intelligenza ciò che esiste sulla terra e nel cielo e ciò che può esserci sopra ad esso. All’altezza dove son pervenuti , essi contemplano il bene, e questo spettacolo fa loro considerare come una disgrazia il soggiorno di quaggiù ; e, disprezzando tutte le cose corporee, essi aspirano verso l’Uno e il Solo.

Questa è, o Tat, la scienza dell’Intelligenza: contemplare le cose divine e comprendere Iddio poiché divino è il cratere.

Tat : Anch’io voglio esservi battezzato, o padre.

Erm : Se tu non cominci con l’odiare il tuo corpo, o figlio mio, tu non puoi amare te stesso; quando amerai te stesso avrai l’intelligenza, e allora otterrai anche la scienza.

Tat : Che cosa vuoi dire, o padre ?

Erm : E’ impossibile, figlio, d’attaccarsi , nello stesso tempo, alle cose mortali e alle divine. Gli esseri sono di due specie: corporei e incorporei , e in essi si distingue il mortale e il divino: la scelta dell’uno o dell’altro è lasciata alla volontà. Poiché non ci si può attaccare a tutti e due insieme.

Quando si è fatta la scelta, quello che si abbandona manifesta l’energia dell’altro. E la scelta del

meglio non solo riesce ottima per chi sceglie, rendendo l’uomo Dio, ma anche mostra maggiormente la pietà verso Dio.

La scelta del peggio è la rovina dell’uomo, però senza far torto a Dio, ma come quelle processioni che, non essendo capaci di far nulla, impediscono il traffico per le strade, così quelli passano attraverso il mondo trattenuti dai piaceri del corpo.

E poiché, o Tat, il bene che viene da Dio lo abbiamo o lo avremo, noi non dobbiamo far altro che

prenderlo senza indugio. Il male poi non viene da Dio, ma da noi stessi che lo preferiamo al bene. Tu vedi , figlio mio, per quanti corpi , per quanti cori di dèmoni e rivoluzioni di astri dobbiamo passare per giungere fino a Dio, solo e unico. Il bene non può passare ed è infinito e

senza limiti e, per la sua stessa natura, non ha principio, benché, per noi , sembri averne uno che

a la Gnosi . Ma la Gnosi non a precisamente il principio del bene, ma a per noi , un mezzo per arrivare al bene. Prendiamolo dunque come una guida e noi avanzeremo attraverso gli ostacoli .

E’ difficile abbandonare le cose presenti e solite per tornare alle antiche. Poiché le apparenze ci seducono, ma noi ci rifiutiamo di credere all’invisibile. Le cose cattive sono più evidenti ; il bene a

invisibile agli occhi poiché non ha né forma né figura: a simile a sé stesso e differente da tutto il

resto; a impossibile che l’incorporeo si manifesti mediante il corpo.

Ecco la differenza tra il simile e il dissimile e l’inferiorità dei dissimile rispetto al simile.

L’unità, principio e radice d’ogni cosa, esiste in tutti come principio e radice. Non c’a nulla senza

principio: il principio non deriva da altri che da sé stesso giacché tutto deriva da lui . Ed a il principio di sé stesso, non avendo altri principii .

La monade ( l’unità ), che a il principio, contiene tutti i numeri e non a contenuta da alcuno; li genera tutti e non ne a generata. Tutto quello che a generato a imperfetto, divisibile, suscettibile

d’aumento o di diminuzione.

Il perfetto non ha nessuno di questi caratteri . Ciò che si può accrescere, s’accresce per la monade, e perisce per la sua debolezza quando non può più ricevere la monade.

Ecco, o Tat, l’immagine di Dio come possiamo rappresentarcela : se tu la contempli attentemente e la comprendi con gli occhi del cuore, credimi , figlio, tu troverai la via dell’ascensione: o piuttosto, questa immagine stessa ti condurrà, giacché questa a la virtù della

contemplazione: incatena e attira coloro che sono giunti a essa come dicono che la calamita attiri

il ferro.

ERMETE TRIMEGISTO A SUO FIGLIO TAT:

IL DIO INVISIBILE E’ VISIBILISSIMO

E anche questo discorso io t’indirizzo, o Tat, affinché non ti sia ignoto il nome del Dio superiore.

Tu comprendilo, e quello che sembra invisibile ai più sarà per te assai appariscente, poiché, se fosse invisibile, non sarebbe lui . Ogni apparenza a creata perché manifestata: ma l’invisibile esiste sempre senza aver bisogno di manifestazioni . Egli esiste sempre e rende visibili tutte le cose. Invisibile, perché eterno, egli fa tutto apparire senza mai mostrarsi . Increato, manifesta ogni cosa nell’apparenza la quale appartiene alle cose generate e non a altro che la nascita. Colui che solo a increato a, dunque, per questo, irrivelato e invisibile, ma, nel manifestare tutte le

cose, egli si rivela in esse e mediante esse, soprattutto a quelli cui vuol manifestarsi . Perciò, o figlio mio Tat, prega il Signore e il Padre, il solo, l’unico donde a nato l’Unico, perché egli ti sia propizio e tu possa comprenderlo. Bisogna perciò che uno dei suoi raggi illumini il tuo pensiero. Il

pensiero solo vede l’invisibile, poiché a, di per sé stesso, invisibile. Se tu puoi , lo vedrai con gli occhi dell’Intelligenza, o Tat, poiché il Signore non a avaro, ma si rivela nell’intero universo. Tu puoi comprenderlo, vederlo, toccarlo con mano e contemplare la sua immagine. Ma come potrà manifestarsi ai tuoi occhi se ciò che a in te a invisibile per te stesso? Se tu vuoi vederlo, pensa al sole, pensa al corso della luna, pensa all’ordine degli astri . Chi mantiene quest’ordine?

Poiché ogni ordine a determinato dal numero e dal luogo. Il sole a il più gran Dio del cielo e tutti

gli Dei celesti gli sono inferiori come a un capo e a un re. E quest’astro, più grande della terra e

del mare, fa roteare sopra a sé astri molto più piccoli . Ora quale rispetto, quale timore l’obbliga,

o figlio mio?

I corsi di tutti questi astri nel cielo son differenti e diseguali : chi ha dato a ciascuno di loro la

direzione e la lunghezza del corso? L’Orsa gira su sé stessa e trascina con sé l’universo: chi se ne serve come d’un istrumento? Chi ha dato al mare i suoi limiti , chi ha posto le fondamenta alla

terra? C’è dunque, o Tat, un creatore e un padrone di tutto quest’universo poiché sarebbe impossibile che il posto, il numero, la misura si conservassero senza un creatore. L’ordine non si

può fare senza un luogo e una misura: c’è dunque bisogno d’una guida, figlio mio. Il disordine ne

ha bisogno per giungere all’ordine: esso obbedisce a colui che non l’ha ancora ordinato. Se tu potessi aver le ali , volare nell’aria e ly, tra cielo e terra, vedere la solidity di questa, la fluidity dei mari , i corsi dei fiumi , la leggerezza dell’aria, la sottigliezza del fuoco, il corso degli astri e il movimento del cielo che li avvolge, o figlio mio, che magnifico spettacolo osserveresti ?

Vedresti , in un istante, l’immobile muoversi e l’invisibile apparire per ciò che costituisce l’ordine

del mondo ed il mondo dell’ordine.

Se tu vuoi contemplare il Creatore anche nelle cose mortali , in ciò che è sulla terra o negli abissi

, ripensa, o figlio mio, alla generazione dell’uomo nell’utero di sua madre: esamina con attenzione

l’arte dell’artefice e impara quindi a conoscere l’autore di questa bella e divina immagine. Chi ha

fatto rotondi gli occhi ? Chi ha forato le narici e le orecchie ? Chi ha aperto la bocca? Chi ha tesi ed intrecciati i nervi ? Chi ha formato i canali delle vene? Chi ha fatto dure le ossa? Chi ha ricoperto la carne di pelle? Chi ha separato le dita e le membra? Chi ha formato la base dei piedi

? Chi ha forato i pori ? Chi ha steso la milza? Chi ha dato al cuore la forma di piramide? Chi ha dilatato i fianchi ? Chi ha allargato il fegato? Chi ha formato le caverne dei polmoni , la cavity del

ventre? Chi ha messo in mostra le parti oneste e nascoste le altre?

Vedi quant’arte su di una sola materia, che lavoro su di una sola opera, dappertutto bellezza, proporzione, variety.

Chi ha fatto tutte queste cose? Quale madre, qual padre se non l’unico e invisibile Iddio che ha tutto creato con la sua volonty?

Nessuno pretende che una statua o un quadro possano esistere senza uno scultore o un pittore,

e questa creazione non avrebbe dunque un creatore?

O cecity, empiety, ignoranza ! Ma tu, o figlio Tat, guyrdati bene dal credere l’opera priva dell’artefice: dy piuttosto a Dio il nome che più gli conviene, chiamalo padre di tutte le cose perché egli è l’unico e la sua funzione è quella di esser padre; e se vuoi che io adoperi un’espressione ardita , ti dirò che la sua essenza è quella di esser gravido e di creare. E siccome

nulla può esistere senza creatore, così egli stesso non esisterebbe se non creasse continuamente, nell’aria, sulla terra, negli abissi e in ogni parte dell’universo e in ciò che non esiste. Poiché nulla c’è nel mondo che non sia lui: egli è quello che esiste e quello che non esiste: quello che esiste lo ha manifestato, quello che non esiste lo tiene in sé stesso.

Tale è il Dio superiore al suo nome, invisibile e visibilissimo; che si rivela allo spirito, che si rivela

agli occhi , che non ha corpo ed ha molti corpi , p meglio, tutti i corpi poiché non v’è cosa che non

sia lui e tutto è lui solo. Ed ha tutti i nomi perché è il padre unico e non ha alcun nome perché è il

padre di tutto. Che si può dire di te, che si può dire a te? Dove poserò i miei sguardi per benedirti

: in alto, in basso, di dentro, di fuori ? Non c’è via, non c’è posto che sia intorno a te; non esistono

altri esseri : tutto è in te, tutto viene da te; tu dyi tutto e non ricevi nulla poiché tu possiedi

tutto e

non v’a cosa che non ti appartenga .

Quando ti loderò, o padre mio?

Giacché non si può comprendere né il tuo tempo né la tua ora. E per che cosa ti loderò? Per quello che hai creato o per quello che non hai creato? Per ciò che riveli o per ciò che nascondi ? E perché ti loderò? Come se tu m’appartenessi ed io avessi qualche parte di te o come se fossi un altro?

Perché tu sei tutto quello che io posso essere, tu sei tutto quello che io posso fare, tu sei tutto quello che io posso dire, poiché tu sei tutto e nulla c’a che tu non sia ! Tu sei quello che a nato e

quello che non a nato, l’intelligenza pensante, il Padre creatore, il Dio agente, il bene e l’autore di

ogni cosa. La parte più sottile della materia a l’aria, dell’aria l’anima, dell’anima l’intelligenza, dell’intelligenza Dio.

IL BENE E’ SOLO IN DIO E NON ALTROVE

Il bene, o Asclepio, non a in nessun’altra aprte fuorché in Dio o, piuttosto, il Bene a sempre lo stesso Dio. Se a così , deve essere un’essenza immutabile, increata, presente dapertutto, avente

in sé un’attivtà stabile perfetta, compiuta e inesauribile. L’unità a il principio di tutto il bene, a la

sorgente di tutto. Quando dico << bene >> intendo ciò che a interamente e sempre buono. Ora

questo bene perfetto non si trova che in Dio poiché non v’a nulla che a lui manchi e il desiderio non può renderlo cattivo; non v’a nulla che egli possa perdere e non può quindi affliggerlo la perdita; il dolore a una parte del male. Non v’a cosa più forte di lui e che possa vincerlo; non v’a

cosa eguale a lui che possa nuocergli o inspirargli un desiderio. Nulla c’a che possa, disobbedendogli , eccitare la sua collera, e nulla di più saggio che egli possa invidiare.

Essendo tutto ciò estraneo alla sua essenza, che colpa resterà a lui se non il solo bene?

E siccome in questa essenza non c’a nulla di cattivo, il bene non può trovarsi in nessun altro. La

diversità esiste in tutti gli esseri particolari , piccoli o grandi , ed anche tra il più grande e il più forte di tutti gli esseri viventi .

Gli esseri generati sono pieni di passioni e la nascita stessa a una passione.

Ora dove c’a passione non esiste il bene e là dove a il bene non c’a passione, allo stesso modo che il giorno non a la notte e la notte non a il giorno. Il bene non può dunque esistere nella creazione, ma soltanto nell’increato. E come tutte le cose partecipano della materia, così pure partecipano del bene: in questo senso il mondo a buono perché produce degli esseri possibili . Nell’uomo, quando si tratta del bene, si fa per comparazione col male; quaggiù tutto quello che non a cattivo, a buono, e il bene a una particella del male. Ma il bene non può essere interamente privo del male quaggiù; si altera per la mescolanza con esso, e allora cessa di essere il bene e diventa il male.

Il bene esiste dunque in Dio soltanto, ossia Dio a il bene. Tra gli uomini , o Asclepio, il bene non

esiste che di nome, ma non di fatto perché sarebbe impossibile. Il bene a incompatibile con un corpo materiale circondato d’ogni parte dal male, dal dolore, dai desideri , dagli errori , dalle false

opinioni . Ma il peggio di tutto, o Asclepio, a che si ritenga quaggiù come bene ciascuno dei mali

che bisognerebbe evitare, ed il massimo: gli eccessi del ventre, l’errore che si trascina dietro tutti

i mali e che ci allontana dal bene.

In quanto a me, io ringrazio Iddio perché ha messo nel mio intelletto la conoscenza del bene, poiché il bene di per sé stesso non può esistere nel mondo essendo questo pieno d’ogni male. Iddio invece a la plenitudine del bene o il bene a la plenitudine di Dio. L’eccellenza del bello sfolgora attorno a questa essenza ed a forse là che appare nella sua forma più trasparente e più

pura e quasi essenza del bene. Non temiamo di dirlo, o Asclepio; l’essenza di Dio – se Dio ha un’essenza – a la bellezza. E il bello a anche buono. Il bene poi non può trovarsi nel mondo: tutti

gli oggetti visibili non sono che immagini e ombre. Il bene e il bello bisogna cercarli oltre a ciò che

cade sotto i nostri sensi , e l’occhio non può vederli perché non può scorgere Iddio: essi sono le

parti integranti di Dio, i caratteri propri , inseparabili ed assai desiderabili che egli ama e dai quali

a amato.

Se tu puoi comprendere Iddio, tu comprenderai il bene e il bello, il fulgidissimo saggio divino, l’incomparabile bellezza, il bene senza pari , come Dio stesso. Quando tu comprendi Iddio, comprendi pure il bello e il bene: essi non sono comunicabili agli altri animali perché non possono separarsi da Dio.

Quando tu cerchi Iddio, cerchi la bellezza. Una sola a la via che vi ci conduce: la pietà unita alla

Gnosi . Gli ignoranti , quelli che non vanno per la via della pietà, osano chiamar l’uomo bello e buono; lui che non ha visto neppure in sogno ciò che sia il bene e che a circondato da tutte le parti del male e che ritiene il male come bene e se ne nutre senza mai saziarsi , ne teme la perdita e si sforza non solo di conservarlo, ma di accrescerlo. Queste cose, che gli uomini trovano buone e belle, o Asclepio , noi non possiamo né evitare né odiare, poiché quello che c’a

di più duro a che noi ne abbiamo bisogno e che non potremmo vivere senza di esse.

IL PIU’ GRAN MALE PER GLI UOMINI

E’ LA IGNORANZA DI DIO

Dove correte, o uomini ubriachi , voi che avete bevuto il vino dell’ignoranza e non potete sopportarlo e già lo rigettate?

Diventate sobri e aprite gli occhi del vostro cuore, se non tutti voi , almeno quelli che possono. Giacché il flagello dell’ignoranza inonda tutta la terra, corrompe l’anima rinchiusa nel corpo e le impedisce di entrare nel porto della salvezza. Non vi lasciate trascinare dalla grande corrente: tornate, se potete, al porto della salvezza ! Cercate un pilota che vi conduca verso le porte della

Gnosi dove brilla la sfolgorante luce, pura di tenebre, dove nessuno s’inebria, dove tutti son sobrii

e girano gli occhi del cuore verso colui che vuol essere contemplato, il non-udibile, l’ineffabile, l’invisibile agli occhi , ma visibile all’intelligenza e al cuore.

Prima di tutto, bisogna che tu abbandoni questo vestimento che porti , tessuto d’ignoranza, sostegno di malvagità, catena di corruzione, viluppo tenebroso, morte vivente, cadavere sensibile, tomba che tu porti con te, ladro domestico, nemico nell’amore, geloso nell’odio. Tale a

il vestimento nemico che ti ricopre: ti attira in basso per timore che la visione della verità e del bene non ti faccia odiare la sua malvagità, scoprire le sue insidie che ti tende, rendendo oscuro per te quel che a chiaro, tuffandoti nella materia, ubriacandoti d’infami voluttà, affinché tu non possa intendere quel che devi intendere né vedere quello che devi vedere.

NULLA MUORE, MA I CAMBIAMENTI

SONO ERRONEAMENTE CHIAMATI

MORTE E DISSOLUZIONE

Dobbiamo ora parlare, o figlio mio, dell’anima e del corpo, dell’immortalità dell’anima, della costituzione del corpo e della sua decomposizione. Poiché la morte non esiste affatto: la parola << mortale>> a priva di senso, oppure, per la caduta della prima sillaba, si disse << mortale >>

invece di << immortale >> . La morte sarebbe la distruzione e nulla si distrugge nel mondo. Poiché il mondo a il secondo Dio, un animale immortale, nessuna parte d’un essere vivente e immortale può morire. Ora, tutto fa parte del mondo, soprattutto l’uomo che a animale ragionevole. Il primo essere a l’eterno, l’increato, il Dio creatore di tutte le cose. Il secondo a fatto

a sua immagine: a il mondo generato, conservato e nutrito e fatto da lui immortale come dal

proprio padre: a dunque sempre vivente essendo immortale. L’immortality differisce dall’eternity:

l’eterno non a generato da un altro; non s’a fatto da sé, ma si crea eternamente. Chi dice eterno,

dice universale. Il Padre a eterno di per sé: il mondo ha ricevuto dal Padre l’eternity e l’immortality.

Con tutta la materia che aveva in suo potere, il Padre fece il corpo dell’universo: gli diede forma

sferica: ne fissò gli attributi e lo rese immortale ed eternamente materiale. Possedendo tutte le forme, il padre sparse i suoi attributi nella sfera e ve li chiuse come in una caverna volendo ornare la sua creazione con tutte le quality. E fece immortale il corpo dell’universo perché la materia, volendo dissolversi , non tornasse nel disordine che le a naturale. Poiché quand’era priva di corpo, la materia era disordinata. E ne conserva anche quaggiù una debole traccia nella

facolty di aumentare e diminuire che gli uomini chiamano << morte >> .

Questo disordine non si produce che negli animali terrestri; i corpi celesti seguono l’ordine unico

che hanno avuto dal Padre fin dal principio e che si conserva indissolubile per la reintegrazione di

ciascuno di loro. La reintegrazione mantiene i corpi terrestri : la loro dissoluzione li restituisce ai

corpi indissolubili cioa immortali , cosicché c’a privazione di sensazioni e non distruzione dei corpi

.

Il terzo animale a l’uomo, fatto ad immagine del mondo: e, per la volonty del Padre, possiede in

più degli altri animali terrestri l’intelligenza; a in rapporto, mediante la sensazione, col secondo Dio, mediante il pensiero col primo, e vede l’uno come corporeo, l’altro come l’essere incorporeo,

l’intelligenza del bene.

Tat : Quest’animale non muore dunque?

Erm. : Parla bene, figlio mio, e comprendi chi a Dio, il mondo, l’animale immortale, l’animale soggetto a dissoluzione, e comprendi che il mondo viene da Dio ed a in Dio, che l’uomo viene dal

mondo ed a nel mondo. Il principio, il contenuto, la costituzione di tutte le cose a Dio. PENSIERO E SENSAZIONE.

IL BELLO E IL BENE SONO IN DIO

SOLO E NON ALTROVE

Ieri , o Asclepio, io t’indirizzai un discorso d’iniziazione: ora credo necessario farlo seguire da un

altro, e parlare della sensazione.

Sembra esistere tra sensazione e pensiero questa differenza: cioa l’una sia materiale,l’altro essenziale; a me pare che ambedue siano uniti e indivisibili . Presso gli altri animali la sensazione, presso l’uomo il pensiero a unito con la natura. Il pensiero differisce da Dio: la divinity nasce da Dio, il pensiero nasce dall’intelligenza: esso a fratello della parola e l’uno serve

di strumento all’altra poiché non c’a parola senza pensiero né pensiero senza parola. La sensazione e il pensiero hanno dunque, nell’uomo, un’influenza reciproca e sono indissolubilmente uniti . Non vi sono pensieri possibili senza la sensazione né sensazioni senza pensiero.

Si può tuttavia supporre un pensiero senza sensazione come, per esempio, le immagini fantastiche che si vedono in sogno, ma mi sembra che le due azioni si producano nel sogno e che la sensazione eccitata passi dal sogno allo stato di veglia. L’uomo a composto di corpo e di anima: quando le due parti della sensazione son d’accordo, allora si esprime il pensiero concepito dall’intelligenza. Poiché l’intelligenza concepisce tutti i pensieri : quelli buoni quando a

fecondata da Dio, quelli cattivi quando si trova sotto qualche influenza demoniaca, – poiché nessuna parte del mondo a priva di damone: parlo del damone separato da Dio, quello cioa

che

entra in noi e semina il germe della sua energia, e l’intelligenza, ricevendo questo

germe,concepisce gli adulteri , gli omicidi , i parricidi , i sacrilegi , le empietà, le oppressioni , le

cadute nei precipizi e tutte le altre opere dei damoni cattivi .

Le semenze di Dio, poche, ma grandi , belle e buone, sono la virtù, la temperanza e la pietà . La

pietà a la conoscenza di Dio : colui che la possiede a ripieno di tutti i beni , concepisce pensieri divini e diversi da quelli della moltitudine . Perciò quelli che hanno la Gnosi non piacciono alla folla e questa non piace loro. Son creduti insensati , si ride di loro, sono odiati e disprezzati : possono anche esser condannati a morte, poiché, l’abbiamo detto, bisogna che la malvagità abiti

quaggiù : a il suo posto. La terra a il suo soggiorno e non il mondo, come dicono alcuni bestemmiatori .

Ma l’uomo pio a sopra a tutti perché possiede la Gnosi . Tutto a buono per lui , anche ciò che per

gli altri sarebbe cattivo.

Le sue meditazioni riconducono tutto alla Gnosi e – cosa meravigliosa – egli solo cambia il male in

bene .

Ma torno al mio discorso sulla sensazione . L’unione intima della sensazione col pensiero a il carattere dell’uomo. Non tutti gli uomini , come ho detto, godono dell’intelligenza : alcuni sono materiali , altri essenziali . I malvagi sono materiali e ricevono dai damoni la semenza dei loro pensieri ; quelli che sono uniti in essenza col bene sono salvati da Dio.

Il quale a il creatore di tutte le cose e fa tutte le sue creazioni simili a sé, ma le sue creazioni buone sono sterili nell’atto.

Il movimento del mondo fa nascere prodotti diversi , alcuni soggetti al male , altri purificati dal bene. E il mondo, o Asclepio, possiede una sensazione e un pensiero, non però simile a quello dell’uomo né così vario, ma superiore e più semplice, poiché la sensazione e il pensiero del mondo a unico: creare tutte le cose e farle rientrare in sé; strumento della volontà di Dio, il suo

ufficio a quello di ricevere le semenze divine, di conservarle, di produrre tutte le cose, di distruggerle e rinnovarle. Come un buon lavoratore della vita, esso rinnova i suoi prodotti , trasformandoli , e genera ogni vita e porta tutti gli esseri viventi , ed a insieme il luogo e l’artefice

della vita. I corpi differiscono tra loro quanto materia: alcuni son formati di terra, altri d’acqua, altri

d’aria e altri di fuoco: tutti sono composti , ma alcuni di più, altri di meno: i primi sono più pensanti

, i secondi più leggeri . La rapidità del movimento del mondo produce la varietà dei generi : la sua

frequente respirazione stende sui corpi degli attributi molteplici insieme con la plenitudine uniforme della vita. Dio a dunque il padre del mondo; il mondo a il padre di ciò che contiene ; il

mondo a il figlio di Dio; quello che a sul mondo gli a sottomesso. Ed a ragione il mondo a detto Cosmo perché esso adorna tutto con la varietà delle specie, con la necessità del movimento, con

la combinazione degli elementi e con l’ordine delle creazioni . E’ dunque necessario e giusto chiamarlo Cosmo.

In tutti gli animali la sensazione e il pensiero vengono dal di fuori , dall’ambiente; il mondo l’ha ricevuto da Dio una volta per sempre, alla sua nascita .

Dio non a privo di sensazione e di pensiero, come credono alcuni ; a questa una bestemmia della

superstizione . Tutto quel che esiste, o Asclepio, a in Dio, prodotto da lui e dipendente da lui : tutto ciò che fa per mezzo dei corpi , ciò che muove per mezzo dell’essenza anumata, ciò che vivifica mediante lo spirito, ciò che serve di ricettacolo alle creazioni mortali . Ed io non dico soltanto che egli contiene tutto, ma che veramente egli a Tutto. Egli non trae nulla dal difuori ,

fa

tutto scaturire da sé stesso.

E questa a la sensazione e il pensiero di Dio: il movimento eterno dell’universo; mai , in

nessun

tempo, perirà una parte d’un essere qualsiasi , e quando dico d’un essere dico di Dio, giacché

Dio contiene tutti gli esseri : nulla a fuori di lui ed egli non a fuori di nulla.

Queste cose, o Asclepio, son vere per coloro che le comprendono, ma incredibili per

gl’ignoranti

poiché intelligenza a fede: non credere vuol dire non comprendere. La mia parola tocca la

verità;

l’intelligenza a grande e può, quando le si mostri la via, giungere alla verità . Quando

l’intelligenza

medita su tutte le cose trovandole d’accordo con le interpretazioni della parola, essa crede e si

riposa in questa fortunata fede . Quelli che comprendono le parole divine credono, e quelli che

non le comprendono non credono.

Ecco quanto io dovevo dirti sul pensiero e sulla sensazione .

ERMETE TRIMEGISTO

A SUO FIGLIO TAT: LA CHIAVE

Ermete : Io t’ho indirizzato il mio discorso ieri , o Asclepio; a giusto che oggi io l’indirizzi a Tat,

tanto più che esso a il riassunto dei concetti generali che gli ho esposto. Iddio, il Padre e il Bene,

o Tat, hanno una stessa natura o, piuttosto, una stessa energia. Perché la parola << natura >> (

fysis ) significa anche crescenza e si applica alle cose cangianti o permanenti , mobili o immobili ,

cioa divine o umane , creazioni di Dio. In altro luogo a l’energia, come sappiamo che esiste in altre cose divine e umane: queste cose bisogna comprendere.

L’energia di Dio a la volontà: la sua essenza a di volere che l’universo sia, poiché Dio, il Padre e il

Bene, non a altro che l’esistenza di ciò che non ancora esiste. In questa esistenza degli esseri, ecco, tu vedi Iddio, il Padre, il Bene; non altro. Il mondo o il sole, padre di ciò che partecipa all’essere, non a tuttavia per i viventi la causa del bene e della vita; e così a, la sua azione a l’effetto necessario della volontà del bene, senza di che nulla potrebbe esistere né divenire. Il padre a la causa dei suoi figli, dells loro nascita, del loro nutrimento e prende per mezzo del sole

il desiderio del bene, poiché il bene a il principio creatore. Nessun altro, ma lui solo, può avere questo carattere di non ricevere nulla e di voler l’esistenza di tutte le cose. Non dico, o Tat, di tutto produrre, poiché l’azione creatrice manca per molto tempo: ora essa crea, ora non crea; varia in qualità e in quantità; a volte produce tali e tali cose, a volte i loro contrari . Ma Dio a il Padre e il Bene poiché a l’esistenza universale: così egli si può considerare. Ecco quello che vuol

essere e che a: egli ha il fine di sé stesso ed a il fine di tutto il resto.

Il carattere proprio del bene a quello di essere conosciuto: ecco il bene, o Tat.

Tat : Tu ci hai riempito, o padre, della visione del bene e del bello, e questa contemplazione ha quasi santificato l’occhio della mia intelligenza, poiché essa non a come i raggi del sole che abbagliano e fanno chiuder gli occhi : al contrario, la contemplazione del bene accresce tanto la

potenza dello sguardo che si diviene più adatti a ricevere i raggi dello splendore ideale . E’ una luce vivissima e penetrante, inoffensiva e piena d’immortalità.

Quelli che possono abbeverarsi maggiormente a tale spettacolo entrano spesso, abbandonando il corpo, nella visione felice come i nostri antenati Urano e Crono. Così sia anche per noi, o padre

!

Ermete : Iddio lo voglia, figlio mio. Ma, per ora, questa visione supera le nostre forze: gli occhi della nostra intelligenza non possono ancora contemplare la bellezza incorruttibile e incomprensibile del bene. Tu la vedrai quando non avrai nulla da dire di essa,poiché la Gnosi, la

contemplazione a il silenzio e il riposo di ogni sensazione. Colui che vi a giunto non può pensare

più ad altro né guardare né udir parlare e nemmeno muovere il suo corpo. Liberato da tutte le sensazioni del corpo e del moto, egli riposa: lo splendore che inonda tutto il suo pensiero e tutta

la sua anima, lo libera da legami del corpo e lo trasforma interamente nell’essenza di Dio. Poiché

l’anima umana può indiarsi, pur rimanendo nel corpo dell’uomo, quando ha contemplato la bellezza del bene.

Tat : Che cosa intendi per << indiarsi >>, o padre?

Erm. : Ogni anima parziale a soggetta a cambiamenti successivi.

Tat : Che cosa significa << parziale >> ?

Erm. : Non hai appreso nei concetti generali che dall’anima unica dell’universo escono fuori tutte

le anime che si spandono e son distribuite in tutti i luoghi del mondo? Queste anime attraversano

numerosi cambiamenti, felici o avversi.

Le anime dei rettili passano negli esseri acquatici, quelli degli acquatici passano negli animali terrestri, quelle dei terrestri nei volatili, quelle dei volatili negli uomini; le anime umane pervengono all’immortality passando nei damoni. Quindi esse entrano nel coro degli Dei immobili

- perché vi sono due cori di Dei: uno di Dei erranti e l’altro di Dei fissi – e questo a l’ultimo grado

dell’iniziazione gloriosa dell’anima. Ma quando l’anima, dopo di essere entrata in un corpo umano,resta cattiva, non gode l’immortality né partecipa del bene, ma torna indietro e ridiscende

verso i rettili. Questa a la punizione dell’anima cattiva, e male dell’anima a l’ignoranza. L’anima cieca, non conoscendo nulla degli esseri ,né la loro natura né il bene, a circondata dalle passioni

corporali e, sventurata, non conoscendo sé stessa, a asservita ai corpi stranieri e abietti : essa porta il fardello del corpo e, invece di comandare, obbedisce. Questo a il male dell’anima. Al contrario, la virtù dell’anima a la Gnosi, poiché colui che conosce a buono, pio e giy divino. Tat : – E chi a costui, o padre?

Erm. :- Chi non pronunzia né ascolta molte parole. Chi passa il proprio tempo a discutere, figlio

mio, lotta contro le ombre poiché Dio, il Padre, il Bene, non a discutibile né udibile. Gli esseri hanno sensazioni poiché non possono esistere senza di esse, ma la Gnosi differisce molto dalla sensazione. Questa a un’influenza che si subisce, la Gnosi invece a il fine della sapienza, e la sapienza a un dono di Dio. Poiché ogni sapienza a incorporea e si serve, come di uno strumento,

dell’intelligenza, come questa si serve del corpo. Così l’una e l’altra si servono di un corpo, sia intellettuale, sia materiale: poiché tutto deve risultare dall’opposizione del contrari, e non può essere diversamente.

Tat :- Qual a, dunque, questo Dio materiale?

Erm. :- Il mondo che a bello, ma non buono, giacché a materiale e passibile. Esso a il primo dei

passibili, ma il secondo degli esseri e non basta a sé stesso. Esso a nato, bencha sia sempre, e diviene continuamente. Il divenire a un cambiamento in quality e quantity: ogni movimento materiale a una nascita.

L’intelligenza ferma mette in moto la materia, ed ecco come: il mondo a una sfera cioa una testa:

al disopra della testa nulla a materiale come al disotto dei piedi nulla a spirituale, ma tutto materiale. L’intelligenza a sferica come la testa. Tutto ciò che tocca la membrana di questa testa,

dove a posta l’anima, a immortale, come avente un corpo circondato d’anima e più d’anima che

di corpo. Ma ciò che a lungi da questa membrana, ly dove c’a più corpo che anima, a mortale.

L’universo a un animale composto di materia e d’intelligenza. Il mondo a il primo animale vivente,

l’uomo a il secondo dopo il mondo, e il primo dei mortali a, come gli altri animali, animato. Non solo l’uomo non a buono, ma a cattivo, essendo mortale. Il mondo non a buono, essendo mobile; ma, essendo immortale, non a cattivo. L’uomo, a sua volta, mobile e mortale, a cattivo.

Ecco ora come a formata l’anima dell’uomo : l’intelligenza a nella ragione, la ragione a nell’anima,

l’anima a nello spirito, lo spirito a nel corpo. Lo spirito, penetrando per le vene, per le arterie e pel

sangue, fa muovere l’animale e lo porta, per così dire. Così alcuni hanno creduto che il sangue sia l’anima; ma questo vuol dire conoscere poco la natura e non sapere che lo spirito deve prima

ritornare nell’anima, e, quando il sangue si coagula, le vene e le arterie si vuotano e l’animale perisce.

Tale a la morte del corpo: tutto dipende da un solo principio e questo principio viene dall’unity, a

messo in moto, poi ritorna principio e, diventando unity, rimane fisso e immutabile.

Bisogna dunque considerare tre cose: prima Dio, il padre, il bene, poi il mondo e infine l’uomo. Dio contiene il mondo, il mondo contiene l’uomo.

Il mondo a il figlio di Dio, l’uomo a come il rampollo del mondo. Dio non ignora l’uomo, anzi lo conosce e vuol esser conosciuto da lui. La sola salvezza per l’uomo a la conoscenza di Dio; a la via dell’ascensione verso l’Olimpo; solo così l’anima diventa buona e un po’ cattiva, ma necessariamente buona.

Tat :- Che cosa vuoi dire, o Trimegisto?

Erm. :- Considera, figlio mio, l’anima del fanciullo: la sua separazione non a ancora avvenuta; il

suo corpo a piccolo e non ha avuto ancora un pieno sviluppo.

Tat :- Come?

Erm. :- Essa a bella a vedersi, non ancora contaminata dalle passioni del corpo, ancora quasi attaccata all’anima del mondo. Ma quando il corpo s’a sviluppato e contiene, nella sua mole, l’anima, allora avviene la separazione, si produce in essa l’oblìo e non partecipa più del bello e del bene. Quest’oblìo diventa il vizio.

La stessa cosa accade a quelle che escono dal corpo. L’anima rientra in sé stessa, lo spirito si ritira nel sangue, l’anima nello spirito. Ma l’intelligenza, purificata e liberata dai vincoli, divina per

sua natura, prendendo corpo di fuoco, percorre lo spazio, abbandonando l’anima al giudizio e alla punizione meritata.

Tat :- Che cosa vuoi dire, o padre? L’intelligenza si separa dall’anima e l’anima dallo spirito, poiché tu hai detto che l’anima era l’indumento dell’intelligenza e lo spirito l’indumento dell’anima.

Erm. :- Bisogna, figlio mio, che chi ascolta segua il pensiero di colui che parla e vi si associ ed abbia l’udito più acuto della voce. Questo sistema di indumenti esiste nei corpi terrestri. L’intelligenza tutta nuda non potrebbe stabilirsi in un corpo terrestre, e questo corpo passibile non

potrebbe contenere una tale immortality né portare una tale virtù. L’intelligenza prende l’anima

per suo vestito: l’anima, che pure a divina, si veste dello spirito e questo si spande nell’animale.

Quando poi l’intelligenza lascia il corpo terrestre, essa prende tosto la sua tunica di fuoco che non poteva portare quando abitava in questo corpo terrestre, poiché la terra non sopporta il fuoco, una sola scintilla del quale basterebbe per bruciarla. Ed a per questo che l’acqua circonda

la terra e ne forma una difesa che la protegge dalla fiamma del fuoco. Ma l’intelligenza, il più sottile dei pensieri divini, ha per corpo il più sottile degli elementi. Poiché l’intelligenza, essendo

creatrice di tutte le cose, si serve del fuoco come strumento per la sua creazione. L’intelligenza universale si serve di tutti gli elementi, quella dell’uomo si serve solo degli elementi terrestri.

Privata del fuoco, essa non può costruire opere divine, sottomessa com’a alle condizioni

dell’umanità.

Le anime umane, non tutte però, ma quelle pie, sono demoniache e divine. Una volta separata dal corpo, e dopo aver sostenuta la lotta della pietà che consiste nel conoscere Iddio e non danneggiare alcuno, una tale anima diviene tutta intelligenza. Ma l’anima empia resta nella sua essenza propria e si punisce da sé cercando un corpo terrestre per penetrarvi, un corpo umano,

poiché un altro corpo non può ricevere l’anima umana: essa non saprebbe cadere nel corpo d’un

animale irragionevole: una legge divina preserva l’anima umana da una simile ingiuria. Tat :- E come a punita, o padre, l’anima umana?

Erm. :- Vi a forse un castigo per essa più grande dell’empietà, o figlio mio? Vi a forse una fiamma

più devastatrice? E quale morso di belva può dilacerare il corpo come l’empietà dilacera l’anima?

Non vedi quello che soffre l’anima empia che grida e urla : << Io brucio, io ardo! Che dire, che fare, sventurata, in mezzo ai mali che mi divorano? Sfortunata, io non vedo niente, non intendo

niente! >> .

Ecco le grida dell’anima punita; ma essa non entra in corpi di bestie come credono i più e come tu pure credi, o figlio mio: questo a un gravissimo errore. Il castigo dell’anima a tutt’altro. Quando

l’intelligenza a diventata damone e, dietro gli ordini di Dio, ha preso un corpo di fuoco, essa entra

nell’anima empia e la flagella con la sferza dei suoi peccati. Da questi flagellata, l’anima empia si

precipita allora negli assassini, nelle ingiurie, nelle bestemmie, nelle violenze d’ogni specie e in tutte le malvagità umane.

Invece l’intelligenza, entrando nell’anima pia, la conduce alla luce della Gnosi . Un’anima simile non a mai sazia d’inni e di benedizioni per tutti gli uomini, e, facendo del bene con le parole e con

le opere, rassomiglia a suo padre. Bisogna dunque render grazie a Dio, figlio mio, e domandargli

una buona intelligenza.

L’anima cangia di condizione in meglio, ma non in peggio.C’a una comunione con le anime: quelle degli Dei comunicano con quelle degli uomini; queste con quelle degli animali . Le più forti

si prendono cura delle più deboli; gli Dei degli uomini, gli uomini degli animali irragionevoli, e Dio

di tutto, poiché egli sorpassa tutto ed ogni cosa gli a inferiore. Il mondo a sottomesso dunque a

Dio, l’uomo al mondo, gli animali all’uomo, e Dio a sopra a tutto e abbraccia tutto. Le energie sono quasi i raggi di Dio; i raggi del mondo sono le creazioni; i raggi dell’uomo sono le arti e le scienze. Le energie agiscono attraverso il mondo e sull’uomo mediante i raggi creatori; le creazioni agiscono mediante gli elementi, l’uomo mediante le arti e le scienze.

Questo a il regime universale, conseguenza di una sola natura e di una sola intelligenza. Poiché nulla a più divino e più potente dell’intelligenza né più valido ad unire gli Dei agli uomini e gli uomini agli Dei . Essa a il buon démone: l’anima fortunata ne a ripiena, l’anima infelice ne a priva.

Tat :- Che cosa vuoi dire, o padre?

Erm. :- Tu credi dunque, figlio mio, che ogni anima abbia una buona intelligenza? Poiché a di questa che io parlo e non di quella che a al servizio dell’anima – di cui prima abbiamo discorso – e

che serve di strumento alla giustizia. L’anima, senza intelligenza, non potrebbe né parlare né agire. Spesso l’intelligenza abbandona l’anima, e, in questo stato, l’anima non vede niente, non intende niente e somiglia a un animale irragionevole. Tale a il potere dell’intelligenza. Ma essa non sostiene l’anima viziosa e la lascia attaccata al corpo che la trascina in basso. Un’anima

simile, o figlio, non ha intelligenza e, in questa condizione, un uomo non può chiamarsi più un uomo. Poiché l’uomo a un animale divino che deve esser paragonato non agli altri animali terrestri, ma a quelli del cielo che son detti Dei. O piuttosto – se bisogna dire audacemente la verità – l’uomo vero a al disopra di essi o, per lo meno, loro uguale. Poiché nessun Dio celeste lascia la sua sfera per venire sulla terra, mentre l’uomo sale al cielo e lo misura, e sa con esattezza ciò che c’a in alto e ciò che c’a in basso, e per di più, non ha bisogno di lasciar la terra

per elevarsi, tale a la grandiosità della sua condizione.

Così osiamo dire che l’uomo a un Dio mortale e che un Dio celeste a un Uomo immortale. Cos’ tutte le cose son governate dal mondo e dall’uomo, e sopra a tutto c’a l’Uno.

ERMETE TRIMEGISTO A TAT:

DELL’INTELLIGENZA COMUNE

L’Intelligenza, o Tat, appartiene all’essenza stessa di Dio, se pure Dio ha un’esssenza, ciò che lui

solo può sapere esattamente. L’Intelligenza non a dunque separata dalla natura di Dio: essa le a

unita come luce al sole. Questa intelligenza a il Dio che a in noi: a per questo che alcuni uomini sono Dei e che la loro umanità a vicina alla divinità. Il buon damone disse che gli Dei sono uomini

immortali e che gli uomini sono Dei mortali. Negli animali irragionevoli l’intelligenza a la natura,

poiché dove c’a anima c’a intelligenza, allo stesso modo che dove c’a la vita c’a pure un’anima.

Ma negli animali irragionevoli l’anima a una vita priva d’intelligenza. L’intelligenza a la guida benefica delle anime umane: essa la conduce verso il loro bene. Presso gli animali, essa agisce nel senso della loro natura; presso l’uomo, in senso contrario.

Poiché, da quando l’anima penetra nel corpo, a vivificata dal dolore e dal piacere che sono come

effluvii emananti dal corpo e dove l’anima discende e vi si tuffa.

L’Intelligenza, scoprendo il suo splendore alle anime che governa, lotta contro le loro tendenze, allo stesso modo che un buon medico usa il fuoco e il ferro per combattere le malattie e risanare

il corpo. E’ così che l’intelligenza afflige l’anima, togliendola dal piacere che a la sorgente di tutte

le sue malattie. La gran malattia dell’anima a l’allontanamento da Dio; a l’errore che trascina tutti i

mali senza alcun bene. L’intelligenza la combatte e riavvicina l’anima a Dio, come il medico rende

la salute ai corpi.

Le anime umane, che non hanno l’intelligenza per guida, sono nello stesso stato degli animali irragionevoli . L’intelligenza le abbandona alle passioni che le trascinano con l’esca del desiderio

verso l’irragionevole, come l’istinto irriflessivo degli animali. Le loro collere e i loro appetiti, egualmente ciechi, le stringono verso il male senza che esse siano mai sazie.

Contro questo straripare del male, Dio ha posto una diga, un freno che a la Legge.

Tat : Questo, padre mio, sembra contraddire quello che tu mi hai detto prima, parlando del destino. Se questi o quegli a fatalmente destinato a commettere un adulterio, un sacrilegio o qualche altro delitto, perché a punito una volta che agisce per necessità fatale?

Erm.: Tutto a sottomesso al destino, o figlio mio, e nelle cose corporee nulla accade al difuori di

esso, né di bene né di male. E’ fatale che colui che ha mal fatto sia punito; ed egli agisce per subire la punizione del suo atto. Ma lasciamo la questione del male e del destino che abbiamo trattato altrove. Noi parliamo ora dell’intelligenza, della sua potenza, dei suoi effetti, differenti nell’uomo e negli altri animali irragionevoli sui quali la sua azione benefica non si esercita, mentre

che nell’uomo essa smorza le passioni e i desideri. Ma, tra gli uomini, bisogna distinguere i ragionevoli dagli irragionevoli. Tutti gli uomini ,son sottomessi al destino, nella generazione e nella trasformazione che sono il principio e la fine del destino; e tutti gli uomini sopportano

quello

che a loro destinato. Ma i ragionevoli che sono – come abbiamo detto – guidati dall’intelligenza, non soffrono quello che soffrono gli altri: essi sono estranei al male e, non essendo cattivi, non soffrono il male.

Tat : Che vuoi dire, o padre? L’adultero non a cattivo, l’assassino non a cattivo, e gli altri non sono cattivi?

Erm.: Ma il saggio, o figlio, non avendo commesso adulterio, soffriry, ma [non] come assassino.

E’ impossibile sfuggire alle condizioni del cangiamento come a quelle della nascita, ma colui che

ha l’intelligenza può evitare il vizio. Così, o figlio mio, io ho spesso udito dire da un buon Damone; e se egli avesse scritto avrebbe reso gran servigio agli uomini, poiché lui solo, figlio mio, come il Dio primo nato, sapeva tutto e pronunciava le parole divine. Egli diceva dunque che

tutto a uno e soprattutto i corpi intelligibili; che noi viviamo in potenza, in atto e in eternity. Così la

buona intelligenza [ rassomiglia ] alla propria anima. Così essendo, nulla a separato dagli

intelligibili; così l’intelligenza, principio di tutte le cose e anima di Dio, può far tutto ciò che vuole.

Rifletti dunque e metti in relazione questo con la questione che tu mi ponevi riguardo alla fatality

e all’intelligenza.

Poiché, mettendo da parte le parole che si prestano alla discussione, tu troverai, figlio mio, che l’intelligenza, anima di Dio, domina veramente tutte le cose: il destino, la legge e il resto. Nulla le

a impossibile, né di sottometterla ad esso, rendendola indifferente agli accidenti. Così parlava il buon damone.

Tat : Erano parole divine, vere e utili; ma ancora una spiegazione. Tu hai detto che negli animali

irragionevoli l’intelligenza agisce conforme a natura e nel senso dei loro appetiti. Ma gli appetiti degli animali irragionevoli sono, mi sembra, passioni; l’intelligenza a dunque una passione se si confonde con esse?

Erm.: Bene, o figlio. La tua obiezione a seria e io devo rispondere. Tutto ciò che vi a di incorporeo nel corpo a passivo ed a questo che si dice propriamente ” passione”. Poiché ogni motore a incorporeo e ogni mobile a corporeo. L’incorporeo a mosso dall’Intelligenza, e il movimento a una passione.

Il mobile, quello che comanda e quello che obbedisce, sono dunque egualmente passivi. Ma, separandosi dal corpo, l’intelligenza sfugge alla passione. O piuttosto, figlio mio, nulla vi a d’impossibile, tutto a possibile. Ma la passione differisce dal passivo: l’una agisce, l’altra subisce.

I corpi stessi hanno un’energia propria: siano mobili o immobili, a sempre una passione. Ma

l’incorporeo a sempre agitato e di conseguenza, passivo. Non lasciarti dunque impressionare dalle parole: azione o passione, a tutt’una cosa. Ma non a male servirsi dell’espressione più nobile.

Tat : Questa spiegazione a chiarissima, padre.

Erm.: Rifletti inoltre, figlio mio, che l’uomo ha ricevuto da Dio, più di tutti gli animali mortali, due

doni eguali all’immortality cioa l’intelligenza e la ragione; ed oltre a ciò egli possiede la ragione enunciativa [il linguaggio]. Se di questi fa un uso conveniente, non differiry in nulla dagli immortali; uscendo dal corpo, s’innalzery, guidato dall’Intelligenza e dal Verbo, verso il coro dei

felici e degli Dei.

Tat : Gli altri animali, o padre, non hanno dunque l’uso della parola?

Erm.: No, figlio mio, essi hanno soltanto la voce. La parola e la voce sono due cose differentissime. La parola a comune a tutti gli uomini, la voce a differente in ciascun genere d’animali.

Tat : Ma, padre mio, il linguaggio differisce pure tra gli uomini, da una nazione all’altra.

Erm.: Il linguaggio a diverso, ma l’uomo a lo stesso perché la ragione parlata a una, e, con la traduzione, si vede che a la stessa, in Egitto, in Persia, in Grecia. Mi sembra, figlio, che tu non conosca la virtù e la grandezza della parola. Il Dio felice, il Damone, ha detto che l’anima a nel corpo, l’intelligenza nell’anima, il verbo nell’intelligenza, e che Dio a il padre di tutto ciò. Il Verbo a, dunque, l’immagine dell’Intelligenza, l’Intelligenza a l’immagine di Dio, il corpo a l’immagine dell’idea, l’idea a l’immagine dell’anima.

La parte più sottile della materia a l’aria, dell’aria l’anima, dell’anima l’int elligenza, dell’intelligenza

Iddio. Dio avvolge e penetra tutto; l’intelligenza avvolge l’anima; l’anima avvolge l’aria; l’aria avvolge la materia. La necessità, la provvidenza e la natura sono gli strumenti del mondo e dell’ordine materiale. Ciascuno degl’intelligibili a una essenza, e la loro essenza a l’identità. Ogni corpo che compone l’universo a multiplo, poiché i corpi composti, avendo in sé l’identità e trasformandosi gli uni negli altri, conservano intatta l’identità. In tutti gli altri corpi composti a il

numero di ciascuno, perché, senza numero, non può esserci né composizione né combinazione né dissoluzione. Le unità generano i numeri e li aumentano e separandosi, rientrano in sé stesse.

La materia a una, e il mondo intero, questo gran dio, immagine del Dio supremo unito a lui, guardiano dell’ordine stabilito dalla volontà del padre, a la pienezza di vita.

E non v’a nulla, in tutta l’eternità della costituzione che ha ricevuto dal padre, non v’a nulla, nell’insieme o nelle parti, che non sia vivente. Nulla a stato mai morto nel mondo, e non a e non

sarà mai tale. Il padre ha voluto che fosse vivo per tutta la sua esistenza. E’ dunque, necessariamente, un Dio.

E come in Dio, nell’immagine dell’universo, nella pienezza della vita, potrebbero esserci delle cose morte? Cadavere a ciò che si decompone e si distrugge; e come mai una parte dell’incorruttibile potrebbe corrompersi, e come qualche cosa di Dio potrebbe perire?

Tat : Gli esseri viventi che sono in lui e che sono parti di lui non muoiono dunque, o padre? Erm.: Non dir questo, figlio mio: a una falsa espressione: nulla muore, ma soltanto ciò che era composto si divide. Questa divisione non a una morte: a l’analisi di una combinazione; ma lo scopo di quest’analisi non a la distruzione, a la rinascita. Qual a, in fondo, l’energia della vita? Non a il movimento? E che cosa c’a di immobile nel mondo? Nulla, figlio mio.

Tat : La terra non ti sembra immobile, padre?

Erm.: No, figlio; essa ha molti movimenti nel mentre che a stabile. Non sarebbe assurdo supporla

immobile, essa, la nutrice universale che fa nascere e crescere tutto.

Non c’a produzione senza movimento. E’ questione ridicola domandare se la quarta parte del mondo sia inerte, poiché un corpo immobile non significa altro che inerzia. Sappi dunque, figlio mio, che tutto ciò che a nel mondo, senza eccezione a la sede di un movimento, di accrescimento o di diminuzione. Ora tutto quel che si muove a vivente e la vita universale a una

trasformazione necessaria. Nel suo insieme, il mondo non cambia, ma tutte le sue parti si trasformano. Nulla si perde o si distrugge, ma vi a una confusione nelle parole: non la nascita a

vita, ma la sensazione; non il cambiamento a morte, ma la vita, l’intelligenza, il soffio, l’anima, tutto ciò che forma l’essere vivente. Ogni animale a, dunque, immortale per l’intelligenza e, soprattutto, l’uomo che a capace di ricevere Iddio e che partecipa della sua essenza. Poiché a il solo animale che si trovi in comunicazione con Dio, di notte mediante i sogni, di giorno mediante i

presagi. Dio gli fa conoscere l’avvenire con ogni sorta di mezzi; con hli uccelli, con le viscere, col

soffio, con le querce. L’uomo può dunque dire che conosce il passato, il presente e il futuro. Considera inoltre che ciascuno degli altri animali vive solo in una parte del mondo: gli animali

acquatici nell’acqua, quelli terrestri sulla terra, quelli volatili nell’aria; l’uomo invece si serve di tutti

gli elementi: la terra, l’acqua, l’aria, il fuoco. Egli vede anche il cielo e lo tocca con questa sensazione.

Dio avvolge e penetra tutto poiché egli a l’azione e la potenza; non a difficile concepire Iddio,

figlio mio. Ma se tu vuoi anche contemplarlo, osserva l’ordine e la bellezza del mondo, la

necessità che presiede alle sue manifestazioni, la provvidenza che regola ciò che a stato e ciò

che diviene; vedi la vita che riempie la materia e il movimento di questo gran Dio con tutti gli

altri

Dei buoni e belli e con i damoni e gli uomini.

Tat : Ma queste sono pure energie, padre?

Erm.: Se sono energie, chi le fa agire se non Dio? Non sai tu che se il cielo, la terra, l’acqua,

l’aria fanno parte del mondo, fanno parte di Dio la vita e l’immortalità e l’energia e il soffio e la

necessità e la provvidenza e la natura e l’anima e l’intelligenza e la permanenza di tutte le cose

che si chiamano ” il bene” ? In tutto ciò che a o si produce, vi a Dio.

Tat : C’a dunque nella materia, o padre?

Erm.: La materia, figlio mio, a fuori di Dio se tu vuoi attribuirle un luogo speciale: ma la

materia

non messa in opera, che cos’altro a se non una massa confusa? E se a messa in opera, ciò

avviene per le energie, ed abbiamo detto che le energie son parti di Dio. Da chi i viventi

ricevono

la vita e gli immortali l’immortalità? Chi produce le trasformazioni? Sia materia, corpo,

essenza,

sappi che sono là le energie di Dio: energia materiale nella materia, corporale nel corpo,

essenziale nell’essenza. Tutto quest’insieme a Dio, e nell’universo non c’a nulla che non sia

Dio.

Così non c’a né grandezza né luogo, né qualità né forma né tempo al di là di Dio, poiché egli a

tutto, egli penetra tutto, egli avvolge tutto. Adora questa parola e inchinati, o figlio, e rendi a

Dio il

solo culto che gli conviene, cioa di non esser cattivo.

ERMETE TRIMEGISTO A SUO FIGLIO TAT:

DISCORSO SEGRETO SULLA MONTAGNA DELLA RINASCITA E DELL’ORDINE DEL

SILENZIO

Nei discorsi generali, padre, tu hai parlato per enigma sulla divinità e non hai rivelato il senso

delle tue parole quando hai detto che nulla poteva esser salvo senza rinascere. Io mi rivolsi a

te

supplicandoti di spiegarmi le parole che tu mi avevi dette nel passaggio della montagna,

desiderando apprendere la parola della rinascita che mi a più sconosciuta del resto, e tu mi

dicesti che me l’avresti fatta conoscere quando io sarei stato straniero al mondo ; io mi

preparai

dunque a rendere il mio pensiero straniero all’illusione del mondo. Conducimi ora, secondo la

tua

promessa, all’iniziazione ultima della rinascita, sia a voce, sia per un cammino nascosto. Io non

so, o Ttimegisto, di quale materia, di quale matrice, di quale semenza l’uomo sia nato.

Erm.: O figlio mio, la saggezza ideale a nel silenzio e il vero bene a la semenza.

Tat : E chi la semina? Perché io ho bisogno di conoscere tutto.

Erm.: La volontà di Dio, figlio.

Tat : E donde viene il generato, padre mio? Essendo privato dell’essenza intelligibile che a in

me,

altro sarà il dio generato, il figlio di Dio.

Erm.: Il tutto nel tutto, composto di tutte le forze.

Tat : E’ un enigma, padre mio, e tu non mi parli come un padre parla al suo figlio.

Erm.: Questo genere di verità non si impara, figlio mio, ci si ricorda quando Iddio lo vuole.

Tat : Tu mi dici cose impossibili e violente, padre, ma io voglio giustamente obiettarti: Sono

uno

straniero, il figlio di un’altra razza? Non ripudiarmi, padre, ché io sono il tuo vero figlio ;

spiegami

il modo della rinascita .

Erm.: Che ti dirò , figlio mio? Non ho nulla da dirti fuorché questo : una visione ineffabile si a

prodotta in me. Per la misericordia di Dio , io sono immortale, non sono più lo stesso, sono

nato

in intelligenza . Ciò non si apprende da questo elemento modellato , per mezzo del quale a

dato

vedere, per ciò io non mi curo più della mia primitiva forma composta , né m’importa che io sia

colorato , tangibile e misurabile. Io sono straniero a tutto ciò . Tu mi vedi con i tuoi occhi e

pensi a

un corpo e a una forma visibile, ma non con codesti occhi mi si vede ora, o figlio .

Tat : Tu mi fai diventar pazzo , mi fai perdere la ragione, padre mio . Io non vedo più me

stesso ,

ora.

Erm.: Possa tu, figlio mio , uscire da te stesso senza dormire, come si a, dormendo ,

trasportati

nel sogno .

Tat : Dimmi ancora questo : chi a il generatore della rinascita?

Erm.: Il Figlio di Dio , l’Uomo uno per volonty di Dio .

Tat : Ora, padre mio , tu mi hai reso muto ; non so che pensare, poiché ti vedo sempre della stessa grandezza e con la stessa figura.

Erm.: Tu t’inganni anche in questo , poiché le cose mortali cambiano aspetto tutti i giorni: il tempo

le accresce o le diminuisce: esse non sono che menzogne.

Tat : E che cosa a vero , o Trimegisto?

Erm.: Ciò che non a turbato , figlio , ciò che non ha né colore né forma: l’immutabile, il nudo , il

luminoso , ciò che si comprende da sé, l’inalterabile, il bene, l’incorporeo .

Tat : In verity io perdo il giudizio , padre mio . Mi sembrava che mi avessi fatto divenir saggio , e

questo pensiero distrugge le mie sensazioni.

Erm.: Così a, filgio mio . La parte leggera si solleva come il fuoco , la parte pesante discende come la terra, e l’umido cola come l’acqua e il soffio spira come l’aria. Ma come potrai cogliere con i sensi ciò che non a né solido né liquido né duro né molle, ciò che si concepisce solo in potenza e in energia? Per comprendere la nascita in Dio , ti bisogna la sola intelligenza. Tat : Ne sono dunque incapace, o padre?

Erm.: Non disperare, figlio mio ; il tuo desiderio si compiry, il tuo volere avry il suo effetto ; addormenta le sensazioni corporee, e tu nascerai in Dio , purificato dalle cieche vendette della materia.

Tat : Io ho dunque delle vendette in me?

Erm.: E non in piccolo numero , figlio mio ; esse sono terribili e numerose.

Tat : Ed io non le conosco?

Erm.: La prima a l’ignoranza, la seconda la tristezza, la terza l’intemperanza, la quarta la concupiscenza, la quinta l’ingiustizia, la sesta l’avarizia, la settima l’errore, l’ottava l’invidia, la nona la malizia, la decima la collera, l’undicesima la temerity, la dodicesima la malvagity. Sono dodici e ne hanno sotto di sé un gran numero ancora. Mediante la prigione dei sensi, esse sottomettono l’uomo interiore alla passione dei sensi. Essi s’allontanano a poco a poco da colui che Dio ha preso a piety, ed ecco in che cosa consistono il modo e la ragione della rinascita. Ed ora, figlio mio , silenzio , e lode a Dio : la sua misericordia non ci abbandonery. Rallagrati ora, figlio mio , purificato dalla potenza di Dio nell’articolazione della parola.

La Gnosi a entrata in noi, e subito l’ignoranza a fuggita. La conoscenza della gioia ci giunge e, davanti a essa, figlio mio , la tristezza fuggiry verso quelli che possono ancora provarla. La potenza che io invoco , dopo la gioia, a la temperanza; o bella virtù! Sforziamoci di riceverla, figlio

; il suo arrivo scaccia l’intemperanza. In quarto luogo invoco la continenza, la forza opposta alla

concupiscenza. Questo grado, figlio mio , a il seggio della giustizia: vedi come essa ha cacciato ,

senza lotta, l’ingiustizia. Noi siamo fatti giusti, figlio mio ; l’ingiustizia a fuggita. Evoco la sesta potenza: la comunity che viene in noi per lottare contro l’avarizia. Quando questa a andata via, invoco la verity; l’errore fugge e la ralty appare.

Vedi, figlio , la pienezza dei beni che segue l’apparizione della verity, poiché l’invidia s’allontana

da noi, e, per mezzo della verità, il bene ci giunge con la vita e con la luce, e non resta più in noi

alcuna vendetta delle tenebre, ma, vinte dall’impeto , si ritirano .

Tu conosci, figlio mio , la via della rigenerazione. Quando la decade è completa, la nascita ideale

è compiuta, la dodicesima vendetta è cacciata, e noi nasciamo alla contemplazione.

Colui che ottiene dalla misericordia divina la nascita in Dio , è liberato dalle sensazioni corporee,

riconosce gli elementi divini che lo compongono e gode d’una perfetta felicità.

Tat : Fortificato da Dio , o padre, io contemplo non con gli occhi, ma con l’energia intellettuale delle potenze. Io sono nel cielo , sulla terra, nell’acqua, nell’aria; io sono negli animali, nelle piante, nell’utero , prima dell’utero , dopo l’utero , dovunque. Ma dimmi ancora questo : come le

vendette delle tenebre che sono il numero di dodici, sono cacciate dalle dieci potenze? Quale ne

è il modo , o Trimegisto?

Erm.: Questa tenda che abbiamo attraversato , figlio mio , è formata dal cerchio zodiacale che si

compone di dodici segni, di una sola natura e d’ogni sorta di forme. Esistono là delle coppie destinate a perdere l’uomo e che si confondono nella loro azione. La temerità è inseparabile dalla

collera: esse non possono esser distinte. E’ dunque naturale e conforme alla giusta ragione che spariscano insieme, cacciate dalle dieci potenze, cioè dalla ” decade ” , poiché questa, o figlio , è

la generatrice dell’anima. La vita e la luce sono unite là dove nasce l’unità dello spirito . L’unità contiene dunque, razionalmente, la decade, e la decade contiene l’unità.

Tat : Padre, io vedo l’universo in me stesso , nell’Intelligenza.

Erm.: Ecco la rinascita, figlio mio ; distogliere il pensiero dal corpo delle tre dimensioni, secondo

questo discorso sulla rinascita che io ho commentato , affinché noi non sembriamo nemici dell’universo alla folla, cui Dio non vuol rivelare queste cose.

Tat : Dimmi, padre, questo corpo composto di potenze si decompone?

Erm.: Parla bene, figlio mio , non dire delle cose impossibili: sarebbe un errore e una empietà dell’occhio della tua intelligenza. Il corpo sensibile della natura è lontano dalla generazione essenziale. L’uno è decomponibile, l’altro no ; l’uno è mortale l’altro immortale. Non sai che sei diventato Dio e figlio dell’Uno come me?

Tat : Io vorrei, o padre, la benedizione dell’inno che tu hai promesso di farmi sentire quando io fossi giunto all’ ” ogdoade ” delle potenze.

Erm.: Secondo l’ ” ogdoade ” rivelata da Pimandro , tu ti affretti con ragione, figlio , di uscire dalla

tua tenda ( dal tuo corpo ) perché sei purificato . Pimandro , l’Intelligenza sovrana, non mi ha trasmesso nulla di più di quel che è scritto , sapendo che io potevo , da me, comprendere e intendere tutto quello che volessi, e veder tutte le cose; e mi ha prescritto di fare ciò che è bello .

Ecco perché tutte le potenze che sono in me, lo cantano .

Tat : Io voglio , padre, intendere e comprendere.

Erm.: Ripòsati, figlio , e intendi la benedizione perfetta, l’inno di rigenerazione che io non ho voluto rivelare tanto facilmente se non a te, in fine di tutto . Poiché esso non s’insegna, ma si nasconde nel silenzio . Così, figlio mio , mettiti in luogo scoperto e, guardando verso il vento di Sud, prostèrnati al cadere del sole, e al suo levare prostèrnati dalla parte del vento di Est. Ascolta

dunque, figlio mio :

Inno Segreto

Tutta la natura del mondo ascolti quest’inno.

Apriti terra; ogni serbatoio di pioggia s’apra per me; gli alberi non si agitino più. Io sto per inneggiare al Dio della creazione, al Tutto, all’Unico. Apritivi, cieli; venti, placatevi, il cerchio immortale di Dio riceva la mia parola, poiché sto per cantare il Creatore dell’Universo, colui che

ha reso stabile la Terra, che ha sospeso il Cielo, che ha ordinato all’acqua dolce di uscire dall’Oceano e di spandersi sulla Terra, abitata e disabitata, per nutrimento ed uso di tutti gli uomini; che ha ordinato al Fuoco di brillare su tutte le azioni degli uomini e degli Dei. Diamo la benedizione a colui che a al di sopra del cielo, al Creatore di tutta la natura. Egli a l’occhio dell’Intelligenza: riceva le benedizioni delle mie potenze. Cantate l’Uno e il Tutto, potenze che siete in me; cantate secondo la mia volontà, o mie potenze. Gnosi santa, illuminato da te, io canto, per tuo mezzo, la luce ideale, io mi rallegro nella gioia dell’Intelligenza. O tutte mie potenze, cantate con me: canta, o mia continenza; o mia giustizia, canta per me la giustizia; o mia comunità, canta il Tutto; verità, canta per me la verità; bene, canta il bene. Vita e luce, da noi

a voi sale la benedizione. Io ti benedico, o Padre, energia delle mie potenze; io ti benedico, Dio,

potenza delle mie energie. Il tuo Verbo ti canta per me; ricevi, per me, l’universale nel Verbo, il

sacrificio verbale. Ecco quel che gridano le potenze che sono in me. Esse cantano te, l’Universale , esse compiono la tua volontà.

Salva l’universale che a in noi, o Vita, illumina, o Luce, Spirito di Dio ! Poiché l’Intelligenza fa nascere la tua parola, Creatore che porti lo Spirito! Tu sei Dio e l’uomo che ti appartiene grida queste cose attraverso il fuoco, l’aria, la terra, l’acqua, lo spirito; attraverso le tue creazioni. Io ho trovato la benedizione nella tua eternità. Ciò che io cerco, l’ho ottenuto dalla tua saggezza:

so che per la tua volontà io ho pronunciata questa benedizione.

Tat : O padre, io ti ho collocato nel mio mondo.

Erm.: Dì nell’Intelligibile, figlio mio .

Tat : Nell’Intelligibile, padre; io lo posso . Il tuo inno e la tua benedizione hanno illuminata la mia

intelligenza; anche io voglio inviare, col mio pensiero, una benedizione a Dio .

Erm.: Non farlo alla leggera, figlio mio .

Tat : Nell’Intelligenza, o padre mio , quel che io contemplo ti dico , o principe della generazione:

io innalzo a Dio il sacrificio verbale. Dio , tu sei il Padre, tu sei il Signore, tu sei l’Intelligenza: ricevi il sacrificio verbale che vuoi da me, poiché tutto quel che tu vuoi si compie.

Erm.: Tu, o figlio , manda a Dio , Padre di tutte le cose, il sacrificio che gli conviene, ma aggiungi:

mediante il Verbo .

Tat : Ti ringrazio , padre mio , dell’avvertimento .

Erm.: Io sono lieto , o figlio , che tu abbia ricevuto i buoni frutti della Verità, i germi immortali. Apprendi da me a celebrare il silenzio della virtù senza rivelare a nessuno la rinascita che ti ho trasmessa, affinché noi non siamo creduti diavoli. Poiché ciascuno di noi ha meditato , io parlando , tu ascoltando . Tu hai conosciuto intellettualmente te stesso e il nostro Padre

ERMETE TRIMEGISTO AD ASCLEPIO : DELLA SAGGEZZA

Poiché in tua assenza, il mio figlio Tat ha voluto essere istruito sulla natura degli esseri, non mi a

stato possibile passare oltre, perché egli a mio figlio ed a giovanissimo; perciò, venendo alle conoscenze particolari, sono stato costretto ad essere prolisso per dargliene una spiegazione più

facilmente comprensibile. Ma ho voluto inviarti un estratto di quel che a stato detto di più importante, con una interpretazione più mistica, considerando la tua età più avanzata e la tua conoscenza della natura.

Se tutto quello che si manifesta ha avuto un principio, una nascita, a nato non da sé stesso ma da altra cosa.

Le cose create son numerose, o, piuttosto, ogni cosa apparente, differente e non simile, nasce da un’altra cosa. C’a dunque qualcuno che le fa e che a increato e anteriore a ogni creazione.Dico che tutto quello che a nato, a nato da un altro e che nessun essere creato può essere anteriore a tutti gli altri, ma soltanto l’Increato può esser tale. Esso a superiore in forze, uno e solo, veramente saggio in tutte le cose, poiché nulla l’ha preceduto. Da lui dipendono la moltitudine, la grandezza, la differenza degli esseri creati, la continuità della creazione e la sua

energia. Inoltre le creature sono visibili, ma egli a invisibile. Bisogna dunque concepirlo con l’intelligenza; comprenderlo vuol dire ammirarlo: chi l’ammira arriva alla beatitudine per la conoscenza del suo venerabile padre.

Poiché che c’a di più dolce di un padre? Chi a lui e come lo conosceremo? Bisogna designarlo col nome di “Dio” o con quello di “Creatore” o con quello di “Padre” o con questi tre nomi insieme?

“Dio” risponde alla sua potenza; “Creatore” alla sua attivity; “Padre” alla sua bonty. La sua potenza a distinta dalle sue creature, la sua energia risiede nell’universality della sua creazione.

Lasciamo dunque da parte il chiaccherio e le parole vuote, e concepiamo due termini: il creato e

il creatore; tra essi non v’a posto per un terzo. Ogni volta che tu rifletti sull’universo e ne senti parlare, ricordati di questi due termini e pensa che sono tutto quello che esiste senza che si possa lasciar nulla fuori di essi, sia in alto, sia in basso, sia nel divino, sia nel cangiamento, sia negli abissi. Questi due termini: il creato e il creatore comprendono tutto l’universo e sono inseparabili l’uno dall’altro, poiché non può esistere creatore senza creazione né creazione senza

creatore. Ognuno di essi a definito dalla sua funzione e non può astrarsi dall’altro più che da sé stesso.

Se il Creatore non a altro che colui che crea, funzione unica, semplice e non complessa, egli si crea, necessariamente, da sé, poiché, creando, egli diventa creatore. Allo stesso modo il creato nasce, necessariamente, da un altro: senza creatore il creato non può nascere né esistere: ciascuno perderebbe la propria natura se fosse separato dall’altro.

Se dunque si riconosce l’esistenza dei due termini, l’uno creato, l’altro creatore, la loro unione a

indissolubile: l’uno precede, l’altro segue; il primo a il Dio Creatore, il secondo a il creato, qualunque esso sia. E non credere che la gloria di Dio sia abbassata per la variety della creazione: la sua unica gloria a di prodursi, e questa funzione a, per così dire, il suo corpo. Ma nulla di cattivo o di brutto può essere considerato come opera sua. Questi accidenti sono conseguenze inerenti alla creazione, come la ruggine al ferro o il sudiciume al corpo.

Non a il fabbro che fa la ruggine né i genitori che fanno il sudiciume né Dio che fa il male; ma, per la durata e le vicissitudini delle cose create, queste efflorescenze si producono; ed a per questo che Dio ha creato il cambiamento, quasi per purificare la creazione.

E se al pittore a dato fare il cielo e gli Dei, la terra, il mare, gli uomini e gli animali d’ogni specie,

gli esseri immortali e le piante, a Dio non sary dato creare tutto ciò? O follia! O ignoranza della natura divina! Questa opinione a la peggiore di tutte. Credersi pieno di religione e di piety e rifiutare a Dio la creazione di tutte le cose, vuol dire non conoscere Iddio e aggiungere all’ignoranza una solenne empiety, attribuendo a lui orgoglio, impotenza, ignoranza e invidia. Poiché, se egli non crea tutto, a per orgoglio, o perché non può o perché non sa o perché invidia

l’esistenza delle sue creature. Pensar questo a empiety.

Poiché Dio non ha che una passione: il bene; e la bonty esclude l’orgoglio, l’impotenza e il resto.

Ecco quel che a Dio: il bene con potere di ogni creazione. Ogni creatura a generata da Dio, cioa dal bene e dall’onnipotenza creatrice. Se vuoi sapere come Iddio produca e come nasca la creazione, tu puoi saperlo: ne hai la più bella e più rassomigliante immagine in un agricoltore che

getta semenze sulla terra: qui orzo, ly frumento, ly qualche altro seme: eccolo che pianta una

vigna, un melo, un fico e altri alberi. Così Dio semina nel cielo l’immortality, sulla terra il cambiamento, dovunque vita e movimento. Questi principii non sono numerosi, sono facili a contarsi. Ce ne sono quattro in tutto; ed essi, Dio e la creazione, costituiscono tutto ciò che esiste.

Ho Detto .

Tavola di smeraldo

Questo a vero senza menzogna, certo e verissimo.

Ciò che a in basso a come ciò che a in alto e ciò che a in alto a come ciò che a in basso per

fare

i miracoli della cosa una.

E poiché tutte le cose sono e provengono da una, per la mediazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica per adattamento.

Il Sole è suo padre, la Luna è sua madre, il Vento l’ha portata nel suo grembo, la Terra è la sua nutrice.

Il padre di ogni telesma, di tutto il mondo è qui. La sua forza è intera se essa è convertita in terra

Separerai la Terra dal Fuoco, il sottile dallo spesso dolcemente e con grande industria

Egli sale dalla Terra al Cielo e nuovamente discende in Terra e riceve la forza delle cose superiori e inferiori

Con questo mezzo avrai la gloria di tutto il mondo e per mezzo di ciò l’oscurità fuggirà da te È la forza forte di ogni forza: perché vincerà ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa solida Così è stato creato il mondo

Da ciò saranno e deriveranno meravigliosi adattamenti, il cui metodo è qui

È perciò che sono stato chiamato Ermete Trimegisto, possedendo le tre parti della Filosofia del mondo intero

Ciò che ho detto dell’operazione del Sole è compiuto e terminato.

Versione latina

SMARAGDINA HERMETIS TABULA

Verum sine mendacio, certum et verissmum.

Quod est inferius est sicut quod est superius, et quod est superius est sicut quod est inferius ad

perpetranda miracola Rei Unius. Et sicut omnes res fuerunt Uno, meditatione Unius: sic omnes res natae fuerunt ab hac Una re adaptatione. Pater eius est Sol, mater eius Luna. Portavit illud ventus in ventre suo. Nutrix eius terra est. Pater omnis telesmi totius mundi est hic. Vis eius integra est, si versa fuerit in terram. Separabis terram ab igne, subtile a spisso, suaviter cum magno ingenio. Ascendit a terra in coelum, iterumque descendit in terram, et recipit vim superiorum et inferiorum. Sic habes gloriam totius mundi. Ideo fugiet a te omnis obscuritas. Hic

est totius fortitudinis fortitudo fortis, quia vincet omnem rem subtilem; omnemque solidam penetrabit: SIC MUNDUS CREATUS EST. Hinc erunt adaptationes mirabiles, quarum modus hic est. Itaque vocatus sum Hermes Trismegistus, habens tres partes philosophiae totius mundi. Completum est quod dixi de operatione solis.

Hermes Trismegistus

STORIA

Diodoro nella sua Biblioteca Storica ( libro I, 15-16) scrive: “Tra tutti Osiride teneva nel più alto

grado di considerazione Ermes, perché fornito di naturale sagacia nell’introdurre innovazioni capaci di migliorare la vita associata. Secondo la tradizione, infatti sono opera di Ermes l’articolazione del linguaggio comune, la denominazione di molti oggetti fino ad allora privi di nome, la scoperta dell’alfabeto e l’organizzazione dei rituali pertinenti agli onori e ai sacrifici divini.

Egli fu il primo ad osservare l’ordinata disposizione degli astri e l’armonia dei suoni musicali secondo la loro natura; fu l’inventore della palestra e rivolse le sue cure allo sviluppo ritmico del

corpo umano. Inventò anche la lira con tre corde fatte di nervi, imitando le stagioni dell’anno: adottò infatti tre toni, acuto, grave, medio, in sintonia rispettivamente con estate, inverno, primavera. Anche i Greci furono da lui educati nell’arte dell’esposizione e dell’interpretazione, vale a dire l’arte dell’ermeneutica, e per questa ragione gli hanno dato appunto il nome di Ermes.

In generale Osiride ebbe in lui il suo scriba e sacerdote: a lui comunicava ogni questione e ricorreva al suo consiglio nella stragrande maggioranza dei casi. Invece di Atena, come credono i

Greci, sarebbe stato Ermes a scoprire la pianta dell’ulivo.”

ERMETE TRISMEGISTO – L’Egiziano Ermete “tre volte grande”. Il mitico personaggio da cui prese il nome la filosofia Ermetica. In Egitto, era il Dio Thoth o Thot. È anche il nome generico

di

molti scrittori Greci di filosofia e di Alchimia. Ermete Trismegisto è il nome di Ermete, o Thoth, nel

suo aspetto umano, ma come un dio è molto di più. Come Ermete-Thoth-Aah è Thoth, la luna; il

suo simbolo è il lato illuminato della luna, che si suppone contenga l’essenza della saggezza creativa, “l’elisir di Ermete”. Come tale, è associato al Cinocefalo, la scimmia con la testa di cane, per la stessa ragione per cui Anubis era uno degli aspetti di Thoth. La stessa dottrina è alla

base della forma del Dio Indù Ganesa o Ganpat, Dio della Saggezza, figlio di Parvati e Shiva, raffigurato con la testa di elefante. Quando egli ha la testa di un ibis, è il sacro scriba degli dei; ma talvolta porta la corona atef e il disco lunare. È il più misterioso degli dei. Come serpente, Ermete Thot è la Saggezza divina creatrice. I Padri della Chiesa parlano molto di Thoth-Ermes. Detto anche Trimegisto, termine avente il significato di tre volte grandissimo. Epiteto riferito ad

Ermete, dal greco Hermes, per i latini Mercurio, che sarebbe il nome attribuito dai Greci antichi a

Thoth, il Dio egizio lunare, patrono delle scienze, e considerato l’inventore della scrittura geroglifica, detta “Parola Divina”. Era raffigurato antropomorfo, simile all’uomo, con il capo dell’ibis, uccello a lui consacrato, e portava sul capo il crescente lunare. Ermete Trismegisto (Hermes Trismegistos), considerato dai filosofi stoici la personificazione della parola, o logos, in cui si racconta una Cosmogonia accentrata sulla creazione dell’uomo, tendente a chiarire la sua condizione attuale di incarnato vivente, nonché la condizione imprescindibile per la sua totale e definitiva liberazione spirituale, ovvero al completamento della sua “evoluzione”, conseguibile soltanto attraverso la reale e completa conoscenza della natura propria e di quella Divina. Sembra ormai accettato dagli studiosi il fatto che Ermete sia vissuto in Egitto, “forse” come uomo, nei tempi primordiali, probabilmente all’inizio delle prime dinastie, quindi molti secoli prima

di Mosé. Alcuni lo inquadrano addirittura come contemporaneo di Abramo. Secondo alcune antiche tradizioni ebraiche, Abramo avrebbe addirittura attinto da Ermete buona parte delle conoscenze mistiche per cui ci è noto. Resta il fatto che l’intera cultura, tradizione e teologia dell’antico Egitto sono impregnate dalla saggezza della sua dottrina, adottata e diffusa poi in tutto

il mondo conosciuto alcuni millenni prima della nostra era. Ermete risulta essere un nome generico, designante al contempo un uomo, una casta ed un Dio. Come uomo, Ermete T. viene considerato grande iniziato e primo grande iniziatore dell’Egitto. Come casta, rappresenta il sacerdozio, depositario delle Tradizioni più occulte. Come Dio, egli è Mercurio, assimilato ad una

categoria di spiriti iniziatori divini, così da presiedere alla regione sovraterrestre dell’iniziazione celestiale. Tutte queste cose, nell’economia spirituale del mondo, sono legate insieme da un filo

invisibile, da affinità segrete, ed il nome Ermete T. é talismano che li riassume, come pure suono

che lo evoca. È da questo peculiare aspetto che trae origine il suo immenso prestigio. Ermete T.,

tre volte maestro, veniva così definito dagli antichi greci, discepoli degli Egizi, poiché

riconoscevano in lui il Re, il Legislatore ed il Sacerdote, avendolo eletto a simbolo dell’epoca magica in cui sacerdozio, legislatura e regalità si trovavano raggruppate in un unico corpo di governo. Un fenomeno unico nella storia dell’uomo, caratteristica di un’era che Manetone ha definito “Regno degli Dei”. Gli Egizi attribuivano ad Ermete T. ben 42 volumi, tutti trattanti la scienza occulta, quale la dottrina del Fuoco-principio e del Verbo-luce, racchiusa nella sua visione che resterà centro e vetta della stessa iniziazione egizia. Sarebbero libri concernenti l’astrologia, la magia e la filosofia religiosa (teosofia), tutte branche misteriose attribuite od almeno rivelate da Ermete T., tramandate in termini oscuri, il cui pensiero risulta sempre di ardua

penetrazione. Rivelano comunque un sicuro rapporto tra l’Ermetismo e lo sviluppo della Gnosi, pagana prima e cristica poi. Secondo Maspero, la teologia risulta decisamente e rigidamente monoteista in tutti i testi risalenti ai tempi dell’antico impero, quindi anche nella dottrina

ermetica.

Dio è l’Uno unico, esiste per essenza ed è il solo che viva in sostanza. È il solo generatore nel cielo e sulla terra che non sia generato. Padre, madre e figlio ad un tempo, egli genera, partorisce e perpetuamente è. Suoi principali attributi sono immensity, eternity, indipendenza,

onnipotenza ed illimitata bonty. Edoardo Schuré nel suo dotto volume “I grandi Iniziati”, cita quanto Asclepio, discepolo di Ermete, ci trasmette degli insegnamenti del tre volte Maestro: “Nessuno dei nostri pensieri potrebbe mai concepire Dio, così come nessuna lingua può definirlo.

Incorporeo, invisibile, senza forma, inconcepibile da parte dei sensi. La breve regola del tempo non può misurare l’Eterno. Egli è ineffabile, e può infondere a pochi eletti la facoltà di trascendere

le cose naturali, e percepire il lontano irradiarsi della sua suprema perfezione. Quegli eletti non sapranno mai trovare parola alcuna per tradurre in linguaggio comprensibile ai più la visione immateriale che li ha resi esultanti nella Luce. Potranno unicamente spiegare all’umanità le cause secondarie della Creazione, che passano sotto i loro sguardi come immagini della vita universale, ma la causa prima restery celata nelle loro menti e nei loro cuori, essendo comprensibili unicamente attraverso la morte”. La morte del Maestro vi viene descritta come la dipartita di un Dio: “Vide Ermete l’insieme delle cose, e avendo veduto comprese, avendo compreso aveva il potere di manifestarsi e rivelarsi. Quel che pensò egli scrisse, quel che scrisse

in gran parte nascose, tacendo con saggezza pur parlando, affinché l’umanità futura ricercasse queste cose. Poi, ordinato ai suoi fratelli Dei di fargli da scorta, egli salì alle stelle”. Quando si accenna ad Ermete T., non si può ignorare la famosa “Tavola di Smeraldo” a lui attribuita, nota anche come smeraldina o smaragdina. Come precedentemente accennato, dal concetto filosofico scaturito dai principi enunciati da Ermete T., è nata un’importante dottrina di natura profondamente esoterica, nota come Ermetismo.

ERMETICO – Qualsiasi dottrina o scritto connesso con gli insegnamenti esoterici di Ermete che, per gli antichi, era sia come il Thot Egiziano che come l’Ermete Greco e che, secondo Platone, “scoprì i numeri, la geometria, l’astronomia e le lettere”. Sebbene considerati per la maggior parte apocrifi, nondimeno gli scritti di Ermete erano altamente apprezzati da Sant’Agostino, Lattanzio, Cirillo ed altri. Secondo quanto dice Mr. J. Bonwick, “furono , quando più quando meno, ripresi dai filosofi Platonici del primo Cristianesimo (come Origene e Clemente Alessandrino) che cercarono di dare consistenza ai loro argomenti Cristiani appellandosi a questi

apprezzati scritti pagani, sebbene non potessero resistere alla tentazione di ampliarli e travisarli

un pò troppo”. I libri di Ermete, o i Trismegistici, benché presentati da alcuni scrittori abili ed interessati come puro monoteismo, sono nondimeno schiettamente politeistici. La Divinity cui essi fanno riferimento è definita da San Paolo quella in cui “noi viviamo e ci muoviamo, ed in cui

abbiamo il nostro essere” – malgrado il “in Lui” dei traduttori.

ERMETISMO – Complesso di dottrine esoteriche, di natura astrologica e religiosa, nel quale confluì durante l’ellenismo una parte della tradizione sapienziale e sacerdotale egizia, insieme con altri apporti orientali. Deriva da Ermes, il dio con il quale i Greci identificavano l’egizio Thoth,

che avrebbe per primo rivelato tali dottrine. La prima fase delle dottrine ermetiche coincide con le

speculazioni astrologiche dei sacerdoti egizi. Nel III sec. a.C. gran parte di quel materiale fu tradotto in greco, organizzati in trattati, la cui paternity veniva attribuita a Ermete Trismegisto. Alla

medesima corrente appartengono gli scritti astrologici del sec. I a.C., summa della scienza esoterica di un circolo di iniziati che in Egitto era chiamata filosofia, ma nulla aveva a che fare con il significato che tale termine aveva in Grecia. Si trattava di rivelazioni divine, oracolari, che

non si limitavano più alla dottrina astrologica, ma abbracciavano anche insegnamenti

cosmogonici, metafisici, escatologici, ecc. Nei primi secoli della nuova era, andò formandosi una

vera e propria letteratura ermetica il cui testo più antico è probabilmente “Kore kosmou” (La fanciulla del mondo), depositario di una dottrina segreta insegnata da Ermes-Thoth a Kamephis

e da lui trasmessa ad Iside che l’avrebbe affidata al figlio Oro. Da citare anche i 17 trattati del Corpus Ermeticum e l’Asclepius, forse di Apuleio. Gli scritti ermetici, comunque, non sono concordi nel contenuto dottrinale nè sono riconducibili a strutture uniformi. Per ermetismo si intende anche la filosofia ermetica, ossia la corrente di pensiero di stampo misteriosofico che si rifà agli scritti del Corpus Ermeticum e si sviluppa in età ellenistica, mantenendo suoi filoni che attraverso il Medioevo, il Rinascimento ed il cosiddetto “secolo dei lumi”, giungono fino a noi. Ermetisti, o filosofi ermetici, erano detti coloro che, alchemicamente, perseguono il raggiungimento della Grande Opera, intesa come realizzazione spirituale.

Termine che definisce una delle più importanti dottrine iniziatiche, che si aprono al cospetto d’ogni “ricercatore della Verità”. L’E. è noto come “corrente mistica e filosofica”, sorta nel tardo ellenismo (II e III secolo dopo Cristo), basata su alcuni scritti antichi, in buona parte attribuiti ad

Ermete Trismegisto (Hermes Trismegistos), un personaggio emblematico e misterioso,

considerato dai filosofi stoici la personificazione della parola, o logos. L’intera cultura, tradizione e

teologia dell’antico Egitto sono impregnate dalla saggezza di questa dottrina, adottata e diffusa poi in tutto il mondo conosciuto alcuni millenni prima della nostra era. L’origine dell’E. è collocata

a metà tra storia e leggenda, ed ha per fondamento quella che è ritenuta la più famosa tra le opere attribuite proprio ad Ermete Trismegisto, ovvero la “Tavola di Smeraldo”, detta anche smeraldina o smaragdina .A quanti fossero interessati ad approfondire lo studio di questo documento unico, si raccomanda la lettura dell’appendice II alla Scala dei filosofi, la Scala philosophorum (5), oppure dell’ancor più famosa opera del Burckhardt (6). Opportuno rammentare comunque come questa sia pervenuta a noi quale ultima pagina di un’opera composta d’una cinquantina di fogli, risalenti al VI-VIII secolo dell’era volgare, originariamente redatti in lingua araba ed introdotti in Europa attraverso le invasioni islamiche. La Tavola era stata scritta in lingua fenicia, poi tradotta successivamente in greco, siriaco (dialetto aramaico orientale), arabo, latino, francese e, più recentemente, in italiano. Immaginabili le contaminazioni

e distorsioni introdottevi. Il suo mitico scopritore, il saggio Apollonio di Tiana, pare fosse riuscito a

penetrare in una cripta posta proprio sotto la statua di Thoth-Ermete, trovandovi un vegliardo, uno “cheikh”, seduto su un trono d’oro. Egli teneva in mano una “Tavoletta di Smeraldo”, su cui

era scritto: “E’ qui la formazione della natura”. Davanti a lui v’era un libro, su cui si leggeva: “É qui

il segreto della creazione degli esseri, e la scienza delle cause di ogni cosa”. In ogni caso, la Dottrina Ermetica dice chiaramente che essa non parla per gli ignoranti, ma solo per coloro che sanno, e quindi “coloro che sanno”, leggendo una qualsiasi versione della Tavola di Smeraldo, sono potenzialmente in grado di recepire il giusto messaggio, superando senza difficoltà gli errori

che in essa possono essere stati eventualmente introdotti. L’Ermetismo è stato, ed è tuttora, spesso confuso con la consequenziale Alchimia, altra scienza occulta importata in Spagna con le

invasioni arabe. Molti sono i testi che confondono le due diverse filosofie, seppur esse siano molto profondamente correlate. Nel Medioevo, e nel successivo Rinascimento, l’E. è stato considerato come la dottrina occulta degli alchimisti: Questi infatti sostenevano che Ermete Trismegisto fosse stato il padre dell’Alchimia a cui, proprio per questo, diedero il nome di scienza

ermetica. Essa identifica il complesso di conoscenze, sia fisiche che spirituali, connesse con la ricerca della Pietra Filosofale, catalizzatore indispensabile per la creazione dell’Oro. Una allegoria

mascherante il vero indirizzo della dottrina ermetica, rivolta al solo piano mentale, non certo (come sembrerebbe, come si credeva ed ancora si crede) a quello banalmente materiale.

L’illustrazione della dottrina deve mantenersi entro i confini definiti dal “Kybalion”, il nome attribuito fin dalla più remota antichità alla raccolta degli insegnamenti di Ermete Trismegisto. La

difficile comprensione dell’unità dei principi ermetici impone un’operazione preliminare in quanti

intendono penetrarne gli anfratti più occulti. Si tratta di lavorare su sé stessi, per ampliare la propria coscienza, sviluppandola gradualmente fino a conseguire l’indispensabile sensibilità spirituale, l’unica vera chiave d’accesso ai Misteri dell’E. Recita il Kybalion: “Allorché s’ode il passo del Maestro, s’aprono le orecchie di quanti sono pronti a riceverne l’insegnamento”. Ed ancora: “Quando le orecchie dello studioso sono pronte per l’audizione, vengono le labbra a riempirle di saggezza”. Per cui, i contenuti dei principi operativi esposti attireranno l’attenzione di

coloro che sono pronti a ricevere il messaggio, soltanto la loro, mentre contemporaneamente, allorché il discepolo sarà pronto, il Kybalion verrà a lui. Questa è la legge fondamentale dell’E., ed il Kybalion dice dei suoi principi operativi “I principi della Verità sono sette. Colui che ne ha conoscenza possiede la chiave magica con cui si aprono le porte del Tempio”. Essi sono. 1) Mentalismo (Tutto ciò che appare, e che i nostri sensi recepiscono, è “Spirito”, che di per sé è inconoscibile ed indefinibile, ma che va considerato come “Mente universale, infinita e vivente”. Tutto l’universo fenomenico, ogni sua parte compresa, non è che la semplice creazione mentale

del Tutto, ed esiste nella mente del Tutto stesso, insieme a noi, ed è lì che noi viviamo, ci muoviamo ed operiamo. Questo principio, fissando la natura mentale dell’intero universo, spiega

da solo ogni fenomeno mentale e psichico. La sua comprensione consente all’uomo di afferrare le leggi dell’universo mentale, implicando conseguentemente il far contribuire le stesse al suo benessere, al suo progresso ed alla sua evoluzione. Esso rivela la reale natura dell’energia, della

forza e della materia, come pure perché e come queste siano subordinate al magistero della mente. Lo studioso che si trovi in possesso di questa importantissima chiave madre, può aprire le porte del Tempio della conoscenza mentale e psichica, accedendovi liberamente e coscientemente. In tempi remotissimi, un maestro dell’ermetismo scrisse: “Colui che afferra la verità sulla natura mentale dell’universo è certo molto avanti sul sentiero della sapienza”.; 2)

Corrispondenza (Il Kybalion recita: “Com’è al di sopra, così è al di sotto; com’è al di sotto, così è

al di sopra”. Trattasi di un principio ribadente la verità della corrispondenza tra le leggi ed i fenomeni dei diversi piani dell’essere e della vita. La sua comprensione chiarisce oscuri paradossi e segreti della natura. Assurdo il solo pensare che l’uomo sappia tutto: costituirebbe la

conferma della sua perfezione. Farebbe di ogni ricerca un assurdo. Raggiunta la vetta del monte,

sempre l’uomo vede altre cime davanti a sé, a ricordargli le sue immense limitazioni. Esistono quindi piani al di là d’ogni nostra conoscenza. Ma allorché applichiamo loro questo principio, possiamo afferrare conoscenze che, normalmente, ci sarebbero precluse. Il principio della corrispondenza è di applicazione universale, manifestazione sui diversi piani della materia, della

mente e dello spirito. Da sempre l’ermetismo lo considera strumento mentale essenziale, per mezzo del quale possiamo eliminare i veli che ostacolano la visione del mondo del mistero. Come la conoscenza della geometria consente all’astronomo la misura della distanza dei soli, delle galassie e dei loro movimenti, così questo principio pone l’uomo in condizione di usare la ragione sia nel noto che nell’ignoto. Esaminando a fondo l’elemento reale minimo ed indivisibile,

cioè la “monas”, ovvero la monade di Giordano Bruno, Leibniz e Kant, lo studioso può facilmente

arrivare a comprendere l’arcangelo); 3) Vibrazione (Il Kybalion recita: “Nulla è in quiete, tutto si

muove; ogni cosa vibra”. Un principio questo che trova conferma anche nelle conclusioni delle più attuali ricerche scientifiche. Esso spiega come le differenze tra le molteplici manifestazioni

della materia, dell’energia, della mente e dello spirito, non siano che una risultante dai diversi livelli di vibrazione. Dal Tutto, che è puro spirito, fino alle più grossolane forme materiali, ogni cosa vibra. Quanto più elevata è la frequenza di vibrazione, tanto più evoluta è la posizione nella

scala spirituale. La vibrazione dello spirito è tanto alta ed ampia da apparire in quiete, proprio come la ruota che gira tanto rapidamente da sembrare ferma all’osservatore. All’opposto estremo

della scala troviamo le forme grossolane di materia, le cui vibrazioni sono tanto basse da

sembrare a riposo. orpuscoli microscopici ed elettroni, atomi e molecole, mondi e galassie vicine

e lontane, tutto è in vibrazione. Così come avviene sui piani d’energia e di forza, sui piani mentali

e sui piani spirituali. Attraverso la comprensione del principio della vibrazione, lo studioso di ermetismo arriva a controllare le sue proprie vibrazioni mentali, nonché quelle degli altri. I maestri

lo applicano per acquisire potere sui fenomeni naturali, a conferma dell’antica citazione: “Colui che comprende il principio della vibrazione possiede lo scettro della potenza”); 4) Polarity (Il Kybalion recita: “Tutto è duale,; tutto ha poli; ogni cosa la sua coppia di opposti. Il simile ed il diverso sono uguali; gli opposti sono di natura identica, seppur differenti in grado. Gli estremi si

toccano; tutte le verity non sono che mezze verity, e tutti i paradossi possono essere conciliati”. Il

principio ribadisce l’esistenza d’una seconda facciata della stessa medaglia, dimostrando come caldo e freddo, seppur opposti, siano in verity identici, differenziandosi unicamente per il diverso

grado. Nessun termometro definisce i confini tra caldo e freddo. In entrambi i casi si tratta solo di

forma, di variety, di livello di vibrazione. I fenomeni correlati sono manifestazioni del principio della polarity, che diventa evidente nel caso di “luce” ed “oscurity”. Quale differenza esiste tra grande e piccolo, tra duro e tenero, tra nero e bianco, tra rumore e silenzio, tra acuto ed ottuso,

tra alto e basso, tra positivo e negativo, tra bene e male? Paradossi spiegati da questo principio,

operativo anche sul piano mentale. Un esempio? Prendiamo in considerazione odio ed amore, due stati mentali apparentemente opposti. Ci sono livelli diversi per entrambi, ed esiste un punto

intermedio, in cui si parla di piacere e dispiacere. Non sono che gradi diversi di una stessa cosa.

Infine, aspetto fondamentale per gli ermetici, le rispettive vibrazioni sono variabili, tanto da trasformare l’odio in amore, tanto nel proprio come nell’altrui spirito. E’ sufficiente l’impiego della

volonty. Tra gli opposti abbiamo citato il bene ed il male. Ebbene, applicando il principio della polarity, l’ermetista sa come trasmutare l’uno nell’altro. Trattasi dell’alchimia mentale, un’arte la

cui applicazione consente, a chi ne è padrone, il cambio della polarity propria e di quella altrui);

5) Ritmo (Il Kybalion recita: “Ogni cosa fluisce e rifluisce; ogni cosa ha le sue fasi; tutto s’innalza

e cade; l’oscillazione del pendolo si manifesta in tutte le cose; la misura dell’oscillazione a destra

é la misura dell’oscillazione a sinistra; il ritmo compensa”. In tutte le cose esiste flusso e riflusso,

un’oscillazione, come quello del pendolo, o dell’alta e bassa marea. Un movimento conforme al principio della polarity. Quindi c’è sempre azione e reazione (vd. legge di Archimede), avanzamento e retrocessione, innalzamento ed abbassamento. Interessa tutto l’universo, ed avviene nei soli e nelle galassie, negli uomini e nella natura intera, nei corpi e nella mente, nell’energia come nella materia. Il principio del ritmo risulta evidente ed incontestabile nella creazione e distruzione dei mondi, nello sviluppo e decadenza delle nazioni, nell’alternanza

degli

eventi storici come nella vita d’ogni essere umano, nonché negli stessi stati mentali dell’uomo. Gli

ermetisti, compreso questo principio universale, hanno ideato formule e metodi per annullarne gli

effetti, soprattutto in loro stessi, mediante l’applicazione della legge mentale della

neutralizzazione: non potendo eliminare o bloccare il principio, ne sfuggono in buona parte gli effetti. Anziché subirlo, lo sfruttano, coll’uso della loro “Arte”. Polarizzandosi nel punto ottimale prescelto, neutralizzano l’oscillazione pendolare che tende a portarli al polo opposto. Quanti abbiano raggiunto un certo livello di autocontrollo, od autopadronanza, lo fanno, almeno fino ad

un certo punto, più o meno consciamente. Il maestro riesce a farlo ogni qual volta lo voglia, raggiungendo un grado di equilibrio e di fermezza mentale incredibile per il profano, che invece non può che subire gli effetti del principio, spesso senza rendersene conto. Trattasi del principio

più e meglio studiato ed approfondito da parte degli ermetisti, che nel tempo hanno potuto mettere a punto metodi di reazione, di neutralizzazione e di sfruttamento, metodi che rappresentano una parte importante dell’alchimia mentale ermetica); 6) Causa ed Effetto (Il Kybalion recita: “Ogni causa ha il suo effetto; ogni effetto ha la sua causa; ogni cosa avviene per

una legge; il caso non esiste, è un nome dato ad una legge non riconosciuta; non esistono molto

piani di causalità, e nulla sfugge alla legge”. Illogico credere che qualcosa, qualsiasi cosa, possa

avvenire per pura combinazione, dato che ogni evento si verifica solo in quanto conseguenza d’una precisa causa che precedentemente, cioè a monte, l’ha originato. Mentre esistono pochi piani di causalità, ove i più bassi dominano quelli più alti, nulla sfugge alla legge. La massa profana non può che subire l’ambiente, poiché forza e volontà altrui sono più forti di essa stessa,

vera pedina sulla scacchiera della vita. Per cui la massa viene mossa, succube dell’eredità, della

suggestione e di svariate cause che le sono inevitabilmente esterne. Il maestro invece si innalza

ad un piano superiore, dominando il suo stato d’animo, il suo carattere, le sue qualità, i suoi stessi poteri su quanto lo circonda, trasmutandosi da pedina a motore, da spettatore ad artefice.

Usa così il principio, anziché esserne lo strumento succube. Comunque, soltanto i maestri possono farlo, proprio sfruttando la legge della causalità dei piani superiori, dopo essersi assicurato il controllo, il dominio assoluto, sul loro stesso piano. É in questo che è condensata l’immensa ricchezza della scienza ermetica: lo legga, lo capisca e lo comprenda, naturalmente “chi può”; 7) Genere (Il Kybalion recita: “Il genere è in tutte le cose; ogni cosa ha il suo principio

mascolino e femminino; il genere si manifesta su tutti i piani”. Anche questo principio trova applicazione ovunque, in ogni cosa: sul piano fisico, sul piano mentale e su quello spirituale. Sul

piano fisico si manifesta come “sesso”, sui piani superiori assume invece forme diverse, pur restando identico. Nessuna creazione, fisica, mentale o spirituale, è possibile senza questo principio. Generazione, rigenerazione e creazione d’ogni cosa ha per base questo grande principio, che insegna come ogni elemento maschile contenga il suo elemento femminile, e viceversa. Guai a coloro che guarderanno al principio del Genere per enunciare basse, perniciose e degradanti teorie, insegnamenti e pratiche, sbandierati con titoli fantasiosi, che in realtà non rappresentano che una vera “prostituzione” del principio stesso. Si tratterebbe solo di

nefande riesumazioni di antiche forme infami del “fallicismo”, che portano inesorabilmente alla concupiscenza, alla dissolutezza ed alla perversione dei principi della natura, ovvero alla rovina del corpo, dell’anima e dello spirito. Per il puro tutto è puro, come per l’abbietto tutto è abbietto.

Lettera a Diogneto

Lettera a Diogneto

Antico documento cristiano

Esordio

I. 1. Vedo, ottimo Diogneto, che tu ti accingi ad apprendere la religione dei cristiani e con molta saggezza e cura cerchi di sapere di loro. A quale Dio essi credono e come lo venerano, perché tutti disdegnano il mondo e disprezzano la morte, non considerano quelli che i greci ritengono dèi, non osservano la superstizione degli ebrei, quale amore si portano tra loro, e perché questa nuova stirpe e maniera di vivere siano comparsi al mondo ora e non prima. 2. Comprendo questo tuo desiderio e chiedo a Dio, che ci fa parlare e ascoltare, che sia concesso a me di parlarti perché tu ascoltando divenga migliore, e a te di ascoltare perché chi ti parla non abbia a pentirsi.

L’idolatria

II. 1. Purìficati da ogni pregiudizio che ha ingombrato la tua mente e spògliati dell’abitudine ingannatrice e fatti come un uomo nuovo da principio, per essere discepolo di una dottrina anche nuova come tu stesso hai ammesso. Non solo con gli occhi, ma anche con la mente considera di quale sostanza e di quale forma siano quelli che voi chiamate e ritenete dèi. 2. Non (sono essi) pietra come quella che si calpesta, bronzo non migliore degli utensili fusi per l’uso, legno già marcio, argento che ha bisogno di un uomo che lo guardi perché non venga rubato, ferro consunto dalla ruggine, argilla non più scelta di quella preparata a vile servizio? 3. Non (sono) tutti questi (idoli) di materia corruttibile? Non sono fatti con il ferro e con il fuoco? Non li foggiò lo scalpellino, il fabbro, l’argentiere o il vasaio? Prima che con le loro arti li foggiassero, ciascuno di questi (idoli) non era trasformabile, e non lo può (essere) anche ora? E quelli che ora sono gli utensili della stessa materia non potrebbero forse diventare simili ad essi se trovassero gli stessi artigiani? 4. E per l’opposto, questi da voi adorati non potrebbero diventare, ad opera degli uomini, suppellettili uguali alle altre? Non sono cose sorde, cieche, inanimate, insensibili, immobili? Non tutte corruttibili? Non tutte distruttibili? 5. Queste cose chiamate dèi, a queste servite, a queste supplicate, infine ad esse vi assimilate. 6. Perciò odiate i cristiani perché non le credono dèi. 7. Ma voi che li pensate e li immaginate tali non li disprezzate più di loro? Non li deridete e li oltraggiate più voi che venerate quelli di pietra e di creta senza custodi, mentre chiudete a chiave di notte quelli di argento e di oro, e di giorno mettete le guardie perché non vengano rubati? 8. Con gli onori che credete di rendere loro, se hanno sensibilità, siete piuttosto a punirli. Se non hanno i sensi siete voi a svergognarli con sacrificio di sangue e di grassi fumanti. 9. Provi qualcuno di voi queste cose, permetta che gli vengano fatte. Ma l’uomo di propria volontà non sopporterebbe tale supplizio perché ha sensibilità e intelligenza; ma la pietra lo tollera perché non sente. 10. Molte altre cose potrei dirti perché i cristiani non servono questi dèi. Se a qualcuno ciò non sembra sufficiente, credo inutile parlare anche di più.

Il culto giudaico

III. 1. Inoltre, credo che tu piuttosto desideri sapere perché essi non adorano Dio secondo gli ebrei. 2. Gli ebrei hanno ragione quando rigettano l’idolatria, di cui abbiamo parlato, e venerano un solo Dio e lo ritengono padrone di tutte le cose. Ma sbagliano se gli tributano un culto simile a quello dei pagani. 3. Come i greci, sacrificando a cose insensibili e sorde dimostrano stoltezza, così essi, pensando di offrire a Dio come ne avesse bisogno, compiono qualche cosa che è simile alla follia, non un atto di culto. 4. «Chi ha fatto il cielo e la terra e tutto ciò che è in essi», e provvede tutti noi delle cose che occorrono, non ha bisogno di quei beni. Egli stesso li fornisce a coloro che credono di offrirli a lui. 5. Quelli che con sangue, grasso e olocausti credono di fargli sacrifici e con questi atti venerarlo, non mi pare che differiscano da coloro che tributano riverenza ad oggetti sordi che non possono partecipare al culto. Immaginarsi poi di fare le offerte a chi non ha bisogno di nulla!

Il ritualismo giudaico

IV. 1. Non penso che tu abbia bisogno di sapere da me intorno ai loro scrupoli per certi cibi, alla superstizione per il sabato, al vanto per la circoncisione, e alla osservanza del digiuno e del novilunio: tutte cose ridicole, non meritevoli di discorso alcuno. 2. Non è ingiusto accettare alcuna delle cose create da Dio ad uso degli uomini, come bellamente create e ricusarne altre come inutili e superflue? 3. Non è empietà mentire intorno a Dio come di chi impedisce di fare il bene di sabato? 4. Non è degno di scherno vantarsi della mutilazione del corpo, come si fosse particolarmente amati da Dio? 5. Chi non crederebbe prova di follia e non di devozione inseguire le stelle e la luna per calcolare i mesi e gli anni, per distinguere le disposizioni divine e dividere i cambiamenti delle stagioni secondo i desideri, alcuni per le feste, altri per il dolore? 6. Penso che ora tu abbia abbastanza capito perché i cristiani a ragione si astengono dalla vanità, dall’impostura, dal formalismo e dalla vanteria dei giudei. Non credere di poter imparare dall’uomo il mistero della loro particolare religione.

Il mistero cristiano

V. 1. I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. 2. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. 3. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. 4. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. 5. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. 6. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. 7. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. 8. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. 9. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. 10. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. 11. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. 12. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. 13. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. 14. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. 15. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. 16. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. 17. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell’odio.

L’anima del mondo

VI. 1. A dirla in breve, come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. 2. L’anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. 3. L’anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo. L’anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile. 5. La carne odia l’anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché impedisce di prendersi dei piaceri; il mondo che pur non ha avuto ingiustizia dai cristiani li odia perché si oppongono ai piaceri. 6. L’anima ama la carne che la odia e le membra; anche i cristiani amano coloro che li odiano. 7. L’anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo. 8. L’anima immortale abita in una dimora mortale; anche i cristiani vivono come stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l’incorruttibilità nei cieli. 9. Maltrattata nei cibi e nelle bevande l’anima si raffina; anche i cristiani maltrattati, ogni giorno più si moltiplicano. 10. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.

Dio e il Verbo

VII. 1. Infatti, come ebbi a dire, non è una scoperta terrena da loro tramandata, né stimano di custodire con tanta cura un pensiero terreno né credono all’economia dei misteri umani. 2. Ma quello che è veramente signore e creatore di tutto e Dio invisibile, egli stesso fece scendere dal cielo, tra gli uomini, la verità, la parola santa e incomprensibile e l’ha riposta nei loro cuori. Non già mandando, come qualcuno potrebbe pensare, qualche suo servo o angelo o principe o uno di coloro che sono preposti alle cose terrene o abitano nei cieli, ma mandando lo stesso artefice e fattore di tutte le cose, per cui creò i cieli e chiuse il mare nelle sue sponde e per cui tutti gli elementi fedelmente custodiscono i misteri. Da lui il sole ebbe da osservare la misura del suo corso quotidiano, a lui obbediscono la luna che splende nella notte e le stelle che seguono il giro della luna; da lui tutto fu ordinato, delimitato e disposto, i cieli e le cose nei cieli, la terra e le cose nella terra, il mare e le cose nel mare, il fuoco, l’aria, l’abisso, quello che sta in alto, quello che sta nel profondo, quello che sta nel mezzo; lui Dio mandò ad essi. 3. Forse, come qualcuno potrebbe pensare, lo inviò per la tirannide, il timore e la prostrazione? 4. No certo. Ma nella mitezza e nella bontà come un re manda suo figlio, lo inviò come Dio e come uomo per gli uomini; lo mandò come chi salva, per persuadere, non per far violenza. A Dio non si addice la violenza. 5. Lo mandò per chiamare non per perseguitare; lo mandò per amore non per giudicare. 6. Lo manderà a giudicare, e chi potrà sostenere la sua presenza? 7. Non vedi (i cristiani) che gettati alle fiere perché rinneghino il Signore, non si lasciano vincere? 8. Non vedi, quanto più sono puniti, tanto più crescono gli altri? 9. Questo non pare opera dell’uomo, ma è potenza di Dio, prova della sua presenza.

L’incarnazione

VIII. 1. Chi fra tutti gli uomini sapeva perfettamente che cosa è Dio, prima che egli venisse? 2. Vorrai accettare i discorsi vuoti e sciocchi dei filosofi degni di fede? Alcuni affermavano che Dio è il fuoco, ove andranno essi chiamandolo Dio, altri dicevano che è l’acqua, altri che è uno degli elementi da Dio creati. 3. Certo, se qualche loro affermazione è da accettare si potrebbe anche asserire che ciascuna di tutte le creature ugualmente manifesta Dio. 4. Ma tutte queste cose sono ciarle e favole da ciarlatani. 5. Nessun uomo lo vide e lo conobbe, ma egli stesso si rivelò a noi. 6. Si rivelò mediante la fede, con la quale solo è concesso vedere Dio. 7. Dio, signore e creatore dell’universo, che ha fatto tutte le cose e le ha stabilite in ordine, non solo si mostrò amico degli uomini, ma anche magnanimo. 8. Tale fu sempre, è e sarà: eccellente, buono, mite e veritiero, il solo buono. 9. Avendo pensato un piano grande e ineffabile lo comunicò solo al Figlio. 10. Finché lo teneva nel mistero e custodiva il suo saggio volere, pareva che non si curasse e non pensasse a noi. 11. Dopo che per mezzo del suo Figlio diletto rivelò e manifestò ciò che aveva stabilito sin dall’inizio, ci concesse insieme ogni cosa, cioè di partecipare ai suoi benefici, di vederli e di comprenderli. Chi di noi se lo sarebbe aspettato?

L’economia divina

IX. 1. (Dio) dunque avendo da sé tutto disposto con il Figlio, permise che noi fino all’ultimo, trascinati dai piaceri e dalle brame come volevamo, fossimo travolti dai piaceri e dalle passioni. Non si compiaceva affatto dei nostri peccati, ma ci sopportava e non approvava quel tempo di ingiustizia. Invece, preparava il tempo della giustizia perché noi fossimo convinti che in quel periodo, per le nostre opere, eravamo indegni della vita, e ora solo per bontà di Dio ne siamo degni, e dimostrassimo, per quanto fosse in noi, che era impossibile entrare nel regno di Dio e che solo per sua potenza ne diventiamo capaci. 2. Dopo che la nostra ingiustizia giunse al colmo e fu dimostrato chiaramente che come suo guadagno spettava il castigo e la morte, venne il tempo che Dio aveva stabilito per manifestare la sua bontà e la sua potenza. O immensa bontà e amore di Dio. Non ci odiò, non ci respinse e non si vendicò, ma fu magnanimo e ci sopportò e con misericordia si addossò i nostri peccati e mandò suo Figlio per il nostro riscatto; il santo per gli empi, l’innocente per i malvagi, il giusto per gli ingiusti, l’incorruttibile per i corrotti, l’immortale per i mortali. 3. Quale altra cosa poteva coprire i nostri peccati se non la sua giustizia? 4. In chi avremmo potuto essere giustificati noi, ingiusti ed empi, se non nel solo Figlio di Dio? 5. Dolce sostituzione, opera inscrutabile, benefici insospettati! L’ingiustizia di molti viene riparata da un solo giusto e la giustizia di uno solo rende giusti molti. 6. Egli, che prima ci convinse dell’impotenza della nostra natura per avere la vita, ora ci mostra il salvatore capace di salvare anche l’impossibile. Con queste due cose ha voluto che ci fidiamo della sua bontà e lo consideriamo nostro sostentatore, padre, maestro, consigliere, medico, mente, luce, onore, gloria, forza, vita, senza preoccuparsi del vestito e del cibo.

La carità

1. Se anche tu desideri questa fede, per prima otterrai la conoscenza del Padre. 2. Dio, infatti, ha amato gli uomini. Per loro creò il mondo, a loro sottomise tutte le cose che sono sulla terra, a loro diede la parola e la ragione, solo a loro concesse di guardarlo, lo plasmò secondo la sua immagine, per loro mandò suo figlio unigenito, loro annunziò il Regno nel cielo e lo darà a quelli che l’hanno amato. 3. Una volta conosciutolo, hai idea di qual gioia sarai colmato? Come non amerai colui che tanto ti ha amato? 4. Ad amarlo diventerai imitatore della sua bontà, e non ti meravigliare se un uomo può diventare imitatore di Dio: lo può volendolo lui (l’uomo). 5. Non si è felici nell’opprimere il prossimo, nel voler ottenere più dei deboli, arricchirsi e tiranneggiare gli inferiori. In questo nessuno può imitare Dio, sono cose lontane dalla Sua grandezza! 6. Ma chi prende su di sé il peso del prossimo e in ciò che è superiore cerca di beneficare l’inferiore; chi, dando ai bisognosi ciò che ha ricevuto da Dio, è come un Dio per i beneficati, egli è imitatore di Dio. 7. Allora stando sulla terra contemplerai perché Dio regna nei cieli, allora incomincerai a parlare dei misteri di Dio, allora amerai e ammirerai quelli che sono puniti per non voler rinnegare Dio. Condannerai l’inganno e l’errore del mondo quando conoscerai veramente la vita nel cielo, quando disprezzerai quella che qui pare morte e temerai la morte vera, riservata ai dannati al fuoco eterno che tormenta sino alla fine coloro che gli saranno consegnati. 8. Se conoscerai quel fuoco ammirerai e chiamerai beati quelli che sopportarono per la giustizia il fuoco temporaneo.

Il loro maestro

XI. 1. Non dico stranezze né cerco il falso, ma, divenuto discepolo degli apostoli, divento maestro delle genti e trasmetto in maniera degna le cose tramandate a quelli che si son fatti discepoli della verità. 2. Chi infatti, rettamente istruito e fattosi amico del Verbo, non cerca di imparare saggiamente le cose che dal Verbo furono chiaramente mostrate ai discepoli? Non apparve ad essi il Verbo, manifestandosi e parlando liberamente, quando dagli increduli non fu compreso, ma guidando i discepoli che, da lui ritenuti fedeli, conobbero i misteri del Padre? 3. Egli mandò il Verbo come sua grazia, perché si manifestasse al mondo. Disprezzato dal popolo, annunziato dagli apostoli, fu creduto dai pagani. 4. Egli fin dal principio apparve nuovo ed era antico, e ognora diviene nuovo nei cuori dei fedeli. 5. Egli eterno, in eterno viene considerato figlio. Per mezzo suo la Chiesa si arricchisce e la grazia diffondendosi nei fedeli si moltiplica. Essa ispira saggezza, svela i misteri, preannuncia i tempi, si rallegra per i fedeli, si dona a quelli che la cercano, senza infrangere i giuramenti della fede né oltrepassare i limiti dei padri. 6. Si celebra poi il timore della legge, si riconosce la grazia dei profeti, si conserva la fede dei Vangeli, si conserva la tradizione degli apostoli e la grazia della Chiesa esulta. 7. Non contristando tale grazia, saprai ciò che il Verbo dice per mezzo di quelli che vuole, quando vuole. 8. Per amore delle cose rivelateci vi facciamo partecipi di tutto quanto; per la volontà del Verbo che lo ordina, fummo spinti a parlare con zelo.

La vera scienza

XII. 1. Attendendo e ascoltando con cura, conoscerete quali cose Dio prepara a quelli che lo amano rettamente. Diventano un paradiso di delizie e producono in se stessi, ornati di frutti vari, un albero fruttuoso e rigoglioso. 2. In questo luogo, infatti, fu piantato l’albero della scienza e l’albero della vita; non l’albero della scienza, ma la disubbidienza uccide. 3. Non è oscuro ciò che fu scritto: che Dio da principio piantò in mezzo al paradiso l’albero della scienza e l’albero della vita, indicando la vita con la scienza. Quelli che da principio non la usarono con chiarezza, per l’inganno del serpente furono denudati. 4. Non si ha vita senza scienza, né scienza sicura senza vita vera, perciò i due alberi furono piantati vicino. 5. L’apostolo, comprendendo questa forza e biasimando la scienza che si esercita sulla vita senza la norma della verità, dice: «La scienza gonfia, la carità, invece, edifica». 6. Chi crede di sapere qualche cosa, senza la vera scienza testimoniata dalla vita, non sa: viene ingannato dal serpente, non avendo amato la vita. Lui, invece, con timore conosce e cerca la vita, pianta nella speranza aspettando il frutto. 7. La scienza sia il tuo cuore e la vita la parola vera recepita. 8. Portandone l’albero e cogliendone il frutto abbonderai sempre delle cose che si desiderano davanti a Dio, che il serpente non tocca e l’inganno non avvince; Eva non è corrotta ma è riconosciuta vergine. Si addita la salvezza, gli apostoli sono compresi, la Pasqua del Signore si avvicina, si compiono i tempi e si dispongono in ordine, e il Verbo che ammaestra i santi si rallegra. Per lui il Padre è glorificato; a lui la gloria nei secoli. Amen.

Il Vangelo secondo Tomaso

Il Vangelo secondo Tomaso

Giacché ciò che entra dalla bocca non vi contaminerà, ma è ciò che esce dalla vostra bocca che vi contaminerà [Gesù]

Questi sono i detti segreti pronunciati da Gesù, il Vivente, e scritti da Didimo Giuda Tomaso.

Egli disse: Colui che scopre l’interpretazione di queste parole non gusterà la morte.
Gesù disse: Colui che cerca non desista dal cercare fino a quando non avrà trovato; quando avrà trovato si stupirà. Quando si sarà stupito, si turberà e dominerà su tutto.

Gesù disse: Se coloro che vi guidano vi dicono: Ecco il Regno (di Dio) è in cielo! Allora gli uccelli del cielo vi precederanno. Se vi dicono: E’ nel mare! allora i pesci del mare vi precederanno. Il Regno è invece dentro di voi e fuori di voi. Quando vi conoscerete, allora sarete conosciuti e saprete che voi siete i figli del Padre che vive. Ma se non vi conoscerete, allora dimorerete nella povertà, e sarete la povertà.

Gesù disse: Un vecchio che nei suoi giorni non esiterà a interrogare un bimbo di sette giorni riguardo al luogo della vita, vivrà. Giacché molti primi saranno ultimi, e diverranno uno solo.
Gesù disse: Conosci ciò che ti sta davanti, e si manifesterà ciò che ti è nascosto. Giacché non vi è nulla di nascosto che non sarà manifestato.

L’interrogarono i suoi discepoli e gli dissero: “Vuoi tu che digiuniamo? Come pregheremo e daremo elemosina? E che norma seguiremo riguardo al vitto?” . Gesù disse: ” Non mentite e non fate ciò che odiate, giacché tutto è manifesto al cospetto del cielo. Non vi è nulla, infatti di nascosto che non venga manifestato nulla di celato che non venga rivelato”.
Gesù disse: Beato il leone mangiato da un uomo : diverrà uomo; maledetto l’uomo mangiato da un leone: l’uomo diverrà leone.

Egli disse: l’uomo é simile a un pescatore saggio che gettò la sua rete in mare, e dal mare la ritirò carica di pesci piccoli. In mezzo a quelli il saggio pescatore scorse un bel pesce grosso; allora gettò via, in mare, tutti i pesci piccoli e scelse senza sforzo il pesce grande. Chi ha orecchie da intendere, intenda”
Gesù disse: ” Ecco uscì il seminatore, si riempì la mano e gettò (la semente). Qualcosa cadde sulla via: vennero gli uccelli e la beccarono; altro cadde sulla pietra: non mise radice in terra e non levò la spiga al cielo; altro cadde tra le spine che soffocarono la semente, e il verme se la mangiò; altro cadde sulla terra buona e portò buon frutto su in alto: produsse (più) del sessanta e del cento per cento.

Gesù disse: Ho gettato fuoco sul mondo, ed ecco, lo custodisco fino a che divampi.
Passerà questo cielo e passerà ciò che è sopra di esso, i morti non sono vivi e i vivi non morranno. Nei giorni in cui mangiavate ciò che è morto, voi lo rendevate vivo. Quando sarete nella luce che cosa farete? Nel giorno in cui eravate uno, siete diventati due. Ma allorché siete diventati due che cosa farete?

I discepoli dissero a Gesù. Sappiamo che te ne andrai da noi. Chi tra di noi sarà il più grande? Gesù rispose loro: Dal luogo ove sarete, andrete da Giacomo il Giusto, per il quale sono stati fatti il cielo e la terra.
Gesù disse ai suoi discepoli: Fatemi un paragone, ditemi a chi rassomiglio . Simon Pietro gli rispose: sei simile a un angelo giusto “. Matteo gli rispose: Maestro sei simile a un Saggio filosofo. Tommaso gli rispose: Maestro, la mia bocca è assolutamente incapace di dire a chi sei simile. Gesù gli disse: ” lo non sono il tuo Maestro, giacché hai bevuto e ti sei inebriato alla fonte gorgogliante che io ho misurato”. E lo prese in disparte e gli disse tre parole. Allorché Tomaso ritornò dai suoi compagni, questi gli domandarono: Che cosa ti ha detto Gesù?” Tomaso rispose : Se vi dicessi una delle parole che egli mi ha detto, voi dareste mano alle pietre per lapidarmi, e dalle pietre uscirebbe fuoco e vi brucerebbe”.

Gesù disse: Se digiunerete vi attribuirete un peccato; se pregherete vi condanneranno; se darete l’elemosina farete del male ai vostri spiriti. Se andrete in qualche paese e viaggerete nelle sue regioni, se vi accoglieranno, mangiate ciò che vi porranno davanti e guarite quanti tra loro sono infermi. Giacché ciò che entra dalla bocca non vi contaminerà, ma è ciò che esce dalla vostra bocca che vi contaminerà.

Gesù disse: Quando vedrete colui che non è nato da donna, prostratevi bocconi e adoratelo: egli è il vostro Padre.

Gesù disse: Forse gli uomini pensano che io sia venuto a gettare la pace sul mondo e non sanno che io sono venuto a gettare divisioni, fuoco, spada, guerra. Cinque saranno in una casa: tre contro due e due contro tre, il padre contro il figlio e il figlio contro il padre. Ed essi se ne staranno soli.

Gesù disse: Vi darò ciò che occhio non vide, ciò che orecchio non udì, ciò che mano non toccò e ciò che non entrò mai in cuore d’uomo.

I discepoli di Gesù dissero: Manifestaci quale sarà la nostra fine. Gesù rispose: Avete scoperto il principio voi che vi interessate della fine? Infatti nel luogo ove è il principio, là sarà pure la fine. Beato colui che sarà presente nel principio! Costui conoscerà la fine e non gusterà la morte.
Gesù disse: Beato colui che era prima di divenire. Se diverrete miei discepoli e ascolterete le mie parole, queste pietre saranno al vostro servizio. In paradiso, infatti, avete cinque alberi che non cambiano né d’estate (né) d’inverno e le loro foglie non cadono: colui che li conosce non gusterà la morte.

I discepoli di Gesù dissero: Manifestaci a che cosa assomiglia il Regno dei cieli. Egli rispose loro: E’ simile a un grano di senape, che è il più piccolo di tutti, ma allorché cade su un terreno coltivato produce un grande ramo e diventa rifugio per gli uccelli del cielo.

Maria domandò a Gesù: A chi assomigliano i tuoi discepoli? . Egli rispose: Sono simili a bambini che si intrattengono in un campo che non appartiene loro.
Allorché verranno i padroni del campo, diranno: “Lasciateci il nostro campo!”. Essi (saranno) nudi davanti a loro, mentre lasciano e restituiscono il campo. Perciò dico: Se il padrone di casa sa che verrà il ladro, vigilerà prima che venga, e non permetterà che penetri nella casa del suo regno e asporti i suoi beni. Ma voi vigilate al cospetto del mondo! Cingetevi i fianchi di grande potenza, affinché i ladri non trovino la strada per giungere fino a voi. Giacché il profitto che aspettate, essi lo troveranno. Ci sia tra voi un uomo giudizioso! Allorché il frutto è maturo, egli viene subito recando in mano la sua falce, e lo raccoglie. Chi ha orecchie da intendere, intenda.

Gesù vide dei bimbi che succhiavano il latte. Disse ai suoi discepoli : Questi bambini che prendono il latte assomigliano a coloro che entrano nel Regno. Gli domandarono: Se noi saremo bambini entreremo nel Regno? Gesù rispose loro: Allorché di due farete uno, allorché farete la parte interna come l’esterna, la parte esterna come l’interna e la parte superiore come l’inferiore, allorché del maschio e della femmina farete un unico essere sicché non vi sia più né maschio né femmina, allorché farete occhi in luogo di un occhio, una mano in luogo dì una mano, un piede in luogo di un piede e un’immagine in luogo di un’immagine, allora entrerete nel Regno.

Gesù disse: ” Vi sceglierò uno da mille e due da diecimila; e saranno confermati come una sola persona”.
I suoi discepoli dissero: “Istruiscici sul luogo ove tu sei, giacché per noi è necessario che lo cerchiamo”. Egli rispose loro: ” Chi ha orecchie, intenda. Nell’intimo di un uomo dì luce c’è luce e illumina tutto il mondo. Se non illumina, sono tenebre”.

Gesù disse: “Ama tuo fratello come l’anima tua. Veglia su di lui come la pupilla del tuo occhio”.

“Vedi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, ma non vedi la trave che è nel tuo occhio. Quando dal tuo occhio avrai tolto la trave, allora vedrai abbastanza per togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello”.

Gesù disse: “Se non digiunate verso il mondo, non troverete il Regno. Se non osservate il sabato come un sabato, non vedrete il Padre”.

Gesù disse: “Mi sono trovato in mezzo al mondo, e mi manifestai loro nella carne. Li trovai tutti ubriachi; tra essi non ne trovai alcuno assetato.
E l’anima mia è tormentata per i figli degli uomini, perché in cuor loro sono ciechi e non vedono: vennero nel mondo vuoti e cercano di uscire dal mondo vuoti.
“Ma ora sono ubriachi. Allorché avranno vomitato il loro vino, allora faranno penitenza”.
Gesù disse: ” Se la carne pervenne all’esistenza a motivo dello spirito, è una meraviglia. Se lo spirito è pervenuto all’esistenza a motivo del corpo, è una meraviglia delle meraviglie. Ma io mi stupisco che una tale ricchezza abbia preso dimora in questa povertà “.

Gesù disse: “Dove si trovano tre dèi, sono tre dèi; dove sono due o uno io sono con lui”.

Gesù disse: “Un profeta non è accetto nel suo paese. Un medico non cura quelli che lo conoscono”.

Gesù disse: “Una città costruita su un alto monte e fortificata, non può cadere né essere nascosta”.

Gesù disse: “Ciò che udrai in un orecchio, proclamalo sui vostri tetti nell’altro orecchio. Nessuno, infatti, accende una lucerna per metterla sotto il moggio, né la pone in luogo nascosto, bensì la mette su un candeliere, affinché quelli che entrano e quelli che escono vedano la sua luce”.

Gesù disse: “Se un cieco guida un cieco, cadono ambedue in una fossa”.

Gesù disse: “Non è possibile che uno entri nella casa di una persona forte e la prenda con la forza se prima non le lega le mani. Allora potrà saccheggiare la sua casa”.

Gesù disse: Non siate ansiosi dal mattino a sera e dalla sera al mattino su come vi vestirete”.

I suoi discepoli domandarono: In che giorno ti manifesterai a noi, e in che giorno ti vedremo?”.
Gesù rispose: “Quando vi spoglierete senza vergogna, quando deporrete i vostri abiti e li metterete sotto i vostri piedi, come fanno i bambini, e li calpesterete, allora vedrete il Figlio del Vivente senza alcun timore”.

Gesù disse: Molte volte avete desiderato ascoltare queste parole che vi dico, e non avete alcun altro dal quale ascoltarle. Giorni verranno nei quali mi cercherete e non mi troverete”.

Gesù disse: “l farisei e gli scribi hanno preso le chiavi della conoscenza e le hanno nascoste. Essi non sono entrati e non hanno lasciato entrare quelli che lo volevano. Voi, però, siate prudenti come serpenti e semplici come colombe”.

Gesù disse: “Una vite fu piantata da altri che non era mio Padre: giacché non si irrobustì, sarà sradicata e perirà”.

Gesù disse: “Sarà dato a colui che già ha nella sua mano; e a colui che non ha sarà tolto anche quel poco che ha”.

Gesù disse: “Siate transeunti!”
I suoi discepoli gli domandarono: “Chi sei tu, che ci dici queste cose? “. Gesù rispose: “Da ciò che vi dico non capite chi io sia. Ma siete diventati come gli Ebrei. Essi amano l’albero, ma ne odiano il frutto, oppure amano il frutto e odiano l’albero.

Gesù disse: “A colui che bestemmia mio Padre sarà perdonato, e a colui che bestemmia il Figlio sarà perdonato. Ma a colui che bestemmierà lo Spirito Santo non sarà perdonato né in terra né in cielo”

Gesù disse: “Non colgono l’uva dalle spine, nè raccolgono fichi dai rovi; giacché essi non danno frutto. Una persona buona trae il bene dal proprio tesoro; una persona cattiva, dal proprio tesoro cattivo, che è in cuor suo, trae il male e dice parole cattive: giacché è dall’abbondanza del suo cuore che produce cose cattive”.

Gesù disse: “Da Adamo a Giovanni Battista, nessun nato da donna fu più grande di Giovanni Battista, sì che (davanti a lui) egli debba abbassare gli occhi. Tuttavia vi dissi: Tra di voi, chiunque sarà piccolo conoscerà il Regno e sarà più grande di Giovanni”.

Gesù disse: ” Non è possibile che un uomo cavalchi due cavalli e tiri due archi; e non è possibile che un servo serva a due padroni: onorerà uno e disprezzerà l’altro. Nessuno beve vino vecchio e desidera poi subito del vino nuovo; né mettono vino nuovo in otri vecchi, per tema che si rompano; né mettono vino vecchio in un otre nuovo, per tema che lo guasti; non cuciono una pezza vecchia su di un vestito nuovo, per tema che ne risulti uno strappo”.

Gesù disse: “Se, in questa stessa casa, due fanno pace l’uno con l’altro, diranno ad un monte: “Allontanati!”. E si allontanerà”.

Gesù disse: “Beati i solitari e gli eletti, poiché troverete il Regno; voi, infatti, da esso venite e a esso nuovamente ritornerete”.

Gesù disse: “Se vi domandano: “Donde venite?” Rispondete loro: “Siamo venuti alla luce, dal luogo ove la luce nacque da se stessa; si eresse e si manifestò nella loro immagine”. Se vi domandano: “Chi siete voi?” Rispondete: “Noi siamo suoi figli, noi siamo gli eletti del Padre vivo”. Se vi domandano: “Qual’è il segno di vostro Padre in voi?”. Rispondete: “E’ il movimento e il riposo”.

I suoi discepoli gli domandarono: “In che giorno verrà il riposo dei morti, e in che giorno verrà il mondo nuovo?”. Egli rispose: “Quel che aspettate è venuto, ma voi non lo avete riconosciuto”.

I suoi discepoli gli dissero: In Israele parlarono ventiquattro profeti, e tutti parlarono in te”. Egli rispose loro: “Avete omesso il Vivente che è davanti a voi, e avete parlato soltanto dei morti”.

I suoi discepoli gli domandarono: “La circoncisione giova oppure no?”. Egli rispose loro: Se giovasse, il loro padre li genererebbe circoncisi dalla madre loro. Ma la vera circoncisione nello Spirito ha trovato piena utilità”.

Gesù disse: “Beati i poveri, poiché vostro è il Regno dei cieli”.

Gesù disse: “Colui che non odierà suo padre e sua madre, non potrà divenire mio discepolo. (Colui che non) odierà i suoi fratelli e le sue sorelle, e (non) porterà la sua croce come me, non sarà degno di me”.

Gesù disse: “Colui che ha conosciuto il mondo, ha trovato (soltanto) un cadavere; e colui che ha trovato un cadavere è superiore al mondo”.

Gesù disse: “Il Regno del Padre è simile a un uomo che aveva una buona semente. Di notte venne il suo nemico e seminò zizzania sopra alla buona semente. L’uomo non permise loro di sradicare la zizzania. Disse loro: “Affinché non andiate a estirpare la zizzania e sradichiate con essa anche il grano. Nel giorno della mietitura, le zizzanie appariranno, saranno estirpate e bruciate”.

Gesù disse: “Beato l’uomo che ha sofferto. Egli ha trovato la vita”

Gesù disse: “Mentre vivete contemplate il Vivente; affinché non moriate e cerchiate di contemplarlo, e non possiate (più) vederlo”.

Videro un samaritano entrare nella Giudea portando un agnello. Disse ai suoi discepoli: Che cosa farà dell’agnello?”. Gli risposero: “Intende ucciderlo e mangiarne”. Egli disse loro: “Fino a quando è vivo non ne mangerà, bensì dopo averlo ucciso e fattolo cadavere. Gli risposero: “Non potrebbe fare altrimenti”. Ed egli: “Voi pure cercate un luogo per il riposo, affinché non siate ridotti a un cadavere e mangiati”.

Gesù disse: Due riposeranno su un letto: uno morirà e l’altro vivrà”. Salomè gli domandò: “chi sei tu, uomo, che come colui che è dall’Uno sei salito sul mio lettuccio e hai mangiato alla mia mensa? “. Gesù rispose: “Io sono colui che proviene dall’Indiviso: a me furono date cose (che sono) del Padre mio”. Salomè disse: “Io sono tua discepola! “. E Gesù a lei: “Perciò io dico: Quando uno sarà indiviso, sarà ricolmo di luce; ma quando è diviso sarà ricolmo di tenebre”.

Gesù disse: “Io comunico i miei misteri a coloro che sono degni dei miei misteri. Ciò che fa la tua destra, la tua sinistra lo deve ignorare”.

Gesù disse: C’era un uomo ricco che aveva molte ricchezze. Disse: Mi servirò delle mie ricchezze per seminare, mietere, piantare e riempirò i miei granai di frutta, e non mancherò di nulla. Così pensava in cuor suo, ma in quella notte morì. Chi ha orecchie, intenda”.

Gesù disse: “Un uomo aveva degli ospiti. Dopo che ebbe preparato il banchetto, mandò un suo servo a invitare gli ospiti.”
Andò dal primo, e gli disse: “Il mio signore ti invita”. Quello gli rispose: “Dei commercianti mi devono denaro. Vengono da me questa sera. Andrò e darò ordini. Mi scuso per il banchetto”. Andò dal secondo, e gli disse: “Il mio signore ti invita”. (Quello) gli rispose: “Ho comprato una casa, e sono richiesto per un giorno. Non avrò tempo”.
” Andò dal terzo, e gli disse: “Il mio signore ti invita”. Quello gli rispose: “Un mio amico si sposa, e io darò il banchetto: non potrò venire. Mi scuso per il banchetto”.
Andò da un altro e gli disse: “Il mio signore ti invita”. Quello rispose: “Ho comprato una cascina, vado a riceverne i redditi; non potrò venire. Mi scuso”.
“Il servo tornò dal suo signore e gli disse: “Quelli che hai invitato al banchetto si scusano”.
Il signore disse al servo: “Va’ per le strade, e conduci al banchetto quanti trovi. Compratori e commercianti non entreranno nei luoghi dei Padre mio”.

Egli disse: “Un uomo onesto aveva una vigna. La diede a contadini affinché la lavorassero, per ricavarne il frutto tramite loro. Mandò il suo servo ai contadini affinché gli dessero il frutto della vigna. Lo presero, lo colpirono, e poco mancò che l’uccidessero. Il servo se ne andò a dirlo al suo Signore. Il Signore pensò: Forse non l’hanno riconosciuto. Mandò un altro servo. I contadini colpirono anche il secondo. Allora il signore mandò il proprio figlio, pensando: Forse avranno rispetto di mio figlio. I contadini, visto che era l’erede della vigna, lo presero e l’uccisero. Chi ha orecchie, intenda”.

Gesù disse: “Indicami la pietra respinta dagli edificatori! Essa è la pietra d’angolo”

Gesù disse: “Colui che conosce il tutto, ma è privo (della conoscenza) di se stesso, è privo del tutto”

Gesù disse: “Beati allorché vi odieranno e vi perseguiteranno. Non vi sarà luogo nel quale voi (non) sarete perseguitati”.
Gesù disse: “Beati quelli che sono stati perseguitati nel loro cuore. Essi sono coloro che, in verità, hanno conosciuto il Padre”.
“Beati quelli che sono affamati, giacché il ventre di colui che lo vuole sarà riempito”.
Gesù disse: “Se lo esprimete da voi stessi, ciò che avete vi salverà. Se in voi stessi non l’avete, ciò che in voi stessi non avete vi ucciderà”.

Gesù disse: “Distruggerò questa casa, e nessuno potrà riedificarla”
Un uomo gli disse: “Dì ai miei fratelli che dividano i beni di mio padre con me”. Egli rispose: “Uomo, chi ha fatto di me un divisore?”. E rivolto ai suoi discepoli disse loro: “Sono io, forse, un divisore?”.

Gesù disse: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate il Signore affinché mandi operai per la messe”.

Egli disse: ” Signore, molti sono presso il pozzo, ma nessuno è nel pozzo”.
Gesù disse: ” Molti sono coloro che stanno alla porta, ma soltanto i solitari entreranno nella camera nuziale”.

Gesù disse: “Il Regno del Padre mio è simile a un commerciante che aveva della merce, e trovò una perla. Questo commerciante era saggio: vendette la merce e si comprò la perla. Anche voi cercate il tesoro che non perisce, che è durevole, là ove non può avvicinarsi il tarlo per rodere, né il verme per distruggere”.

Gesù disse: “Io sono la luce che sovrasta tutti loro. Io sono il tutto. Il tutto promanò da me e il tutto giunge fino a me. Spaccate del legno, io sono lì dentro. Alzate la pietra, e lì mi troverete”.

Gesù disse: “Perché siete usciti fuori in campagna? Per vedere una canna agitata dal vento? Per vedere un uomo vestito mollemente? Guardate i vostri re e i vostri grandi! Costoro sono vestiti mollemente, e non potranno conoscere la verità”.

Una donna gli disse di tra la folla: “Beato il ventre che ti ha portato e i seni che ti hanno nutrito!”. Egli rispose: “Beati coloro che udirono il Logos del Padre e lo custodirono veramente! Giorni verranno nei quali direte: “Beato il ventre che non ha concepito e i seni che non hanno allattato!”.

Gesù disse: “Chi ha conosciuto il mondo, ha trovato il corpo; ma colui che ha trovato il corpo è superiore al mondo.

Gesù disse: “Colui che si è fatto ricco, diventi re; e colui che ha il potere, vi rinunci”.

Gesù disse: “Colui che è vicino a me, è vicino al fuoco. Colui che è lontano da me, è lontano dal Regno”.

Gesù disse: “Le immagini sono manifestate all’uomo, ma la luce che è in esse è nascosta nell’immagine della luce del Padre. Egli si manifesterà, ma la sua immagine resterà nascosta dalla sua luce”.

Gesù disse: “Oggi, allorché vedete un vostro simile, vi rallegrate. Ma quando vedrete le vostre immagini che sono state fatte prima di voi, che né muoiono né sono palesi, per quanto sopporterete?

Gesù disse: “Adamo scaturì da una grande potenza e da una grande opulenza, e (tuttavia) egli non fu degno di voi. Se, infatti, fosse stato degno, non avrebbe gustato la morte”.

Gesù disse: “Le volpi hanno le loro tane, e gli uccelli hanno i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha alcun luogo ove poggiare il capo e riposare”

Gesù disse: “Misero è il corpo che dipende da un corpo, e misera è l’anima che dipende da ambedue”.

Gesù disse: “Verranno a voi gli angeli e i profeti e vi daranno quanto vi appartiene. Voi date loro ciò che avete nelle mani. Domandate a voi stessi: In che giorno verranno a ricevere ciò che è loro?

Gesù disse: “Perché lavate la parte esterna del bicchiere? Non comprendete che colui che ha fatto la parte interna è lo stesso che ha fatto l’esterna? “.

Gesù disse: “Venite a me, poiché il mio giogo è dolce e mite la mia dominazione, e troverete per voi un riposo”

Gli dissero: “Manifestaci chi sei, affinché possiamo credere in te!”. Egli disse loro: “Mettete alla prova la superficie del cielo e della terra, e non avete riconosciuto colui che è davanti a voi. Voi non sapete mettere alla prova questo tempo.

Gesù disse: “Cercate e troverete. Ma le cose sulle quali in quei giorni mi avete interrogato, io non le ho dette, allora. E adesso che io desidero dirvele, voi non me le domandate”.

Gesù disse: “Non date ciò che è santo ai cani, affinché non lo gettino nel letamaio. Non gettate le perle ai porci, affinché non le calpestino”

Gesù disse: “Colui che cerca, troverà; e a colui che bussa sarà aperto”.

Gesù disse: “Se avete del denaro, non imprestatelo a interesse, ma datelo a uno dal quale non lo riavrete”.

Gesù disse: “Il Regno dei Padre è simile a una donna; prese un po’ di lievito, lo nascose nella pasta, e ne fece pani grandi. Chi ha orecchie, intenda!”

Gesù disse: “Il Regno del Padre è simile a una donna che recava una brocca piena di farina. Mentre camminava per una strada lungi da casa, si ruppe l’ansa della brocca e la farina fuoriuscì sulla via; lei non se ne accorse e non badò all’incidente. Giunta a casa sua posò la brocca e la trovò vuota.

Gesù disse: “Il Regno del Padre è simile a un uomo che vuole uccidere una persona potente: in casa propria estrae la spada e trapassa una parete, per provare se la sua mano è abbastanza forte. Poi uccise quella persona potente”.

I discepoli gli dissero: “Fuori ci sono tua madre e i tuoi fratelli”. Egli rispose: “Quelli che sono qui, quelli che fanno la volontà dei Padre mio, costoro sono miei fratelli e mia madre. Questi entreranno nel Regno di mio Padre”.

Mostrarono a Gesù una moneta d’oro e gli dissero: “Gli agenti di Cesare esigono da noi le tasse. Egli rispose “Date a Cesare ciò che e di Cesare date a Dio ciò che è di Dio; e date a me ciò che è mio”.

Gesù disse “Colui che non odia suo padre e sua madre come me, non è adatto a essere mio discepolo. E colui che non ama suo padre e sua madre come me, non può divenire mio discepolo. Poiché mia madre mi diede menzogna, ma la mia vera madre mi diede la vita”.

Gesù disse: “Guai ai farisei! Sono infatti come un cane accovacciato su una mangiatoia di buoi: né mangia, né lascia che mangino i buoi”.

Gesù disse: “Beato l’uomo che sa da quale parte entreranno i ladri, perché s’alzerà, concentrerà la sua forza, e si cingerà i fianchi prima che essi arrivino”.

Gli dissero: “Vieni, oggi preghiamo, e digiuniamo!”. Gesù disse: “Che peccato ho dunque commesso, o in che cosa sono stato vinto? Ma quando lo sposo uscirà dalla stanza nuziale, allora digiuneranno e pregheranno”.

Gesù disse: “Colui che conosce il padre e la madre sarà detto “figlio di una prostituta”.

Gesù disse: “Quando di due farete uno, sarete figli dell’uomo; e quando direte a un monte: “Allontanati!”, si allontanerà”.

Gesù disse: “Il Regno è simile a un pastore che ha cento pecore. Una, la più grande, si smarrì. Egli lasciò le novantanove e cercò quell’una fino a quando la trovò. Dopo che si era affaticato disse alla pecora: “Ti amo più delle novantanove”.

Gesù disse: “Colui che beve dalla mia bocca, diventerà come me; io stesso diverrò come lui e gli saranno rivelate le cose nascoste”.

Gesù disse: “Il Regno è simile a un uomo che, senza saperlo, ha un tesoro nascosto nel suo campo. Dopo la sua morte, lo lasciò al figlio. Il figlio non ne sapeva nulla: ereditò il campo e lo vendette. Il compratore venne e, mentre arava, trovò il tesoro; e cominciò a imprestare denaro a interesse a quelli che voleva”.

Gesù disse: “Colui che ha trovato il mondo ed è diventato ricco, deve rinunciare al mondo”.

Gesù disse: “I cieli e la terra scompariranno davanti a voi, e colui che vive dal Vivente non vedrà né la morte né la paura. Poiché Gesù dice: Il mondo non è degno di colui che troverà se stesso”.

Gesù disse: “Guai alla carne che dipende dall’anima. Guai all’anima che dipende dalla carne”.

I discepoli gli domandarono: “In quale giorno verrà il Regno?”. Gesù rispose: “Non verrà mentre lo si aspetta. Non diranno: “Ecco, è qui!”. oppure: “Ecco, è là!”. Bensì il Regno dei Padre è diffuso su tutta la Terra, e gli uomini non lo vedono”.

Simon Pietro disse loro: “Maria deve andare via da noi! Perché le femmine non sono degne della Vita”. Gesù disse: “Ecco, io la guiderò in modo da farne un maschio, affinché ella diventi uno spirito vivo uguale a voi maschi. Poiché ogni femmina che si fa maschio entrerà nel Regno dei cieli”.

Il Vangelo dello pseudo Matteo

Vangelo dello pseudo Matteo

[1.1] I genitori di Maria. In quei giorni c’era a Gerusalemme un uomo di nome Gioacchino, della tribù di Giuda. Pascolava le sue pecore e temeva il Signore con semplicità e bontà. All’infuori dei suoi greggi non aveva altra preoccupazione; da essi nutriva tutti i timorati di Dio, e offriva il doppio a coloro che lo servivano faticando nella dottrina. Degli agnelli, delle pecore, della lana e di tutte le altre cose che possedeva, egli faceva tre parti: una parte la dava agli orfani, alle vedove, ai pellegrini e ai poveri; la seconda parte la dava alle persone consacrate al culto di Dio; la terza parte la riservava per sé e per casa sua.

[1.2] Mentre egli così agiva, il Signore gli moltiplicava i greggi, sicché nel popolo d’Israele non c’era uomo come lui. Aveva iniziato a comportarsi così dall’età di quindici anni. A vent’anni, prese in moglie Anna, figlia di Achar della sua tribù, cioè della tribù di Giuda, della stirpe di Davide. Ma pur avendo convissuto con lei per vent’anni, da lei non ebbe figli, né figlie.

[2.1] E avvenne che nei giorni festivi, tra quanti offrivano incenso al Signore si trovasse pure Gioacchino a preparare le sue offerte alla presenza del Signore. Un sacerdote di nome Ruben, avvicinatosi, gli disse: “Non ti è lecito stare tra quelli che offrono sacrifici a Dio, poiché Dio non ti ha benedetto dandoti una discendenza in Israele”. Pieno di vergogna davanti al popolo si allontanò piangendo dal tempio del Signore; e non ritornò a casa, ma si recò dalle sue bestie portando con sé, nei monti, i pastori in una terra lontana; e così per cinque mesi Anna, sua moglie, non pot‚ avere sue notizie.

[2.2] Essa piangendo nella sua preghiera diceva: “Signore, Dio santissimo di Israele, non mi hai dato figli, e perché mi hai tolto il marito? Ecco che sono già due mesi che non vedo mio marito. Non so neppure se è morto! Se lo sapessi morto gli darei la sepoltura”. Mentre piangeva abbondantemente, entrò nell’orto di casa sua, si prostrò in preghiera, e innalzò suppliche davanti al Signore. Poi, levatasi dalla preghiera, alzò gli occhi a Dio e vide un nido di passeri su di un albero di alloro; sospirando, levò una voce al Signore dicendo: “Signore Dio onnipotente che hai dato figli a ogni creatura, alle bestie e ai giumenti, agli animali domestici, agli uccelli e ai pesci, e tutti gioiscono dei loro figli, solo me hai escluso dal dono della tua bontà. Tu Dio conosci il mio cuore e sai che all’inizio del mio matrimonio ho fatto voto che, qualora tu, Dio, mi avessi dato un figlio o una figlia, te li avrei offerti nel tuo tempio santo”.

[2.3] Mentre diceva queste cose, improvvisamente le apparve davanti un angelo del Signore, dicendo: “Non temere, Anna, poiché la tua discendenza è nel consiglio di Dio: infatti ciò che nascerà da te, susciterà l’ammirazione per tutti i secoli fino alla fine”. Ciò detto, si allontanò dai suoi occhi. Tremante e timorosa per aver visto questa visione e udito il discorso, entrò in camera, si gettò sul letto mezza morta e rimase giorno e notte in gran timore e in preghiera.

[2.4] Chiamò poi la sua ragazza e le disse: “Tu mi vedi delusa e angosciata per la vedovanza, e non hai voluto venire da me?”. Con un leggero sussurro lei rispose: “Se Dio ti ha chiuso l’utero e ha tolto da te il marito, che cosa ti posso fare io?”. Udito questo, Anna emise un grido e pianse.

[3.1] Nello stesso tempo, mentre Gioacchino era sui monti ove pasceva i suoi greggi, gli apparve un giovane e gli disse: “Perché non ritorni da tua moglie?”. Rispose: “L’ho avuta per vent’anni e Dio non mi volle concedere figli da lei. Io quindi, dopo che questo mi fu rinfacciato, mi allontanai dal tempio del Signore con grande vergogna. Perché dovrei ritornare da lei, una volta che sono stato respinto e disprezzato? Resterò qui con le mie pecore fino a quando il Dio di questo mondo mi vorrà concedere la luce. Per mezzo dei miei servi darò generosamente ai poveri, agli orfani, e alle persone addette al culto di Dio”.

[3.2] Allorché egli finì di parlare, il giovane gli rispose: “Io sono un angelo di Dio e oggi sono apparso a tua moglie piangente e orante, e l’ho consolata; sappi che dal tuo seme concepì una figlia e tu l’hai lasciata ignorandola. Questa starà nel tempio di Dio; su di lei riposerà lo Spirito santo; la sua beatitudine sarà superiore a quella di tutte le donne sante; nessuno potrà dire che prima di lei ce ne sia stata un’altra uguale: e in questo mondo, dopo di lei un’altra non ci sarà. Discendi perciò dai monti, ritorna dalla tua sposa e troverai che è in stato interessante. Dio infatti ha suscitato in lei un seme, del quale devi ringraziarlo. Il suo seme sarà benedetto, e lei stessa sarà benedetta e sarà costituita madre di una benedizione eterna”.

[3.3] Dopo avere adorato l’angelo, Gioacchino gli disse: “Se ho trovato grazia davanti a te, siediti un po’ nella mia tenda e benedici il tuo servo”. L’angelo gli rispose: “Non dirti servo, ma conservo; siamo infatti servi di uno stesso Signore. Ma il mio cibo è invisibile e la mia bevanda non può essere vista da alcun mortale. Perciò non mi devi pregare di entrare nella tua tenda. Se hai intenzione di darmi qualcosa, offrila in olocausto al Signore”. Gioacchino prese allora un agnello immacolato e disse all’angelo: “Non avrei osato offrire un olocausto al Signore se il tuo ordine non mi avesse dato il potere sacerdotale per offrirlo”. L’angelo gli rispose: “Non ti avrei invitato ad offrire, se non avessi conosciuto la volontà del Signore”. Mentre Gioacchino offriva il sacrificio a Dio, salirono in cielo sia l’angelo sia il profumo del sacrificio.

[3.4] Allora Gioacchino cadde bocconi, e rimase in preghiera dall’ora sesta fino alla sera. I servi e i mercenari che erano con lui, vedendolo e ignorando il motivo per cui giaceva, pensavano che fosse morto; si avvicinarono a lui, a stento lo sollevarono da terra. Dopo che narrò ad essi la visione angelica, spinti da grande timore e ammirazione lo esortarono affinché, senza indugio, portasse a compimento la visione dell’angelo tornando prontamente alla sua moglie. Mentre Gioacchino soppesava in cuor suo se ritornare o meno, fu preso da un sopore e vide in sogno l’angelo, che gli era apparso quand’era sveglio, e che gli disse: “Io sono l’angelo che Dio ti ha dato per custode: discendi sicuro e ritorna da Anna, poiché le opere di misericordia che avete fatto tu e tua moglie Anna sono state riferite al cospetto dell’Altissimo. Dio darà a voi un frutto che fin dall’inizio non ebbero mai i profeti né mai avrà santo alcuno”. Destatosi dal sonno, Gioacchino chiamò a sé tutti i servi e mercenari e indicò loro il suo sogno. Essi adorarono il Signore e gli dissero: “Guarda di non trascurare oltre le parole dell’angelo. Piuttosto alzati, partiamo di qui e ritorniamo lentamente facendo pascolare i greggi”.

[3.5] Dopo che da trenta giorni erano in cammino per ritornare e ormai vicini all’arrivo, l’angelo del Signore apparve ad Anna mentre se ne stava ritta in preghiera, e le disse: “Va ora alla porta che è detta Aurea, fatti incontro a tuo marito, oggi infatti verrà da te”. Svelta essa gli corse incontro con le sue ragazze e, supplicando il Signore, restò in lunga attesa presso la porta. Quando ormai per la prolungata attesa lei stava venendo meno, alzò gli occhi e vide lontano Gioacchino che veniva con le bestie. Gli corse incontro, si appese al suo collo rendendo grazie a Dio e dicendo: “Ero vedova ed ecco non lo sono più; ero sterile ed ecco ho già concepito”. Quindi dopo avere adorato il Signore, entrarono. A questa notizia, grande fu la gioia di tutti i suoi vicini e amici, sicché tutta la terra d’Israele si rallegrò di questa notizia.

[4.1] Natività e infanzia di Maria. Passati nove mesi, Anna partorì una figlia e la chiamò Maria. Al terzo anno, dopo averla slattata, Gioacchino e Anna sua moglie andarono insieme al tempio del Signore per offrire a Dio delle vittime e affidarono la bimbetta di nome Maria al collegio delle vergini; qui le vergini restavano giorno e notte nelle lodi a Dio. Giunta davanti alla facciata del tempio, Maria salì velocemente i quindici gradini senza neppure voltarsi indietro né – come suole fare l’infanzia – darsi pensiero dei genitori. Perciò i genitori si affrettarono entrambi stupiti, e cercarono la bambina fino a quando la trovarono nel tempio. Anche i pontefici del tempio si erano meravigliati.

[5.1] Allora, Anna, ripiena di Spirito santo, alla presenza di tutti disse: “Il Signore, Dio degli eserciti, ricordatosi della sua parola, ha visitato il suo popolo con una visita buona e santa per rendere umili i loro cuori e rivolgerli a sé. Ha aperto le sue orecchie alle nostre preghiere e ha allontanato da noi la gioia di tutti i nostri nemici. La sterile è diventata madre e ha partorito l’esultanza e la gioia di Israele. Ecco i doni da offrire al mio Signore; i miei nemici non hanno potuto vietarmelo. Dio volse il loro cuore verso di me e mi ha dato un gaudio sempiterno”.

[6.1] Maria destava l’ammirazione di tutto il popolo di Israele. All’età di tre anni, camminava con un passo così maturo, parlava in un modo così perfetto, si applicava alle lodi di Dio così assiduamente che tutti ne restavano stupiti e si meravigliavano di lei. Essa non era considerata una bambinetta, ma una persona adulta; era tanto assidua nella preghiera, che sembrava una persona di trent’anni. Il suo volto era così grazioso e splendente che a stento la si poteva guardare. Era assidua nel lavoro della lana; e nella sua tenera età, spiegava quanto donne anziane non riuscivano a capire.

[6.2] Si era imposta questo regolamento: dalla mattina sino all’ora terza attendeva alla preghiera; dall’ora terza alla nona si occupava nel lavoro tessile; dalla nona in poi attendeva nuovamente alla preghiera. Non desisteva dalla preghiera fino a quando non le appariva l’angelo di Dio, dalla cui mano prendeva cibo: così sempre più e sempre meglio progrediva nel servizio di Dio. Inoltre, mentre le vergini più anziane si riposavano dalle lodi divine, essa non si riposava mai, al punto che nelle lodi e nelle vigilie non c’era alcuna prima di lei, nessuna più istruita nella conoscenza della Legge, nessuna più umile nell’umiltà, più aggraziata nei canti, più perfetta in ogni virtù. Era costante, salda, immutabile e progrediva in meglio ogni giorno.

[6.3] Nessuno la vide adirata né l’udì maledire. Ogni suo parlare era così pieno di grazia che si capiva come sulle sue labbra c’era Dio. Assidua nella preghiera e nella meditazione della Legge, nel parlare era attenta a non mancare verso le compagne. Vigilava inoltre a non mancare in alcun modo con il riso, con il tono della bella voce, con qualche ingiuria, con alterigia verso una sua pari. Benediceva Dio senza posa, e per non desistere dalle lodi a Dio neppure nel suo saluto, quando era salutata rispondeva: “Deo gratias”. Quotidianamente si nutriva soltanto con il cibo che riceveva dalla mano dell’angelo; il cibo che le davano i pontefici lo distribuiva ai poveri. Frequentemente si vedevano gli angeli di Dio parlare con lei e obbedirle diligentemente. Se qualche malata la toccava, nello stesso istante se ne tornava a casa salva.

[7.1] Il sacerdote Abiatar presentò ai pontefici un numero infinito di doni per prenderla come sposa di suo figlio. Maria li respinse dicendo: “Non può essere che io conosca un uomo o che un uomo conosca me”. I pontefici e tutti i suoi parenti le dicevano: “Dio si venera nei figli e si adora nei discendenti, come è sempre stato in Israele”. Maria tuttavia rispondeva dicendo: “Dio si venera nella castità come risulta provato dall’inizio. Prima di Abele infatti tra gli uomini non vi fu alcun giusto ed egli piacque a Dio a motivo delle offerte e fu spietatamente ucciso da colui che a lui non era piaciuto. Ricevette dunque due corone, quella dell’offerta e quella della verginità non avendo mai ammesso una macchia sulla sua carne. Elia invece, essendo in carne, fu assunto in carne, poiché aveva custodito vergine la sua carne. Io poi dalla mia infanzia, nel tempio di Dio, ho appreso che la verginità può essere assai gradita a Dio. E poiché posso offrire qualcosa di gradito a Dio, in cuor mio ho stabilito di non conoscere assolutamente uomo”.

[8.1] Maria va sposa a Giuseppe. Avvenne che al quattordicesimo anno di età, i farisei ebbero l’occasione di fare rilevare come, per consuetudine, una donna di quell’età non poteva più restare nel tempio. Fu presa allora la decisione di inviare un banditore di tutte le tribù di Israele, affinché, nel giorno terzo, tutti si radunassero nel tempio del Signore. Quanto tutto il popolo fu radunato, si alzò il pontefice Abiatar e salì sul gradino più alto per essere udito e veduto da tutto il popolo. Fattosi un gran silenzio, disse: “Figli di Israele uditemi, prestate orecchio alle mie parole. Da quando questo tempio fu edificato da Salomone, in esso ci sono state figlie vergini di re e figlie di profeti, di sommi sacerdoti e di pontefici: sono cresciute grandi e ammirevoli. Ma giunte all’età legale hanno preso marito seguendo la consuetudine di quelle che le avevano precedute, e sono piaciute a Dio. Soltanto Maria ha trovato un modo nuovo di vivere promettendo a Dio di mantenersi vergine. Mi pare dunque che per mezzo di una nostra domanda e della risposta di Dio potremmo conoscere a chi dobbiamo affidarne la custodia”.

[8.2] Questo discorso piacque a tutta l’adunanza. E dai sacerdoti si gettò la sorte sopra le dodici tribù e la sorte cadde sulla tribù di Giuda. Il sacerdote allora disse: “Chiunque non ha moglie, venga domani e porti in mano un bastone”. Avvenne così che Giuseppe, insieme ai giovani, portò un bastone. Dettero i loro bastoni al sommo pontefice, questi offrì un sacrificio al Signore Dio e lo interrogò. Il Signore gli rispose: “Introduci i bastoni di tutti nel santo dei santi; i bastoni restino lì. Ordina poi loro che vengano da te domani a riprendere i loro bastoni; dalla cima di un bastone uscirà una colomba e volerà in cielo. Maria sarà data in custodia a colui nella cui mano il bastone restituito darà questo segno”.

[8.3] Il giorno dopo tutti giunsero assai presto. Il pontefice, compiuta l’offerta dell’incenso, entrò nel santo dei santi e trasse fuori i bastoni. Distribuitili tutti, da nessun bastone uscì la colomba. Il pontefice si rivestì allora con i dodici campanelli e con la veste sacerdotale, entrò nel santo dei santi, accese il sacrificio ed elevò preghiere. Apparve l’angelo del Signore e gli disse: “C’è qui un bastone piccolissimo, del quale tu non hai fatto caso alcuno, l’hai messo con gli altri, ma non l’hai tirato fuori con essi. Quando l’avrai tirato fuori e dato a colui al quale appartiene, in esso si avvererà il segno del quale ti ho parlato”. Quello era il bastone di Giuseppe il quale, essendo vecchio, era avvilito di non poterla prendere; perciò neppure lui voleva ricercare il suo bastone. Mentre se ne stava umile e ultimo, il pontefice con voce chiara gli gridò: “Giuseppe, vieni e prendi il tuo bastone, tu infatti sei atteso”. Giuseppe, spaventato che il sommo sacerdote lo chiamasse con tanto clamore, si accostò. Non appena tese la mano e ricevette il bastone, dalla cima uscì fuori una colomba più bianca della neve e straordinariamente bella: dopo avere volato a lungo per le sommità del tempio, si lanciò verso il cielo.

[8.4] Tutto il popolo allora si congratulò con il vecchio, dicendo: “Nella tua vecchiaia sei stato fatto beato, o padre Giuseppe, tanto che Dio ti ha indicato degno di ricevere Maria”. Quando i sacerdoti gli dissero: “Prendila! In tutta la tribù di Giuda, infatti, tu solo sei stato scelto da Dio”, Giuseppe prese a venerarli con vergogna, dicendo: “Sono vecchio e ho figli, perché mi affidate questa bimbetta la cui età è inferiore a quella dei miei nipoti?”. Allora, il sommo pontefice Abiatar gli disse: “Ricordati, Giuseppe, che Datan, Abiron, e Core morirono perché disprezzarono la volontà di Dio. Così accadrà pure a te se disprezzerai quanto ti è ordinato da Dio”. Giuseppe gli rispose: “Io non disprezzo la volontà di Dio, sarò custode fino a quando saprò, secondo la volontà di Dio, quale dei miei figli la potrà avere in moglie. Le si diano alcune vergini tra le sue compagne, con le quali frattanto possa passare il tempo”. Il pontefice Abiatar rispose: “Per passare il tempo, le saranno date cinque vergini fino al giorno stabilito nel quale la prenderai: non potrà, infatti, unirsi ad altri in matrimonio”.

[8.5] Allora Giuseppe prese Maria con le cinque vergini che dovevano restare con lei nella casa di Giuseppe. Queste vergini erano: Rebecca, Sefora, Susanna, Abigea e Cael. Il pontefice diede ad esse seta, giacinto, bisso, scarlatto, porpora e lino. Tra esse, trassero a sorte che cosa ognuna doveva fare: a Maria toccò la porpora per il velo del tempio del Signore. Quando la prese, le altre vergini le dissero: “Essendo tu l’ultima, umile e più piccola di tutte hai meritato di ottenere la porpora”. Così dicendo, quasi per gioco, iniziarono a chiamarla regina delle vergini. Mentre tra di loro facevano questo, apparve in mezzo a loro l’angelo del Signore e disse: “Questa espressione non sarà un gioco, bensì l’espressione di una verissima profezia”. Spaventate dalla presenza dell’angelo e dalle sue parole, la pregarono di perdonarle e pregare per loro.

[9.1] Annunciazione – Maria incinta. Il giorno dopo, mentre Maria era alla fontana a riempire la brocca, le apparve un angelo del Signore, che le disse: “Sei beata, o Maria, poiché nel tuo utero hai preparato una abitazione per il Signore. Ecco che dal cielo verrà la luce e abiterà in te e, per mezzo tuo, risplenderà in tutto il mondo”.

[9.2] Di nuovo, il terzo giorno, mentre con le sue dita lavorava la porpora, entrò da lei un giovane di inesprimibile bellezza. Vedendolo, Maria ebbe paura e tremò. Ma egli le disse: “Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te, benedetta tu tra le donne e benedetto il frutto del tuo seno”. All’udire ciò, tremò ed ebbe paura. Allora l’angelo del Signore proseguì: “Non temere, o Maria. Hai trovato grazia presso Dio: ecco che concepirai nell’utero e genererai un re che riempie non soltanto la terra, ma anche il cielo, e regna nei secoli dei secoli”.

[10.1] Mentre accadevano queste cose, Giuseppe era intento alla edificazione di padiglioni nelle regioni vicino al mare; era, infatti, falegname. Dopo nove mesi ritornò a casa sua e trovò Maria incinta. Profondamente angustiato tremò e esclamò dicendo: “Signore Dio, prendi il mio spirito. Per me, infatti, è meglio morire che vivere”. Le vergini che erano con Maria gli dissero: “Che dici, signor Giuseppe? Noi sappiamo che nessun uomo l’ha toccata, noi siamo testimoni che in lei restano purezza e integrità. Noi abbiamo vigilato su di lei: rimase sempre con noi nella preghiera; angeli di Dio parlano quotidianamente con lei; ogni giorno ha ricevuto il cibo dalla mano del Signore. Non sappiamo come in lei ci possa essere un qualche peccato. Se vuoi che ti confessiamo il nostro sospetto, non altri la rese incinta se non l’angelo del Signore”.

[10.2] Rispose Giuseppe: “Perché mi lusingate affinché io creda che l’angelo del Signore l’ha ingravidata? Può essere che qualcuno l’abbia ingannata fingendosi angelo del Signore”. Così dicendo piangeva, e aggiunse: “Con qual fronte oserò guardare il tempio del Signore, e con quale faccia vedrò i sacerdoti di Dio? Che farò io?”. Così dicendo pensava di fuggire o allontanarla.

[11.1] Mentre pensava di allontanarsi, di nascondersi e di abitare in luoghi deserti, nella notte gli apparve in sogno un angelo del Signore, e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere Maria come tua moglie: infatti, quanto è nel suo utero, proviene dallo Spirito santo. Partorirà un figlio e il suo nome sarà Gesù: egli salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Giuseppe, alzatosi dal sonno, rese grazie a Dio e narrò la sua visione. Si rallegrò a proposito di Maria, dicendo: “Ho peccato nutrendo dei sospetti a tuo riguardo”.

[12.1] “L’acqua della gelosia”. Dopo di questo si diffuse la notizia della gravidanza di Maria. Giuseppe allora fu preso dagli inservienti del tempio e con Maria fu condotto al pontefice che, insieme con i sacerdoti, prese a rimproverarlo, dicendo: “Perché hai ingannato una vergine così eccelsa, che fu nutrita dagli angeli di Dio nel tempio, che mai volle vedere o avere un uomo, che aveva un’istruzione ottima nella Legge di Dio? Se tu non le avessi usato violenza, ella sarebbe rimasta nella sua verginità”. Giuseppe assicurò, con giuramento, che non l’aveva mai neppure toccata. Il pontefice Abiatar gli rispose: “Quant’è vero Dio, ti farò portare ora l’acqua della bevanda del Signore, e subito si svelerà il tuo peccato”.

[12.2] Si radunò allora una grande moltitudine di popolo, e Maria fu condotta al tempio. Sacerdoti, affini e parenti, piangevano dicendo a Maria: “Confessa ai sacerdoti il tuo peccato. Tu infatti eri come una colomba nel tempio di Dio, e ricevevi il cibo dalla mano di un angelo”. Di nuovo Giuseppe fu chiamato all’altare e gli fu data l’acqua della bevanda del Signore: se un bugiardo l’avesse gustata, dopo avere compiuto sette giri attorno all’altare, avrebbe ricevuto da Dio un qualche segno sulla faccia. Giuseppe dunque bevette sicuro, compì i sette giri attorno all’altare, e in lui non apparve alcun segno di peccato. Allora tutti i sacerdoti, gli inservienti e la folla lo dichiararono giusto, esclamando: “Sei stato beatificato perché in te non fu trovata colpa alcuna”.

[12.3] Chiamarono poi Maria e le dissero: “E tu che scusa puoi avere? Qual segno può apparire in te che sia maggiore della gravidanza del tuo ventre? Questa ti tradisce. Poiché Giuseppe è puro a tuo riguardo, a te domandiamo che confessi chi è colui che ti ha tradito. Poiché è meglio che tu lo sveli con la tua confessione piuttosto che l’ira di Dio ti manifesti infedele in mezzo al popolo imprimendo un segno sulla tua faccia”. Maria allora, intrepida, disse con fermezza: “Signore Dio, re di tutti, tu conosci i segreti: se in me vi è qualche macchia o peccato, concupiscenza o impudicizia, manifestalo al cospetto di tutti i popoli affinché per tutti io diventi esempio di emendazione”. Così dicendo si appressò fiduciosa all’altare del Signore, bevve l’acqua della bevanda, fece sette giri intorno all’altare, e in lei non apparve macchia alcuna.

[12.4] Il popolo era fuori di sé dallo stupore: vedeva il ventre gravido e non scorgeva alcun segno sulla di lei faccia; incominciò allora un subbuglio e un parlare vario e concitato. Alcuni dicevano: è santa e immacolata; altri invece: è cattiva e contaminata. Maria allora vedendosi sospettata dal popolo e ritenuta non totalmente esente da colpa, disse a voce chiara per essere sentita da tutti: “Quant’è vero che vive il Signore Adonai, Signore degli eserciti, davanti al quale sto, io non ho mai conosciuto uomo; sono invece conosciuta da colui al quale ho consacrato la mia mente dall’età della mia infanzia. Dalla mia infanzia ho fatto a Dio il voto di restare integra per colui che mi ha creato. Io ho fiducia di vivere solo per lui, e di servire solo lui. Fino a quando vivrò, rimarrò in lui senza alcuna macchia”. Tutti allora presero a baciare i suoi piedi e ad abbracciare le sue ginocchia, supplicandola di perdonare i loro cattivi sospetti. La folla, i sacerdoti e tutte le vergini la condussero a casa sua con esultanza e gioia grande, gridando e dicendo: “Sia benedetto il nome del Signore nei secoli, poiché ha manifestato la tua santità a tutto il suo popolo Israele”.

[13.1] Nascita di Gesù. Dopo un certo periodo accadde che si facesse un censimento a motivo di un editto di Cesare Augusto, e tutta la terra si fece iscrivere, ognuno nella sua patria. Questo censimento fu fatto dal preside della Siria, Cirino. Fu dunque necessario che Giuseppe, con Maria, si facesse iscrivere a Betlemme, poiché Giuseppe e Maria erano di qui, della tribù di Giuda e della casata di Davide. Mentre Giuseppe e Maria camminavano lungo la strada che conduce a Betlemme, Maria disse a Giuseppe: “Vedo davanti a me due popoli, uno piange e l’altro è contento”. Giuseppe le rispose: “Stattene seduta sul tuo giumento e non dire parole superflue”. Apparve poi davanti a loro un bel giovane vestito di abito bianco, e disse a Giuseppe: “Perché hai detto che erano parole superflue quelle dette da Maria a proposito dei due popoli? Vide infatti il popolo giudaico piangere, essendosi allontanato dal suo Dio, e il popolo pagano gioire, perché oramai si è accostato e avvicinato al Signore, secondo quanto aveva promesso ai padri nostri Abramo, Isacco, e Giacobbe: di fatti, è giunto il tempo nel quale, nella discendenza di Abramo, è concessa la benedizione a tutte le genti”.

[13.2] Ciò detto, l’angelo ordinò di fermare il giumento, essendo giunto il tempo di partorire; comandò poi alla beata Maria di discendere dall’animale e di entrare in una grotta sotto una caverna nella quale non entrava mai la luce ma c’erano sempre tenebre, non potendo ricevere la luce del giorno. Allorché la beata Maria entrò in essa, tutta si illuminò di splendore quasi fosse l’ora sesta del giorno. La luce divina illuminò la grotta in modo tale che né di giorno né di notte, fino a quando vi rimase la beata Maria, la luce non mancò. Qui generò un maschio, circondata dagli angeli mentre nasceva. Quando nacque stavte ritto sui suoi piedi, ed essi lo adorarono dicendo: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”.

[13.3] Era infatti giunta la nascita del Signore, e Giuseppe era andato alla ricerca di ostavriche. Trovatele, ritornò alla grotta e trovò Maria con il bambino che aveva generato. Giuseppe disse alla beata Maria: “Ti ho condotto le ostavriche Zelomi e Salome, rimaste davanti all’ingresso della grotta non osando entrare qui a motivo del grande splendore”. A queste parole la beata Maria sorrise. Giuseppe le disse: “Non sorridere, ma sii prudente, lasciati visitare affinché vedano se, per caso, tu abbia bisogno di qualche cura”. Allora ordinò loro di entrare. Entrò Zelomi; Salome non entrò. Zelomi disse a Maria: “Permettimi di toccarti”. Dopo che lei si lasciò esaminare, l’ostavrica esclamò a gran voce dicendo: “Signore, Signore grande, abbi pietà. Mai si è udito né mai si è sospettato che le mammelle possano essere piene di latte perché è nato un maschio, e la madre sia rimasta vergine. Sul neonato non vi à alcuna macchia di sangue e la partoriente non ha sentito dolore alcuno. Ha concepito vergine, vergine ha generato e vergine è rimasta”.

[13.4] All’udire questa voce, Salome disse: “Permetti che ti tocchi e sperimenti se è vero quanto disse Zelomi”. Dopo che la beata Maria concesse di lasciarsi toccare, Salome mise la sua mano. Ma quando ritrasse la mano che aveva toccato, la mano inaridì e per il grande dolore incominciò a piangere e ad angustiarsi disperatamente gridando: “Signore Dio, tu sai che io ti ho temuto sempre, e ho curato i poveri senza ricompensa, non ho mai preso nulla dalle vedove e dall’orfano, e il bisognoso non l’ho mai lasciato andare via da me a mani vuote. Ma ora eccomi diventata miserabile a motivo della mia incredulità, perché volli, senza motivo, provare la tua vergine”.

[13.5] Mentre così parlava apparve a fianco di lei un giovane di grande splendore, e le disse: “Avvicinati al bambino, adoralo, toccalo con la tua mano ed egli ti salverà: egli infatti è il Salvatore del mondo e di tutti coloro che in lui sperano”. Subito lei si avvicinò al bambino e, adorandolo, toccò un lembo dei panni nei quali era avvolto, e subito la sua mano guarì. Uscendo fuori incominciò a gridare le cose mirabili che aveva visto e sperimentato, e come era stata guarita; molti credettero a causa della sua predicazione.

[13.6] Anche i pastori di pecore asserivano di avere visto degli angeli che, nel cuore della notte, cantavano un inno, lodavano il Dio del cielo e dicevano che era nato il Salvatore di tutti, che è Cristo Signore, nel quale sarà ridata la salvezza a Israele.

[13.7] Una enorme stella splendeva dalla sera al mattino sopra la grotta; così grande non si era mai vista dalla creazione del mondo. I profeti che erano a Gerusalemme dicevano che questa stella segnalava la nascita di Cristo, che avrebbe realizzato la promessa fatta non solo a Israele, ma anche a tutte le genti.

[14.1] Tre giorni dopo la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, la beatissima Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla, depose il bambino in una mangiatoia, ove il bue e l’asino l’adorarono. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Isaia, con le parole: “Il bue riconobbe il suo padrone, e l’asino la mangiatoia del suo signore”. Gli stessi animali, il bue e l’asino, lo avevano in mezzo a loro e lo adoravano di continuo. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Abacuc, con le parole: “Ti farai conoscere in mezzo a due animali”. Giuseppe con Maria, rimase nello stesso luogo per tre giorni.

[15.1] Il sesto giorno entrarono in Betlemme, dove passarono il giorno settimo. L’ottavo giorno circoncisero il bambino e gli diedero nome “Gesù”, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito. Terminati i giorni della purificazione di Maria, secondo la Legge di Mosè, Giuseppe condusse il bambino al tempio del Signore. Quando il bambino ricevette la “peritomè” (“peritomo” significa circoncisione), offrirono un paio di tortore o due piccini di colombe.

[15.2] Nel tempio c’era un certo uomo di Dio, perfetto e giusto, di nome Simeone, di anni centododici. Questi aveva ricevuto da Dio la promessa che non avrebbe gustato la morte senza avere prima visto, vivo in carne, il Cristo figlio di Dio. Visto il bambino, egli esclamò a gran voce: “Dio visitò il suo popolo, e il Signore adempì la sua promessa”. E subito l’adorò. Dopo lo prese nel suo mantello e baciando i suoi piedi, disse: “Ora, o Signore, lascia andare in pace il tuo servo poiché i miei occhi videro la tua salvezza che hai preparato al cospetto di tutti i popoli, luce per illuminare le genti, e gloria del tuo popolo, Israele”.

[15.3] Nel tempio c’era pure la profetessa di nome Anna, figlia di Fanuel, della tribù di Aser, che aveva vissuto con suo marito sette anni dalla sua verginità: ed era vedova già da ottantaquattro anni. Non si era mai allontanata dal tempio del Signore, ed era dedita a digiuni e preghiere. Anche lei adorò il bambino affermando che in lui c’è la redenzione del mondo.

[16.1] I magi e la fuga in Egitto. Trascorso il secondo anno, dei magi vennero dall’Oriente a Gerusalemme portando grandi doni. E subito interrogarono i Giudei, dicendo: “Dov’è il re che vi è nato? In Oriente infatti abbiamo visto la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”. Questa voce giunse al re Erode e lo spaventò così tanto che radunò scribi, farisei e dottori del popolo per interrogarli dove, secondo i profeti, sarebbe nato Cristo. Essi risposero: “In Betlemme di Giuda. Sta scritto infatti: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei affatto la più piccola tra i principi di Giuda. Da te, invero, nascerà il duce che reggerà il mio popolo Israele”". Erode allora convocò i magi presso di sé e da loro indagò diligentemente quando era apparsa ad essi la stella. Mandandoli poi in Betlemme, disse: “Andate e informatevi diligentemente sul bambino. Quando lo troverete, fatemelo sapere affinché anch’io venga ad adorarlo”.

[16.2] Mentre i magi se ne andavano, per la strada apparve loro la stella che, precedendoli fino a quando giunsero ove era il bambino, fu quasi la loro guida. Vedendo la stella, i magi si rallegrarono con grande gioia e, entrati nella casa, trovarono il bambino Gesù seduto sul grembo di sua madre. Aprirono allora i loro tesori e regalarono grandi doni alla beata Maria e a Giuseppe. Al bambino poi offrirono ciascuno una moneta d’oro; così pure uno offrì oro, un altro incenso, il terzo mirra. Volevano ritornare dal re Erode, ma in sonno furono avvertiti da un angelo di non ritornare da Erode. Per un’altra strada se ne ritornarono nella loro regione.

[17.1] Erode, vedendo che era stato burlato dai magi, si gonfiò in cuor suo, e mandò per ogni strada volendo prenderli e ucciderli. Non trovandoli, mandò nuovamente in Betlemme e in tutti i suoi confini a uccidere tutti i bambini che si trovavano dai due anni in giù, in base al tempo del quale era stato informato dai magi.

[17.2] Un giorno prima che avvenisse questo, Giuseppe fu avvertito in sogno da un angelo del Signore che gli disse: “Prendi Maria e il bambino e va in Egitto per la via del deserto”. Giuseppe, seguendo l’ordine dell’angelo, partì.

[18.1] Prodigi nel viaggio e in Egitto. Giunti a una grotta vollero riposarsi. La beata Maria discese dal giumento e, seduta, teneva il bambino Gesù sul suo grembo. Con Giuseppe c’erano tre ragazzi e con Maria una ragazza che facevano la stessa strada. Improvvisamente dalla grotta uscirono molti draghi: i ragazzi, vedendoli, furono presi da gran timore e gridarono. Allora Gesù scese dal grembo di sua madre, stavte dritto sui suoi piedi davanti ai draghi: essi però adorarono Gesù e poi se ne andarono via. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Davide, con le parole: dalla terra lodate il Signore, o draghi e abissi tutti. Ma egli, il bambinello Gesù, camminando davanti ad essi, ordinò loro di non fare più male a nessuno. Maria e Giuseppe temevano che il bambino fosse morso dai draghi; ma Gesù disse: “Non temete, e non pensate che io sia un bambino. Io infatti sono sempre stato perfetto e lo sono tuttora: è necessario che davanti a me tutte le bestie selvatiche diventino mansuete”.

[19.1] I leoni e i leopardi lo adoravano e si accompagnavano a loro nel deserto: ovunque andavano Giuseppe e Maria, li precedevano, mostrando la strada, chinando la loro testa; prestando loro servizio, facevano le feste con la coda e lo adoravano con grande riverenza. La prima volta che Maria vide leoni, leopardi e altre specie di fiere venire attorno a loro si spaventò grandemente. Guardandola in faccia con volto sereno, Gesù disse: “Mamma, non temere. Non vengono per farti del male, bensì si premurano di ossequiare te e me”. Con queste parole allontanò il timore dal suo cuore.

[19.2] I leoni camminavano con essi, con i buoi, gli asini e le bestie da soma che portavano le cose necessarie, e, pur restando insieme, non facevano male ad alcuno, ma rimanevano mansueti tra le pecore e i montoni che avevano condotto seco dalla Giudea e avevano con sé. Camminavano tra i lupi e non avevano paura di nulla, e nessuno era molesto all’altro. Si avverò allora quanto era stato detto dal profeta: i lupi pascoleranno con gli agnelli. Il leone e il bue mangeranno insieme la paglia. C’erano infatti due buoi e un carro nel quale portavano le cose necessarie e lungo il cammino li guidavano i leoni.

[20.1] Nel terzo giorno di viaggio, gli altri camminavano, ma la beata Maria stanca per il troppo calore del sole del deserto e vedendo un albero di palma disse a Giuseppe: “Mi riposerò alquanto all’ombra di quest’albero”. Giuseppe dunque la condusse premuroso dalla palma e la fece discendere dal giumento. Sedutasi, la beata Maria guardò la chioma della palma, la vide piena di frutti e disse a Giuseppe: “Desidererei, se possibile, prendere dei frutti di questa palma”. Giuseppe le rispose: “Mi meraviglio che tu dica questo, e che, vedendo quanto è alta questa palma, tu pensi di mangiare dei suoi frutti. Io penso piuttosto alla mancanza di acqua: è già venuta meno negli otri e non abbiamo onde rifocillare noi e i giumenti”.

[20.2] Allora il bambino Gesù, che riposava con viso sereno sul grembo di sua madre, disse alla palma: “Albero, piega i tuoi rami e ristora mia mamma con il tuo frutto”. A queste parole, la palma piegò subito la sua chioma fino ai piedi della beata Maria; da essa raccolsero i frutti con i quali tutti si rifocillarono. Dopo che li ebbero raccolti tutti, la palma restava inclinata aspettando, per drizzarsi, il comando di colui al cui volere si era inclinata. Gesù allora le disse: “Palma, alzati, prendi forza e sii compagna dei miei alberi che sono nel paradiso di mio padre. Apri con le tue radici la vena di acqua che si è nascosta nella terra, affinché da essa fluiscano acque a nostra sazietà”. La palma subito si eresse, e dalla sua radice incominciò a scaturire una fonte di acque limpidissime oltremodo fresche e chiare. Vedendo l’acqua sorgiva si rallegrarono grandemente e si dissetarono con essi anche tutti i giumenti e le bestie. Resero quindi grazie a Dio.

[21.1] Il giorno dopo partirono di là. Quando incominciarono il cammino, Gesù si rivolse alla palma e disse: “Palma, ti dò il privilegio, che uno dei tuoi rami sia trasportato dai miei angeli e piantato nel paradiso di mio padre. Ti conferisco la benedizione che a tutti coloro che lottano e vincono, si dica: sei giunto alla palma della vittoria”. Mentre diceva questo, l’angelo del Signore apparve dritto sulla palma e, preso uno dei suoi rami, volò al cielo con il ramo in mano. Ciò vedendo, tutti caddero con la faccia a terra e restarono come morti. Gesù, rivolto a loro, disse: “Perché la paura ha afferrato il vostro cuore? Non sapete che la palma che io feci trasferire in paradiso, sarà nel luogo di delizie a disposizione di tutti gli uomini santi, come fu a disposizione nostra in questo luogo solitario?”. Quelli, allora, tutti pieni di gioia, divennero forti, e si alzarono.

[22.1] Dopo di questo, mentre erano in viaggio, Giuseppe disse a Gesù: “Signore, questo calore ci cuoce. Se gradisci, seguiamo la strada lungo il mare affinché possiamo riposarci nelle città marittime”. Gesù gli rispose: “Non temere, Giuseppe. Io vi accorcerò la strada sicché, quanto cammino avreste percorso in trenta giorni, lo compirete in questo solo giorno”. Mentre essi parlavano così, spinsero lo sguardo innanzi e incominciarono a vedere i monti dell’Egitto e le sue città.

[22.2] Giunsero contenti ai confini di Ermopoli, ed entrarono in una città dell’Egitto chiamata Sotine. E siccome in essa non vi era nessun conoscente al quale potessero chiedere ospitalità, entrarono in un tempio che era detto campidoglio d’Egitto. In questo tempio vi erano trecentocinquantacinque idoli, ai quali ogni giorno erano tributati, in modo sacrilego, onori divini. Gli Egiziani della stessa città entrarono nel campidoglio ove i sacerdoti presero ad ammonirli affinché ogni giorno, come era richiesto dall’onore divino, offrissero i loro sacrifici.

[23.1] Ma avvenne che, entrata nel tempio la beatissima Maria con il bambino, tutti gli idoli si prostrarono a terra, sicché giacevano tutti con la faccia a terra completamente rovinati e spezzati, mostrando così che non erano proprio nulla. Si compì allora quanto era stato detto dal profeta Isaia: “Ecco, il Signore verrà su di una nube leggera, entrerà in Egitto e al suo cospetto saranno scosse tutte le opere manufatte degli Egiziani”.

[24.1] La notizia fu riferita a Affrodisio, governatore di quella città, ed egli venne al tempio con tutto il suo esercito. Visto che Affrodisio era venuto al tempio con tutto il suo esercito, i pontefici pensavano che fosse venuto soltanto per vendicarsi contro coloro che erano stati causa della caduta degli idoli. Egli, invece, entrato nel tempio, visti tutti gli idoli giacere prostrati faccia a terra, si appressò alla beata Maria che portava il Signore sul suo grembo, l’adorò e disse a tutto il suo esercito e a tutti i suoi amici: “Se questi non fosse il dio dei nostri dèi, i nostri dèi non sarebbero caduti faccia a terra davanti a lui, né giacerebbero prostrati al suo cospetto. Noi tutti dunque se non faremo con maggiore attenzione ciò che vediamo fare dai nostri dèi, potremo incorrere nel pericolo della sua indignazione e andare tutti incontro alla morte, come accadde al faraone re d’Egitto il quale, non avendo creduto a numerosi prodigi, fu sommerso in mare con tutto il suo esercito”. Tutto il popolo di quella città credette, allora, nel Signore Dio per mezzo di Gesù Cristo.

[25.1] Ritorno dall’Egitto e primi prodigi. Non molto tempo dopo, un angelo disse a Giuseppe: “Ritorna nella tua terra di Giuda. Coloro che cercavano la vita del fanciullo, sono morti”.

[26.1] Dopo il ritorno di Gesù dall’Egitto, mentre era in Galilea, già al principio del quarto anno di età, un giorno di sabato giocava con dei fanciulli presso il letto del Giordano. Gesù, sedutosi, fece sette laghetti di fango, dotò ciascuno di canaletti per mezzo dei quali, a un suo comando, portava acqua dal torrente al lago e di nuovo la riportava. Uno di quei fanciulli, un figlio del diavolo, con animo invidioso, chiuse le imboccature dei canaletti che portavano acque nei laghetti e mandò all’aria quanto aveva fatto Gesù. Allora Gesù gli disse: “Guai a te, figlio di morte, figlio di Satana. Osi tu distruggere quanto io ho compiuto?”. Colui che aveva agito così, subito morì.

[25.2] Alzarono allora la voce i genitori del morto contro Maria e Giuseppe; dicevano loro: “Vostro figlio ha maledetto il nostro figlio ed è morto”. Giuseppe e Maria si recarono subito da Gesù a causa del tumulto dei genitori del ragazzo e dell’assembramento dei Giudei. Giuseppe disse in segreto a Maria: “Io non oso parlargli. Ammoniscilo tu, dicendogli: perché hai suscitato contro di noi l’odio del popolo, e ci tocca sopportare l’odio molesto della gente?”. Giunta da lui la madre lo pregò dicendo: “Signore mio, che ha fatto mai costui per morire?”. Egli le rispose: “Era degno di morte, avendo mandato all’aria quanto io avevo fatto”.

[25.3] La madre allora lo pregava, dicendo: “No, Signore mio, perché tutti insorgono contro di noi”. Non volendo rattristare sua madre, con il suo piede destro egli toccò il sedere del morto dicendogli: “Alzati, figlio iniquo. Non sei degno, infatti, di entrare nella pace di mio padre, avendo tu mandato all’aria quanto io avevo fatto”. Allora colui che era morto risuscitò e se ne andò. E Gesù, attraverso un canaletto conduceva, al suo comando, le acque nei laghetti.

[27.1] Accadde dopo che, alla vista di tutti, Gesù prese del fango dai laghetti che aveva fatto e con esso plasmò dodici passeri. Quando Gesù fece questo era di sabato e con lui c’erano molti fanciulli. Un giudeo, vedendolo fare questo, disse a Giuseppe: “Non vedi, Giuseppe, che il fanciullo Gesù compie di sabato ciò che non gli è lecito fare? Con il fango, plasmò dodici passeri”. Udito ciò, Giuseppe lo rimproverò, dicendo: “Perché fai di sabato cose che non ci è lecito fare?”. Udendo le parole di Giuseppe e picchiando una mano contro l’altra, disse ai suoi passeri: “Volate!”. E alla voce del suo comando presero a volare. Mentre tutti erano lì e vedevano e udivano, disse agli uccelli: “Andate e volate per la terra e per tutto il mondo, e vivete!”. I presenti vedendo tali prodigi, furono pieni di grande stupore. Alcuni lo lodavano e l’ammiravano, ma altri lo biasimavano. Certuni andarono dai principi dei sacerdoti e dai capi dei farisei e annunziarono loro come Gesù, figlio di Giuseppe, avesse compiuto grandi prodigi e miracoli davanti a tutto il popolo di Israele. Ciò fu annunziato nelle dodici tribù di Israele.

[28.1] Di nuovo avvenne che un figlio del sacerdote del tempio, Anna, giunse con Giuseppe; alla vista di tutti, tenendo in mano un bastone distrusse con rabbia i laghetti che Gesù aveva fatto con le sue mani e ne disperse l’acqua che vi aveva raccolta dal torrente. Chiuse e distrusse gli stessi canaletti dai quali entrava l’acqua. Ciò visto, Gesù disse a quel ragazzo che aveva mandato all’aria i suoi laghetti: “O pessimo rampollo di iniquità, figlio di morte, officina di Satana, il frutto del tuo seme sarà veramente senza forza, le tue radici senza umore, i tuoi rami aridi e sprovvisti di frutto”. E alla vista di tutti, il ragazzo rimase stecchito e morì. Giuseppe allora tremò, prese Gesù, se ne tornò a casa sua con lui.

[29.1] Con lui c’era la madre. Improvvisamente, dalla parte contraria, un altro ragazzo, anch’egli operaio di iniquità, si buttò di corsa sulla spalla di Gesù con l’intenzione di schernirlo o fargli del male, se avesse potuto. Gesù gli disse: “Che tu non possa tornare sano dalla via sulla quale cammini”. E subito cadde e morì. I genitori del morto, che avevano visto l’accaduto, esclamarono: “Donde è nato questo ragazzo? É evidente che ogni parola che dice è vera e spesso si realizza prima ancora che la pronunci”. I genitori del ragazzo si avvicinarono a Giuseppe e gli dissero: “Togli Gesù da questo luogo! Non può abitare con noi in questo comune. O, almeno, insegnagli a benedire e a non maledire”. Giuseppe si avvicinò a Gesù e l’ammonì, dicendo: “Perché fai tali cose? Sono già molti quelli che si lamentano di te; a causa tua ci odiano e sopportiamo, a causa tua, le molestie degli uomini”. Gesù rispose a Giuseppe, dicendo: “Nessun figlio è saggio se non colui che è stato istruito da suo padre secondo la scienza di questo tempo, e la maledizione del padre nuoce soltanto a quelli che fanno del male”. Si radunarono allora contro Gesù e lo accusarono presso Giuseppe. Al vedere questo, Giuseppe fu oltremodo spaventato, temendo la violenza e la sedizione del popolo di Israele. Ma in quel momento Gesù prese per l’orecchio il fanciullo morto, lo tenne sospeso da terra alla presenza di tutti, e videro Gesù parlare con lui come fa un padre con suo figlio. Il suo spirito ritornò in lui ed egli rivisse. E tutti ne furono stupiti.

[30.1] Gesù a scuola. Un certo maestro giudeo di nome Zachia udì Gesù che pronunciava tali parole e, vedendo che in lui c’era una insuperabile conoscenza della virtù, ne rimase addolorato e incominciò a parlare contro Giuseppe in modo indiscreto, stolto, e senza timore. Diceva: “Non vuoi tu affidare tuo figlio affinché sia istruito nella scienza umana e nel timore? Vedo che tu e Maria amate vostro figlio più che le tradizioni degli anziani del popolo. É infatti necessario che noi onoriamo maggiormente i sacerdoti di tutta la chiesa di Israele, e ci preoccupiamo che egli abbia amore verso i bambini, e sia da noi istruito nella dottrina giudaica”.

[30.2] Giuseppe però gli rispose: “E chi è mai colui che può tenere e istruire questo bambino? Se tu lo puoi tenere e istruire, noi non siamo contrari che tu l’istruisca in tutte quelle cose che tutti devono imparare”. Udito quanto aveva detto Zachia, Gesù gli rispose: “I precetti della Legge, dei quali tu hai parlato poc’anzi e tutte le cose alle quali tu ti sei riferito bisogna che siano osservati da coloro che sono istruiti nelle scienze umane; ma io sono estraneo ai vostri tribunali, e non ho un padre carnale. Tu che leggi la Legge e sei istruito, resta nella Legge; io invece ero prima della Legge. Mentre tu ritieni di non avere alcun uguale nella dottrina, sarai istruito da me: nessun altro, infatti, può insegnare le cose alle quali tu hai fatto cenno; lo può soltanto colui che ne è degno. Quando io sarò esaltato da terra, porrò fine a ogni menzione della vostra genealogia. Tu non sai quando sei nato: io solo so quando siete nati e quanto tempo durerà la vostra vita sulla terra”.

[30.3] Tutti coloro che udivano queste chiare parole, si stupivano e esclamavano: “Oh, oh, oh, questo è un mistero magnificamente grande e mirabile. Non abbiamo mai udito cose simili. Mai da alcun altro, né dai profeti, né dai farisei, né dagli scribi, è stato udito o detto qualcosa di simile. Noi sappiamo dove è nato costui; e ancora non ha raggiunto i cinque anni: e come mai sa dire tali cose”. I farisei risposero: “Noi non abbiamo udito mai simili parole da un bambino della sua età”.

[30.4] Gesù rispose loro: “Voi vi meravigliate che un bambino dica cose simili? Perché dunque non credete a me per quelle cose di cui vi ho parlato? Siccome vi ho detto che so quando siete nati, tutti vi meravigliate: vi dirò cose più grandi, e ne resterete ben più meravigliati. Io vidi Abramo, che voi dite essere vostro padre, ho parlato con lui ed egli mi ha visto”. Ciò udito, si tacquero e più nessuno di loro osava parlare. Gesù disse loro: “Sono stato in mezzo a voi con i bambini, e non mi avete conosciuto. Vi ho parlato come a persone sagge, e non avete distinto la mia voce perché siete minori di me, e di poca fede”.

[31.1] Il maestro Zachia disse di nuovo a Giuseppe e a Maria: “Datemi il ragazzo e io l’affiderò al maestro Levi affinché gli insegni le lettere e lo istruisca”. Allora Giuseppe e Maria, accarezzando Gesù, lo condussero a scuola affinché fosse istruito nelle lettere dal vecchio Levi. Entrato che fu, Gesù taceva. Il maestro Levi diceva a Gesù una lettera iniziando dalla prima, la lettera aleph e gli diceva: “Rispondi!”. Ma Gesù taceva e non rispondeva. Il precettore Levi, adirato, prese una verga di storace e lo percosse sulla testa.

[31.2] Ma Gesù disse al maestro Levi: “Perché mi percuoti? Sappi che, in verità, io che sono percosso ammaestro colui che mi percuote assai più di quanto io possa essere ammaestrato. Io, infatti, ti posso insegnare quelle cose che tu stesso dici. Ma tutti costoro che parlano sono ciechi e ascoltano, come bronzo risonante o cembalo squillante, nei quali non ci sono quelle cose delle quali si intende il suono”. Gesù soggiunse poi a Zachia: “Ogni lettera, dall’aleph fino al tav, si distingue dalla disposizione. Prima, dunque, tu dì che cos’è la tav, e io poi ti dirò che cos’è l’aleph”. Disse ancora loro Gesù: “Coloro che non conoscono l’aleph, come possono insegnare la tav, ipocriti? Dite prima che cosa è l’aleph ed io poi vi crederò quando parlerete della beth”. Gesù iniziò così a domandare i nomi delle singole lettere, e chiese: “Il maestro della Legge dica che cos’è la prima lettera, perché ha molti triangoli graduati, subacuti, divisi in mezzo, opposti, allungati, eretti, giacenti e in curva”. All’udire questo, Levi restò stupefatto di una così molteplice disposizione dei nomi delle lettere.

[31.3] Incominciò allora a gridare a quanti l’udivano, dicendo: “Come può vivere sulla terra costui? Al contrario, è degno di essere appeso a una grande croce. Può, infatti, spegnere il fuoco ed eludere altri tormenti. Ritengo che egli esisteva prima del cataclisma, ed è nato prima del diluvio. Qual ventre mai l’ha portato? O quale madre l’ha generato? O quali mammelle l’hanno allattato? Davanti a lui io fuggo, non potendo resistere alla parola della sua bocca, e il mio cuore resta stupito all’udire simili parole. Credo che nessun uomo possa intendere la sua parola, a meno che Dio non sia con lui. Proprio io, infelice, mi sono dato in balia delle sue derisioni. Mentre pensavo di avere un discepolo, ho incontrato il mio maestro, che ignoravo. Che dirò? Non riesco a sopportare le parole di questo ragazzo: fuggirò da questo comune, non riuscendo a comprendere queste cose. Io, vecchio, sono stato vinto da un bambino, poiché non riesco a trovare né l’inizio né la fine delle cose che egli dice. É, invero, difficile, da soli, trovare il principio. Non mento, asserendo che ai miei occhi, l’operare di questo ragazzo, gli inizi del suo parlare e gli scopi delle sue intenzioni non hanno nulla di comune con gli uomini. Non so se questo è un mago o se è un dio; o, certamente, un angelo di Dio parla in lui. Donde sia, donde venga, che ne sarà di lui, non lo so”.

[31.4] Allora Gesù, con il volto sereno, sorrise di lui e disse con autorità a tutti i presenti figli di Israele in ascolto: “Gli infruttuosi fruttifichino, i ciechi vedano, gli zoppi camminino dritti, i poveri godano dei beni, e i morti rivivano affinché ciascuno ritorni al suo stato primitivo e resti in esso, questo è la radice della vita e della dolcezza perpetua”. Dopo che il bambino Gesù ebbe così parlato, subito guarirono tutti coloro che erano caduti in maligne infermità. E più non osavano dirgli qualcosa o ascoltarlo.

[32.1] Altri prodigi di Gesù. Dopo ciò, Giuseppe e Maria se ne andarono con Gesù nella città di Nazaret: e lì egli restò con i suoi genitori. Un giorno di sabato, Gesù giocava con dei bambini sulla terrazza di una casa, e avvenne che uno dei bambini gettò un altro dalla terrazza giù a terra, e questo morì. I genitori del morto, non avendo visto la cosa, gridavano contro Giuseppe e Maria, dicendo: “Vostro figlio gettò per terra il nostro, ed è morto”. Gesù taceva e non rispondeva nulla. Giuseppe e Maria vennero di corsa da Gesù e sua madre lo supplicò, dicendo: “Signore mio, dimmi se sei stato tu a gettarlo per terra”. Subito Gesù discese dalla terrazza per terra e chiamò il ragazzo per nome, Zenone. E quello gli rispose: “Signore”. Gli disse Gesù: “Sono forse stato io a buttarti giù per terra dalla terrazza?”. E quegli rispose: “No, Signore”. I genitori del ragazzo che era stato ucciso si meravigliarono, e in seguito a questo prodigio resero onore a Gesù. Giuseppe e Maria con Gesù se ne andarono di là a Gerico.

[33.1] Gesù aveva sei anni e sua madre lo mandò con una brocca ad attingere acqua alla fontana assieme a dei bambini. E avvenne che, dopo avere attinto l’acqua, uno dei bambini gli diede una spinta e rovesciò la brocca rompendola. Ma Gesù stese il mantello di cui si serviva, e raccolse nel mantello tanta acqua quanta ne conteneva la brocca, e la portò a sua madre. A questa vista lei fu presa da meraviglia: meditava tra sé, e riponeva tutto in cuor suo.

[34.1] Un giorno prese un po’ di grano dal granaio di sua madre e lo seminò in un campo: il grano nacque, crebbe e si moltiplicò in gran quantità; alla fine, egli stesso lo mieté, ne raccolse i frutti, ne fece tre cori e li donò ai suoi molti discepoli.

[35.1] C’è una strada che esce da Gerico e va verso il fiume Giordano ove passarono i figli di Israele: si dice che lì si sia fermata l’arca del testamento. Gesù aveva otto anni, quando uscì da Gerico e andò verso il Giordano; lungo la strada, vicino alla riva del Giordano, c’era una caverna nella quale una leonessa nutriva i suoi piccoli, e perciò nessuno poteva camminare sicuro per quella strada. Gesù, dunque, venendo da Gerico, sapeva che nella caverna c’era una leonessa con i suoi piccoli, tuttavia vi entrò alla presenza di tutti. Appena i leoni videro Gesù, gli andarono incontro e l’adorarono; Gesù si pose a sedere nella caverna e i leoncelli correvano qua e là intorno ai suoi piedi, lo accarezzavano e scherzavano con lui.

[35.2] I leoni più vecchi se ne stavano discosti a testa bassa, adorandolo e facendogli festa con la coda. Allora il popolo che se ne stava discosto, non vedendo Gesù, disse: “Se costui, o i suoi genitori, non avesse compiuto dei peccati gravi non si sarebbe offerto ai leoni”. Mentre il popolo pensava queste cose ed era in preda a grande timore, ecco che, al cospetto di tutti, Gesù uscì dalla caverna preceduto dai leoni mentre i leoncelli giocavano tra i suoi piedi. I genitori di Gesù, a testa bassa, e un po’ discosti, se ne stavano ad osservare; anche il popolo, a causa dei leoni, se ne stava discosto, ma non osavano congiungersi ad essi. Allora Gesù prese a dire al popolo: “Quanto le bestie sono migliori di voi! Esse conoscono il loro Signore e lo glorificano mentre voi, uomini, che siete fatti a immagine e somiglianza di Dio, lo ignorate. Le bestie mi riconoscono e si fanno mansuete gli uomini mi vedono e non mi riconoscono”.

[36.1] Poi Gesù, sotto gli occhi di tutti, passò il Giordano con i leoni e l’acqua del Giordano si divise a destra e a sinistra. Disse allora ai leoni, ma lo sentirono tutti: “Andate in pace e non fate male a nessuno; ma anche l’uomo non vi rechi molestia fino a che siate ritornati là donde siete usciti”. Essi lo salutarono non soltanto con la voce, ma anche con il corpo, e poi se ne andarono nei loro luoghi. E Gesù se ne ritornò da sua madre.

[37.1] Giuseppe, essendo falegname, faceva attrezzi di legno, gioghi per buoi, aratri, strumenti per smuovere la terra e adatti alle colture, letti di legno, e un giorno andò da lui un giovane che gli commissionò un letto di sei cubiti. Giuseppe ordinò al suo garzone di tagliare il legno con una sega di ferro, secondo la misura comandata. Ma questi non seguì in tutto la misura prescritta, e fece una parte del legno più corta dell’altra. Giuseppe, tutto impensierito, incominciò a escogitare che cosa gli conveniva fare.

[37.2] Quando Gesù lo vide così impensierito, poiché la cosa fatta gli pareva irrimediabile, gli rivolse una parola consolatoria: “Vieni, disse, teniamo i capi delle assi, accostiamole insieme capo con capo, e pareggiamole tirandole verso di noi: così potremo renderle uguali”. Giuseppe obbedì a colui che comandava: sapeva che egli poteva fare tutto quello che voleva. Giuseppe prese i capi delle assi e le appoggiò a un muro, presso di sé; Gesù tenne i due capi opposti di quelle assi, e tirò a sé l’asse più corta, uguagliandola all’asse più lunga. Poi disse a Giuseppe: “Ora vai a lavorare, e fai quanto avevi promesso di fare”. Giuseppe fece quanto aveva promesso.

[38.1] Gesù a scuola. Avvenne che, per la seconda volta, Giuseppe e Maria furono pregati dal popolo affinché mandassero Gesù a scuola per istruirsi nelle lettere. Essi assecondarono questo invito e, secondo il precetto dei vecchi, lo condussero da un maestro affinché lo istruisse nella scienza umana. Il maestro iniziò con autorità ad ammaestrarlo dicendo: “Dì alfa”. Gesù però gli rispose: “Tu dimmi prima che cos’è beta ed io ti dirò che cos’è alfa”. Irato da questo, il maestro percosse Gesù, ma poco dopo averlo percosso morì.

[38.2] E Gesù se ne ritornò a casa da sua madre. Giuseppe si intimorì e chiamò a sé Maria; le disse: “Sono veramente triste per questo ragazzo fino a morirne. Può, infatti, accadere che un giorno o l’altro qualcuno lo percuota maliziosamente ed egli muoia”. Maria gli rispose: “Non pensare, uomo di Dio, che ciò possa avvenire. Ritieni anzi per certo che colui che lo ha mandato a nascere tra gli uomini, lo custodirà da ogni malignità e, nel suo nome, lo preserverà dal male”.

[39.1] I Giudei, per la terza volta, supplicarono Maria e Giuseppe di condurlo, con le loro carrozze, a studiare da un altro maestro. Temendo il popolo, l’insolenza dei principi e le minacce dei sacerdoti, Giuseppe e Maria lo condussero nuovamente a scuola, pur sapendo che non poteva imparare alcunché dagli uomini colui che solo da Dio aveva una scienza perfetta.

[39.2] Entrato nella scuola, Gesù, sotto la guida dello Spirito santo, dalla mano del maestro che stava insegnando la Legge davanti a tutto il popolo che vedeva e udiva, prese il libro e incominciò a leggere non già quanto era scritto nel loro libro, ma a parlare nello spirito del Dio vivo come se da una viva sorgente sgorgasse un torrente di acqua e la sorgente restasse sempre piena. Insegnava al popolo le grandezze del Dio vivo con tale forza che lo stesso maestro cadde a terra e lo adorò. Il cuore del popolo che era seduto là e l’aveva udito dire tali cose fu preso dallo stupore. Giuseppe, udito tutto questo, corse da Gesù nel timore che morisse lo stesso maestro; ma appena lo vide, il maestro gli disse: “Tu non mi hai dato un discepolo, ma un maestro: chi può resistere alle sue parole?”. Si compì allora quanto era stato detto dal salmista: “Il fiume di Dio fu ripieno di acqua. Hai preparato il loro cibo, poiché tale è la sua preparazione”.

[40.1] Dopo di ciò, Giuseppe se ne andò via di là insieme a Maria e Gesù per recarsi alla marittima Cafarnao, a causa della malizia degli uomini suoi avversari. Mentre Gesù abitava a Cafarnao, nella città c’era un uomo molto ricco, di nome Giuseppe; a motivo di una sua persistente malattia, egli morì sul suo letto. Gesù, avendo uditi i lamenti, i pianti e le grida elevate dalla gente sul morto, disse a Giuseppe: “Perché non offri l’aiuto della tua bontà a costui che ha lo stesso tuo nome?”. Giuseppe rispose: “Che potere e che facoltà ho io da offrire bontà a costui?”. Gesù allora gli rispose: “Prendi il fazzoletto del tuo capo, va a porlo sulla faccia del morto e digli: “Cristo ti salvi!”. E subito il defunto sarà salvo e si alzerà dal suo letto”. Udito ciò, Giuseppe, al comando di Gesù, andò subito correndo, entrò in casa del defunto, prese il fazzoletto che aveva sul suo capo e lo pose sulla faccia di colui che giaceva sul letto, dicendogli: “Ti salvi Gesù!”. E subito il morto si levò da letto e domandò chi fosse Gesù.

[41.1] E da Cafarnao se ne andarono nella città di Betlemme: Giuseppe era a casa sua con Maria, e Gesù con loro. Un giorno Giuseppe chiamò a sé il suo figlio primogenito, Giacomo, e lo mandò nell’orto della verdura a raccogliere legumi per preparare una pietanza. Gesù seguì suo fratello Giacomo nell’orto, senza che Giuseppe e Maria se ne accorgessero. Mentre Giacomo raccoglieva legumi, da un buco uscì una vipera e morse una mano di Giacomo, che per l’atroce dolore si mise a urlare. Stava svenendo, e diceva con voce amara: “Ahi, ahi, una vipera infame mi ha morso la mano”.

[41.2] Gesù, che se ne stava dalla parte opposta, all’udire quella voce amara corse da Giacomo, gli prese la mano, e non fece altro che soffiarvi sopra, e la rinfrescò: subito Giacomo guarì, il serpente invece morì. Giuseppe e Maria ignoravano quanto era avvenuto; ma al grido di Giacomo e al comando di Gesù corsero nell’orto e trovarono il serpente già morto e Giacomo guarito bene.

[42.1] Gesù in famiglia. Quando Giuseppe andava a un convito con i suoi figli Giacomo, Giuseppe, Giuda, Simone e le sue due figlie, ci andavano pure Gesù e Maria, sua madre, con sua sorella Maria di Cleofa – data dal Signore Dio a suo padre Cleofa e a sua madre Anna perché avevano offerto al Signore Maria, madre di Gesù -: questa Maria fu chiamata con lo stesso nome “Maria”, a conforto dei genitori.

[42.2] Quando erano insieme, Gesù li santificava e benediceva, ed egli era il primo che cominciava a mangiare e a bere. Nessuno di loro osava, infatti, mangiare o bere, sedere alla mensa o spezzare il pane, fino a quando egli non avesse fatto ciò per primo, santificandoli. Se, per caso, era assente, aspettavano fino a quando lo facesse. Quando poi egli non voleva prendere cibo, se ne astenevano anche Giuseppe, Maria e i suoi fratelli, i figli di Giuseppe. Questi fratelli, avendo davanti ai loro occhi la sua vita, come un faro luminoso, lo rispettavano e lo temevano. Quando Gesù dormiva, fosse di giorno o di notte, lo splendore di Dio splendeva su di lui. Al quale sia ogni lode e gloria nei secoli dei secoli. Amen. Amen.

Vangelo di Verità

Vangelo di Verità

1. Il Vangelo della Verità è gioia per coloro che hanno ricevuto dal Padre della Verità la grazia di conoscere Lui per mezzo della potenza del Logos, uscito dal Pleroma e immanente nel Pensiero e nella mente del Padre. Questi è colui che è chiamato “il Salvatore”, perché tale è il nome dell’opera che egli deve compiere per la salvezza di coloro che non hanno conosciuto il Padre. Perciò il termine “vangelo” è rivelazione di speranza: esso è una scoperta per coloro che cercano Lui.

2. Il Tutto si è dato alla ricerca di Lui, dal quale è uscito. Il Tutto si trovava dentro di Lui, l’inafferrabile, l’impensabile, al di sopra di ogni concetto. E l’ignoranza a proposito del Padre produsse angoscia e terrore. L’angoscia divenne densa come nebbia, tanto che nessuno poteva vedere. Per questo motivo l’Errore divenne potente: plasmò la sua sostanza con il vuoto, ignorando la verità, e prese dimora in una finzione, creando con bell’artificio qualcosa che sostituisse la verità.

3. Questo non ha comportato un’umiliazione per Lui, l’inafferrabile, l’impensabile, perché l’angoscia, l’oblio e la finzione dell’Errore non erano nulla, mentre la Verità è salda, inalterabile, e non suscettibile di bellezza. Disprezzate pertanto l’Errore. Così è di esso: non avendo radice, si è trovato immerso in una nebbia, a proposito del Padre, dedicandosi a preparare opere, oblii e terrori per fuorviare quelli del mezzo e farli prigionieri. Ma l’oblio che è proprio dell’Errore non era manifesto: l’oblio non è entrato nell’esistenza per mezzo del Padre, benché sia stato generato a causa di lui. Invece, ciò che è entrato nell’esistenza per mezzo del Padre è la conoscenza, la quale fu manifestata perché l’oblio scomparisse ed essi potessero conoscere il Padre. L’oblio infatti esisteva perché essi non conoscevano il Padre. Ma appena il Padre sarà conosciuto, immediatamente l’oblio non esisterà più.

4. E questo è il Vangelo di colui che è cercato; Vangelo che Gesù Cristo ha rivelato ai perfetti, mistero nascosto, per la misericordia del Padre. Per mezzo di esso, egli ha illuminato coloro che erano nelle tenebre a causa dell’oblio. Li ha illuminati e ha mostrato loro la Via. E la Via è la verità che egli ha insegnato loro. Per questo motivo l’Errore si è irritato con lui, l’ha perseguitato, l’ha oppresso e l’ha annientato. Egli è stato inchiodato ad un legno ed è divenuto frutto della conoscenza del Padre, senza causare rovina per il fatto che se ne è mangiato. Anzi, chi ne ha mangiato lo ha fatto gioire per la scoperta.

5. Egli ha trovato loro in se stesso, ed essi hanno trovato in sé Lui, l’inafferrabile, l’impensabile, il Padre. Questi è la perfezione: è quello che ha prodotto il Tutto, in cui il Tutto si trova e di cui il Tutto ha bisogno, poiché egli ne ha tenuto in se stesso la perfezione, quella che non ha concesso al Tutto. Non che il Padre fosse geloso: quale gelosia ci può mai essere tra Lui e le sue membra? Ma se l’eone presente avesse ricevuto la loro perfezione, esse non si rivolgerebbero al Padre, il quale conserva in se stesso la loro perfezione e la concede loro perché ritornino a lui e lo conoscano con una conoscenza unica in perfezione. Egli è colui che ha prodotto il Tutto, in cui il Tutto esiste e di cui il Tutto ha bisogno.

6. Come accade di qualcuno, che se altri non lo conoscono, egli suole desiderare che lo conoscano e lo amino, per la stessa ragione – e di che cosa il Tutto aveva bisogno se non della conoscenza del Padre? – egli si è fatto guida sollecita e sicura. Egli si è presentato in mezzo ai luoghi di istruzione, e ha insegnato la Parola come Maestro. Là si sono avvicinati a lui coloro che erano sapienti secondo la propria opinione, mettendolo alla prova, ma egli li ha confusi, perché essi erano sciocchi. Essi lo hanno odiato, perché non erano davvero assennati. Dopo costoro, si sono avvicinati a lui i piccoli, ai quali appartiene la conoscenza del Padre. Ammaestrati, essi appresero gli aspetti della faccia del Padre. Conobbero e furono conosciuti, glorificarono e furono glorificati.

7. Si è rivelato nel loro cuore il Libro della vita dei vivi, che è scritto nel Pensiero e nella Mente del Padre e che, ancor prima della fondazione del Tutto, era nella parte di lui che è incomprensibile, e che nessuno aveva possibilità di prendere, poiché era decretato che chi lo avrebbe preso sarebbe stato immolato. Nessuno poteva essere manifestato, di coloro che credevano nella salvezza, finché quel libro non avesse fatto la sua apparizione. Per questo motivo il misericordioso e fedele Gesù ebbe compassione e accettò le sofferenze, perché sapeva che la sua morte era vita per molti.

8. Allo stesso modo che, fin quando un testamento non è ancora stato aperto, i beni del padrone rimangono nascosti, così era nascosto il Tutto, mentre era invisibile il Padre del Tutto, l’unico, l’esistente di per se stesso, colui dal quale procedono tutti gli spazi. Perciò è apparso Gesù e ha preso su di sé quel libro. Egli è stato inchiodato ad un legno, ha affisso alla croce l’editto del Padre. Oh, quale grande insegnamento! Egli si è abbassato fino alla morte, sebbene rivestito di vita immortale. Spogliatosi di questi cenci corruttibili, si è rivestito di incorruttibilità, che nessuno ha la possibilità di levargli. Penetrato nei luoghi vuoti a causa del terrore e passato attraverso quelli spogli a causa dell’oblio, è divenuto conoscenza e perfezione, proclamando ciò che era nel cuore del Padre, per istruire che era privo di insegnamento.

9. Quelli che ricevono l’insegnamento sono i vivi, iscritti nel libro dei vivi. Essi ricevono l’insegnamento per se stessi e sono ricevuti dal Padre quando nuovamente si rivolgono a Lui. Infatti la perfezione del Tutto si trova nel Padre ed è necessario che il Tutto risalga a lui. Pertanto, se uno riceve la gnosi, riceve ciò che gli è proprio e l’attira in se stesso. Invece chi è ignorante è privo, ed è una cosa importante che gli manca: gli manca infatti ciò che può farlo perfetto.

10. Poiché la perfezione del Tutto è nel Padre ed è necessario che il Tutto risalga a lui e che ognuno riceva ciò che gli è proprio, Egli li ha registrati in anticipo, avendoli preparati per essere uniti a quelli che sono usciti da lui. Coloro i cui nomi Egli ha conosciuto in anticipo alla fine vengono chiamati: e così, chi conosce è colui del quale il Padre ha pronunciato il nome. Invece colui il cui nome non è stato pronunciato è l’ignorante. E, infatti, come potrebbe uno udire, se il suo nome non è stato pronunciato? Chi rimane ignorante fino alla fine è una creatura dell’oblio e sarà distrutto con esso. Altrimenti, per quale ragione questi miserabili non ricevono alcun nome, non sentono l’appello?

11. Dunque, se uno possiede la gnosi, è un essere dall’alto. Se è chiamato, ode, risponde e si volge verso chi lo chiama, per risalire a lui, poiché sa per quale scopo è chiamato. Poiché possiede la gnosi, egli compie la volontà di colui che lo ha chiamato. Desidera piacergli e riceve il Riposo. Egli può conoscere il nome di ogni cosa. Chi possiede così la gnosi sa di dove viene e dove va. Egli sa, allo stesso modo di uno che essendo stato ubriaco si è liberato dell’ubriachezza ed essendo tornato in sé mette in ordine le cose che gli appartengono.

12. Molti sono stati fatti uscire dall’errore, sono stati preceduti fino ai luoghi a loro propri, da cui si erano allontanati e ricevendo l’errore a causa della profondità di Colui che circonda ogni luogo, senza che cosa alcuna lo circondi. Gran meraviglia che essi fossero nel Padre senza conoscerlo e che abbiano avuto la possibilità di uscire fuori da soli, non potendo comprendere e conoscere Colui nel quale si trovavano! Così era, perché la sua volontà non si era ancora rivelata fuori di lui. Egli l’ha manifestata a favore di una conoscenza in cui convengono tutte le sue emanazioni.

13. Essa è la conoscenza del libro vivo, che egli alla fine ha rivelato agli eoni. Non sono lettere e segni tali che, leggendoli, uno possa pensare a qualcosa di vano, ma sono le lettere della Verità: chi le pronuncia riconosce se stesso. Ciascuna lettera è verità assoluta, ed è un libro perfetto, poiché si tratta di segni scritti dall’Uno. Li ha scritti il Padre, affinché gli eoni, per mezzo di queste sue lettere, conoscessero il Padre.

14. La sua Sapienza ha meditato il Verbo. La sua Dottrina lo ha preferito. La sua Conoscenza lo ha rivelato. La sua compiacenza si è posata su di lui come corona. La sua gioia si è unita a lui. La sua gloria lo ha esaltato. La sua somiglianza lo ha reso noto. Il suo Riposo lo ha ricevuto in sé. Il suo amore si è incarnato in lui. La sua fiducia lo ha circondato. Così il Verbo del Padre procede dentro il Tutto, frutto del suo cuore ed espressione della sua volontà. Ed egli sostiene il Tutto, lo sceglie, ed anzi rende l’immagine del Tutto, purificandolo e promuovendone i ritorno al Padre e alla Madre, egli, Gesù dall’infinita dolcezza. Il Padre mostra il suo seno, e il suo seno è lo Spirito Santo. Egli rivela ciò che di se stesso era nascosto – ciò che di Lui era nascosto è suo Figlio – di modo che, grazie alla sua misericordia, gli eoni possono conoscerlo e cessare di tormentarsi nella ricerca del Padre, trovando riposo il Lui, sapendo che Egli è il Riposo.

15. Colmando la deficienza Egli ne ha abolito la figura. La figura di questa è il mondo, che ad essa era soggetto. Infatti, nel luogo in cui c’è invidia e disaccordo, là c’è deficienza; mentre nel luogo in cui c’è unità, là c’è perfezione. Siccome la deficienza è venuta nell’esistenza perché non si conosceva il Padre, così, appena si conoscerà il Padre, all’istante la deficienza scomparirà. Proprio come nel caso dell’ignoranza di uno: appena egli viene a conoscenza, la sua ignoranza si disperde da sola, come si dissipano le tenebre quando appare la luce: così anche la deficienza viene meno a causa della perfezione. Di conseguenza, dunque, la figura non si mostrerà più, ma sparirà nella fusione dell’unità. Pertanto le loro azioni si presentano simili l’una all’altra. Ciò accadrà nel momento in cui l’unità perfezionerà il luoghi. Per mezzo dell’unità ognuno ritroverà se stesso. Per mezzo della gnosi ciascuno purificherà se stesso dalla diversità all’unità, consumando la materia dentro se stesso, come un fuoco: le tenebre per mezzo della luce, la morte per mezzo della vita.

16. Se dunque queste cose sono successe a ciascuno di noi, è necessario che noi provvediamo prima di tutto che la casa sia santificata e silenziosa per l’unità. Come di persone che hanno lasciato un luogo dove possedevano, in qualche angolo, vasi che non erano buoni, e questi sono stati spaccati, tuttavia il padrone di casa non soffre per la perdita anzi ne è lieto: invece di quei brutti vasi, vi sono quelli pieni che divengono perfetti. Tale è il giudizio che viene dall’alto e che ha giudicato ognuno: una spada sguainata, a doppio taglio, che recide da una parte e dall’altra. Quando è apparso il Verbo, che è nel cuore di coloro che lo hanno scelto, e non era soltanto un suono, ma aveva preso un corpo, una grande confusione avvenne tra i vasi: alcuni erano stati svuotati, altri riempiti, perché, ecco: alcuni erano lì pronti, altri rovesciati; alcuni furono purificati, altri fatti a pezzi. Tutti i luoghi furono scossi e sconvolti e non ebbero né consistenza né saldezza. L’Errore ne è turbato e non sa che cosa dovrà fare. Affliggendosi e lamentandosi, egli si lacera, perché non capisce niente. Dopo che la conoscenza, che è la rovina sua e delle sue emanazioni, gli si è avvicinata, esso è vuoto. D’altronde nell’Errore non c’è nulla.

17. La Verità si è fatta avanti. Tutte le emanazioni la hanno conosciuta. Esse hanno veracemente salutato il Padre, con una potenza perfetta che le unisce a Lui. Ognuno infatti ama la verità, perché la verità è la bocca del Padre e la sua lingua è lo Spirito Santo, il quale congiunge ciascuno alla Verità, unendolo alla bocca del Padre per mezzo della sua lingua, quando riceve lo Spirito Santo.

18. Questa è la manifestazione e la rivelazione del Padre ai suoi eoni: Egli ha rivelato ciò che di sé era nascosto e l’ha spiegato. Chi è infatti colui che esiste, se non il Padre solo? Tutti i luoghi sono sue emanazioni. Essi hanno conosciuto che sono usciti da Lui. Prima essi lo conoscevano come figli in un uomo perfetto, perché non avevano ancora ricevuto una forma né avevano ancora ricevuto un nome, che il Padre produce per ciascuno. Lo conoscono allorché ricevono una forma dalla gnosi. In realtà, benché siano in Lui, non lo conoscono. Invece il Padre è perfetto e conosce ogni cosa che è in se. Egli, se vuole, manifesta chi vuole, dandogli una forma e dandogli un nome. Egli dà un nome e fa’ entrare nell’esistenza coloro che prima dell’esistenza erano ignoranti di chi li aveva prodotti. Certamente non dico che siano un niente coloro che ancora non sono entrati nella esistenza: essi si trovano in Colui che vorrà che esistano, quando vorrà, cioè in un tempo futuro. Prima che ogni cosa sia manifestata, Egli conosce ciò che produrrà; ma il frutto che ancora non si è manifestato, non sa niente e neppure opera in qualche modo. Così, ogni cosa, che pure è nel Padre, proviene da Lui che esiste e che l’ha fatta esistere dal nulla. Chi non ha radici non ha nemmeno frutto, e se dovesse pensare a proprio riguardo: – Io sono stato fatto… – scomparirebbe per se stesso. Pertanto, ciò che non esiste per nulla non esisterà mai.

19. Che cosa dunque vuole il Padre che si pensi di se stessi? Questo: “Io sono diventato come le ombre e i fantasmi della notte”. Quando la luce illumina il terrore che lo ha colpito, quel tale capisce che esso non è niente. Così essi ignoravano il Padre: Egli è ciò che essi non vedevano. Poiché questo significava spavento, confusione, instabilità, dubbio e incertezza, esistevano molti inganni, attivi per le cause suddette, e vuote finzioni, come se la gente si fosse abbandonata al sonno e si trovasse in preda a sogni agitati: o si presenta loro un luogo in cui essi trovano scampo o si sentono senza forze, dopo essere stati inseguiti da qualcuno; o sono coinvolti in risse o stanno essi stessi ricevendo colpi; o stanno cadendo da grandi alture o volano per aria, sebbene non abbiano ali. Altre volte ancora è come se qualcuno tentasse di ucciderli, anche se nessuno li insegue, o essi stessi stanno uccidendo i loro vicini, perché sono imbrattati del loro sangue. Fino al momento in cui non si ridesta, colui che passa attraverso queste cose, immerso in tutte queste confusioni, non si accorge che esse non significano nulla. Così è per coloro che hanno allontanato da sé l’ignoranza, come un sonno cui essi non danno alcun valore. Ugualmente non danno alcun valore alle sue opere, ma le abbandonano, al pari di un sogno nella notte, e considerano la conoscenza del Padre come la luce.

20. È così che ognuno ha agito, da addormentato, nel tempo della sua ignoranza, ed è così che conosce, come se si ridestasse. Felice l’uomo che torna in sé e si ridesta, e beato chi ha aperto gli occhi dei ciechi! Lo Spirito è corso rapidamente su di lui; quando l’ha fatto risorgere: ha steso la mano a chi giaceva per terra ed ha rimesso sui suoi piedi quello che ancora non si era rialzato. A costoro ha dato la possibilità di apprendere la conoscenza del Padre e la rivelazione del Figlio. Perché quando essi hanno veduto e udito costui, il Padre ha permesso loro di gustare se stesso, di sentirne il profumo, di toccare il Figlio diletto.

21. Dopo che egli fu apparso, istruendoli circa il Padre, l’incomprensibile, dopo che ebbe soffiato in loro ciò che è nel Pensiero, eseguendone il volere, dopo che molti ebbero ricevuto la luce, alcuni si rivolsero contro di lui, perché erano estranei e non vedevano la sua immagine. Gli uomini ilici non avevano capito che egli si era presentato sotto una somiglianza di carne, a cui nessuno poteva impedire il cammino, essendo dotata di incorruttibilità e incoercibilità.

22. Insegnando dunque cose nuove, col proferire ciò che è nel cuore del Padre, egli ha pronunciato la parola senza imperfezioni. Dalla sua bocca ha parlato la Luce e la sua voce ha generato la vita. Egli ha dato loro pensiero e intelletto, misericordia e salvezza, e il potere di uno spirito proveniente dall’infinità e bontà del Padre. Ha fatto cessare punizioni e tormenti – perché erano questi che distoglievano da Lui molti, bisognosi di misericordia, verso l’errore e le catene – e con potenza li ha debellati e li ha coperti di vergogna per mezzo della conoscenza. Egli è diventato la via per quelli che erravano, conoscenza per quelli che ignoravano, scoperta per quelli che cercavano, sostegno per quelli che vacillavano, purezza per quelli che erano contaminati.

23. Egli è il pastore che ha lasciato le novantanove pecore che non si erano sviate ed è andato alla ricerca di quella che si era smarrita. E quando l’ha trovata ne ha gioito; perché il novantanove è un numero contenuto nella mano sinistra, che lo conteggia, ma appena è stato trovato l’uno, l’intero numero passa alla destra. Perché questa attira ciò che è mancante: lo prende dalla sinistra e lo passa alla destra, e in questo modo diventa cento.

24. Con il suono della loro voce esse indicano il Padre. Egli ha lavorato anche di sabato per la pecorella che ha trovato caduta nella fossa. Egli ha salvato la pecora viva, riportandola fuori della fossa, affinché voi poteste capire – voi, figli della gnosi – qual’è il sabato in cui non bisogna che l’opera di redenzione rimanga inattiva, e affinché possiate parlare del giorno che è di sopra, in cui non c’è notte, e della luce che non tramonta mai, perché è perfetta.

25. Parlate dunque, dal vostro cuore, perché siete voi questo giorno perfetto e in voi dimora la luce che non ha fine. Parlate della verità a quelli che la cercano e della conoscenza a quelli che nel loro errore hanno peccato. Consolidate il piede di coloro che hanno incespicato e imponete le vostre mani ai malati. Nutrite gli affamati e date pace ai sofferenti. Rialzate quelli che vogliono levarsi e ridestate coloro che dormono. Voi siete la saggezza che viene brandita. Se la potenza si comporta in questo modo, essa diviene ancora più potente. Abbiate cura di voi stessi. Non vi preoccupate di ciò che resta, che avete gettato via: non fate ritorno a ciò che avete vomitato, per riprenderlo. Non fatevi rodere dalla tarma o dal verme: vi siete già liberati da questa condizione. Non diventate un luogo per il diavolo: l’avete già annientato. Non consolidate i vostri ostacoli: essi crollano, perché sono macerie. Ciò che è senza una legge non è nulla, tanto da poter reprimere più della legge. Esso compie le sue opere da solo, perché è ingiusto. Invece chi è giusto compie le sue opere in mezzo agli altri. Voi, dunque, fate la volontà del Padre: gli appartenete. Il Padre è amorevole e ciò che procede dalla sua volontà è buono. Egli ha conosciuto ciò che è vostro, affinché là voi troviate la vostra Quiete. Dai frutti si conosce ciò che vi appartiene.

26. I figli del Padre, sono essi la sua fragranza, e la manifesta in ogni luogo. Se essa si mescola con la materia, Egli affida la propria fragranza alla luce e la fa sollevare nel suo Silenzio, al di sopra di ogni forma e di ogni rumore. Perché non sono le orecchie che fiutano l’odore, ma è lo Spirito che può odorarlo, e lo attira in se stesso e lo immerge nella fragranza del Padre. Lo riconduce dunque in porto, lo rimena al luogo di dove è uscito, alla nostra fragranza originale, che ora è fredda. Essa è una sostanza psichica; è come acqua fredda che si è condensata su un suolo non liscio e a proposito della quale chi la vede pensa: – è solo terra -. In seguito essa esala di nuovo: se lo Spirito l’attira, essa diviene calda. Gli odori freddi provengono dunque dalla separazione.

27. Per questo è venuta la Fede. Abolita la separazione, essa ha portato la calda pienezza dell’amore perché non esista più il freddo, ma l’unità del pensiero perfetto. E questa è la parola della buona novella, che riguarda la venuta della pienezza per coloro che aspettano la salvezza che viene dall’alto. Intanto la loro speranza è in attesa: verso di essa sono rivolti coloro la cui immagine è la luce in cui non c’è ombra.

28. Se in quel momento sopraggiunge la pienezza, la deficienza della materia non proviene dall’infinità del Padre, che arriva al tempo della deficienza (benché nessuno possa dire che l’incorruttibile giunga in quel modo): infatti la profondità del Padre si è estesa e con Lui non c’era il pensiero dell’errore. La deficienza è una cosa debole, una cosa nell’inerzia, che si leva quando trova ciò che è giunto da Colui che vuole ripristinare nello stato precedente. Questo ripristino, infatti, si chiama conversione. Perciò l’incorruttibilità è emanata fuori. Essa ha seguito colui che aveva peccato, perché egli possa trovare la Quiete. Il perdono è appunto ciò che rimane per la luce, nella deficienza: è la parola della pienezza.

29. Il medico accorre nel luogo dove c’è un malato, perché quello è il desiderio che è in lui. Allora colui che soffre di qualche deficienza non lo nasconde, perché quegli ha ciò che a lui manca. Così la pienezza, che non manca di nulla, completa la deficienza: la pienezza, che Egli ha dato di se stesso per completare chi ne ha bisogno, in modo che possa ricevere la grazia. Infatti, dal momento in cui egli fu mancante, non possedeva la grazia. Per questo, nel luogo in cui non c’era la grazia, c’era deficienza. Appena viene ricevuto ciò di cui egli era privo, ciò di cui aveva deficienza, il Padre lo ha manifestato come pienezza: questo significa la scoperta della luce della verità che l’ha illuminato, perché essa è immutabile. Questo è il motivo per cui in mezzo a loro è stata assegnata a Cristo la parola: perché quelli che erano fuorviati ritrovino il ritorno ed egli li unga con il crisma.

30. Il crisma è la misericordia del Padre, il quale avrà misericordia per loro, perché coloro che Egli ha unto sono quelli che sono divenuti perfetti. Sono i vasi pieni quelli che si è soliti ungere. Quando però l’unzione di uno scompare, esso si svuota. La causa che lo fa’ divenire mancante sta nel fatto che la sua unzione scompare da lui. In quel momento un solo soffio lo può attirare, secondo la forza di ciò che lo emette. Nel caso invece di chi è mancante, nessun sigillo gli è tolto e nulla viene svuotato. Se c’è però qualcosa di cui egli è mancante, il Padre, perfetto, suole di nuovo colmarlo con essa. Egli è buono, conosce la sua semenza, perché egli stesso, l’ha seminata nel suo Paradiso. Ora, il Paradiso è il Luogo del Riposo.

31. Questa è la perfezione che procede dalla Mente del Padre e quelle sono le parole della sua meditazione. Ciascuna delle sue parole è espressione della sua indeclinabile volontà, nella rivelazione del Logos, uscito fuori per primo, le rese manifeste, e la Mente parlante (il Logos di per sé è in una grazia silenziosa) fu detta il pensiero. Era qui, infatti, il luogo dove esse esistevano prima che fossero manifestate.

32. È accaduto dunque che egli è proceduto per primo nel momento che è piaciuto alla volontà di chi l’ha voluto. Ora, la volontà è ciò in cui il Padre si riposa e di cui si compiace. Nulla può succedere senza di Lui e nessuna cosa accade senza la volontà del Padre. Essa però è inconoscibile. La volontà è l’orma di Lui, ma nessuno può conoscerla né è possibile alla gente stare in agguato per afferrarla. Ma ciò che vuole è nel momento che lo vuole, anche se il suo mostrarsi non è affatto di loro gradimento. La volontà è in Dio.

33. Il Padre conosce così l’inizio di tutti loro, come la loro fine. Quando questa giungerà, li interrogherà su quello che hanno fatto. Ora la fine consiste nel prendere conoscenza di chi è nascosto. E questi è il Padre: Colui dal quale è uscito l’inizio e al quale ritorneranno tutti quelli che sono usciti da Lui, perché essi sono stati manifestati per la gloria e la gioia del suo nome.

34. Ora, il nome del Padre è il Figlio. È lui che all’inizio ha dato nome a quello che è uscito da Lui, e che era Egli stesso, e che Egli ha generato come Figlio. Egli gli ha dato il suo nome, che apparteneva a Lui, poiché è Lui, il Padre, colui al quale appartengono tutte le cose che sono con Lui. Egli possiede il nome, egli possiede il Figlio: questo è possibile che sia visto, il nome invece è invisibile, poiché esso solo è il mistero dell’invisibile, il quale giunge a orecchi che sono tutti pieni di lui.

35. Il nome del Padre, invero, non si può pronunciare, ma Egli si è rivelato per mezzo del Figlio. Così grande è dunque il nome! Chi, pertanto, sarà in grado di pronunciare il nome di Lui, il grande nome, se non Egli solo, al quale appartiene il nome, e i figli del nome, quelli su cui si è riposato il nome del Padre e che, a loro volta, si sono essi pure riposati nel suo nome?

36. Poiché il Padre non è venuto nell’esistenza, ma di sé ha generato lui solo come nome, prima di produrre gli eoni, affinché a loro capo quale signore, vi fosse il nome del Padre, cioè il nome vero, saldo nella sua autorità e nella sua perfetta potenza. Questo nome non si trova tra i vocaboli, né il suo nome compare tra gli appellativi. Esso è invisibile.

37. Egli ha dato un nome a se stesso, perché vede se stesso ed Egli solo è in grado di darsi un nome. Colui che non esiste non ha un nome. Quale nome si può dare a colui che non esiste? Invece chi esiste, esiste pure il suo nome e conosce se stesso. Dare un nome a se stesso significa essere il Padre. Il suo nome è il Figlio. Egli non l’ha dunque nascosto nell’agire: ma il nome esisteva, ed Egli lo dava al Figlio, a lui solo. Il nome, quindi, è quello del Padre, così come il nome del Padre è il Figlio, sua misericordia. Costui, infatti, dove troverebbe un nome, fuori del Padre?

38. Ma certamente qualcuno potrebbe dire al suo vicino: – Chi può dare un nome a chi preesisteva prima di lui? Come se, a dire il vero, i bambini non ricevessero un nome da chi li ha generati. La prima cosa da fare, allora, è riflettere su questo punto: “Che cos’è il nome?” Poiché esso è il nome autentico, è senza dubbio il nome che proviene dal Padre, perché è Lui il signore del nome. Non è uno pseudonimo, che egli abbia ricevuto, come altri, secondo la maniera in cui ciascuno ne viene fornito. Ma è Lui il signore del nome. Non c’è nessun altro a cui Egli lo abbia concesso, ed Egli stesso è stato innominabile ed ineffabile fino al momento in cui Egli stesso, che è perfetto, lo ha pronunciato, ed è Lui che ha il potere di pronunciare il suo nome e di vederlo.

39. Quando dunque gli piacque che il suo Figlio diletto divenisse il suo nome, Egli gli diede il suo nome. Uscito dalla profondità, questi ha parlato dei segreti di Lui, sapendo che il Padre è bontà assoluta. Proprio per questo motivo, Egli lo ha mandato: perché potesse parlare del Luogo e del luogo del Riposo, da cui egli era uscito, e glorificare il Pleroma e la grandezza del Suo nome e la dolcezza del Padre. Ed egli parlerà del Luogo da cui ciascuno è venuto, e ciascuno si affretterà a tornare di nuovo alla religione dalla quale ha derivato la sua vera condizione e a liberarsi da quel luogo in cui si è trovato da quando ha gustato quel Luogo e ne ha ricevuto nutrimento e crescita. Il luogo suo proprio di riposo è la sua pienezza.

40. Tutte le emanazioni del Padre sono pienezze e tutte le sue emanazioni hanno la propria radice il Lui, il quale le ha fatte sorgere tutte da se stesso e ha assegnato loro il proprio destino. Ciascuno, pertanto, è stato manifestato affinché per mezzo del proprio pensiero… . Il Luogo a cui essi rivolgono il proprio pensiero, quel luogo è la loro radice, che li solleva in alto, a tutte le altezze, presso il Padre. Essi raggiungono il suo capo, che è per loro la Quiete. È loro dato accesso in avanti e vengono a trovarsi tanto vicini da poter dire che sono stati messi in comunione con il volto di Lui, per mezzo dei baci.

41. Forse che essere simili non sono stati manifestati perché non sono usciti fuori di se stessi e perché non hanno menomato la gloria del Padre e non hanno pensato che Egli fosse piccolo o che fosse aspro o che fosse irascibile, ma che Egli è assolutamente buono, incrollabile, dolce, che conosce tutti gli spazi prima che essi entrino nell’esistenza, e che non ha bisogno di istruzione?

42. Questa è la condizione di coloro che posseggono qualche cosa dall’alto, grazie a quella incommensurabile grandezza, in cui essi si trovano, stretti insieme a quell’Uno, unico e perfetto, che è là per loro. Costoro non discendono nell’Ade; essi non hanno né invidia né lamenti; non c’è più in mezzo a loro la morte, ma riposano in Colui che riposa. Essi non penano, né sono preoccupati nella ricerca della verità, perché essi stessi sono la verità. Il Padre è in loro ed essi sono nel Padre, perfetti e inseparabili da quell’autenticamente Buono. Essi non sono causa di alcun danno, anzi largiscono benessere. Ventilati dallo Spirito, essi si accorgeranno della loro radice, e quelli in cui Egli avrà trovato la sua radice, saranno oggetto di particolare sollecitudine, ed Egli eviterà ogni danno alle loro anime. Questo è il Luogo dei beati, questo è il loro luogo.

43. Quanto agli altri sappiano essi, nei luoghi in cui si trovano, che non è conveniente per me, dopo che sono stato nel Luogo del riposo, parlare di altre cose. Ma là io dimorerò e dedicherò me stesso, in ogni momento, al Padre del Tutto e ai veri fratelli, sui quali si riversa l’amore di Lui e in mezzo ai quali nulla di Lui fa difetto. Sono essi, che sono manifestati nella verità, poiché essi sono in quella vita vera ed eterna e parlano della Luce perfetta, ripiena del seme del Padre, e che è nel suo cuore e nel Pleroma, mentre il Suo Spirito gioisce in Lui e glorifica Lui, nel quale esso esisteva, perché Egli è buono e i suoi figli sono perfetti e degni del suo nome. Sono proprio figli di questo genere che Egli, il Padre, ama.

Il Vangelo di Pietro

Vangelo di Pietro

[1.1] Nessuno però degli Ebrei si lavò le mani, né Erode né alcuno dei suoi giudici. Siccome essi non volevano lavarsi, Pilato si alzò.

[1.2] Il re Erode, allora, ordinò di condurre via il Signore dicendo loro: “Fate quanto vi ho ordinato di fargli”.

[1.3] Si trovava là Giuseppe, l’amico di Pilato e del Signore. E allorché vide che lo avrebbero crocifisso, andò da Pilato e gli chiese il corpo del Signore per la sepoltura.

[1.4] Pilato (lo) mandò da Erode e ne chiese il corpo.

[1.5] Erode disse: “Fratello Pilato, anche se nessuno lo avesse chiesto, lo avremmo seppellito noi; splende infatti il sabato. Poiché sta scritto nella legge: “Non tramonti il sole sopra un ucciso!”. E lo consegnò al popolo il giorno prima degli azzimi, la loro festa.

[1.6] Preso il Signore, essi lo spingevano correndo, e dicevano: “Trasciniamo il figlio di Dio giacché abbiamo potere su di lui”.

[1.7] Lo vestirono di porpora, lo fecero sedere sulla sedia curule, dicendo: “Giudica con giustizia, o re di Israele!”.

[1.8] Uno di loro portò una corona di spine e la pose sul capo del Signore.

[1.9] Altri che stavano lì, gli sputavano sul volto; altri lo colpivano sulle guance; altri lo percuotevano con una canna; altri lo flagellavano, dicendo: “Questo è l’onore che rendiamo al figlio di Dio”.

[1.10] Condussero due malfattori e crocifissero il Signore in mezzo a loro. Ma lui taceva quasi che non sentisse alcun dolore.

[1.11] Quando drizzarono la croce, vi scrissero: “Questo è il re di Israele”.

[1.12] Posero le vesti davanti a lui, le divisero e su di esse gettarono la sorte.

[1.13] Ma uno di quei malfattori li rimproverò, dicendo: “Noi soffriamo così a causa delle azioni cattive che abbiamo commesso. Ma costui, divenuto salvatore degli uomini, che male vi ha fatto”.

[1.14] Indignati contro di lui, ordinarono che non gli fossero spezzate le gambe e così morisse tra i tormenti.

[1.15] Era mezzogiorno allorché le tenebre coprirono tutta la Giudea. Essi si agitavano e angustiavano che il sole fosse già tramontato: egli infatti, era ancora vivo. Giacché per loro sta’ scritto: “Non tramonti il sole sopra un ucciso!”.

[1.16] E uno di loro disse: “Dategli da bere fiele con aceto”. Fecero un miscuglio e glielo diedero a bere.

[1.17] E compirono ogni cosa e colmarono i peccati sul loro capo.

[1.18] Molti giravano con fiaccole e, pensando che fosse notte, se ne andarono a riposare.

[1.19] Ed il Signore gridò, dicendo: “Forza mia, forza mia, mi hai abbandonato!”. E mentre così diceva, fu assunto.

[1.20] Nella stessa ora il velo del tempio di Gerusalemme si squarciò in due.

[2.1] Estrassero allora i chiodi dalle mani del Signore e lo posero a terra. Si scosse tutta la terra e vi fu un timore grande.

[2.2] Allora risplendette il sole e ci si accorse che era l’ora nona.

[2.3] Gli Ebrei si rallegrarono e diedero il suo corpo a Giuseppe, affinché lo seppellisse: egli, infatti, aveva visto tutto il bene che aveva fatto.

[2.4] Preso il Signore, lo lavò, lo avvolse in un lenzuolo e lo portò nel suo proprio sepolcro, detto giardino di Giuseppe.

[2.5] Gli Ebrei, gli anziani e i sacerdoti compresero allora il grande male fatto a se stessi e cominciarono a lamentarsi battendosi il petto e a dire: “Guai ai nostri peccati! Il giudizio e la fine di Gerusalemme sono ormai vicini”.

[2.6] Io ed i miei amici eravamo nella tristezza e, con l’animo ferito, ci nascondevamo: eravamo, infatti, ricercati da loro come malfattori e come coloro che volevano incendiare il tempio.

[2.7] A motivo di tutte queste cose, digiunavamo e sedevamo lamentandoci e piangendo notte e giorno, fino al sabato.

[2.8] Gli scribi, i farisei e gli anziani allorché si radunarono insieme e udirono che tutto il popolo mormorava e si lamentava battendosi il petto, dicendo: “Se alla sua morte sono avvenuti segni così grandi, vedete quanto egli era giusto!”;

[2.9] ebbero paura e andarono da Pilato supplicandolo e dicendo:

[3.1] “Dacci dei soldati affinché la sua tomba sia vigilata per tre giorni. Che non capiti che vengano a rubarlo i suoi discepoli, il popolo creda ch’egli sia risorto dai morti e ci faccia del male”.

[3.2] Pilato diede loro il centurione Petronio con dei soldati per vigilare la tomba; e con loro si recarono alla tomba gli anziani e gli scribi e tutti quanti erano là con il centurione; i soldati rotolarono una gran pietra, la posero sulla porta della tomba e vi impressero sette sigilli; quivi drizzarono poi una tenda e montarono la guardia.

[3.3] Di buon mattino, allo spuntare del sabato, da Gerusalemme e dai dintorni venne una folla per vedere la tomba sigillata.

[3.4] Ma durante la notte nella quale spuntava il giorno del Signore, mentre i soldati montavano la guardia a turno, due a due, risuonò in cielo una gran voce, videro aprirsi i cieli e scendere di lassù uomini, in un grande splendore, e avvicinarsi alla tomba.

[3.5] La pietra che era stata appoggiata alla porta rotolò via da sé e si pose a lato, si aprì il sepolcro e vi entrarono i due giovani.

[3.6] A questa vista quei soldati svegliarono il centurione e gli anziani, anch’essi, infatti, stavano di guardia;

[3.8] e mentre spiegavano loro quanto avevano visto, scorgono ancora tre uomini uscire dal sepolcro: i due reggevano l’altro ed erano seguiti da una croce;

[4.1] la testa dei due giungeva al cielo, mentre quella di colui che conducevano per mano sorpassava i cieli.

[4.2] Udirono dai cieli una voce che diceva: “Hai tu predicato ai dormienti?”. E dalla croce si udì la risposta: “Sì!”.

[4.3] Allora quelli deliberarono tra loro di andare a manifestare queste cose a Pilato.

[4.4] E mentre ancora stavano ragionando, apparvero nuovamente i cieli aperti ed un uomo scese ed entrò nella tomba.

[4.5] A questa vista, il centurione e quelli che erano con lui si affrettarono, nella notte, da Pilato, lasciando il sepolcro che avevano vigilato e, grandemente agitati, spiegarono tutto quanto avevano visto e dissero: “Veramente era figlio di Dio!”.

[4.6] Pilato rispose: “Io sono puro dal sangue del figlio di Dio, siete voi che avete deciso così”.

[4.7] Tutti poi si accostarono pregando e supplicandolo affinché ordinasse al centurione e ai soldati di non dire a nessuno le cose viste.

[4.8] Dicevano: “Per noi, infatti, è meglio essere colpevoli davanti a Dio del più grande peccato, che non cadere nelle mani del popolo ebraico ed essere lapidati”.

[4.9] Pilato dunque ordinò al centurione e ai soldati di non dire nulla.

[5.1] All’alba del giorno del Signore, Maria Maddalena, discepola del Signore, che per timore degli Ebrei che bruciavano d’ira, non avendo fatto alla tomba del Signore quanto solevano fare le donne per i morti da loro amati, prese con sé le amiche e andò alla tomba dove era stato posto.

[5.2] Esse temevano di essere viste dagli Ebrei, e dicevano: “Se nel giorno in cui fu crocifisso non abbiamo potuto piangere e lamentarci battendoci il petto, facciamolo ora almeno alla sua tomba”.

[5.3] “Ma chi ci rotolerà la pietra posta sulla porta della tomba, affinché possiamo entrare, sederci attorno a lui e compiere il nostro debito? Grande, infatti, era la pietra e temiamo che qualcuno ci veda. Se non possiamo, deponiamo almeno sulla porta ciò che portiamo in sua memoria: piangeremo e ci lamenteremo percuotendoci il petto fino a quando ritorneremo a casa nostra”.

[5.4] Quando giunsero, trovarono il sepolcro aperto. Avvicinatesi, si chinarono e videro un giovane seduto in mezzo al sepolcro: era bello e vestito di una risplendente stola; disse loro:

[5.5] “Perché siete venute? Chi cercate? Quello, forse, che fu crocifisso? É risorto e se n’è andato. Se non ci credete, chinatevi e guardate il luogo dove giaceva: non c’è più! É infatti risorto e se n’è andato là donde era stato mandato”.

[5.6] Allora le donne fuggirono impaurite.

[5.7] Era l’ultimo giorno degli azzimi. Molti se ne andavano via e ritornavano alle proprie case: la festa era finita.

[6.1] Ma noi, i dodici apostoli del Signore, piangevamo e ci rattristavamo; ognuno, pieno di tristezza per quanto era avvenuto, se ne andò a casa.

[6.2] Io invece, Simon Pietro, e mio fratello Andrea, prendemmo le nostre reti, ci recammo al mare. Con noi c’era Levi, figlio di Alfeo, che il Signore …

Il Vangelo di Giuda

Vangelo di Giuda

 

APERTURA

La segreta rivelazione che Gesù conferì a Giuda Iscariota durante la settimana, e precisamente tre giorni prima, della celebrazione della Pasqua.

IL MINISTERO TERRENO DI GESU’

Quando Gesù venne alla terra, compì grandi miracoli e meraviglie per la salvezza dell’umanità. Poichè alcuni camminavano sul sentiero della rettitudine, mentre altri nella loro trasgressione, vennero chiamati i dodici discepoli. Cominciò a parlare con loro dei misteri oltre il mondo, e che cosa avviene all’estremità della vita.  Non è comparso spesso ai suoi discepoli come Se stesso, ma si trovava fra loro come un bambino.

SCENA I – DIALOGHI DI GESÙ CON I DISCEPOLI. : LA PREGHIERA DEL RINGRAZIAMENTO O DELL’EUCARESTIA

Un giorno era con i suoi discepoli in Giudea, e li trovò seduti insieme in modo pio e rispettoso. Si avvicinò ridendo ai suoi discepoli seduti insieme, e intenti ad offrire una preghiera di ringraziamento del pane. I discepoli gli dissero: “Maestro perché ridi della nostra preghiera di ringraziamento? Abbiamo fatto ciò che è giusto”! Rispose loro:” Non sto ridendo di voi. Non state facendo ciò a causa della vostra volontà, ma perché così il vostro Dio vuole essere elogiato” E loro dissero: “Maestro, tu sei (…) il figlio del nostro dio”. Gesù rispose loro : “Come mi conoscete? In verità vi dico che nessuna generazione della gente che è fra mi conoscerà”.

 I DISCEPOLI SI ARRABBIANO

Quando i discepoli udirono ciò iniziarono ad arrabbiarsi ed infuriarsi, e a bestemmiare contro di lui nei loro cuori. Quando Gesù si accorse della loro mancanza di comprensione disse loro “Perché questa agitazione vi ha condotti alla rabbia? Il vostro Dio che è presso di voi [ ...], vi ha provocato per farvi arrabbiare dentro le vostre anime. [ lo lasci ] chi di voi sia [ abbastanza forte ] fra gli esseri umani da mettere in evidenza l’uomo perfetto innanzi al mio volto.” Tutti dissero “ Noi abbiamo la forza”. Ma i loro spiriti non hanno osato levarsi in piedi  [a lui ], tranne Giuda Escariota.  Egli riuscì a levarsi in piedi innanzi a lui, ma non guardarlo negli occhi, e girò il suo volto lontano.  Giuda [ disse ] a lui, “conosco chi sei e da dove sei venuto  Provieni dal regno immortale di Barbelo.  E non sono degno di pronunciare il nome di colui ti ha inviato.”

 GESÙ PARLA A GIUDA PRIVATAMENTE

Sapendo che Giuda stava riflettendo su qualcosa di eccelso Gesù gli disse “Allontanati dagli altri e ti dirò i  misteri del Regno. Per te è possibile raggiungerlo, ma ti addolorerai molto. Qualcun altro ti sostituirà affinchè i dodici [discepoli] possano venire a completamento con il loro dio”. Giuda gli disse “ Quando mi dirai queste cose, e (quando) sarà il giorno dell’alba luminosa per la generazione?” Ma quando disse queste cose Gesù lo lasciò.

SCENA DUE: GESÙ COMPARE NUOVAMENTE AI DISCEPOLI.

Dopo che tutto ciò è accaduto, Gesù (appare) nuovamente ai suoi discepoli la mattina successiva. Gli dissero: ”Maestro, dove siete andato, e cosa hai fatto quando ci hai lasciato?”  Gesù disse: “ sono andato ad un’altra generazione grande e santa” I discepoli dissero “Maestro, che cosa è la generazione che è più grande e santa di noi, e che non è ora in questi regni??”. Gesù sentendo questo rise, e disse loro: “ Perché voi state pensando nei vostri cuori alla generazione grande e santa? In verità vi dico che nessun nato in questo eone vedrà quella (generazione), e nessun arconte degli angeli delle stelle regnerà su quella generazione, e nessuna persona dalla nascita mortale può associarsi con essa, perché quella generazione non viene da [...] quale è diventata [...]. La generazione della gente fra (voi) proviene dalla generazione dell’ umanità (..),che [... ] altri poteri [... ] [ che ] attraverso cui regnate.””. Quando i discepoli sentirono ciò, furono turbati nello spirito. Non poterono dire una parola. Un altro girono Gesù andò da loro. Gli dissero: ” Maestro, noi ti abbiamo visto in una [visione], abbiamo avuto grandi [sogni ...] nella notte [...]“.  [Egli disse], “Perché avete [voi ... quando] siete andati dentro ciò che è celato?” [38]

I DISCEPOLI VEDONO IL TEMPIO, E NE DISCUTONO

Essi dissero, “Abbiamo (visto) (.. una casa con un )grande altare [ ..attorno.. esso, e] dodici uomini – erano sacerdoti, riteniamo – e un nome; e una folla di gente che attendeva a quell’altare [fino..] i sacerdoti [ ... e riceve] le offerte. [Ma] noi abbiamo continuato ad attendere.[Gesù disse] ” A chi [i sacerdoti] assomigliavano?”. Essi [ dissero.”qualcuno ...] due settimane;[alcuni] sacrificavano i loro figli, altri le mogli, scambievolmente, con umiltà e venerazione; alcuni dormivano con uomini: altri stavano macellando; altri ancora commettevano un gran numero di peccati e atti contrari alla legge. E gli uomini che si levavano in piedi all’altare invocavano il tuo [nome], e in tutte gli atti della loro mancanza, i sacrifici sono portati a compimento [...]”. Dopo aver detto questo, essi rimasero calmi perché erano turbati.

GESU’ OFFRE UN’INTERPRETAZIONE ALLEGORICA DELLA VISIONE DEL TEMPIO

Gesù disse loro, “Perché siete turbati? In verità vi dico, che tutti i sacerdoti che si innalzano davanti all’altare invocano il mio nome. Vi dico ancora ,che il mio nome è stato scritto su questo (..) delle generazioni delle stelle attraverso le generazioni umane. (e…) hanno piantato alberi senza frutti, in mio nome, in maniera vergognosa.” Gesù disse loro, “Quelli che avete visto ricevere le offerte all’altare, sono ciò che siete. Quello è il Dio che servite, e siete quei dodici uomini che avete visto. Il bestiame che avete visto portare per il sacrificio è la molta gente sviata(40) davanti a quell’ altare. (..) si alzerà ed userà il mio nome in questo modo, e generazioni di devoti rimarranno a lui leali. Dopo (lui) un altro uomo si leverà in piedi là dai (fornicatori), e un altro si alzerà là dagli assassini dei bambini, ed un altro da coloro che dormono con gli uomini, e da coloro che si astengono, ed il resto della gente impura e contraria alla legge, e a coloro che nell’errore dicono, ” Siamo come gli angeli”; sono le stelle che portano tutto alla relativa conclusione. Per le generazioni umane è stato detto, “Guardate, Dio ha ricevuto il vostro sacrificio dalle mani di un sacerdote, che è nell’errore. Ma è il Signore, il Signore dell’universo, che comanda, e “L’ultimo giorno saranno relegati a vergogna .’”(41) Gesù disse (a loro), “Cessate di sac(rificare..) quello che avete (..) sopra l’altare, perchè sono sopra le vostre stelle ed i vostri angeli , e sono già giunto alla fine . Così lasciate chi ( ..è intrappolato) innanzi a voi, e lasciateli andare ( 15 linee mancanti) generazioni(..). Un panettiere non può nutrire tutta la creazione (42) sotto (il cielo). E (..)a loro (..) e (..) a noi e(..). Gesù disse loro, “Smettete di lottare con me. Ciascuno di voi ha la sua propria stella, e ognuno (17 linee mancanti) (43) in (..) chi è venuto(… primavera) per l’albero(..) di questo eone (..) per un certo tempo (..) ma lui è venuto a innaffiare il paradiso di Dio, e la (generazione) che durerà, perché (lui) non corromperà ( il cammino della vita ) che la generazione, ma (..) per tutta l’eternità.”

GIUDA CHIEDE A GESU’ RIGUARDO QUELLA GENERAZIONE ED ALLE GENERAZIONI UMANE

Giuda chiese a ( lui, “Rabb)i, che genere di frutta produce questa generazione ?” Gesù disse, “Le anime di ogni generazione umana moriranno. Quando questa gente, tuttavia, ha completato il periodo del regno e lo spirito le lascia, i loro corpi moriranno ma le loro anime saranno vive, e innalzate su (in cielo).” Giuda disse, “E che cosa faranno le rimanenze delle generazioni umane?” Gesù disse, “E’ impossibile (44) seminare il seme sopra (la roccia) e raccoglierne la relativa frutta. (questo) è anche il senso(..) la generazione (corrotta) (..) e Sophia corruttibile (..) la mano che ha generato la gente mortale, in modo che le loro anime vanno fino ai regni eterni qui sopra. (In verità) vi dico,(..) la potenza dell’angelo (..)potrà vedere quello (..) questi a chi(..) le sante generazioni(…).”Dopo aver detto questo, si allontanò.

SCENA 3: GIUDA RACCONTA UNA VISIONE E GESÙ RISPONDE

Giuda disse, “Maestro, come hai ascoltato tutti, ora ascolta anche me. Perché ho avuto una grande visione .” Quando Gesù udì questo, rise e gli disse, “tu sei il tredicesimo spirito, perché ti sforzi tanto? Ma su parla, ed io ti sopporterò.” Giuda gli disse, “Nella visione mi sono visto mentre i dodici discepoli mi stavano lapidando e (45) perseguitando ( molto severamente). Ed inoltre sono venuto al posto in cui (..) dopo di te. Ho visto (una casa.), ed i miei occhi non poterono (comprendere) le dimensioni. Molta gente era nei suoi dintorni, e quella casa aveva un tetto di fogliame, e nel mezzo della casa c’era (una folla)( 2 linee mancanti), Maestro, portami dentro con queste persone .’” (Gesù) rispose dicendo, “Giuda, la tua stella ti ha condotto fuori strada.” e continuò , “Nessuna persona mortale di nascita è degna di entrare nella casa che hai visto, perché quel posto è riservato al Santo. Né il sole né la luna regnano là, né il giorno, ma la volontà santa rimarrà sempre là, nel regno eterno con i santi angeli . Vedi, io ti ho spiegato i misteri del regno (46) e insegnato circa  l’errore delle stelle; e(..) tramandalo(..) sui dodici eoni.”

GIUDA CHIEDE NOTIZIE SUL SUO DESTINO

Giuda disse, “Maestro, potrebbe essere che il mio seme sia sotto il controllo degli arconti?” Gesù gli rispose dicendo, “Vieni, che io (2 linee mancanti), ma ti addolorerà molto quando vedrai il regno e tutte le sue generazione.” Quando sentì questo, Giuda gli chiese, “Che cosa c’è di buono in quanto ho ricevuto? Avete disposto diversamente (per me) da quella generazione.” Gesù rispose dicendo, “Diventerai il tredicesimo, sarai maledetto dalle altre generazioni e andrai a regnare sopra di loro. Negli ultimi giorni malediranno la tua ascesa (47) verso la santa (generazione).”

GESU’ INSEGNA A GIUDA CIRCA LA COSMOLOGIA: LO SPIRITO E IL GES’ AUTOGENERATO

Gesù disse, “(vieni), io posso insegnarti i (segreti) che nessuna persona (ha) mai visto. Perché esiste un regno grande e illimitato, la cui estensione nessuna generazione di angeli ha visto, (nel quale) c’è (un) grande (spirito) invisibile, che nessun occhio di angelo ha mai visto, nessun pensiero del cuore ha mai compreso, e non è mai stato indicato con nessun nome.”E una nube luminosa vi comparve. Disse, “Genera un angelo come mio strumento .” “Un grande angelo, Il divino illuminato Auto-Generato emerse dalla nube. A causa sua, altri quattro angeli si manifestarono da un’altra nube, e diventarono gli strumenti per l’ angelico Auto-Generato. L’ Auto-Generato disse, (48) ‘lasciano [... ] venire all’esistenza [... ], e venne all’esistenza [... ]. E lui (creò) il primo astro per regnare sopra di lui. Egli disse, Che gli angeli siano creati per servir (lo),’e miriadi senza numero ne ha creati. Egli disse, “(che) un eone illuminato sia creato,”e questo venne creato. Egli generò un secondo astro (..) per regnare su di lui, insieme a una miriade di angeli senza numero, per offrire servizio. Questo è come ha generato il resto degli eoni luminosi. Li fece per regnare sopra di loro, e creò per loro innumerevoli miriadi di angeli, a servirli.

ADAM E GLI ASTRI

Adam era nella prima nube luminosa che nessun angelo aveva mai visto fra tutti quelli che “Dio ha chiamato”. Egli (49) (..) che(..) a immagine(..) e somiglianza di (questo) angelo. Fece comparire l’incorruttibile (generazione) di Seth(..) i dodici (..)i ventiquattro(..). Creò settantadue astri nella generazione incorruttibile, in conformità con la volontà dello Spirito. Gli stessi settantadue astri crearono altri trecentosessanta astri nella generazione incorruttibile, in conformità con volontà dello Spirito, in modo che il numero fosse cinque per ciascuno. “I dodici eoni dei dodici astri (luminari) costituiscono il loro padre, con sei cieli per ogni eone, così che ci sono settantadue cieli per i settantadue luminari, e per ciascuno (50) (di loro cinque) firmamenti, (per un totale di) trecentosessanta (firmamenti…). Furono dati loro l’autorità e (un grande) di innumerevoli angeli, per la gloria e l’adorazione, (e dopo questo anche) spiriti vergini, per la gloria e (l’adorazione) di tutti gli eoni del cielo e dei loro firmamenti.

IL COSMO, IL CAOS, E IL MONDO SOTTOSTANTE

La moltitudine di questi immortali è chiamato cosmo che è, separato- dal Padre ed i settantadue luminari che coesistono con l’Auto-Generato ed i suoi settantadue eoni. In lui il primo essere umano comparso con i suoi poteri incorruttibili. E l’ eone che è comparso con la sua generazione, l’eone nel quale sono la nube della conoscenza e l’angelo, è chiamato (51) El. (..) eone (..) dopo che (..) disse, ” Che dodici angeli siano creati (al) e dominio sul caos e sul (mondo sottostante) E osserva, là dalla nube è apparso un (angelo) con il volto che splende come il fuoco e che sembra contaminato con il sangue. Il suo nome era Nebro, che significa il “ribelle” altri lo chiamano Jaldabaoth. Inoltre un altro angelo, Saklas, è venuto dalla nube. Così Nebro creò sei angeli, cosìcome Saklas, per essere di aiuto, e questi crearono dodici angeli nel cielo, ciascuno domina una parte nei cieli.

GLI ARCONTI E GLI ANGELI

I dodici sovrani parlarono con i dodici angeli: Che ciascuno di voi (52) (..) e che la loro(..) generazione (una linea perduta) angeli del: Il primo è (S)eth, che è chiamato Cristo. Il (secondo) è Harmathoth, che è (..). Il (terzo) è Galila. Il quarto è Yobel. Il quinto (è) Adonaios. Questi sono i cinque che dominavano sul mondo sottostante, ed in primo luogo sul caos.

LA CREAZIONE DELL’ UMANITÀ

Allora Saklas disse ai suoi angeli, “ Creiamo un uomo a nostra immagine e somiglianza. ‘Modellarono Adamo e sua moglie Eva, che è chiamata, nella nube, Zoe. In questo nome tutte le generazioni cercano l’uomo, e ognuna di loro chiama la donna con questi nomi. Ora, Saklas non com(anda) (53) tranne (..) le gene(razioni) questo (..). E il (arconte) disse ad Adam, “Vivrai a lungo, con i tuoi figli .’”

GIUDA CHIEDE NOTIZIE SUL DESTINO DI ADAMO E DELL’ UMANITÀ

Giuda disse a Gesù, “Qual è la durata del tempo che vivrà l’essere umano? Gesù disse, “Perché ti stai domandando questo, che Adam, con la sua generazione, ha vissuto la sua vita nel posto in cui ha ricevuto il suo regno, con la longevità (conferita??) dal suo arconte?”Giuda disse a Gesù, “Lo spirito umano muore?” Gesù rispose, “Ecco perché Dio ordinò a Michele di prestare solamente lo spirito alle genti, di modo che hanno potuto offrire il servizio, ma l’Eccelso ha ordinato Gabriel di assegnare gli spiriti alla grande generazione senza sovranità su di essa — cioè lo spirito e l’anima.  Di conseguenza, [ resto ] delle anime [ 54 ] [ - - una linea che manca --].

GESU’ DISCUTE LA DISTRUZIONE DEL MALVAGIO CON GIUDA E GLI ALTRI

(..) Luce di (quasi due linee mancanti) intorno (..) lasciate [... ] lo spirito (che è)dimora in questa (carne) fra le generazioni degli angeli. Ma Dio ha indotto la conoscenza in Adam ed a quelli con lui, in modo che i re del caos e del mondo sotterraneo non abbiano potere sopra di loro.” Giuda disse a Gesù, ” Allora cosa faranno quelle generazioni?” Gesù rispose, “In verità vi dico, per tutti loro le stelle portano i fatti a compimento. Quando Saklas terminerà il tempo che gli è stato assegnato, la prima stella comparirà con le generazioni, e compiranno ciò che fu detto che avrebbero fatto. Poi fornicheranno in mio nome e uccideranno i loro bambini (55) e (faranno) (..) e ( mancano circa sei righe e mezzo) il mio nome, e volontà (..) la tua stella sopra il (trent)esimo eone.” Dopo ciò Gesù (rise).(Giuda disse), “Maestro, (perché stai ridendo di noi)?”(Gesù) rispose a (e disse), “Non sto ridendo di (voi) ma dell’errore delle stelle, perché queste sei stelle vagano con questi cinque combattenti, e tutti saranno distrutti insieme con le loro creature.”

GESU’ PARLA DI COLORO CHE SONO BATTEZZATI, E DEL TRADIMENTO DI GIUDA

Giuda disse a Gesù, “Allora, che cosa faranno quelli che sono battezzati nel tuo nome?” Gesù rispose, “In verità (vi) dico, questo battesimo (56) (..) il mio nome ( circa nove linee mancanti) a me. In verità (Io) ti dico, Giuda, (coloro che) offrono sacrifici al Dio di Saklas (..) (tre linee che mancanti) tutto ciò che è diabolico. “Ma tu li supererai tutti. Perché sacrificherai l’uomo che mi riveste. Già il tuo corno è stato alzato, la tua collera è stato accesa, la tua stella brilla intensamente, ed il tuo cuore ha (..).(57) “In verità (..) il tuo ultimo(..) diventa (circa due linee e mezzo mancanti), addolorati (circa due linee che mancano) l’arconte, fino a quando sarà distrutto. Ed allora l’immagine della grande generazione di Adam sarà innalzata,  prima del cielo, della terra e gli angeli, quella generazione, che proviene dai regni eterni, esiste. Osserva, hai udito tutto. Alza in alto i tuoi occhi e guarda la nube e la luce all’interno di essa e le stelle che la circondano. La stella che regola il cammino è la tua stella.” Giuda alzò in alto i suoi occhi e vide la nube luminosa, e vi entrò dentro. Quelli che si alzarono sulla terra udirono una voce venire dalla nube, dire, (58) (..) grande generazione (..)… immagine (..) (circa cinque linee mancanti).

CONCLUSIONE: GIUDA DENUNCIA GESU’

(..) I loro sommi sacerdoti mormoravano perché (lui) era andato nella stanza degli ospiti per la sua preghiera. Ma là alcuni scrivani lo stavano guardando con attenzione per arrestarlo durante la preghiera, poiché erano impauriti della gente, dato che era considerato da tutti un profeta. Si avvicinarono a Giuda e gli dissero, “Che cosa stai facendo qui? Tu sei un discepolo di Gesù.” Giuda gli rispose come desideravano. Ricevette dei denari e lo consegnò a loro.

Il Vangelo di Bartolomeo

Vangelo di Bartolomeo

[1.1] Dopo la risurrezione dai morti di nostro Signore Gesù, Bartolomeo andò dal Signore e l’interrogò dicendo: “Manifestami, Signore, i misteri dei cieli”.

[1.2] Gesù rispose e gli disse: “Se (non) mi spoglio del corpo di carne, non potrò parlarti”.

[1.3] Bartolomeo dunque si accostò al Signore e disse: “Ho una parola per te, Signore”.

[1.4] Ma Gesù gli disse: “Io conosco quanto stai per dirmi. Dì dunque quanto desideri, domanda ed io ti risponderò”.

[1.5] Bartolomeo disse: “Signore, quando tu andavi ad essere appeso alla croce, io ti seguivo da lontano, ti vidi appeso alla croce e (vidi) gli angeli venire giù dai cieli a adorarti.

[1.6] E quando si fece buio io guardai e ti vidi sparire dalla croce. Udii solo, improvvisamente, una voce nelle parti inferiori della terra, una grande lamentazione e un digrignare (di denti).

Annunziami, Signore, dove sei andato dalla croce?”.

[1.7] Gesù nell’Ade. Gesù rispose e disse: “Te beato, mio caro Bartolomeo, avendo visto questo mistero; ormai ti annunzierò tutte le cose che mi domanderai.

[1.8] Quando, infatti, io sparii dalla croce discesi nell’Ade per portare su Adamo e tutti quelli che erano con lui secondo la supplica dell’arcangelo Michele”.

[1.9] Disse allora Bartolomeo: “Signore, che significava la voce che si udì?”.

[1.10] Gesù gli rispose: “L’Ade disse a Beliar, “A quanto vedo, Dio è qui presente!”.

[1.11] Beliar disse all’Ade: “Guarda attentamente: chi è colui che (viene)? Costui, infatti, mi sembra Elia o Enoc o uno dei profeti”.

[1.12] L’Ade rispose alla Morte e disse: “Non sono ancora passati seimila anni e donde sono costoro, Beliar? Il totale del numero è nelle mie mani”.

[1.13] (Beliar disse all’Ade): “Non ti agitare! Assicura bene le porte e rafforza le sbarre. A mio parere, Dio non è disceso sulla terra”.

[1.14] L’Ade gli disse: “Non do ascolto alle tue belle parole! Il mio ventre è squarciato, le mie interiora sono doloranti. Non può trattarsi d’altro: Dio è qui presente! Ahimé, dove posso sfuggire il suo cospetto, la potenza del grande re? Concedimi di entrare in te stesso, giacché io sono stato formato prima di te”.

[1.15] Allora io entrai, lo fustigai, lo legai con catene insolubili e tirai via di là tutti i patriarchi; poi me ne ritornai di nuovo sulla croce”.

[1.16] Bartolomeo gli disse: “Annunziami, Signore, chi è quello che gli angeli portarono in alto sulle loro mani, quell’uomo di così grande statura?”.

[1.17] Gesù rispose dicendo: “Questo era il primo creato, Adamo, per il quale io discesi dai cieli in terra. Dissi a lui: “É per te e per i tuoi figli ch’io sono stato appeso alla croce”. Ciò udito, egli gemette e disse: “Tale fu il tuo beneplacito, Signore!”".

[1.18] Bartolomeo gli disse di nuovo: “Io vidi anche gli angeli salire prima di Adamo ed inneggiare;

[1.19] ed un angelo che sorpassava in grandezza tutti gli altri e non voleva salire: nella sua mano aveva una spada di fuoco e faceva segno a te solo”.

[1.20] Chi nasce e chi muore. Dopo aver detto queste cose, egli disse agli apostoli: “Aspettatemi in questo luogo, giacché oggi in paradiso viene offerto un sacrificio e debbo essere là per riceverlo”.

[1.21] E disse: “Signore, che cosa significa un sacrificio in paradiso?”. Gesù rispose: “Le anime dei giusti entrano in paradiso, ma se io non sono presente non entreranno”.

[1.22] Bartolomeo rispose: “Signore, quante anime escono ogni giorno dal mondo?”. Gesù gli rispose: “Trentamila”.

[1.23] E Bartolomeo, di nuovo: “Signore, quando eri con noi e ci insegnavi la parola, ricevevi i sacrifici in paradiso?”. Gesù gli rispose dicendo: “Amen, io ti dico, o mio caro Bartolomeo, che anche quando insegnavo la parola sedevo con il Padre mio”.

[1.24] Bartolomeo rispose e gli disse: “Signore, sono soltanto tre le anime che escono ogni giorno?”. Gesù gli disse: “Appena cinquantatre, mio caro”.

[1.25] “…escono dal mondo, quante anime giuste si trovano?”. Gesù gli rispose: “Cinquanta”.

[1.26] Bartolomeo gli disse di nuovo: “E come entrano in paradiso solo tre?”. Gesù gli disse: “Cinquantatr‚ erano in paradiso e sono posti nel seno di Abramo; ma gli altri vanno nel luogo della risurrezione, giacché i tre non sono come i cinquanta”.

[1.27] Bartolomeo gli disse: “Signore, quante anime nascono ogni giorno nel mondo?”. Gesù gli rispose: “Solo un’anima di più di quelle che escono dal mondo”.

[1.28] Così dicendo, diede loro la pace e disparve da loro.

[2.1] Maria parla agli apostoli. Gli apostoli erano nel luogo Cheltura.

[2.2] Bartolomeo si avvicinò e disse a Pietro, Andrea e Giovanni: “Domandiamo alla Pienadigrazia come ha concepito il Signore, come l’ha generato e come ha portato colui che non si può portare”. Ma essi esitavano ad interrogarla.

[2.3] Bartolomeo disse a Pietro: “Tu come capo e mio maestro avvicinati e interrogala”. Ma Pietro disse a Giovanni: “Tu come vergine, senza macchia e amato, avvicinati e interrogala”.

[2.4] Siccome tutti esitavano e discutevano, Bartolomeo si avvicinò con aspetto giulivo e le disse: “Salute a te, tabernacolo dell’Altissimo! Noi tutti, apostoli, desideriamo interrogarti su come hai concepito colui che è inconcepibile, come hai portato colui che non si può portare e come hai generato una grandezza così grande”.

[2.5] Maria disse loro: “(Non) interrogatemi su questo mistero. Se, infatti, incomincio a parlarvene, dalla mia bocca uscirà del fuoco che consumerà tutta l’ecumene”.

[2.6] Ma essi continuavano vieppiù ad interrogarla. Ed essa non volendo rifiutarsi di esaudire gli apostoli, disse: “Stiamo su in preghiera”.

[2.7] E gli apostoli stettero su dietro Maria. Ma lei disse a Pietro: “Pietro, tu che sei il capo e la grande colonna, te ne stai dietro di noi? Non disse il Signore che la testa dell’uomo è Cristo? Or dunque state su davanti a me e pregate”.

[2.8] Ma essi le dissero: “Il Signore pose in te il suo tabernacolo e si compiacque che tu lo contenessi, a te dunque spetta a maggior ragione la direzione della preghiera…”.

[2.9] Maria disse loro: “Voi siete stelle brillanti del cielo, spetta a voi pregare…”.

[2.10] Le rispondono: “Spetta a te pregare che sei la madre del re celeste”.

[2.11] Disse loro Maria: “Dio fece dei passeri a vostra somiglianza e li mandò nei quattro angoli del mondo…”.

[2.12] Ma essi le risposero: “Colui che a malapena è contenuto nei cieli volle essere contenuto in te”.

[2.13] Maria allora stette su, davanti a loro, distese le sue braccia verso il cielo e prese a dire così: “Elfuza… olot e una tessai, liso, adonai, rerunbaubelt, barbur, tarasu, erura, eded, errose… teotea, arneniot, aneb… euargt, marmarige, eofros, turiamuch, eusbar…”. Che in lingua greca significa: Dio grande e sapiente, re dei secoli inesplicabile e ineffabile, che con la parola hai dato consistenza alle grandezze sideree, che hai posto il fondamento dell’altezza del firmamento nell’armonia, che hai separato la tenebrosa oscurità dalla luce, che hai posto in uno stesso luogo le fondamenta della terra e non hai voluto che perisse… tu che proporzioni ad ognuno il nutrimento irrorandola, quale pioggia, con la benedizione del Padre, tu che a malapena sei contenuto dai sette cieli e ti compiacesti di essere contenuto in me senza difficoltà, tu che sei la piena parola del Padre per la quale vennero all’esistenza tutte le cose, dai gloria, Signore, al tuo grandissimo nome e ordinami di parlare al cospetto dei tuoi santi apostoli.

[2.14] E, terminata la preghiera, disse: “Sediamoci per terra. Tu, Pietro, che sei il capo, siediti alla mia destra e poni la tua mano sinistra sotto il mio braccio; tu, Andrea, fai la stessa cosa alla mia sinistra; tu, Giovanni, che sei vergine tieni il pio petto; e tu, Bartolomeo, piega le tue ginocchia dietro di me e tieni le mie spalle affinché quando inizio a parlare non si disarticolino le mie ossa”.

[2.15] Quando fecero così, prese a dire: “Quando ero nel tempio di Dio e ricevevo il cibo dalla mano di un angelo, mi apparve un giorno una visione come d’un angelo, ma il suo aspetto era incomprensibile e nella sua mano non aveva n‚ cibo n‚ bevanda, come aveva l’angelo che era venuto prima.

[2.16] E improvvisamente si strappò il peplo del tempio, ci fu un gran terremoto ed io caddi bocconi non potendo reggere la sua vista.

[2.17] Ma egli stese sotto di me la sua mano e mi rialzò; guardai verso il cielo e venne una nube di rugiada sul mio volto e mi irrorò da capo a piedi. Poi mi asciugò con il suo manto, [18] e mi disse: “Gioisci, Pienadigrazia, vaso di elezione!”. Diede un colpo con la mano destra ed apparve un pane grandissimo che egli pose sull’altare del tempio: ne mangiò prima lui e ne diede anche a me.

[2.19] Diede poi un altro colpo con il lembo sinistro del suo vestito ed apparve un calice strapieno di vino: ne bevve prima lui e poi ne diede anche a me; guardai e vidi un calice pieno e del pane.

[2.20] In seguito mi disse: “Ancora tre anni e ti manderò la mia parola; e tu concepirai un figlio per mezzo del quale sarà salvata tutta la creazione. Tu sarai il calice del mondo. Pace a te, mia diletta! La mia pace sarà con te per sempre!”.

[2.21] Disparve allora da me e il tempio rimase com’era prima”.

[2.22] Mentre ella così parlava, dalla sua bocca uscì del fuoco; e, quando il mondo era in procinto di essere distrutto, apparve il Signore e disse a Maria: “Non rivelare questo mistero, altrimenti, oggi, tutta la creazione sarà distrutta”. E gli apostoli furono presi dalla paura, temendo che il Signore si adirasse contro di loro.

[3.1] Gli apostoli e l’abisso. E partì con loro verso il monte Maurei e si sedette in mezzo ad essi.

[3.2] Ma avendo essi paura, esitavano ad interrogarlo.

[3.3] Gesù rispose loro dicendo: “Domandatemi quello che volete. Ancora sette giorni, infatti, ed io salirò presso il Padre mio e non sarò più visto in queste sembianze”.

[3.4] Essi, ancora esitanti, gli dissero: “Signore, mostraci l’abisso in conformità della tua promessa”.

[3.5] Gesù rispose: “É bene per voi non vedere l’abisso. Se proprio lo volete vedere, seguitemi e vedrete”.

[3.6] E li condusse in un luogo detto Chairudec, che significa luogo di verità,

[3.7] fece un cenno agli angeli dell’occidente, la terra si aprì come un libro ed apparve l’abisso:

[3.8] gli apostoli videro e caddero bocconi.

[3.9] Ma Gesù li rialzò dicendo: “Non vi avevo detto che non era bene per voi vedere l’abisso?”.

[4.1] Maria e Pietro. Presili, li portò di nuovo sul monte degli Ulivi.

[4.2] Pietro disse a Maria: “Piena di grazia, supplica il Signore che ci riveli le cose che sono nei cieli”.

[4.3] Maria rispose a Pietro: “Pietra scavata dalla roccia, non ha forse egli promesso di edificare su di te la sua Chiesa?”.

[4.4] Pietro insistette: “O tabernacolo aperto!”.

[4.5] Maria rispose: “Tu sei l’immagine di Adamo; non è forse stato formato prima lui e poi Eva? Guarda il sole: ad immagine di Adamo supera gli altri astri. Guarda la luna ripiena di fango a causa della trasgressione di Eva. Il Signore, infatti, pose Adamo ad oriente ed Eva ad occidente e ordinò, il Signore, che i due (astri) risplendessero sulle due (persone)”.

[4.6] Quando giunsero su in cima al monte ed il Padrone si allontanò brevemente da loro, Pietro disse a Maria: “Sei tu che hai annientato la trasgressione di Eva trasformandola da vergogna in gioia”.

[4.7] Bartolomeo vuole vedere l’avversario. Quando apparve nuovamente Gesù, Bartolomeo gli disse: “Signore, mostraci l’avversario degli uomini affinché vediamo com’è e quali sono le sue opere, dato che non ha risparmiato neppure te facendo in modo che tu fossi appeso alla croce”.

[4.8] Gesù, guardandolo, gli disse: “Il tuo cuore è duro! Tu non puoi contemplare quelle cose che hai domandato”.

[4.9] Ma Bartolomeo, turbato, cadde ai piedi di Gesù e prese a dire: “O lampada inestinguibile, Gesù Cristo, demiurgo della luce eterna, tu che hai dato la grazia universale a tutti coloro che ti amano, tu che per mezzo della vergine Maria ci hai donato la luce eterna della tua presenza in questo mondo, concedici l’oggetto della nostra supplica”.

[4.10] Mentre Bartolomeo parlava così, Gesù lo rialzò e gli disse: “Vuoi dunque vedere l’avversario degli uomini? Attento però che alla sua vista cadrai bocconi e sarai come morto, e non solo tu, ma anche gli altri apostoli e Maria”.

[4.11] Tutti gli risposero: “Vediamolo, Signore!”.

[4.12] Li condusse giù dal monte degli Ulivi, lanciò uno sguardo severo agli angeli del Tartaro, fece cenno a Michele di suonare la tromba della potenza, e Michele suonò subito e salì Beliar tenuto da cinquecentosessanta angeli e incatenato con catene di fuoco.

[4.13] La lunghezza del drago era di mille e seicento cubiti e quaranta cubiti di larghezza; e il suo aspetto era come uno splendore di fuoco, mentre i suoi occhi erano pieni di oscurità. Dalle sue narici si sprigionava un maleodorante fumo e la sua bocca era come il vortice di un precipizio.

[4.14] Al vederlo, gli apostoli caddero bocconi e divennero come morti.

[4.15] Gesù si avvicinò, rialzò gli apostoli, diede loro uno spirito di fortezza e disse a Bartolomeo: “Avvicinati, Bartolomeo poni il tuo piede sul suo collo e domandagli qual è la sua opera e come fa ad ingannare gli uomini”.

[4.16] E Gesù rimase con gli altri apostoli.

[4.17] Bartolomeo, spaventato, alzò la voce e disse: “Sia benedetto il nome del tuo regno immortale ora e in eterno”. Mentre Bartolomeo così parlava, Gesù lo esortò ancora: “Va’ e schiaccia il collo di Beliar”. Bartolomeo subito andò, gli schiacciò la gola e Beliar tremò.

[4.18] Bartolomeo ebbe paura, fuggì e disse: “Gesù, Signore, dammi un lembo dei tuoi vestiti affinché io abbia il coraggio di avvicinarmi a lui”.

[4.19] Ma Gesù gli rispose: “Tu non puoi prendere un lembo dei miei vestiti; questi, infatti, non sono i vestiti ch’io portavo prima di essere crocifisso”.

[4.20] Bartolomeo disse: “Signore, temo che come non ha risparmiato i tuoi angeli, così divori anche me”.

[4.21] Gesù gli rispose: “Non avvenne, forse, tutto in forza della mia parola, e per volontà di mio Padre gli spiriti non si assoggettarono a Salomone? Tu, dunque, per ordine della mia parola, va’ e domandagli ciò che vuoi”.

[4.22] Allora Bartolomeo fece il segno della croce e pregò Gesù; sopravvenne un fuoco che bruciò i suoi vestiti. Gesù disse a Bartolomeo: “In conformità di quanto ti ho detto, schiaccia il suo collo di modo che gli possa domandare qual è la sua potenza”. Bartolomeo partì e gli schiacciò la gola che era nascosta dalle orecchie,

[4.23] e gli disse: “Dimmi chi sei tu e qual è il tuo nome”.

[4.24] Bartolomeo parla con l’avversario. Rallentò un poco e poi gli disse: “Dimmi tutto ciò che tu hai fatto e quanto tu fai”.

[4.25] “Prima mi chiamavo Satanael che significa angelo di Dio. Quando mi rifiutai di conoscere l’immagine di Dio, fui chiamato Satana che significa angelo del Tartaro”.

[4.26] Bartolomeo gli disse ancora: “Rivelami tutto e non nascondermi nulla”.

[4.27] Gli rispose: “Ti giuro per la gloria di Dio che anche se lo volessi celare non mi sarebbe possibile, giacché è qui vicino colui che mi rimprovera. Se avessi potuto avrei distrutto anche te come (feci con) uno di voi.

[4.28] Io fui chiamato primo angelo giacché Dio fece il cielo e la terra e poi prese un pugno di fuoco e mi formò per primo,

[4.29] dopo (formò) Michele, per terzo Gabriele, per quarto Raffaele, per quinto Uriele, per sesto Xatanaele e gli altri seimila angeli dei quali non posso dire i nomi, poiché sono i littori di Dio e mi flagellano sette volte al giorno e sette volte alla notte; non mi lasciano mai e fanno a pezzi tutta la mia forza. I due angeli della vendetta sono quelli che stanno al cospetto del trono di Dio: questi sono stati creati per primi.

[4.30] Dopo di essi fu formata tutta la moltitudine degli angeli. Nel primo cielo vi sono cento miriadi di angeli, nel secondo cielo vi sono cento miriadi di angeli, nel terzo cielo vi sono cento miriadi di angeli, nel quarto cielo vi sono cento miriadi di angeli, nel quinto cielo vi sono cento miriadi di angeli, nel sesto cielo Vi sono cento miriadi di angeli, nel settimo cielo vi sono cento miriadi di angeli. Distinto dai sette cieli c’è il firmamento ove risiedono le potestà che esercitano la loro azione verso gli uomini.

[4.31] Vi sono ancora quattro angeli: uno è a nord ed è chiamato… Broil, e nella sua mano ha un bastone di fuoco che fa cessare la grande forza…, affinché la terra non si secchi.

[4.32] Un altro angelo è a settentrione ed è chiamato… Elbista”.

Il Vangelo copto di Tomaso

Vangelo copto di Tomaso

Questi sono i detti segreti pronunciati da Gesù, il Vivente, e scritti da Didimo Giuda Tomaso.

[1] Egli disse: “Colui che scopre l’interpretazione di queste parole non gusterà la morte”.

[2] Gesù disse: “Colui che cerca non desista dal cercare fino a quando non avrà trovato; quando avrà trovato si stupirà. Quando si sarà stupito, si turberà e dominerà su tutto”.

[3] Gesù disse: “Se coloro che vi guidano vi dicono: Ecco il Regno (di Dio) è in cielo! Allora gli uccelli del cielo vi precederanno. Se vi dicono: E’ nel mare! Allora i pesci del mare vi precederanno. Il Regno è invece dentro di voi e fuori di voi.

Quando vi conoscerete, allora sarete conosciuti e saprete che voi siete i figli del Padre che vive. Ma se voi non vi conoscerete, allora dimorerete nella povertà, e sarete la povertà”.

[4] Gesù disse: “Un vecchio che nei suoi giorni non esiterà a interrogare un bimbo di sette giorni riguardo al luogo della vita, vivrà. Giacché molti primi saranno ultimi, e diverranno uno solo”.

[5] Gesù disse: “Conosci ciò che ti sta davanti, e ti si manifesterà ciò che ti è nascosto. Giacché non vi è nulla di nascosto che non sarà manifestato”.

[6] L’interrogarono i suoi discepoli e gli dissero: “Vuoi tu che digiuniamo? Come pregheremo e daremo elemosina? E che norma seguiremo riguardo al vitto?”.

Gesù disse: “Non mentite e non fate ciò che odiate, giacché tutto è manifesto al cospetto del cielo. Non vi è nulla, infatti, di nascosto che non venga manifestato, nulla di celato che non venga rivelato”.

[7] Gesù disse: “Beato il leone, mangiato da un uomo: diverrà uomo; maledetto l’uomo, mangiato da un leone: l’uomo diverrà leone”.

[8] Egli disse: “L’uomo è simile a un pescatore saggio che gettò la sua rete in mare, e dal mare la ritirò carica di pesci piccoli. In mezzo a quelli il saggio pescatore scorse un bel pesce grosso; allora gettò via, in mare, tutti i pesci piccoli e scelse, senza sforzo, il pesce grande. Chi ha orecchie da intendere, intenda!”.

[9] Gesù disse: “Ecco uscì il seminatore. Riempì la sua mano e gettò (la semente). Qualcosa cadde sulla via: vennero gli uccelli e lo beccarono; altro cadde sulla pietra: non mise radice in terra e non levò la spiga al cielo; altro cadde tra le spine che soffocarono la semente e il verme se la mangiò; altro cadde sulla terra buona e portò buon frutto su in alto: produsse (più) del sessanta e del cento per cento”.

[10] Gesù disse: “Ho gettato fuoco sul mondo, ed ecco, lo custodisco fino a che divampi”.

[11] Gesù disse: “Passerà questo cielo e passerà ciò che è sopra di esso, i morti non sono vivi e i vivi non morranno. Nei giorni in cui mangiavate ciò che è morto, voi lo rendevate vivo. Quando sarete nella luce che cosa farete? Nel giorno in cui eravate uno, siete diventati due. Ma allorché siete diventati due, che cosa farete?”.

[12] I discepoli dissero a Gesù: “Sappiamo che te ne andrai da noi. Chi tra di noi sarà il più grande?”. Gesù rispose loro: “Dal luogo ove sarete, andrete da Giacomo, il giusto, per il quale sono stati fatti il cielo e la terra”.

[13] Gesù disse ai suoi discepoli: “Fatemi un paragone, ditemi a chi rassomiglio”.

Simon Pietro gli rispose: “Sei simile a un angelo giusto”.

Matteo gli rispose: “Maestro, sei simile a un saggio filosofo”.

Tomaso gli rispose: “Maestro, la mia bocca è assolutamente incapace di dire a chi sei simile”.

Gesù gli disse: “Io non sono il tuo maestro, giacché hai bevuto e ti sei inebriato alla fonte gorgogliante che io ho misurato”. E lo prese in disparte e gli disse tre parole.

Allorché Tomaso ritornò dai suoi compagni, questi gli domandarono: “Che cosa ti ha detto Gesù?”. Tomaso rispose: “Se vi dicessi una delle parole che egli mi ha detto, voi dareste mano alle pietre per lapidarmi, e dalle pietre uscirebbe fuoco e vi brucerebbe”.

[14] Gesù disse: “Se digiunerete vi attribuirete un peccato; se pregherete vi condanneranno; se darete l’elemosina farete del male ai vostri spiriti.

Se andrete in qualche paese e viaggerete nelle (sue) regioni, se vi accoglieranno, mangiate ciò che vi porranno davanti e guarite quanti tra loro sono infermi. Giacché ciò che entra dalla bocca non vi contaminerà, bensì è ciò che esce dalla vostra bocca che vi contaminerà”.

[15] Gesù disse: “Quando vedrete colui che non è nato da donna, prostratevi bocconi e adoratelo: egli è il vostro Padre”.

[16] Gesù disse: “Forse gli uomini pensano che io sia venuto a gettare la pace sul mondo, e non sanno che io sono venuto a gettare divisioni, fuoco, spada, guerra. Cinque saranno in una casa: tre contro due e due contro tre, il padre contro il figlio e il figlio contro il padre. Ed essi se ne staranno soli”.

[17] Gesù disse: “Vi darò ciò che occhio non vide, ciò che orecchio non udì, ciò che mano non toccò, e ciò che non entrò mai in cuore d’uomo”.

[18] I discepoli di Gesù dissero: “Manifestaci quale sarà la nostra fine”. Gesù rispose: “Avete scoperto il principio voi che vi interessate della fine? Infatti nel luogo ove è il principio, là sarà pure la fine. Beato colui che sarà presente nel principio! Costui conoscerà la fine e non gusterà la morte”.

[19] Gesù disse: “Beato colui che era prima di divenire. Se diverrete miei discepoli e ascolterete le mie parole, queste pietre saranno al vostro servizio. In paradiso, infatti, avete cinque alberi che non cambiano né d’estate (né) d’inverno e le loro foglie non cadono: colui che li conosce non gusterà la morte”.

[20] I discepoli di Gesù dissero: “Manifestaci a che cosa assomiglia il Regno dei cieli”. Egli rispose loro: “E’ simile a un grano di senape, che è il più piccolo di tutti i semi, ma allorché cade su di un terreno coltivato produce un grande ramo (e) diventa rifugio per gli uccelli del cielo”.

[21] Maria domandò a Gesù: “A chi assomigliano i tuoi discepoli?”. Egli rispose: “Sono simili a bambini che si intrattengono in un campo che non appartiene loro.

Allorché verranno i padroni del campo, diranno: “Lasciateci il nostro campo!”. Essi (saranno) nudi davanti a loro mentre lasciano e restituiscono il campo. Perciò dico: Se il padrone di casa sa che verrà il ladro, vigilerà prima che venga, e non permetterà che penetri nella casa del suo regno e asporti i suoi beni. Ma voi vigilate al cospetto del mondo! Cingetevi i fianchi di grande potenza, affinché i ladri non trovino la strada per giungere fino a voi. Giacché il profitto che aspettate, essi lo troveranno. Ci sia tra voi un uomo giudizioso! Allorché il frutto è maturo, egli viene subito recando in mano la sua falce, (e) lo raccoglie. Chi ha orecchie da intendere, intenda”.

[22] Gesù vide dei bimbi che succhiavano il latte. Disse ai suoi discepoli: “Questi bambini che prendono il latte assomigliano a coloro che entrano nel Regno”. Gli domandarono: “Se noi saremo bambini, entreremo nel Regno?”. Gesù rispose loro: “Allorché di due farete uno, allorché farete la parte interna come l’esterna, la parte esterna come l’interna e la parte superiore come l’inferiore, allorché del maschio e della femmina farete un unico essere sicché non vi sia più né maschio né femmina, allorché farete occhi in luogo di un occhio, una mano in luogo di una mano, un piede in luogo di un piede e un’immagine in luogo di un’immagine, allora entrerete nel Regno”.

[23] Gesù disse: “Vi sceglierò uno da mille e due da diecimila; e saranno confermati come una sola persona”.

[24] I suoi discepoli dissero: “Istruiscici sul luogo ove tu sei, giacché per noi è necessario che lo cerchiamo”. Egli rispose loro: “Chi ha orecchie, intenda. Nell’intimo di un uomo di luce c’è luce e illumina tutto il mondo. Se non illumina, sono tenebre”.

[25] Gesù disse: “Ama tuo fratello come l’anima tua. Veglia su di lui come la pupilla del tuo occhio”.

[26] Gesù disse: “Vedi la nell’occhio del tuo fratello, ma non vedi la trave che è nel tuo occhio.

Quando dal tuo occhio avrai tolto la trave, allora vedrai (abbastanza) per togliere la di tuo fratello”.

[27] (Gesù disse:) “Se non digiunate verso il mondo, non troverete il Regno. Se non osservate il sabato come un sabato, non vedrete il Padre”.

[28] Gesù disse: “Mi sono trovato in mezzo al mondo, e mi manifestai loro in carne. Li trovai tutti ubriachi; tra essi non trovai alcuno assetato.

E l’anima mia è tormentata per i figli degli uomini, perché in cuor loro sono ciechi e non vedono: vennero nel mondo vuoti e cercano di uscire dal mondo vuoti.

Ma ora sono ubriachi. Allorché avranno vomitato il loro vino, allora faranno penitenza”.

[29] Gesù disse: “Se la carne pervenne all’esistenza a motivo dello spirito, è una meraviglia. Se lo spirito è pervenuto all’esistenza a motivo del corpo è una meraviglia delle meraviglie. Ma io mi stupisco che una tale ricchezza abbia preso dimora in questa povertà”.

[30] Gesù disse: “Dove si trovano tre dèi, sono tre dèi; dove sono due o uno io sono con lui”.

[31] Gesù disse: “Un profeta non è accetto nel suo paese. Un medico non cura quelli che lo conoscono”.

[32] Gesù disse: “Una città costruita su un alto monte (e) fortificata, non può cadere né essere nascosta”.

[33] Gesù disse: “Ciò che udrai in un orecchio, proclamalo sui vostri tetti nell’altro orecchio. Nessuno, infatti, accende una lucerna per metterla sotto il moggio, né la pone in luogo nascosto, bensì la mette su un candelabro affinché quelli che entrano e quelli che escono vedano la sua luce”.

[34] Gesù disse: “Se un cieco guida un cieco, cadono ambedue in una fossa”.

[35] Gesù disse: “Non è possibile che uno entri nella casa di una persona forte e la prenda con la forza se prima non le lega le mani; allora potrà saccheggiare la sua casa”.

[36] Gesù disse: “Non siate ansiosi da mattino a sera e dalla sera al mattino su come vi vestirete”.

[37] I suoi discepoli domandarono: “In che giorno ti manifesterai a noi e in che giorno ti vedremo?”. Gesù rispose: “Quando vi spoglierete senza vergogna, quando deporrete i vostri abiti e li metterete sotto i vostri piedi, come fanno i bambini, e li calpesterete, allora vedrete il Figlio del Vivente senza alcun timore”.

[38] Gesù disse: “Molte volte avete desiderato di ascoltare queste parole che vi dico, e non avete alcun altro dal quale ascoltarle. Giorni verranno nei quali mi cercherete e non mi troverete”.

[39] Gesù disse: “I farisei e gli scribi hanno preso le chiavi della conoscenza e le hanno nascoste. Essi non sono entrati e non hanno lasciato entrare quelli che lo volevano. Voi, però, siate prudenti come serpenti e semplici come colombe”.

[40] Gesù disse: “Una vite fu piantata da altri che non era mio Padre: giacché non si irrobustì, sarà sradicata e perirà”.

[41] Gesù disse: “Sarà dato a colui che già ha nella sua mano; e a colui che non ha sarà tolto anche quel poco che ha”.

[42] Gesù disse: “Siate transeunti!”.

[43] I suoi discepoli gli domandarono: “Chi sei tu, che ci dici queste cose?”. (Gesù rispose:) “Da ciò che vi dico, non capite chi io sia. Ma siete diventati come gli ebrei. Essi amano l’albero, ma ne odiano il frutto, oppure amano il frutto e odiano l’albero”.

[44] Gesù disse: “A colui che bestemmia mio Padre sarà perdonato, e a colui che bestemmia il Figlio sarà perdonato. Ma a colui che bestemmierà lo Spirito santo non sarà perdonato né in terra né in cielo”.

[45] Gesù disse: “Non colgono l’uva dalle spine, né raccolgono fichi dai rovi; giacché essi non danno frutto. Una persona buona trae il bene dal proprio tesoro; una persona cattiva, dal proprio tesoro cattivo, che è in cuor suo, trae il male e dice (parole) cattive: giacché è dall’abbondanza del suo cuore che produce cose cattive”.

[46] Gesù disse: “Da Adamo a Giovanni Battista nessun nato da donna fu più grande di Giovanni Battista, sì che (davanti a lui) egli debba abbassare gli occhi. Tuttavia vi dissi: Tra di voi chiunque sarà piccolo conoscerà il Regno e sarà più grande di Giovanni”.

[47] Gesù disse: “Non è possibile che un uomo cavalchi due cavalli e tiri due archi; e non è possibile che un servo serva a due padroni: onorerà uno e disprezzerà l’altro. Nessuno beve vino vecchio e desidera poi subito del vino nuovo; né mettono vino nuovo in otri vecchi, per tema che si rompano; né mettono vino vecchio in un otre nuovo, per tema che lo guasti; non cuciono una pezza vecchia su di un vestito nuovo, per tema che ne risulti uno strappo”.

[48] Gesù disse: “Se, in questa stessa casa, due fanno pace l’uno con l’altro, diranno a un monte: “Allontanati!”. E si allontanerà”.

[49] Gesù disse: “Beati i solitari e gli eletti, giacché troverete il Regno; voi, infatti, da esso venite e a esso nuovamente ritornerete”.

[50] Gesù disse: “Se vi domandano: Donde venite? Rispondete loro: Siamo venuti alla luce, dal luogo ove la luce nacque da se stessa; si eresse e si manifestò nella loro immagine.

Se vi domandano: Chi siete voi? Risponderete: Noi siamo suoi figli, noi siamo gli eletti del Padre vivo.

Se vi domandano: Qual è il segno di vostro Padre in voi? Rispondete: E’ il movimento e il riposo”.

[51] I suoi discepoli gli domandarono: “In che giorno verrà il riposo dei morti, e in che giorno verrà il mondo nuovo?”. Egli rispose: “Quel (riposo) che aspettate è venuto, ma voi non lo avete riconosciuto”.

[52] I suoi discepoli gli dissero: “In Israele parlarono ventiquattro profeti e tutti parlarono in te”. Egli rispose loro: “Avete omesso il Vivente che è davanti a voi e avete parlato (soltanto) dei morti”.

[53] I suoi discepoli gli domandarono: “La circoncisione giova oppure no?”. Egli rispose loro: “Se giovasse, il loro padre li genererebbe circoncisi dalla madre loro. Ma la vera circoncisione nello Spirito ha trovato piena utilità”.

[54] Gesù disse: “Beati i poveri, poiché vostro è il Regno dei cieli”.

[55] Gesù disse: “Colui che non odierà suo padre e sua madre, non potrà divenire mio discepolo. (Colui che non) odierà i suoi fratelli e le sue sorelle, e (non) porterà la sua croce come me, non sarà degno di me”.

[56] Gesù disse: “Colui che ha conosciuto il mondo, ha trovato (soltanto) un cadavere; e colui che ha trovato un cadavere è superiore al mondo”.

[57] Gesù disse: “Il regno del Padre è simile a un uomo che aveva una buona semente. Di notte venne il suo nemico e seminò zizzania sopra alla buona semente. L’uomo non permise loro di sradicare la zizzania. Disse loro: Affinché non andiate a estirpare la zizzania (e) sradichiate con essa anche il grano. Nel giorno della mietitura, le zizzanie appariranno, saranno estirpate e bruciate”.

[58] Gesù disse: “Beato chi ha sofferto: ha trovato la vita”.

[59] Gesù disse: “Mentre vivete contemplate il Vivente; affinché non moriate e cerchiate di contemplarlo, e non possiate (più) vederlo”.

[60] (Videro) un samaritano entrare nella Giudea portando un agnello. Disse ai suoi discepoli: “Che cosa farà dell’agnello?”. Gli risposero: “Intende ucciderlo e mangiarne”. Egli disse loro: “Fino a quando è vivo non ne mangerà, bensì dopo averlo ucciso e fattolo cadavere”. Gli risposero: “Non potrebbe fare altrimenti”. Ed egli: “Voi pure cercate un luogo per il riposo affinché non siate ridotti a un cadavere e mangiati”.

[61] Gesù disse: “Due riposeranno su un letto: uno morirà e l’altro vivrà”. Salome gli domandò: “Chi tu sei, uomo che, come colui che è dall’Uno, sei salito sul mio lettuccio e hai mangiato alla mia mensa?”. Gesù rispose: “Io sono colui che proviene dall’Indiviso: a me furono date cose (che sono) del Padre mio”. Salome disse: “Io sono tua discepola!”. E Gesù a lei: “Perciò io dico: Quando uno sarà indiviso sarà ricolmo di luce; ma quando è diviso sarà ricolmo di tenebre”.

[62] Gesù disse: “Io comunico i miei misteri a coloro che sono degni dei miei misteri. Ciò che fa la tua destra, la tua sinistra lo deve ignorare”.

[63] Gesù disse: “C’era un uomo ricco che aveva molte ricchezze. Disse: Mi servirò delle mie ricchezze per seminare, mietere, piantare e riempirò i miei granai di frutti, e non mancherò di nulla. Così pensava in cuor suo, ma in quella notte morì. Chi ha orecchie, intenda”.

[64] Gesù disse: “Un uomo aveva degli ospiti. Dopo che ebbe preparato il banchetto, mandò un suo servo a invitare gli ospiti.

Andò dal primo e gli disse: “Il mio signore ti invita”. Quello gli rispose: “Dei commercianti mi devono denaro. Vengono da me questa sera. Andrò e darò ordini. Mi scuso per il banchetto”.

Andò dal secondo e gli disse: “Il mio signore ti invita”. (Quello) gli rispose: “Ho comprato una casa, e sono richiesto per un giorno. Non avrò tempo”.

Andò dal terzo e gli disse: “Il mio signore ti invita”. (Quello) gli rispose: “Un mio amico si sposa, ed io darò il banchetto: non potrò venire. Mi scuso per il banchetto”.

Andò da un altro e gli disse: “Il mio signore ti invita”. (Quello) gli rispose: “Ho comprato un terreno; vado a prendere i fitti. Non posso venire. Mi scuso”.

Il servo tornò dal suo signore e gli disse: “Quelli che hai invitato al banchetto si scusano”. Il signore disse al servo: “Va’ per le strade, e conduci al banchetto quanti trovi. Compratori e commercianti non entreranno nei luoghi del Padre mio”".

[65] Egli disse: “Un uomo benevolo aveva una vigna. La diede a contadini affinché la lavorassero per ricavarne (così) il frutto tramite loro. Mandò il suo servo ai contadini affinché gli dessero il frutto della vigna.

Lo presero, lo colpirono, e poco mancò che l’uccidessero. Il servo se ne andò a dirlo al suo signore. Il signore pensò: Forse non l’hanno riconosciuto.

Mandò un altro servo. I contadini colpirono anche il secondo.

Allora il signore mandò il proprio figlio, pensando: Forse avranno rispetto di mio figlio.

I contadini, visto che era l’erede della vigna, lo presero e l’uccisero. Chi ha orecchie, intenda”.

[66] Gesù disse: “Indicami la pietra respinta dagli edificatori! Essa è la pietra d’angolo”.

[67] Gesù disse: “Colui che conosce il tutto, ma è privo (della conoscenza) di se stesso, è privo del tutto”.

[68] Gesù disse: “Beati allorché vi odieranno e vi perseguiteranno. Non vi sarà luogo nel quale voi (non) sarete perseguitati”.

[69] Gesù disse: “Beati quelli che sono stati perseguitati nel loro cuore. Essi sono coloro che, in verità, hanno conosciuto il Padre.

Beati quelli che sono affamati, giacché il ventre di colui che lo vuole sarà riempito”.

[70] Gesù disse: “Se lo esprimete da voi stessi, ciò che avete vi salverà. Se in voi stessi non l’avete, ciò che in voi stessi non avete vi ucciderà”.

[71] Gesù disse: “Distruggerò questa casa, e nessuno potrà riedificarla”.

[72] Un uomo gli disse: “Dì ai miei fratelli che dividano i beni di mio padre con me”. Egli rispose: “Uomo, chi ha fatto di me un divisore?”. E rivoltosi ai suoi discepoli disse loro: “Sono io, forse, un divisore?”.

[73] Gesù disse: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate il Signore affinché mandi operai per la messe”.

[74] Egli disse: “Signore, molti sono presso il pozzo, ma nessuno è nel pozzo”.

[75] Gesù disse: “Molti sono coloro che stanno alla porta, ma (soltanto) i solitari entreranno nella camera nuziale”.

[76] Gesù disse: “Il regno del Padre mio è simile a un commerciante che aveva della merce, e trovò una perla. Questo commerciante era saggio: vendette la merce e si comprò la perla. Anche voi cercate il tesoro che non perisce, che è durevole, là ove non può avvicinarsi il tarlo per rodere, né il verme per distruggere”.

[77] Gesù disse: “Io sono la luce che sovrasta tutti loro. Io sono il tutto. Il tutto promanò da me e il tutto giunge fino a me.

Spaccate il legno, io sono lì dentro. Alzate la pietra, e lì mi troverete”.

[78] Gesù disse: “Perché siete usciti fuori in campagna? Per vedere una canna agitata dal vento? Per vedere un uomo vestito mollemente? Guardate i vostri re e i vostri grandi! Costoro sono vestiti mollemente, e non potranno conoscere la verità”.

[79] Una donna gli disse di tra la folla: “Beato il ventre che ti ha portato e i seni che ti hanno nutrito!”. Egli rispose: “Beati coloro che udirono il Logos del Padre e lo custodirono veramente!

Giorni verranno nei quali direte: “Beato il ventre che non ha concepito e i seni che non hanno allattato!”".

[80] Gesù disse: “Chi ha conosciuto il mondo, ha trovato il corpo; ma colui che ha trovato il corpo, è superiore al mondo”.

[81] Gesù disse: “Colui che si è fatto ricco, diventi re; e colui che ha il potere, vi rinunci”.

[82] Gesù disse: “Colui che è vicino a me, è vicino al fuoco. Colui che è lontano da me, è lontano dal Regno”.

[83] Gesù disse: “Le immagini sono manifestate all’uomo, ma la luce che è in esse è nascosta nell’immagine della luce del Padre. Egli si manifesterà, ma la sua immagine sarà nascosta dalla sua luce”.

[84] Gesù disse: “Oggi allorché vedete un vostro simile, vi rallegrate. Ma quando vedrete le vostre immagini che sono state fatte prima di voi, che né muoiono né sono palesi, per quanto sopporterete?”.

[85] Gesù disse: “Adamo scaturì da una grande potenza e da una grande opulenza, e (tuttavia) egli non fu degno di voi. Se, infatti, fosse stato degno non avrebbe gustato la morte”.

[86] Gesù disse: “Le volpi hanno le loro tane, e gli uccelli hanno i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha alcun luogo ove poggiare il capo e riposare”.

[87] Gesù disse: “Misero è il corpo che dipende da un corpo, e misera è l’anima che dipende da ambedue”.

[88] Gesù disse: “Verranno a voi gli angeli e i profeti e vi daranno quanto vi appartiene. Voi date loro ciò che avete nelle mani. Domandate a voi stessi: “In che giorno verranno a ricevere ciò che è loro?”".

[89] Gesù disse: “Perché lavate la parte esterna del bicchiere? Non comprendete che colui che ha fatto la parte interna è lo stesso che ha fatto l’esterna?”.

[90] Gesù disse: “Venite a me, poiché il mio giogo è dolce e mite la mia dominazione, e troverete per voi un riposo”.

[91] Gli dissero: “Manifestaci chi sei, affinché possiamo credere in te!”. Egli disse loro: “Mettete alla prova la superficie del cielo e della terra, e non avete riconosciuto colui che è davanti a voi. Voi non sapete (come) mettere alla prova questo tempo”.

[92] Gesù disse: “Cercate e troverete. Ma le cose sulle quali in quei giorni mi avete interrogato, io non le ho dette, allora. E adesso che io desidero dirvele, voi non me le domandate”.

[93] (Gesù disse:) “Non date ciò che è santo ai cani, affinché non lo gettino nel letamaio. Non gettate le perle ai porci, affinché non le calpestino”.

[94] Gesù disse: “Colui che cerca, troverà; e a colui che bussa sarà aperto”.

[95] Gesù disse: “Se avete del denaro, non imprestatelo a interesse, ma datelo a uno… dal quale non lo riavrete”.

[96] Gesù disse: “Il regno del Padre è simile a una donna; prese un po’ di lievito, lo nascose nella pasta, e ne fece pani grandi. Chi ha orecchie, intenda!”.

[97] Gesù disse: “Il regno del Padre è simile a una donna che recava una brocca piena di farina; mentre camminava per una strada lungi da casa, si ruppe l’ansa della brocca e la farina fuoriuscì sulla via; lei non se ne accorse e non badò all’incidente. Giunta a casa sua posò la brocca e la trovò vuota”.

[98] Gesù disse: “Il regno del Padre è simile a un uomo che vuole uccidere una persona potente: in casa propria estrae la spada e trapassa una parete, per provare se la sua mano è abbastanza forte. Poi uccise quella persona potente”.

[99] I discepoli gli dissero: “Fuori ci sono tua madre e i tuoi fratelli”. Egli rispose: “Quelli che sono qui, quelli che fanno la volontà del Padre mio, costoro sono miei fratelli e mia madre. Questi entreranno nel Regno di mio Padre”.

[100] Mostrarono a Gesù una moneta d’oro e gli dissero: “Gli agenti di Cesare esigono da noi le tasse”. Egli rispose: “Date a Cesare ciò che è di Cesare; date a Dio ciò che è di Dio; e date a me ciò che è mio”.

[101] Gesù disse: “Colui che non odia suo padre e sua madre come me, non è adatto ad essere mio discepolo. E colui che non ama suo padre e sua madre come me, non può divenire mio discepolo. Poiché mia madre mi diede menzogna, ma la mia vera madre mi diede la vita”.

[102] Gesù disse: “Guai ai farisei! Sono infatti come un cane accovacciato su una mangiatoia di buoi: né mangia, né lascia che mangino i buoi”.

[103] Gesù disse: “Beato l’uomo che sa da quale parte entreranno i ladri, perché s’alzerà, concentrerà la sua forza, e si cingerà i fianchi prima che essi arrivino”.

[104] Gli dissero: “Vieni, oggi preghiamo, e digiuniamo!”. Gesù disse: “Che peccato ho dunque commesso, o in che cosa sono stato vinto? Ma quando lo sposo uscirà dalla stanza nuziale, allora digiuneranno e pregheranno”.

[105] Gesù disse: “Colui che conosce il padre e la madre sarà detto “figlio di una prostituta”".

[106] Gesù disse: “Quando di due farete uno, sarete figli dell’uomo; e quando direte a un monte: “Allontanati!” si allontanerà”.

[107] Gesù disse: “Il Regno è simile a un pastore che ha cento pecore. Una, la più grande, si smarrì. Egli lasciò le novantanove e cercò quell’una fino a quando la trovò. Dopo che si era affaticato disse alla pecora: “Ti amo più delle novantanove”".

[108] Gesù disse: “Colui che beve dalla mia bocca, diventerà come me, ed io stesso diverrò come lui e gli saranno rivelate le cose nascoste”.

[109] Gesù disse: “Il Regno è simile a un uomo che, senza saperlo, ha un tesoro nascosto nel suo campo. Dopo la sua morte, lo lasciò al figlio. n figlio non ne sapeva nulla: ereditò il campo e lo vendette. Il compratore venne e, mentre arava, trovò il tesoro; e cominciò a imprestare denaro a interesse a quelli che voleva”.

[110] Gesù disse: “Colui che ha trovato il mondo ed è diventato ricco, deve rinunciare al mondo”.

[111] Gesù disse: “I cieli e la terra scompariranno davanti a voi, e colui che vive dal Vivente non vedrà né la morte né la paura”. Poiché Gesù dice: “Il mondo non è degno di colui che troverà se stesso”.

[112] Gesù disse: “Guai alla carne che dipende dall’anima! Guai all’anima che dipende dalla carne!”.

[113] I discepoli gli domandarono: “In quale giorno verrà il Regno?”. (Gesù rispose:) “Non verrà mentre lo si aspetta”. Non diranno: “Ecco, è qui!”. Oppure: “Ecco, è là!”. Bensì il regno del Padre è diffuso su tutta la terra, e gli uomini non lo vedono”.

[114] Simon Pietro disse loro: “Maria deve andar via da noi! Perché le femmine non sono degne della vita”. Gesù disse: “Ecco, io la guiderò in modo da farne un maschio, affinché ella diventi uno spirito vivo uguale a voi maschi. Poiché ogni femmina che si fa maschio entrerà nel Regno dei cieli”.